Paranoia (d'androide e di altre voci)

di Kastel
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Strade vuote, strade silenziose.
Eppure non c'è pace in questo spiazzo che è la mia mente.
Voci e urla di pulcini mai nati, lacrime disperate cadono su di me.
E' un caos che non riesco ad accettare, qualcosa che mi fa urlare.
PACE, SILENZIO!
E una voce risponde.
Stupido androide paranoico.
Alzo lo sguardo verso la voce e due occhi mi osservano, come sempre, stanchi e annoiati.
Ma io non sono un androide.
Sono come lui, come lei, come tutte le persone che passano e mi osservano.
Intanto non c'è pace, questa mente non tace.
Potrebbe essere paranoia.
Potrebbe.
Perché no?
Paranoia, non è una bella parola? Qualcosa che ti osserva e ti tiene compagnia. Essere paranoici, del resto, è non essere mai soli, ma con queste voci che ti dicono ehi, noi ti vediamo.
Non tacciono neanche un attimo, neanche se piangi disperato o fissi lo specchio pregando qualche Dio di farle smettere.
Non c'è pace e non c'è silenzio, ma almeno non sei solo.
Anche se non sei umano.
Anche se sei un androide.
Anche questa è paranoia, essere qualcuno che non si può essere.
Umano.
Androide.
Paranoia.
Parole che accomunano mani e occhi.
Noi ci fissiamo e ci diamo la nostra paranoia.
Siamo noi stessi le nostre paranoie, nella convinzione di non essere qualcosa di creato da Dio e dalla pioggia.
Non importa quanto siamo soli.
Noi androidi paranoici non ci annoiamo mai. 





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