Partecipa all “Last night a DJ saved my… fanfiction!”(un nome più lungo no,
eh? xD) del Collection of Starlight.
Pairing:
Argus
Gazza/Umbridge [Cardigans and chains].
Note di
servizio: Sì, non dite niente. Lo so, è
terribile.
Povero
Gazzuccio ç_ç No, mi spiego: secondo me essere
un mago senza magia dev’essere qualcosa di terribile. Voglio
dire: un nato
Babbano è considerato speciale nella sua famiglia, come
Lily, mentre i
Mezzosangue sanno di esserlo per metà… ma un
Magonò è qualcuno che si sentirà
quasi sempre in difetto, perché manca di qualcosa che hanno
tutti intorno a sé
e nella sua famiglia. Vivere in mezzo alla magia e non
possederla… terribile.
Capisco
la cattiveria di Gazza, molto di più di quella
della Umbridge-rospo, e capisco la sua volontà di vendetta,
sebbene io non la
condivida.
Bon , un
altro amore non corrisposto (perdonatemi!) e
neanche tanto Crack XD
Lo so
che il dialogo è OOC, ma comunque quei due hanno
sicuramente parlato molto; o meglio, la Umbridge lo chiamava come
aiutante per
beccare i vari studenti in flagranza di reato!
I
must no tell
lies
A modo
mio avrei bisogno di carezze anch'io.
Avrei bisogno di pregare Dio.
Ma la mia vita non la cambierò mai mai,
a modo mio quel che sono l'ho voluto io.
Lucio Dalla
– In piazza Grande.
“Non
devo dire bugie”.
Gazza
aveva scoperto in modo alquanto fortuito in che
modo la nuova arrivata al Castello aveva usanza di punire gli studenti.
“Non
devo dire bugie”, inciso sulla pelle.
Era la
cosa più deliziosamente
sadica che avesse mai sentito e gli piaceva!
La
verità era che Gazza faceva quel lavoro per unico
senso di dovere nei confronti del preside Silente, mentre non provava
alcun
tipo d’interesse per quegli stupidi ragazzini che non
facevano altro che
insudiciare tutto senza rispetto per nessuno.
E poi
c’era la questione “Magia”: quella con
l’iniziale
maiuscola, quella che la sua famiglia possedeva a fiotti escludendo,
però, la
pecora nera della Casata.
Argus
odiava la magia, perché non poteva usarla.
Argus
odiava la magia, perché la sognava ogni maledetta
notte.
L’unica
consolazione che aveva nella vita era quella di
poter strapazzare un po’ quei maghetti che non si rendevano
conto della propria
fortuna. Gazza sperava, giorno dopo giorno, di potersi vendicare pezzo
a pezzo
della propria esistenza misera e, nel frattempo, d’ acquisire
un po’ di quel potere.
Dopotutto
non chiedeva molto.
Nonostante
il netto e continuo rifiuto di Silente però,
quell’anno c’era qualcosa di diverso – eccezionale
da un certo punto di vista: Dolores Umbridge.
Gazza
aveva capito che erano anime affini dalla prima
parola che la ministra aveva proferito durante il banchetto:
c’era un’
autentica malvagità nella sua voce sottile e dolce.
Poi,
giorno dopo giorno, l’aveva vista inventarsi nuovi
stupefacenti metodi per assoggettare quegli stupidi e per punirli; fino
ad arrivare
al castigo più cattivo, nella sua semplicità.
“Non
devo dire bugie”.
In tutta
sincerità, Gazza non sapeva se Potter era un
bugiardo o meno – si fidava abbastanza del giudizio positivo
di Silente – ,
però sapeva che avrebbe voluto lui stesso applicare quella
formula sulla pelle
di ogni insulso maghetto di quella scuola, solo per sentirsi
– almeno una volta
– superiore a tutti loro.
E
Dolores Umbridge aveva esaudito quel suo recondito e
profondo desiderio.
«Argus,
chiuda la porta e mi ascolti».
Dopo
aver capito che lui era sostanzialmente dalla sua
parte, Umbridge aveva deciso di sfruttare la sua profonda conoscenza
del
Castello e la sua arguzia per controllare meglio tutti quei piccoli
ribelli
scapestrati che osavano rivoltasi al Ministero.
Argus
Gazza sembrava essere felice di accondiscendere
quel simpatico piano.
«Buonasera,
signora» replicò lui, facendo qualche passo
in avanti ma senza osare sedersi; fissava la Umbridge e il movimento
delle sue
mani con molta attenzione, si beveva le sue parole di perfidia con
gusto, ma
sapeva di non poter andare oltre: era un Magonò, un mago
senza magia, e sapeva
che il suo stato – nel mondo magico – equivaleva a
essere peggio di un Babbano.
Lui
stesso se lo diceva, lui stesso odiava la sua
natura.
Per
quanto avrebbe desiderato sedersi di fronte a lei e
ragionare per ore sul modo per torturare quegli studenti, magari
aiutandola con
la sua bacchetta, sapeva che non poteva farlo, mai nella vita.
Così
Gazza inghiottiva il rospo e serrava il cuore,
pronto a ricercare nei ragazzi e nel loro odio una nuova ragione di
vita.
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