The Un-Wedding
Un violento scossone mi fece rinvenire.
Aprii gli occhi con fatica, sussultando vistosamente, e osservai lo
spazio angusto dove inaspettatamente mi trovavo.
Ero raggomitolato all'interno di una carrozza, avvolto da una coperta
sudicia, ed il sorriso sornione di Sherlock Holmes mi stava dando il
buongiorno.
Socchiusi gli occhi, per cercare di mettere a fuoco la sua figura,
concentrandomi per richiamare alla memoria gli eventi della sera
precedente.
Un locale.
Aveva i capelli scompigliati.
Dov'erano i miei amici?
Perchè non conoscevo nessuno?
Il cappotto scucito in più punti.
Holmes proponeva un
brindisi.
Un taglio sullo zigomo sinistro, ed un labbro rotto.
Possibile che avesse
dimenticato di organizzarlo?
Vari lividi ad incorniciargli il volto.
Bevvi tutto d'un sorso,
tentando di scacciare l'irritazione.
L'immancabile pipa poggiata sulle labbra. Quella d'ebano, conservata
per occasioni importanti.
Ero stato davvero uno
stupido, a pensare di poter avere un normale addio al celibato.
Spalancai gli occhi, scattando a sedere.
«Il mio matrimonio!»
Holmes sogghignò, per niente infastidito dalla mia voce
gracchiante, impastata d'alcol, e si voltò verso il
finestrino, fingendo di apprezzare il paesaggio di campagna.
«Ben svegliato, dottore, giusto in tempo per godersi il
panorama della brughiera. Non le era sempre piaciuta quest-»
«Holmes!» Lo interruppi. «Brughiera!? Come
possiamo essere sulla brughiera!?»
Lui ridacchiò di come l'agitazione avesse reso la mia voce
stridula.
«Suvvia, Watson. Saremmo ancora in perfetto orario, nel caso
volessimo dirigerci alla chiesa.» Disse con l'espressione di
chi cerca di far ragionare un bambino capriccioso.
«Nel caso volessimo..?
Buon Dio, io mi devo sposare, Holmes!»
Il suo sorriso, se possibile, divenne ancora più pronunciato.
«Beh, se ritiene di desiderarlo veramente, Watson, allora
riferirò al conducente di portarci alla graziosa sede del
suo matrimonio.»
Lo guardai, stranito e furioso.
Non capivo il senso di ciò che stava succedendo.
Per quale motivo aveva
ceduto così facilmente?
«Ma.
E c'è un ma.»
Continuò tranquillamente lui.
«Dovrà prima farmi partecipe di almeno due buone ragioni
per cui io dovrei lasciarla alla signorina Mary.»
Silenzio.
Holmes mi sorrideva, raggiante, come se avesse concepito l'idea
più geniale che avesse mai attraversato la sua mente.
Io strinsi gli occhi, in quello che speravo fosse uno sguardo omicida,
e serrai la mascella.
«Lei.
Lei è un pazzo. Mi faccia scendere. Subito.»
Lui sospirò e scosse la testa, esibendosi in un -ovviamente
falso- sorriso di scuse.
«Temo proprio di non poterlo fare, amico mio.»
Io inarcai le sopracciglia, come a voler dire "Ah davvero?", e aprii la
portiera quel tanto che bastava per sporgermi e farmi notare dal
vetturino.
«Cocchiere! Cocchiere!»
Questi si voltò verso di me e sobbalzò quando mi
vide.
«Avete fatto del male al signor Holmes?» Chiese
spaventato.
«Non ancora, no.» Sibilai, ormai al limite della
sopportazione.
«O almeno, non lo farò, se lei mi farà
scendere.»
Sentivo provenire dall'interno della carrozza il maltrattenuto
ridacchiare del mio vecchio collega, e sembrò accorgersene
anche il conducente.
«E' senza alcun rammarico che mi trovo a rifiutare la sua
richiesta, signore.
Non sono solito trattare con i criminali, e non tradirei mai la fiducia
del signor Holmes.»
Rimasi interdetto per un momento, poi ricordai con chi avessi a che
fare.
Mi accomodai nuovamente sul sedile e, fissandomi le mani che tanto fremevano per
colpire l'individuo che sogghignava bellamente davanti a me, mi decisi
a parlare.
«Holmes...» Cominciai, con un tono fin troppo calmo
perchè potesse risultare spontaneo.
«Che cosa ha detto al conducente?»
Lui fece spallucce.
«Nulla di rilevante, in realtà. Ho avuto la somma
fortuna di trovare in lui un mio...ammiratore, per così
dire. Ed è rimasto molto affascinato dalla storia di come
lei, criminale in fuga, sia stato abilmente intercettato, e
successivamente messo al tappeto, dal sottoscritto. E' convinto che io
stia cercando di farla confessare, per poi consegnarla a Scotland Yard.
E continuerà a condurre questa carrozza senza alcuna meta
precisa, fino a quando non riceverà un mio ordine.»
Chiusi gli occhi e cercai di respirare lentamente.
Ero mai stato così furioso
con lui?
«Le ha detto...Che sono un criminale?»
Lui annuì, orgoglioso della sua trovata.
«Almeno avrò un aiuto nel caso che lei decida di
"scappare", non trova? Anche se la reputo una possibilità
non molto probabile. Sempre che lei non sia ancora ubriaco, altrimenti
lanciarsi fuori da una carrozza in piena corsa potrebbe effettivamente
sembrarle una soluzione con felice esito.»
Strinsi i pugni, usando tutto l'autocontrollo di cui ero provvisto per
non aggredire quella cosa che per qualche assurda ragione mi ostinavo a
chiamare amico.
«Questo, Holmes, è sequestro di persona.»
Lui sembrò trovare divertente la mia uscita,
perchè ne rise sinceramente.
«Io non la sto affatto 'sequestrando', Watson! La mia
è una presa
in prestito, che si concluderà quando mi
fornirà le due ragioni che ho precedentemente
chiesto.»
«Quali ragioni?»
Ringhiai.
Lui sospirò, come se si trovasse davanti ad un bambino duro
di comprendonio.
«Necessito, Watson, che lei mi dia almeno due motivazioni che
dovrebbero persuadermi a lasciarle sposare la signorina
Morstan.»
Cercai di sorvolare sul suo "lasciarle", e scossi la testa,
arrendendomi ormai all'evidenza che non sarei uscito da lì
se non facendo quanto mi chiedeva.
Sospirai, prima di parlare.
«Questo matrimonio...sarà il mio inizio, Holmes.
Avrò finalmente qualcosa di stabile nella mia vita.
Avrò la possibilità di avere una famiglia.»
Lui mi osservò concentrato, serio, ponderando le mie parole.
«Questo è un...buon motivo, glielo
concedo.» Disse con lo sguardo basso, per poi ricomporsi.
«Per lei, almeno. Io non trovo alcuna attrattiva in
ciò che ha appena descritto, ma qui si tratta di lei quindi,
prego, continui. Un'altra motivazione e potrà recarsi a
questa tanto attesa cerimonia.»
Chiusi gli occhi e borbottai seccamente un
«finalmente».
«Il secondo è quanto di più scontato ci
sia, Holmes. Amo Mary, e per questo voglio sposarla.»
Lui si fece tutto ad un tratto ancor più serio, e si sporse
verso di me.
Feci un tentativo di distogliere lo sguardo dal suo, non riuscendo a
sostenere quella luce indagatoria ed ipnotica, ma mi trovai
intrappolato in esso.
Si fermò ad un soffio dal mio volto, e per un attimo
sembrò vacillare, come se non fosse sicuro di voler sapere. Questo suo
cambiamento, però, fu molto fugace. Tanto che in un battito
di ciglia potevo nuovamente ammirare la determinazione che, col tempo
avevo capito, lo contraddistingueva.
Io, in ogni caso, non osai muovermi.
Non ne capivo il motivo, ma ero intimorito da ciò che
avrebbe potuto leggere nei miei occhi...perchè è
così che operava, Sherlock Holmes.
Lui leggeva
le persone. E fin troppo spesso avevo assistito alle sue 'letture' per
non sapere che lui portava a galla cose di cui a stento chi veniva
letto era a conoscenza.
Di colpo Holmes corrugò le sopracciglia, e, lentamente,
chiuse gli occhi.
Tornò a sedersi composto sul suo sedile, mantendendo le
palpebre serrate.
Non capii la causa del suo comportamento, sembrava...combattuto.
«Holmes, cosa le prende?» Cercai di schernirlo, ma
la mia preoccupazione e la mia confusione facevano capolino chiaramente
nella mia voce.
Lui sospirò, per poi aprire gli occhi. «Sono in
conflitto con me stesso, dottore. E mi lasci dire che è una
situazione a cui non sono abituato.» Sembrò quasi
arrabbiato, mentre si spiegava. «Desidero davvero fare la
cosa giusta, ma non sono in grado di gestire tutto...questo. In
qualunque modo cerchi di pensarla, per quanto io desideri fare la
cosa giusta e lasciarla al suo futuro, non mi sento capace di farlo. Ed
è terribilmente egoista da parte mia, oh, lo so.»
Emise una lugubre risata, puntando lo sguardo fuori dalla vettura.
«E non riesco a trovare una via d'uscita per
questo...contrasto, che ho nella mente. Potrei portarla di forza a
Baker Street, magari anche costringerla a vivere sotto il mio stesso
tetto, e prima o dopo capirebbe che è proprio quello che
desidera...» Torno a volgersi verso di me, rivolgendomi un
leggero sorriso.
«Oppure potrei lasciarla andare al suo matrimonio, dove
sposerebbe una donna che non ama, ma che potrebbe offrirle un futuro.
Un futuro che immagino sia meno complicato di quello che posso offrire
io, dottore.» Concluse, quasi in un sussuro.
Non potevo sopportare di sentirlo parlare in quei termini, lui non
sapeva ciò che volevo. Secondo lui avrei sposato Mary per
gioco? Avrei costruito una famiglia con lei solamente per noia?
Per quanto mi facesse sentire male vederlo in quello stato, non potevo
ignorare che mi desse del bugiardo.
«Lei non sa di cosa parla, Holmes.» Dissi
freddamente.
Lui scosse la testa, un sorriso amaro a farsi beffe delle sue labbra.
«Oh, lo so fin troppo bene, invece.»
Dichiarò, seccato.
«E' proprio per questo che per tanto così-»,
indicò con le dita, «non restavo a guardare! A
guardare lei, dottore, che sposa una donna che per quanto lei voglia
amare, non amerà mai. A guardare lei, dottore, che va via da me,
fingendo che sia ciò che desidera!» Holmes aveva
alzato la voce molte volte con me, ma mai se non per i nostri infantili
battibecchi.
Mi spaventò.
E ancor di più mi ferì il senso delle sue parole,
pronunciate in quel tono disperato che mai gli avevo sentito usare.
Io tenevo molto a Mary...forse non l'amavo, come diceva lui, ma ero
più che sicuro che condividendo una vita con lei avrei
imparato a farlo.
Dovevo
imparare a farlo.
Poi avrei avuto una vita di famiglia, semplice, con un ambulatorio
sotto casa, i figli attorno...come desideravo al mio ritorno
dall'Afghanistan.
Una vita tranquilla, in poche parole.
Capii dal suo sguardo che aveva seguito il filo dei miei pensieri,
così volli renderlo partecipe del seguito.
«Holmes...non posso mandare all'aria tutto! Sto per avere
quello che desidero sin da quando sono tornato in
Inghilterra!»
Forse il fatto che non smentii le sue precedenti affermazioni lo
aiutò a riacquistare il suo solito temperamento,
perchè sembrò più determinato e
risoluto di quanto non fosse prima.
«No
Watson. Lei sta per avere quello che desiderava quando è
tornato in Inghilterra! Perchè si ostina ad inseguire i
desideri del soldato spossato e bisognoso di calma che era, quando
è chiaro che non coincidono con quelli dell'uomo che ho di
fronte?»
Incassai le sue parole come pugni, e tacqui.
«Perchè pensa che le abbia chiesto due motivi,
dottore? Non uno, non tre, bensì due? Ormai dovrebbe sapere
che non lascio mai nulla al caso.» Mi sorrise.
«Sapevo che le uniche ragioni che la portavano a legarsi
definitivamente alla signorina Mary erano appunto, la convinzione di
desiderare un futuro con lei, e la certezza di poterla amare...non
subito magari, ma col tempo. Ed è inutile che mi faccia
scrupoli, ora, perchè il mio turbamento precedente era
dettato solo dall'indecisione. Non volevo lasciarla a lei, Watson, non
potevo, sapendo che quelle ragioni erano menzogne; tuttavia non potevo
negare a me stesso che il futuro che si sarebbe costruito con lei
sarebbe stato indubbiamente più facile da gestire, le
avrebbe dato più soddisfazioni, e magari l'avrebbe portata
ad una discreta felicità.»
Mi guardò e ridacchiò tra se', inutile dire che
lo trovai terribilmente inopportuno.
«E' cambiato molto, dal nostro incontro in quel laboratorio.
E temo di esserne per la maggior parte responsabile...l'ho coinvolta in
forse troppe cose, e forse si è preso troppa cura di me. Ma
dovrebbe accettarlo. Io l'ho accetato, sa? I miei piani non saranno
cambiati drasticamente come i suoi, ma se crede che all'epoca mi
credessi in grado, o mi interessasse, di legarmi così a
qualcuno che non fossi io stesso, allora non mi conosce bene quanto
credevo.»
Mi sentivo in troppi modi per poterli elencare tutti.
Confuso, principalmente, irritato, perchè aveva dovuto agire
all'ultimo, in colpa, perchè qualunque cosa avessi scelto di
fare avrei ferito e deluso qualcuno a cui tenevo, e ancora spaventato,
arrabbiato, indeciso, illuso e amareggiato.
Ero sicuro che Holmes tenesse a me, a modo suo l'aveva dimostrato in
più di un'occasione, ma non avrei lasciato tutto per una sua
frivolezza.
«Holmes, non ho intenzione di evitare di sposarmi
perchè lei vuole tenermi con se' per capriccio.»
Evidentemente non era ciò che si aspettava dicessi,
perchè il sorriso gli rimase congelato sulle labbra per
qualche secondo, prima di spegnersi.
«Capriccio?» Sussurrò, aggrottando le
sopracciglia.
«Capriccio?
Io la vorrei con me per
capriccio?» Alzò di nuovo la voce,
sembrava furioso ed al tempo stesso esasperato.
«Maledizione Watson, non ha sentito una sola parola di quello
che le ho detto fin'ora!?»
Ora fu il mio turno di assumere un cipiglio confuso, feci per chiedere
spiegazioni, ma non potei.
Nel giro di un secondo mi ritrovai con le sue mani fra i capelli, e le
sue labbra poggiate sulle mie.
Nessuno dei due si mosse, chi per la sorpresa, e chi per timore, chi
con gli occhi spalancati, chi con le palpebre ostinatamente serrate.
Restammo immobili in quel contatto, fin quando non sentii Holmes che,
lentamente, separava i nostri volti, lasciando una traccia umida e
rovente lì dove mi aveva baciato. Perchè
sì, Sherlock Holmes mi aveva baciato.
Quando il pensiero mi raggiunse il cervello, mi vergognai di me stesso
per non esserne disgustato.
Le sue mani erano ancora fra i miei capelli, il suo volto era ancora
molto vicino al mio, ed i suoi occhi erano ancora chiusi.
Forse aspettava che dicessi qualcosa, che lo rifiutassi, che lo
pregassi di rifarlo, che lo insultassi...ma tutto quello che riuscii a
sussurrare fu «Holmes...».
Lui serrò la mascella, e mi strinse i capelli.
«Holmes.» Finalmente aprì gli occhi,
all'inizio mantenendo lo sguardo basso, ma lo alzò poco a
poco, fino a che non incontrò il mio.
Per un momento lo sguardo gli cadde sulle mie labbra, ma lo
riportò subito sui miei occhi, e aspettò.
Aspettò che lo fermassi.
Sapevo che era la cosa giusta da fare, lo sapevo davvero, ma non
riuscii ad allontanarlo, a schernirlo, o qualunque altra cosa avrei
dovuto fare, e capii quello di cui lui parlava prima.
Lo capii quando lui cominciò, in una maniera dannatamente lenta,
a riavvicinarsi al mio volto, e io non ebbi la forza di fermarlo.
Non tolse mai i suoi occhi dai miei, nemmeno quando le nostre labbra si
sfiorarono di nuovo, ma più dolcemente, questa volta.
Si sentì libero di serrare le palpebre solo dopo che lo feci
io.
Fu in quel momento che cominciò davvero a baciarmi.
Fu in quel momento che io risposi.
Non mi importava che da lì a qualche ora avrei dovuto
sposarmi, non mi importava che appena fuori dalla carrozza ci fosse un
uomo che mi credeva un criminale, non mi importava se ciò
che stavamo facendo fosse illegale.
Percepii l'euforia di Holmes direttamente sulle mie labbra, assaggiai i
suoi sorrisi esultanti, saggiandone il sapore di tabacco.
Poi da dolce, il bacio si fece furioso. Ci sentivo racchiuso tutto
ciò che lui aveva provato in quei miei mesi di fidanzamento,
tutto quello che aveva sentito nelle ultime ore, quando aveva capito
che non poteva farmi fare come credevo senza tentare.
Sorrisi sulle sue labbra quando, facendo pressione sulla ferita sul suo
labbro, lui gemette.
La presa sui miei capelli si allentò, e separò le
nostre labbra per dirigersi, vendicativo, verso il mio collo.
Lo morse appena, così piano che se non fosse stato per il
brivido che mi aveva provocato avrei creduto di essermelo immaginato,
poi però lo fece con più forza, e questa volta
fui io a gemere di dolore, sotto al suo ghigno.
Come per scusarsi, anche se per nulla dispiaciuto, laciò un
leggero bacio lì dove la mia pelle si era arrossata, per poi
poggiare la fronte nell'incavo del mio collo, chiudendo gli occhi.
Circondargli la vita con le braccia mi venne naturale, poi
però mi ricordai di una cosa.
«Holmes..?»
«Mmh.» Sorrisi della sua risposta.
«Nel suo piano...sa, quello in cui mi cattura e detiene un
interrogatorio in una carrozza fin quando non mi conduce a Scotland
Yard e mi consegna alle autorità...ha pensato a come far
sì che il vetturino non mi ci faccia arrivare aspettandosi
di vedermi arrestato?» Lui ridacchiò.
«Sempre che lei non intenda davvero farmi arrestare da loro,
s'intende.»
Holmes sollevò la testa e tornò a guardarmi,
fingendosi desolato.
«Temo di aver fatto un terribile errore, signore. Ora mi
è chiaro che lei non è il criminale che credevo
di aver catturato...Per sdebitarmi come minimo dovrò
chiedere al cocchiere di ricondurla a casa sua, con le mie
più sentite e sincere scuse. Ho sentito che vive a Baker
Street, il numero 221, dico bene?»
Scossi la testa, divertito dal suo tono innocente e mortificato.
«Perciò..» Tornai serio.
«Torniamo a Baker Street?»
Lui non si scompose, anzi, ghignò.
«Non avrebbe comunque fatto a tempo per la
cerimonia.»
Io sbarrai gli occhi e corrugai le sopracciglia, sconvolto che mi
avesse preso ingiro per tutto quel tempo, facendomi credere di poter
davvero scegliere.
E lui si trattenne dal ridermi in faccia.
«Holmes! Aveva detto-» Lui mi zittì
premendo le sue labbra contro le mie, per poi esibirsi nel
più bel sorriso che gli avessi mai visto addosso.
«Ho mentito.»
NdA
Salve a tutti! Ho partorito questa shot mentre ero in uno stato di
trans (più comunemente chiamato dormiveglia), e dopo quasi
quattro mesi mi sono decisa a finirla!
Spero di non aver creato uno dei miei obrobri, e spero di non essere
caduta nell'OOC, anche se forse il caro Sherlok è un po'
troppo sentimentale...non saprei, fatemi sapere voi!
Grazie a tutti quelli che hanno letto, e un ringraziamento speciale a
chi ha avuto la forza d'animo di leggere anche le mie stupide note
<3
Au Revoir :)
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