Side to side with
death
introduction
Con questo scritto , l'autrice,
non vuole assolutamente dare alcuna rappresenzaione della
realtà.
I Tokio Hotel non mi
appartengono. Fatti e riferimenti sono frutto di pura fantasia.
Nella sala conferenze dello studio di registrazione di LA (un buco di
topaia confronto quella di Amburgo), aleggiavano vibrazioni negative.
I 4 Tokio Boys erano
stanchi, avrebbero voluto solamente prendere su e andarsene alle
Maldive … o semplicemente uscire di lì.
-bene… vi ho
convocati qui per un motivo- l’entrata di David, in un certo
senso, li sollevò –dovreste impegnarvi in qualcosa
di sociale … direttamente. Incontrare persone bisognose
…-
-dobbiamo essere le
nuove Lady Diana? No grazie, passo- rispose acido Bill, incrociando le
braccia al petto.
-sentite, aiuterebbe
voi a crescere ed essere meno spocchiosi e in ugual modo vi farebbe
mettere sotto una buona luce-
-preferisco spararmi in
una gamba. David, siamo impegnati tutto il giorno, tutti i giorni in
studio … che cosa potremmo fare? Siamo stanchi e vorremmo
solo andarcene a casa!- rispose aggressivo Tom.
-se non volete
più lavorare ditelo!- iniziò ad alterarsi il
manager –basta uno schiocco delle mie dita e siete fuori! Mi
sembra di avervi detto, quando vi ho scoperti, che ci sarebbe stato da
lavorare … o sbaglio? Siete diventati dei ragazzi viziati e
altezzosi!- e detto questo David lasciò la stanza prima di
prenderli a botte.
Mel
ha quasi 18 anni, è una ragazza alta, con lunghi capelli
neri, e occhi verdi che con il cattivo tempo diventano grigi.
Aveva
poco più di 17 anni quando le venne diagnosticata la
leucemia.
Improvvisamente,
a differenza del carattere forte che l’aveva sempre
contraddistinta, smette di lottare e si abbandona alla chemio e ai
sintomi postumi che essa causa.
Iniziò
a dividersi tra l’ospedale di LA e casa sua, nella quale
aleggiava una forzata allegria.
Solo
una cosa ancora le lascia un briciolo di speranza: la musica.
In
particolare 4 ragazzi, che continuano a farle battere il cuore,
pompando sangue nelle vene.
I
Tokio Hotel.
Quando
li vide la prima volta di innamorò immediatamente; sognava
di poterli incontrare, andare ai loro concerti, farsi delle foto con
loro etc….
Sognava
che Bill un giorno potesse ricambiare il suo amore.
Poi
era arrivata quella cazzo di malattia.
E
la sua vita era finita, ancora prima che potesse cominciare.
Il giorno seguente i
ragazzi furono nuovamente convocati per una riunione.
I nervi erano
leggermente più rilassati dopo una dormita, tanto che
persino Bill cominciava ad abituarsi all’idea di dover andare
in qualche posto, pullulante di infermieri, dottori e odore di farmaci.
Un posto più
comunemente chiamato ospedale.
-Come ieri non ho
potuto finire di spiegarvi, incontrerete una ragazza di quasi 18 anni
affetta da leucemia …-
-pff- sbuffò
Tom beccandosi un’occhiataccia da Gustav e David.
-L’appuntamento
è fissato per domani, difronte all’ospedale- e
David li lasciò nuovamente, senza augurargli nemmeno
“buon lavoro”
.
Gustav, purtroppo vinto
dalla curiosità, chiese per quale motivo fossero tutti
così distaccati.
-Gustav, proprio non
capisci?- chiese il rasta –sarà una di quelle
ragazze straricche, che avrà inscenato tutto per vederci
più del tempo solitamente consentito- spuntò.
Gustav
guardò anche Bill; vide che anche lui, in buona parte, la
pensava allo stesso modo, e deluso si alzò dal tavolo
uscendo dalla sala.
-Tu Hagen?!- lo
richiamo pungente il rasta –potevi anche difendermi!-
Il castano lo
guardò negli occhi.
Dov’erano
finiti i due ragazzi conosciuti ad Amburgo?
-Mi dispiace Tom- e se
ne andò anche lui.
I gemelli si
guardarono, non capendo cosa avessero fatto per meritarsi tutto quello.
-non capisco proprio
che cazzo gli piglia a tutti!- disse Bill con il suo fare da divaH.
-nemmeno io bro
… tanto ormai hanno già deciso tutto. Ci tocca
andare- Bill annuì e rimase poi pensieroso.
Non sapeva
cosa avrebbe dovuto indossare.
La verità
era che la fama, i soldi e la nuova città li avevano
cambiati.
Nonostante
continuassero a ripetere alle interviste che “erano solo 4 ragazzi provenienti
dalle campagne di Magdeburgo”, per due di loro
non era più così.
Bill e Tom erano
inevitabilmente cambiati, e un cambiamento così repentino,
che non si accorsero nemmeno loro.
Tutt’altro:
ai due gemelli sembrava che tutta la gente intorno a loro fosse
cambiata; tutti li trattavano come se dovessero passare, per forze
maggiori, del tempo con loro. Nessuno sembrava avesse piacere di andare
a casa loro. Tolti ovviamente i nuovi amici montati di LA.
Georg, in procinto di
sposarsi, e Gustav speravano ancora di riavere indietro quei due
ragazzi che suonavano nei locali della piccola Magdeburg.
Ma in cuor loro
sapevano che solamente un evento di dimensioni cosmiche li avrebbe
riportati con i piedi per terra.
Ma la speranza era
l’ultima a morire, no?
Il giorno seguente,
puntuali alle 9 di mattina, i 4 più il manager si
ritrovarono difronte all’ospedale.
David diede velocemente
le ultime informazioni per raggiungere la ragazza (piano 4 oncologia,
stanza 318) e disse che la ragazza si chiamava Melany.
I ragazzi entrarono al
seguito di Gustav, l’unico che avesse ascoltato attentamente
e memorizzato il percorso, e in meno di 10 minuti si ritrovarono
difronte a quella porta.
Il biondo
bussò, e un flebile “avanti” li
invitò ad entrare.
Quando i gemelli si
ritrovano davanti la ragazza che gli sorride incredula, è
come se qualcuno gli avesse tirato un pugno allo stomaco.
Iniziano a capire la
gravità della cosa, e capiscono quanto sono stati stronzi
all “conferenza” del girono prima.
Melany li
invitò a sedersi, ma lei non era stupida, e notò
immediatamente che a parte Gustav (che era quello timido) e qualche
cosa Georg, nessuno spiccicava parola.
Gustav prima di
sedersi, si avvicinò ai gemelli e sibilò
solamente “bella scenetta, vero?” .
I gemelli rimasero in
silenzio, guardando la ragazza che sorrideva, parlava e gesticolava.
Il viso era scavato e
smunto, gli occhi leggermente infossati; i capelli, che dovevano essere
stato lunghi e fluenti, ora erano radi e corti.
La ragazza era di una
magrezza spaventosa. Aveva lividi sulle braccia, ed era pallida.
Mel spiegò
con calma che era il secondo ciclo di chemioterapia e che presto
sarebbe tornata a casa.
Confessò
anche che era grazie a loro se aveva deciso di lottare per quel
po’ che le rimaneva, senza garanzie di sopravvivenza.
-sei mai venuta ad un
nostro concerto?- le chiese Gustav con un sorriso.
-purtroppo no, dovevo
venirci con la mia migliore amica … ma da quando mi sono
ammalata non si è più fatta vedere- Mel fece
spallucce.
Gustav capì
immediatamente che minimizzava al massimo la cosa; in realtà
dentro di sé soffriva. Soffriva perché in quel
momento, più che mai, avrebbe avuto bisogno di
un’amica con cuoi passare i pomeriggi, con cuoi parlare o
guardarsi un film.
Il viso della ragazza
si contrasse in una smorfia di dolore.
-che
c’è?- chiese Georg preoccupato.
-niente …
volevo sistemarmi, ma non ce la faccio- ammise dopo qualche secondo la
ragazza.
Bill e Tom abbassarono
lo sguardo sugli arti della ragazza, appoggiati al letto.
Tentava di fare forza
su questi ultimi, per raddrizzarsi, ma erano talmente sottili, magri,
che qualsiasi cosa era vana.
-aspetta ti aiuto io!-
e Gusta, prendendola da sotto le ascelle, la raddrizzò.
-come vai ora?- Mel
sorrise e lo ringraziò.
Poi arrivò
il momento che i due gemelli temevano di più: si rivolse a
loro direttamente.
-avevate qualcosa di
meglio da fare oggi?-
-noi … noi
avremmo scritto canzoni- boccheggiò Bill, sentendosi
avvampare.
-sì
… niente di speciale- tentò di rimediare Tom.
-beh … io vi
ho già rubato abbastanza tempo- disse rivolgendosi a tutti,
ma prestando particolare attenzione a Bill –vi ringrazio per
tutto …-
E a quel
punto Bill non ce la fece più.
Si scusò, e
con gli occhi lucidi uscì dalla stanza, sotto lo sguardo
interrogativo di 3 persone.
Due occhi nocciola
invece, identici a quelli che avevano appena lasciato la stanza, erano
tristi allo stesso modo.
“La vita fa schifo Bibi, lo so
… anche noi facciamo schifo. Mi faccio schifo”.
E anche Tom, con un
banale “vado a vedere cosa è successo”
si dileguò.
Suo fratello era seduto
per terra, con la schiena contro il muro, che piangeva sommessamente.
Sentendo i passi di
Tom, Bill alzò lo sguardo, puntando le iridi in quelle di
Tom.
Non ebbero bisogno di
dirsi nulla. Tom lo abbracciò e rimasero in silenzio, con la
consapevolezza di essere diventati dei mostri. E che alla fine, erano
stati vinti, avevano perso.
Avevano perso la
battaglia per la quale si erano battuti fin da bambini: rimanere sempre
sé stessi.
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Ebbene sì, sono
ancora qui :) So di esservi mancata! xD
Comunque, questo è un capitolo pilota,
perchè la storia che ho iniziato a scrivere non mi convince
molto ... ma proviamo, cosa ho da perdere?
Spero che le Aliens
approvino e le abbia incuriosite almeno un po'.
Che dire ... alla prossima!
Catia
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