Pareti bianche.
Odore di disinfettanti.
Persone in camici bianchi che mentono “per il tuo
bene”.
Gli ospedali li ho sempre odiati.
Da piccolo mio padre mi ha sempre tenuto a
distanza dagli ospedali. Non mi ha mai portato se non per cose veramente gravi.
E così ho incominciato anche io ad odiarli… Ho capito sin da piccolo di non
fidarmi di quello che dicevano i dottori… Non ci si può fidare sia perché non
credono nemmeno nella loro scienza o di se stessi, o perché proprio per questo
ti portano a pensare sempre al peggio, per dire “io però te l’avevo detto”.
E per questo non avevo bisogno di
un’assicurazione sanitaria.
In realtà pensavo di non avercene bisogno. In realtà
ero solo veramente fortunato… In questi anni mi ero trovato in situazioni molto
rischiose. Il più delle volte mi trovavo con una pistola puntata.
Dopo aver aperto l’agenzia comunque erano comunque
inevitabilmente aumentate le volte che mi ritrovavo costretto ad andare in
ospedale.
Come quando ero stato portato in ospedale, dopo
essere stato salvato dai miei amici, per medicarmi la spalla. Fortunatamente il
proiettile era fuoriuscito e non avevo perso troppo sangue.
Ma una di quelle che mi era rimasta più impressa
era sicuramente quella giornata del caso della Thomburg.
Vedere Juliet in quel camice… dentro un letto.
Mi stringeva il cuore vederla in quel modo.
Sarebbe potuta essere l’ultima volta… l’ultima
volta che avrei potuto parlarle, dirle che era importante, dirle che volevo
stare con lei. E la mia paura ha soppresso la mia volontà di dirle tutto…
Da quel momento avevo provato una nuova emozione…
l’amore, che mi aveva sconvolto… Era la prima volta che rischiavo così tanto,
anzi era la prima volta che realizzavo che avrei rischiato tutto per una donna.
E allora decisi di tornare indietro. Con Abigail
in effetti non stavo male… ma non mi dava le stesse emozioni e le stesse paure
di quante me ne dava Jules.
Ormai per alcuni dei miei amici era evidente che
mi piaceva, e pure tanto, come Gus o Buzz.
Quella volta ero stato fortunato.
Adesso mi
ritrovavo invece ad aspettare le sorti di mio padre. I dottori come al solito
dissero che non ci avessero messo la mano sul fuoco. Ma lo trovai veramente
subito, infatti vidi il tipo allontanarsi, e poi la ferita era simile alla mia.
Il problema più grande è che, a differenza mia, mio padre era più anziano e
aveva perso parecchio sangue.
Mi ero reso disponibile ad una donazione di
sangue, anche se odiavo l’idea di un’ago nel mio braccio…
Jules era rimasta con me. All’inizio avrebbe
voluto andare a cercare quel figlio di… vabbè ci siamo capiti. Poi però ha
deciso di starmi accanto finchè non avremmo saputo qualcosa…
Mi teneva la mano… mi stringeva forte a se con
l’altro braccio.
Solo la sua presenza mi fece sentire meglio.
Eravamo seduti davanti la sala operatoria…
Non vedevo l’ora di uscire da qui ridendo e
scherzando sull’accaduto bevendo finalmente una birra con mio padre. Ce lo meritavamo d’altronde… dopo più di 10
anni di litigi finalmente eravamo riusciti a riappacificarci.
Ad un certo punto la porta si aprì. Uscì un
infermiere con il verdetto. Mi alzai e Jules mi seguì.
Ero pronto a sapere se avrei parlato ancora
insieme a lui o no.