Verranno a chiederti del
nostro amore
Un
amore così lungo, tu non darglielo in fretta
I.
È
iniziato tutto a sette anni: il giovanissimo erede dei Malfoy venne in
visita nella “modesta” villa di campagna dei
Parkinson.
L’erede.
Il Purosangue. Un Malfoy.
Per la prima
volta sentii apostrofarti così, invece del tuo nome ormai
tanto familiare: Draco, il mio compagno di giochi, il bambino con cui
mi divertivo a torturare i nostri elfi domestici con le richieste
più assurde. Com’era possibile che quel moccioso
viziato e piagnucoloso come me potesse essere un erede?
Sentire le
parole dei miei genitori mentre i Malfoy entravano nella villa ebbe uno
strano effetto su di me; improvvisamente mi apparisti sotto
un’altra luce.
II.
Credo che la
mia cotta per te fosse nata così, sapendo che “il
bambino con cui giocavo sempre” avrebbe ereditato la fortuna
dei Malfoy. In cosa sarebbe consistito, montagne di Cioccorane, libri
da colorare, un gigantesco e mansueto drago? Volevo avere tutto.
E per farlo
dovevo essere notata.
Ricordi? Non
mi allontanavo mai da te, divenni la tua ombra; mi sopportavi
perché ti è sempre piaciuto ricevere attenzioni,
essere adulato, risultare il
migliore. Ricordo quando ti vidi con Tiger e Goyle
– già inseparabili a nove anni – e notai
l’effetto che avevi su di loro.
La mia era
una cotta infantile, è vero, ma coltivandola divenne altro.
III.
Quando ti
baciai per la prima volta avevamo quattordici anni: era la sera del
Ballo del Ceppo e mi avevi salutata nella Sala Comune con un semplice:
- Beh, buonanotte.
Afferrai il
tuo viso, mi alzai sulle punte e scontrai goffamente le tue labbra
sulle tue. Tu rimanesti senza parole, il volto in fiamme per
l’imbarazzo, poi cominciasti a dirmi che non ne avevo il
diritto, che avevo frainteso il tuo invito al ballo, che…
Non ti lascia continuare, ti spiegai che era solo “un bacio
da amici”.
E al secondo
rimanesti immobile, lasciasti che le mie mani tremanti sfiorassero i tuoi
capelli; ancora un bacio, ancora un altro.
IV.
Sono stati
molti i modi in cui hanno definito il nostro rapporto; tuttavia,
sebbene mi abbiano dato della “odiosa ragazzina sempre
appiccicata a lui, povera idiota”, ciò che mi
faceva infuriare veramente era sentirmi chiamare “la donna di
Draco”.
Una frase
del genere sviliva tutto quello che c’era tra di noi.
Io
c’ero quando ne avevi bisogno, tu eri sempre pronto a
sostenermi nei momenti di panico prima degli esami; ci scambiavamo
qualche bacio, una carezza, un lungo abbraccio quando il tuo mondo
sembrava cadere a pezzi e, anche se non volevi dirmene il motivo,
continuavo a stringerti forte. Non avevamo bisogno di una definizione.
V.
A volte,
però, mi chiedo come sarebbe andata se ci fossimo detti
quello che eravamo.
Forse non
avresti lasciato entrare un’altra donna nella tua vita.
Forse mi
avresti sposata, avremmo avuto dei figli e quella montagna di
Cioccorane che sognavo da bambina.
Forse sarei
stata felice.
Dovrei
smettere di pensare a te, dovrei “buttarmi il passato alle
spalle”, ma come si fa? Come si può dimenticare un
amore così lungo, così intenso? Non ne ho la
forza.
Rimani in
questo abbraccio dato al vuoto, senza fare rumore irrompi nella mia
mente e gridami tutto ciò che non abbiamo avuto il coraggio
di dire.
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E partiamo con un
po' di angst su alcune coppie di HP! Ci sono i miei due OTP (tra cui
quella di questo primo capitolo), Albus/Gellert che amo, Remus/Tonks
che non disdegno e Dorcas/Marlene che ho cominciato ad amare da un po'.
Questa storia,
come ho scritto nell'introduzione, è stata scritta per le
Olimpiadi di Writers
Arena Rewind.
Tra oggi e domani si sta tenendo una gara di velocità:
più drabble possibili in ventiquattro ore! Vediamo se
riuscirò ad arrivare a un bel numero :3
Spero che questa
prima raccolta vi sia piaciuta (non credo serva dirlo, ma il titolo
della storia e dei capitoli è tratto dall'omonima canzone di
De Andrè), ci vediamo fra poco con il prossimo capitolo!
Medusa
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