Anno
1932
Non ne posso più.. Oggi ho lavorato
troppo. Scusate
non mi sono presentata: mi chiamo Rebecca Malatesta ma tutti ormai mi
chiamano
Becky, ho 17 anni e vivo in una città molto grande nel
Nord-Italia: Milano. La
mia vita è sempre stata segnata da dolori: la morte di mia
madre quando avevo
appena 7 anni per una malattia di cui non si conoscono le cause; mio
fratello è
finito in prigione per aver aggredito un politico durante una
manifestazione in
piazza a Milano insieme ad altri del suo gruppo di anarchici e mio
padre è
diventato un alcolizzato dopo la scomparsa della sua amata. Sono io che
mi
occupo di tutto in casa anche se una signora molto gentile mi aiuta
quando io
non riesco a seguire tutto. Beh, questa è la mia vita
… Bella eh? Ritorniamo al
presente che è meglio. Ho appena finito di sistemare in
casa, tutto splende
finalmente e così decido di andare a fare una bella doccia
calda e poi andare a
letto perché sono veramente stanca. Sto per andare verso il
bagno quando sento
la porta di casa aprirsi e vedo entrare mio padre che barcolla. È ubriaco,
penso, come al solito.
Senza
neanche degnarmi di uno sguardo si dirige subito in salotto. Contenta
di ciò mi
avvio verso la mia meta, alias il bagno e la doccia.
<< Tu!
Vieni subito! >>
Mi bloccai. Non ci credo, che vuole adesso ...penso
scocciata. Ormai ero abituata a sentirmi chiamare così e
allora vado da lui che
mi aspetta davanti alla credenza che avevo appena lucidato con cura
perché era
quella preferita della mia cara mamma. Appena entro nella stanza lo
vedo darmi
le spalle e mi accorgo che stava tremando; aveva nella mano sinistra
una
bottiglia vuota e l’altra mano era chiusa a pugno.
<<
Eccomi … >> dico in modo sprezzante rivolta
verso di lui.
Io non lo
consideravo più mio padre perché aveva buttato
all’aria tutta la famiglia e la
nostra vita ed era colpa sua se io ora mi trovavo in questa situazione.
È da
quando mio fratello è in carcere che io mi sbatto per andare
avanti ma ora sono
distrutta, sento che sto per crollare. Mi risveglio dai miei pensieri
perché
mio “padre” si è girato e, intanto che
mi fissa con sguardo neutro, si sta
avvicinando a me. Ho una brutta, anzi, bruttissima sensazione; come se
stesse
per accadere qualcosa. I miei sospetti sono fondati quando inizia a
urlarmi contro
parole incomprensibili e mi sferra uno schiaffo sulla guancia destra
facendomi
cadere per terra.
Sono a
terra, esterrefatta. Non mi aveva mai picchiata prima e solo ora mi
accorsi
della sua forza; sento tanto dolore alla guancia e il sangue pulsare;
la
guancia sembra prendere fuoco. Ho le lacrime agli occhi dal dolore che
provo e
quando cerco di rialzarmi, mi tira un pugno nello stomaco facendomi
inginocchiare. Ho le braccia strette intorno alla vita e le lacrime
scendono
calde sul mio volto. Mi sento malissimo, mi viene da svenire e ho la
nausea.
Non riesco neanche a rialzarmi perché quel maledetto mi ha
presa per i capelli
e mi sta parlando, anzi, sta sussurrando proprio vicino al mio orecchio.
<<
Questa è la tua punizione, spero tu abbia imparato la
lezione ragazzina
>> dice con tono calmo e fermo, che nasconde un che di
minaccioso, prima
di lasciarmi andare i capelli e uscire dalla stanza. Resto sdraiata per
terra
per non so quanto tempo prima di riprendermi e alzarmi. Vado a prendere
il
cappotto e esco di fretta da quella maledetta casa. Cerco di correre
anche se
lo stomaco mi fa male, voglio mettere più distanza possibile
tra me e
quell’uomo. Ero davvero stanca
e non
avevo la forza di correre così mi misi a camminare senza
meta per le strade di
una Milano deserta. Ripenso alla mamma e a quanto mi manchi. Mi vengono
in
mente tutte le sue carezze e la canzone che mi cantava prima che io
andassi a
dormire. Mi manchi mamma.. penso
nello stesso istante in cui alzo gli occhi verso il cielo pieno di
stelle che
fanno compagnia alla Luna.
<< E’
davvero bella non trovi? >>
Mi giro di
scatto. Mi trovo davanti un ragazzo sui 20 anni, carnagione pallida che
alla
luce della Luna sembra ancora più chiara, capelli castano
chiaro e occhi rossi.
Occhi rossi? Non può essere.
È davvero
strano.. penso intanto che una sensazione di pericolo si fa
strada verso i
me. Dovrei scappare ma non riesco, sono come ipnotizzata da quegli
occhi così
strani.
<<
S-Sì, è-è d-d-dav-v-vero b-b-bella
>> rispondo balbettando.
Ma che cosa stai facendo Becky! Parla
normalmente! È soltanto un ragazzo! Già,
un ragazzo bellissimo e stranissimo
al tempo stesso.
Il ragazzo
mi guarda e ridacchia.
<<
Tranquilla non ti mangio mica >> dice con un sorrisetto,
che ai miei
occhi sembra minaccioso << Mi chiamo Demetri e tu?
>>.
Demetri, che nome strano..
<<
Rebecca, ma tutti mi chiamano Becky >> rispondo
accennando un sorriso.
<<
Bene Becky, ti va di fare una passeggiata con me intanto che ci
conosciamo
meglio? >> mi chiede immediatamente mentre scopre la sua
dentatura
perfetta.
Accetto
molto volentieri e ci incamminiamo in un parco.
Parliamo un
po’ di noi, di cosa ci piace e di quali sono i nostri
hobbies, dai nostri libri
preferiti ai films, finché lui mi chiede qualcosa sulla mia
famiglia. A quel
punto io abbasso lo sguardo e ripenso a quello che è
successo prima in casa, a
quell’uomo che mi aveva picchiata e a mia madre che era
morta. Gli racconto
tutto di getto, anche del gesto di mio padre, e lui mi sta a sentire
fino a
quando io non scoppio a piangere e lui mi abbraccia.
<<
Vorresti una vita migliore di questa vero? >> mi chiede
guardandomi negli
occhi dopo che le mie lacrime hanno smesso di inzuppare la sua camicia.
<< Sì,
tutto tranne questo >> rispondo sicura di me anche se la
brutta
sensazione non era ancora scomparsa.
<<
Allora fidati di me e andrà tutto bene >> mi
risponde per poi avvicinarsi
al mio collo. Sento le sue labbra posarsi sulla mia pelle e chiudo gli
occhi
per ricordare questa sensazione piacevole ma all’improvviso
li spalanco subito
perché ho sentito qualcosa che mi ha squarciato la pelle.
<< Che
cosa mi ha.. >> cerco di dire a Demetri prima di mettermi
ad urlare.
Sento il mio collo bruciare, la vista mi si appanna. Ho paura e
continuo a
gridare. Il fuoco si propoga prima al busto e poi a tutto il corpo.
Sento che
qualcuno mi mette qualcosa in bocca per non farmi gridare e poi mi
sento
sospesa in aria. Avverto il vento sulla mia faccia, sto correndo ma non
riesco
ad aprire gli occhi perché il dolore è
insopportabile. Capisco che sono al
chiuso quando il vento cessa e una voce maschile mi giunge alle
orecchie.
<<
Ottimo lavoro Demetri. Portala nella sua stanza e stai con lei
finchè la
trasformazione non sta per finire. Poi avvertimi. >> sento
queste parole prima
di sprofondare nel buio più totale.
Spazio
della scrittrice
Questa
è la mia prima ff, spero di continuarla al più
presto ma soprattutto spero con tutto il cuore che a voi piaccia.
Baci,
Becky.
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