Roccaforte
La sua mente era la sua roccaforte, il suo punto di forza inattaccabile
dall'esterno. Le malelingue dei consiglieri di corte, degli amici del
suo sciocco fratello e anche dei servi; mai avrebbero potuto
distruggere la sua mente piena di formule oscure e insidiosi piani.
Come ogni roccaforte però, anche la sua mente era debole di
fronte all'attacco della sua parte irrazionale ancora troppo attaccata
a stupidi sentimentalismi. Perché, se non
crollerà per un attacco esterno allora sarà per
uno interno.
Cerchi di attaccare tuo fratello così intento a distruggere
il Bifrost con Mjollnir, è sempre così avventato
nelle sue azioni e decisioni, ma è troppo tardi il ponte
arcobaleno si rompe creando una luminosa esplosione piena di schegge
cangianti che vi fa cadere.
E' la fine, pensi mentre la tua mente viene attaccata di nuovo dal seme
della pazzia, che ti conduce in un tempo lontano.
Il vento gelido ti lambisce il corpo, mentre tu urli disperato sperando
che qualcuno senta il tuo pianto, perché piangere e urlare
è l'unica cosa che un neonato può fare, ma chi
potrà sentire mai le urla di un essere piccolo come te
quando là fuori impervia la guerra?
Ricordi? Impossibile che sia così è solo la
pazzia che si diverte a giocare con i pezzi della tua mente.
Una figura maestosa entra nel tuo campo visivo, è Odino ma
molto più giovane di ora, dalla palpebra chiusa,
lì dove l'occhio è mancante, il sangue scorre
ancora fresco. Si avvicina cauto a te mentre ti guarda con sorpresa e
forse anche timore.
Ritorni alla realtà.
Non stai cadendo, ma allo stesso tempo i tuoi piedi calciano l'aria.
Devi esserti aggrappato a qualcosa, volgi lo sguardo in alto vedendo
gli occhi di tuo fratello tesi per lo sforzo di tenere lo scettro a cui
ti sei aggrappato inconsciamente. Thor, sempre così
ingenuamente buono che cerca di salvarti nonostante tu abbia anche
tentato di ucciderlo. I tuoi occhi però si posano su Odino;
la persona che hai sempre considerato come un padre e che purtroppo
consideri ancora come tale, ti odi perché dovresti odiarlo
per averti nascosto la verità facendoti credere di essere
come Thor, ma preferendo sempre lui a te.
I capelli sono bianchi e molte sono le rughe sul suo volto, eppure con
una sola mano tiene il peso di entrambi, già
perché lui è forte come Thor, perché
loro sono asgardiani e tu sei solo un aborto di un gigante di ghiaccio,
troppo piccolo per difenderti con qualcosa di diverso dalle parole e
dai tuoi stupidi trucchetti, come amano chiamarli i guerrieri
asgardiani.
-Ci sarei riuscito Padre. Ci sarei riuscito. Per te. Per tutti noi. -
Urli queste parole con voce leggermente incrinata mentre nella tua
testa senti il pianto del te neonato che cerca calore in una terra
gelida.
-No Loki. - La voce di Odino è autoritaria e i suoi occhi
sono delusi.
La roccaforte infine cade sotto il peso di un dolore troppo forte per
essere ignorato.
In quei falsi ricordi, Odino ti volta la schiena invece di prenderti in
braccio e il freddo e sempre più insistente sul tuo
incarnato bluastro.
-No, Loki. - Urla tuo fratello in una preghiera.
Si è reso conto che hai allentato la presa sullo scettro, ma
non puoi farci nulla è troppo faticoso reggere i loro
sguardi ancora pieni d'amore, questo amore non se lo può
meritare la divinità delle malefatte, perché tu
sei l'ombra che si cela dietro la luce e sei stanco di questo ruolo.
Ti lasci cadere nel nulla.
Non senti il "No" disperato del dio dei fulmini perché viene
sovrastato dalle urla nella tua mente.
Il corpo si fa sempre più freddo, ma il vero freddo ora
è nel tuo cuore e sulle macerie della tua roccaforte.
Gli occhi rossi di un neonato che divengono vitrei e un cuore che si
ferma insieme al pianto.
E mentre lo spazio ti sfreccia intorno vorresti che qualcuno ti
raccolga, ma sai di essere solo ormai e ti domandi se non sarebbe stato
meglio lasciarti morire su quell'altare.
Va bene lo ammetto non so neanche io cosa diavolo ho scritto o
come la
mia mente abbia partorito questa one-shot, ma l'ho fatto e lo pubblico
anche. Non so mi piace il fatto che la mente di Loki lo abbia portato
al giorno in cui Odino lo salvò da morte certa e questo
parallelismo con la sua sconfitta.
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