Spazio
autrice
Avevo
iniziato questa storia come song-fic, ma alla fine di
“song” è
rimasto molto poco, e ne ho tratto un'idea per una
più-o-meno-long
(:
Ditemi
che ve ne pare, non vi costa niente, bastano 30 secondi per scrivere
due righe, ma mi fareste molto felice (:
un
bacio
Chantal93
Where
is the moment we need it the most
You kick up the leaves and the
magic is lost
They tell me your blue sky's fade to grey
They
tell me your passion's gone away
And I don't need no carryin' on
*
* *
Dov'è
il momento di cui abbiamo più bisogno?
Dai un calcio alle foglie
e la magia è persa
Mi dicono che il tuo cielo blu tende al
grigio
Mi dicono che la tua passione se ne è andata
Ed io non
ho bisogno di continuare
*
* *
Autunno.
Ritorno
con la mente al primo giorno di scuola di sette anni prima.
Quell'anno
l'autunno era arrivato decisamente presto. Il vento freddo, il
paesaggio che mutava velocemente, ricordo come avevo avuto
l'impressione che la natura mi stesse dicendo che anche nella mia
vita qualcosa sarebbe presto cambiato. Sentivo qualcosa nell'aria.
Cerco
di ricordare il binario 9 e ¾, affollatissimo, persone
vestite in
modo strano che spingevano in ogni direzione, tutte armate di
carrelli pieni di libri, scope, gabbie per civette.
Ricordo
distintamente di come in disparte, lontana dal via vai confusionario,
si trovasse una famiglia, madre, padre e figlio. Mi era bastato uno
sguardo per capire che loro dovevano essere personaggi di spicco
dell'alta società magica.
I
modi impeccabili, i vestiti eleganti, ero rimasta affascinata dalla
classe che i tre lasciavano trapelare. Ma soprattutto chi mi aveva
colpita era il ragazzino. Avrà avuto la mia età,
ma sembrava fosse
già adulto. Il volto imperscrutabile. Le labbra serrate. Lo
sguardo
altero. Quell'aria superiore.
Se
non fosse stato così freddo nei modi, avrei creduto fosse un
angelo.
Con
il tempo, conoscendolo, mi ero vergognata di aver pensato una cosa
del genere.
Tanto
come l'etichetta che gli avevo affibbiato mentalmente.
Bello
e impossibile.
Il
fisico slanciato,il portamento regale, il viso da statua greca,
marmoreo nel colore, le labbra sottili. E i suoi occhi.
Quegli
occhi che tutti credono azzurri.
E
invece no.
Sono
grigi.
Grigi.
Nessuno
ha gli occhi grigi.
Testarda
come al mio solito, avevo osservato attentamente quelle pozze
argentate per buona parte del primo anno, fino ad arrendermi
all'evidenza.
Nessuno
ha gli occhi grigi.
Ma
lui sì.
*
* *
Passeggio
per il parco di Hogwarts, sento il rumore che fanno le foglie secche
sparse sul sentiero al mio passaggio, e vengo scossa dai miei
pensieri. Arrossisco al ricordo del nostro primo incontro. Controllo
l'ora. 18:13. Ho ancora tempo.
Ron
ed Harry sono alla partita di Quidditch, come tutto il resto della
scuola d'altronde. L'anno prima, a causa della battaglia nella quale
era stato sconfitto Voldemort, il campo di Quidditch era andato
distrutto e non si era potuta disputare la finale, Grifondoro contro
Serpreverde.
L'intera
scuola aveva quindi accolto di buon grado la proposta della nuova
Preside, la professoressa McGranitt, di dare la possibilità
alle due
Case di disputare la partita tanto agognata.
A
quanto pare sono io l'unica a non essere per nulla attratta dalla
prospettiva di dover restare seduta ad osservare impotente i miei
amici rischiare di rompersi l'osso del collo. Per cosa, poi.
La
gloria, suppongo. Deve essere allettante il fatto di essere ricordato
nella storia per qualche impresa particolamente eroica, ma dubito che
un riconoscimento del genere potrà mai derivare da
un'esaltante
partita di Quidditch.
Perciò,
preferisco restarmene da sola a contemplare in silenzio e
tranquillità la natura fare il suo corso. L'autunno ha
sempre
scatenato in me emozioni contrastanti. Mi piacciono i colori di cui
si dipingono le foglie degli alberi, ma puntualmente colgo
nell'immagine degli alberi spogli una nota malinconica, triste. Come
se nonostante tutto sia impossibile cambiare veramente le cose.
Ad
una prima occhiata le foglie variopinte tinte di colori rassicuranti
mi ricordano me, i miei amici, e tutti quelli che hanno combattuto
contro le ingiustizie, contro Voldemort, che hanno provato a creare
un mondo migliore e inizialmente ci sono riusciti, ma sotto uno
sguardo più attento il gesto della foglia che
inesorabilmente cade
per lasciare l'albero spoglio in vista dell'inverno sembra ammonirci
sul fatto che quella che abbiamo vinto era una battaglia, non la
guerra, sembra volerci dire che il Male non scompare mai del tutto,
ed è inutile riposare sugli allori.
Niente
di più vero.
Pochi
mesi fa il Mondo Magico ha festeggiato la morte di Voldemort, il Mago
Oscuro più potente degli ultimi anni, sconfitto dal giovane
Harry
Potter.
Oggi,
in occasione della finale della Coppa di Quidditch, noto come i
pregiudizi siano semplicemente cambiati, e non scomparsi.
Quelli
che una volta offendevano i compagni Mezzosangue, sono adesso vittima
di altrettanti scherni, sono dei “luridi figli di
Mangiamorte”.
Niente
si crea, niente si distrugge, tutto cambia.
È
la legge della natura.
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