il piacere di arrendersi
Ok
ragazze questa è la cosa più... lunga che abbia
mai scritto? E lo
scritta talmente di fretta che non ho il coraggio di controllarla. La
lascio nelle mani della mia Beta, comunque.
Precisazioni
necessarie: HogwartsAU, Jiam (LiamxJosh). Ambientata in un possibile
Torneo Tremaghi. Le prove, come noterete, sono le stesse di quello
della Rowling, e questo è perché non ho fantasia.
Gli occhi di
Josh, invece, sono azzurri perché sul momento non ricordavo
fossero
marroni e, come ho già detto, ho fatto le cose in
frettissima.
Scritta per le Gaylimpiadi indette dal #THEGAYS, spero che a qualcuno
possa piacere. Io la pubblico così, manco riletta. Ora
scappo.
_ki_
Il
piacere di arrendersi
A
Liam piaceva stare in biblioteca. Era un luogo rassicurante: scaffali
e scaffali alti fino al soffitto che lo coprivano alla vista di
personaggi indesiderati; odore di pergamena antica e inchiostro secco
a permeare gli abiti, la pelle, la mente; silenzio.
Amava
apprezzare con occhio esperto le rilegature dei diversi volumi,
complimentarsi tra sé e sé per aver scelto un
libro particolarmente
antico, particolarmente informativo e adorava riuscir a sentire gli
uccellini che si fermavano a cinguettare sui davanzali delle alte
finestre d’estate, o il rumore soffice della neve che si
schiantava
sulle vetrate da cui si poteva ammirare il Lago Nero. Amava il
silenzio
del luogo che lo circondava.
Per
questo, da un paio di giorni a quella parte, aveva smesso di amare
così tanto la biblioteca. Il magico silenzio
di quel luogo era stato rotto. Era stato rotto da chi? Da niente di
meno che Josh Divine Devine, il meraviglioso, fantastico, stupendo,
incredibile e altri mille aggettivi male attribuiti Campione di
Hogwarts.
Liam
non lo sopportava. Insomma, solo perché un calice incantato
pesca il
foglietto con scritto il tuo nome tra altre centinaia di foglietti,
non vuol dire che sei un dio sceso in terra. Anzi, Josh Devine era
tutto tranne un dio.
Era
prepotente, prima di tutto. Se la prendeva sempre con i ragazzi degli
anni inferiori al suo -praticamente tutti, ora che era al settimo.
Liam ne era particolarmente a conoscenza perché aveva un
compagno di
Casa, Niall, il quale era uno delle preferite vittime del
neo-diciassettenne. Devine si divertiva ad appenderlo a testa in
giù,
a slacciare la cinghia dello zaino di scuola per far cadere tutti i
libri che conteneva, ad abbassargli i pantaloni davanti a
metà
scuola e a farlo inciampare per le scale. Devine e
quell’altro suo
amico, Louis Tomlinson, non sapevano altro che dar fastidio al
prossimo. Questo e -nel caso di Louis- flirtare spudoratamente con il
ragazzo del quinto di Serpeverde, Harry Styles. Liam ci aveva parlato
una volta, con Styles, e non riusciva davvero a capire cosa trovasse
Tomlinson in un ragazzino viziato e con la puzza sotto il naso come
quel ricciolino del quinto, ma non erano veramente affari suoi,
quindi.
Devine,
invece, erano evidentemente affari suoi. Questo da quando -maledetto
il Torneo Tremaghi- il suddetto Grifondoro era stato scelto come
Campione di Hogwarts e tutte le pomposità che ne seguivano.
Gloria
eterna.
Liam pensava più ad una rottura di scatole, eterna. O
almeno, lunga
un bell’anno pieno, dato che da qualche giorno a quella parte
Devine aveva deciso di appropriarsi della biblioteca come luogo di
ritrovo per farsi ammirare in tutta la sua intelligenza
da
ragazzine arrapate e evidentemente con nient’altro da fare se
non
fissare uno scimmione ammiccante mentre leggeva un tomo di Storia
della Magia.
L’unica
materia scolastica assolutamente inutile durante un Torneo, lui
è
riuscito a sceglierla. Scimmione.
Era
autunno inoltrato. Fuori pioveva a dirotto, tanto che le gocce che
scivolavano sulle vetrate delle finestre impedivano la vista del
paesaggio esterno. Liam non riusciva a concentrarsi. Come avrebbe
potuto? Eleanor Calder, Perrie Edwards e tutte quelle ragazze frivole
dal quarto anno in su non facevano altro che strillare e squittire e
cinguettare con gli occhi brillanti e le mani giunte al petto e lo
sguardo fisso su Josh
Divine Devine.
E Devine? Devine leggeva, leggeva con il suo amichetto Tomlinson che
gli sghignazzava di fianco e la testa di Liam stava scoppiando.
In
quale momento preciso Josh Devine decise di alzarsi e raggiungere
l’angolino un po’ nascosto in cui Liam stava
tranquillamente
leggendo Guida
approfondita alle arti della medimagia avanzata il
Tassorosso non riuscì mai a capirlo. Il motivo, invece, gli
fu
subito incredibilmente chiaro: sfotterlo.
«Questa
sedia è libera?»
Liam
era del sesto anno. Avevano un solo, misero anno di differenza. E
allora perché gli sembrava così grande, da
vicino, Devine?
«Lo
era».
Il
sorriso di Devine era strano. Forse cercava di essere gentile? Non
aveva mai visto un sorriso così forzato in vita sua.
Allungava gli
angoli della bocca come se glieli stessero tirando con un amo. Era
inquietante.
Si
sedette spostando rumorosamente la sedia e Liam -che prima era troppo
concentrato sull’avvicinamento improvviso di uno dei ragazzi
più
popolari della scuola- si accorse delle occhiate assassine che la
Calder, la Edrards e company gli lanciavano da dietro uno scaffale.
Rifoderate
gli artigli, non sono interessato.
«Allora
tu sei Liam... giusto?»
Liam
riportò la sua attenzione sul ragazzo che era seduto di
fronte a
lui. Aveva ancora quello strano sorriso inquietante e si torturava le
dita con le mani appoggiate sul tavolo. Liam avrebbe anche potuto
considerarlo dolce.
«Sì.
E tu sei Josh».
Josh
annuì e Liam si chiese cosa avesse fatto per meritarsi una
situazione strana come quella. Strana era l’unico aggettivo
plausibile. Josh Divine Devine sembrava quasi... imbarazzato!
Louis
Tomlinson apparve da dietro uno scaffale e gli fece un occhiolino -a
Liam, fece un occhiolino a Liam-
poi sparì di nuovo e Josh si schiarì la voce.
«Sei
uno dei più bravi della scuola»
continuò Devine, alzando di poco
la voce, nascondendo le mani sotto il bordo del tavolo. Liam
annuì,
perché non vedeva né capo né coda ad
una conversazione con quel
ragazzo e non sapeva davvero se avrebbe preferito rimaner lì
ancora
un po’ per vedere dove sarebbero andati a parare o scappare
il più
velocemente possibile dal ragazzo più antipatico
dell’intero
castello.
«Quindi
potresti... aiutarmi a risolvere l’indovinello per la seconda
prova».
E
lì, in quel momento, Liam capì dove Devine
sarebbe andato a parare.
Lui voleva usare
Liam.
Usarlo per riuscire a superare la seconda prova e farsi bello davanti
alla scuola. Liam era un mezzo.
«Perché
sai, non ho la più pallida idea di cosa fare. È
un uovo, e se lo
apro strilla. Ho cercato nei libri di Storia della Magia un oggetto
che potesse assomigliargli, ma non ho trovato niente. E manca solo
una settimana e non so davvero dove puntare la bacchetta e sembra che
nessuno sia in grado di aiutarmi e ho pensato che tu sei uno dei
più
bravi e dovresti...»
«No».
La
parlantina frenetica di Devine, che ad ogni parola sembrava aver di
nuovo riacquistato i suoi modi diretti e sgarbati,
s’interruppe
all’esclamazione del Tassorosso, mostrando un diciassettenne
con
gli occhi spalancati e la bocca ancora aperta per il discorso
interrotto a metà.
«Come-?»
Liam
prese fiato. Chiuse il suo tomo di Guida
approfondita alle arti della medimagia avanzata e
tirò indietro la sedia, pronto a fuggire. Non voleva che
Devine gli
facesse cadere addosso l’intero reparto di medimagia.
«Non
sono disposto ad aiutarti, Devine. Cercati
qualcun’altro».
E
poi se ne andò.
Josh
Devine, c’era da dire, era una persona insistente. Dal giorno
stesso in cui Liam rifiutò di aiutarlo per la seconda prova
lo
perseguitò. Lo seguiva per i corridoi, in biblioteca, lo
fissava in
Sala Grande durante i pasti e un paio di volte lo seguì
perfino in
bagno. Liam era stanco. Niall, il suo compagno di Casa, gli
consigliò
parecchie volte di aiutarlo e basta.
«Se
arriverà alla seconda prova impreparato se la
prenderà con te.
Potrebbe addirittura ucciderti. Sai quanto ci tiene a questo
Torneo»
continuava a ripetergli, come un mantra, tutte le volte che
l’argomento verteva verso il Grifondoro -il che era molto
spesso,
visto che Liam ce l’aveva sempre intorno.
Ma
Liam non avrebbe ceduto. Non avrebbe ceduto perché Devine
non era
una persona che andava aiutata, non era gentile né cortese,
non
sapeva come chiedere un favore e non sapeva arrendersi. E non avrebbe
ceduto perché, per una volta, non dovevano essere solo i
Grifondoro
ad essere quelli testardi. E Liam voleva proprio farla, la parte del
testardo.
C’è
da dire che, però, Liam era comunque un Tassorosso. Il
Cappello
Parlante non smista i giovani maghi senza un criterio e, se Liam era
finito nella casa nero-oro in motivo doveva pur esserci stato.
Il
motivo si presentò un mercoledì sera, mentre Liam
tornava in Sala
Comune dopo una cena particolarmente pesante -Niall aveva un modo
tutto suo per convincere le persone accanto a lui a mangiare a
più
non posso.
Liam
stava percorrendo il corridoio che l’avrebbe condotto
all’entrata
della sua Sala Comune, quando improvvisamente sentì degli
strilli.
Strilli acuti, incredibilmente acuti, così acuti da ferire
le
orecchie.
Liam
si fermò a metà corridoio. Cosa avrebbe dovuto
fare? Correr via e
ignorare ciò che sentiva? Non era il tipo.
Decise
di avvicinarsi. Gli strilli provenivano dal bagno, e più si
avvicinava più Liam desiderava esser ovunque tranne che
vicino a
quell’incredibile rumore. Poi, proprio quando stava per
posare la
mano sulla maniglia della porta e tirare, gli strilli si fermarono.
Liam
aprì la porta e, seduto per terra con un uovo
d’oro in mano, c’era
Josh Devine.
Per
un po’ rimasero semplicemente a guardarsi negli occhi.
Stupiti
entrambi di trovare l’altro. Poi, quasi simultaneamente, Liam
fece
un passo indietro e Josh posò l’uovo per terra,
pronto per alzarsi
in piedi.
«Aspetta»
mormorò Devine, spolverandosi i pantaloni della divisa senza
staccargli gli occhi di dosso. Liam rimase immobile dov’era,
per un
attimo pietrificato dallo sguardo del Grifondoro. Forse voleva
ucciderlo. Forse pochi secondi e avrebbe sfoderato la bacchetta,
mandandolo con uno Schiantesimo a sbattere contro la parete
dell’altra parte del corridoio. Forse avrebbe davvero dovuto
ascoltare Niall e aiutarlo subito, senza fargli perdere così
tanto
tempo e così tanta pazienza. Forse si stava facendo un sacco
di
paranoie inutili.
«Lo
so che non sono stato molto gentile» stava dicendo intanto
Josh
Divine Devine, mentre a grandi passi si avvicinava a lui. Liam
avrebbe voluto fuggire il più lontano possibile, fare lo
scatto più
impressionante della sua vita e rinchiudersi nella sua intoccabile
Sala Comune. Invece, i suoi piedi sembravano esser ben saldati al
pavimento da qualche incantesimo Incollante dei più duraturi.
«Però
-beh, avrei veramente bisogno del tuo aiuto. Questo coso continua a
strillare e a strillare tutte le volte che lo apro, non saprei
davvero che fare e tu sei così bravo, così
intelligente che
magari...»
A
quel punto Devine si bloccò. Lo fissò negli
occhi, così
intensamente da far male. Liam non aveva mai notato che Josh Divine
Devine avesse gli occhi azzurri.
Che
poi non gli aveva mai fatto veramente niente di male. Se la prendeva
con Niall, certo, era antipatico con un sacco di persone, certo, ma
Liam non era mai stato uno delle vittime di Devine. Forse avrebbe
potuto aiutarlo. Forse non sarebbe stata un’idea
così brutta.
D’altronde Devine stava solo cercando di vincere una gara, di
usare
tutti i mezzi a lui disponibile, di rendere la scuola orgogliosa di
lui. D’altronde Devine era un Grinfondoro, cosa avrebbe
dovuto
aspettarsi Liam? E poi questa volta glielo stava chiedendo quasi
gentilmente.
Josh
lo stava fissando ancora. Liam non ce la faceva, come si faceva a
sostenere uno sguardo del genere? Nemmeno gli occhi del suo amico
Niall erano così azzurri. Non grigi, non così
chiari. Erano più
intensi, più colorati, dello stesso colore...
«L’acqua!»
Quasi
lo urlò. Era stata un’idea così
improvvisa, un’illuminazione
così geniale e perfetta che poteva funzionare e poteva
davvero fare
in modo che Devine riuscisse a superare la seconda prova che...
«Che
cosa?»
Josh
Divine Devine aveva lo sguardo di chi non ha capito niente. Di un
pesce palla, per dirla alla Babbana. Liam sorrise tra sé e
sé con
sguardo compiaciuto. Per un attimo ponderò l’idea
di tenere
l’informazione per sé e ricattare il
più grande, ma poi...
d’altronde non era un Serpeverde.
«Metti
l’uovo nell’acqua e immergiti. Poi riaprilo. E
ascolta quello che
dice».
«E
come mai?»
Devine
sembrava capirne di meno ad ogni parola. Ma Liam
gliel’avrebbe
spiegato, perché era un Tassorosso e perché gli
piaceva studiare.
Glielo avrebbe spiegato con pazienza e avrebbe atteso che Devine
facesse quello che gli aveva detto. Poi, il giorno dopo, avrebbe
incontrato Devine in Sala Grande con un sorriso che andava ad
orecchio a orecchie e forse, dentro di sé, avrebbe sentito
un attimo
il cuore perdere un battito. Ma non l’avrebbe detto a
nessuno,
perché Niall l’avrebbe guardato con gli occhi
ancora più
sconvolti di quelli di Josh Divine Devine e l’avrebbe preso
per
pazzo. E forse, da quel giorno, Liam avrebbe smesso di chiamare
Devine con quel soprannome stupido.
E
tutto, sicuramente, l’avrebbe fatto solo per quel misero e
quasi
insignificante «Grazie» che Josh gli avrebbe
sussurrato dopo la
seconda prova, con un sorriso che di tirato aveva nulla e le mani
lasciate libere lungo i fianchi.
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