Pkm 28.0
[NB: nell’author’s
corner c’è una cosuccia su cui vorrei avere un parere, vi pregherei di leggerlo…]
~ Looking for the assailants ~
Non
appena le macerie raggiunsero il pavimento, i presenti furono costretti a
chiudere gli occhi per evitare che la moltitudine di polvere e intonaco potesse
causare qualche danno. Erano ancora in stato d’allerta, pronti a
scappare nel caso di una nuova scossa o di un crollo. Ma il museo era
silenzioso. Se ci fosse stato qualche altro pericolo, non sarebbe avvenuto in
un tempo prossimo.
La prima a muoversi fu
Désirée, che dall’uscita della stanza si era precipitata verso il suo centro,
appoggiando l’orecchio sui detriti. L’archeologo era rimasto sullo stipite
della porta, studiando la scena.
“Madeleyne, rispondi!” La
faccia di Désirée era pallida dal panico.
Dall’altro capo del muro non
si sentiva un bel niente. Da quel che aveva visto Daisuke, ciò che era crollato
non poteva che essersi ammassato in un muro spesso almeno due metri. Fra gli
oggetti dalla stazza più preoccupanti vi erano, fra l’altro, un’enorme trave di
legno e lunghissimi tubi d’acciaio. Era una struttura fragile, annosa, non era
stato sorpreso del suo improvviso cedimento.
“Maddy! Maddy!” Chiamava
senza sosta la ragazza bionda, provando a togliere qualche blocco di muratura,
senza riuscirci. In effetti, l’ammasso di detriti doveva essere, oltre che
largo, molto compatto.
Nella sua mente iniziò ad
infiltrarsi un piccolo dubbio. Era arrivato troppo tardi? Magari Madeleyne era
rimasta sepolta sotto strati e strati di cemento. Ne sarebbe stata capace, per
quanto la sfortuna la perseguitava …
“Non dirlo neanche per
scherzo! Maddy non può-” Lo rimbeccò Désirée, lanciandogli uno sguardo
incredulo. Scosse la testa, continuando testardamente a gridare. “Maddy! Per
favore!”
L’archeologo, che aveva
cercato di contenere – senza riuscirci – la propria impazienza, sbraitò: “Mi
pare inutile continuare ad urlare, ragazzina. Se proprio volete vedere com’è la
situazione, dovremmo fare il giro ed arrivare dall’altra parte!” Persino
Daisuke non riuscì a contenere un senso di disgusto per l’insensibilità che
dimostrava l’uomo.
“Madeleyne! Dai, rispondi!”
Lo ignorò Désirée, concentrata. Dalla sua posizione riusciva a vedere il suo
labbro tremolare. L’archeologo, offeso, digrignò i denti, voltandosi di lato.
“Maddy--”
“Dés!” Non sapeva come, ma
Daisuke era riuscito a sentire una flebile voce proveniente dall’altro capo del
muro. Immediatamente dopo, si udì il rumore di qualche tubo e calcestruzzo
cadere sulle piastrelle della sala. “Coff! coff! Cough!” Seguirono una
moltitudine di colpi di tosse e starnuti.
“Madeleyne!” Alla telepatica
le si illuminarono gli occhi. Fece una linguaccia all’archeologo girato di
spalle e riprese a parlare. “Sei tutta intera?”
“Che ne so! Mi sono trovata
in mezzo a tubi arrugginiti e affari pesantissimi! Non ci vedo una mazza perché
la polverina bianca che stava cadendo-”
“Intonaco.” Specificò Daisuke
di rimando, troppo abituato a correggere la ragazza per realizzare che tanto
non l’avrebbe potuto sentire. Se lei doveva lamentarsi, tanto valeva che lo
facesse usando una grammatica corretta.
“- e mi sento prudere
dappertutto!” Désirée ridacchiò, sollevata. Allo stesso tempo, Daisuke fece un
profondo sospiro, liberandosi dell’oppressione che aveva provato fino a qualche
secondo fa. Se aveva ancora la forza di blaterare scempiaggini, allora stava
perfettamente bene. La sua logorreicità non aveva limiti.
“… Daisuke ha appena detto
che sei logorroica!” Riferì Désirée, a pappagallo. Il suddetto interessato la
guardò molto scocciato, mentre quella aveva le labbra sollevate in quel che
sembrava un sorrisino angelico.
“Tsk, è da un mese che lo
ripete. Non capisce che quel che dico ha perfettamente
senso. Solo, è troppo filosoficamente avanzato per la sua capacità
cerebrale, troppo legata alle regole ed ai libri, priva di elasticità!” Dietro
la parete di detriti, la sua voce era confusa e distante, ma facilmente
distinguibile.
“Sì, certo.” Commentò, senza
alzare la voce. Non sapeva se considerarla una cosa positiva, ma cercava sempre
di aver l’ultima parola su tutto. “Lagnarsi del proprio prurito è davvero filosofico.”
Désirée, che si era, a quanto
pareva, proclamata l’intermediaria fra i due – Daisuke non avrebbe mai sprecato
la sua voce per un discorso inutile come quello – ripeté parola per parola.
“… sono un genio incompreso.
Tutta invidia, la tua.” Gli parve di sentire anche un ‘umpf’ di offesa. Riconobbe
quella come una vittoria, ma non riuscì ad evitare di alzare i propri occhi al
cielo.
“Ed ora, tizio Scoprimummie-”
“Scoprirovine! Rovine! Per
diamine, mocciosa!”
“See, quel che dici tu.”
Aveva un tono incurante. Tipico di lei. Non riusciva a fare a meno di essere
impulsiva, riguardo a ciò che diceva o faceva. Daisuke fu colto da un senso d’inquietudine,
pensando a tutte le volte che aveva cercato di stritolarlo in una di quelle morse
che lei chiamava ‘abbracci’.
“Ora tirami fuori di qui, che
ho visto un ragnetto scendere dal soffitto.”
“Ma guarda te che-”
L’archeologo era rosso di rabbia. Era estremamente orgoglioso, e il
comportamento della sua compagna di viaggio non era certo dei più cordiali.
“La prego, è un’emergenza!”
Supplicò Désirée, esibendo due occhi speranzosi. “Ci aiuti…!”
“Mmh …” L’uomo parve contare
mentalmente fino a dieci. Inspirò ed espirò profondamente. Quindi andò verso la
parete e tastò in giro.
“Il ragnetto sta discendendo
le macerie. Muoviti!” Continuò Madeleyne, facendo quel che parevano essere dei
saltelli. Daisuke socchiuse gli occhi, riflessivo. La gamba, come sospettava,
non si era ancora del tutto ripresa. Il pazzoide con il Frosslass le aveva
indebolito i muscoli ed i legamenti, era ovvio che non poteva ancora correre.
Il che, per quanto ridicolo, causava un problema: se si fosse imbattuta negli
uomini che avevano violato il museo …
“Non posso farci niente,
piaga!” Sbottò l’uomo, incrociando le braccia.
“Come niente?” Era molto più
difficile distinguere ciò che diceva. Probabilmente si era allontanata dalle
macerie per colpa dell’aracnide. Daisuke resistette al desiderio di tirarsi una
manata in faccia. “Hai un accidenti di piccone, perdiana! È vero, oppure lo usi
come fermacarte!?”
“Modera le tue parole!”
L’archeologo si strinse l’arnese al petto, come per difenderlo. “È un utensile
fenomenale, la vecchia Kassy!”
“Kassy.” Si sentì una risata
trattenuta malamente. “O-ok. Tizio, spacca questi detriti!”
“Sei sorda? Ti ho detto che
non posso!”
“Che cosa cavolo c’è? Devi
chiederle il permesso?”
“Argh!” L’uomo era furibondo.
Sulla sua tempia era comparsa un’enorme vena pulsante. “Se colpissi questa
catasta, non farei altro che …!” Si fermò, rabbia completamente dimenticata.
Quindi sul suo volto si allungò un sogghigno malsano. “Beh, se proprio vuoi …”
Portò dietro le spalle il piccone, caricando il colpo.
“No, cosa fa!” Désirée glielo
rubò da dietro le spalle. Probabilmente aveva visto nella mente dell’archeologo
ciò che aveva in mente di fare. “È impazzito?!”
L’uomo si voltò di scatto,
avvicinandosi con la forza di un toro. Voleva il suo piccone. “Kassy! Grr!
Credevo che almeno te, ragazzina, fossi normale!” Ma ciò che né Désirée né
l’uomo avevano potuto prevedere, era che l’arnese fosse troppo pesante per la
bionda: in meno di due secondi mollò la presa, facendo cadere la testa
metallica di ‘Kassy’ sul lato piatto, che aveva schiacciando il piede
dell’archeologo.
Daisuke cercò di contenere il
proprio fastidio. Come sospettava, stare in mezzo a tante persone era
psicologicamente prostrante. Si massaggiò le meningi: aveva disperatamente
bisogno di un po’ di quiete.
“Uh… Daikke?” Sentì un
brivido corrergli lungo la schiena. Si chiese il perché avesse spinto via la
ragazza, prima che il soffitto le crollasse addosso. “Quand’è che nella stanza
è entrato un gorilla urlatore?” Un’altra delle sue domande idiote. Perfetto.
“Non esistono ‘gorilla
urlatori’.” Sospirò stancamente.
“Oh, andiamo, un po’
d’immaginazione!” Sbuffò, cambiando posizione, avvicinandosi leggermente di
più. “Quel rompiscatole … cosa ci vuole per fare un buco fra i detriti!”
Borbottò, lamentandosi.
“Ottusa. Avrebbe solo
peggiorato la situazione.” Sibilò Daisuke, stufo di sorbirsi l’ingenuità di
Madeleyne.
“In che senso?” Per
l’appunto.
“ ‘Un po’ d’immaginazione!’ ”
Imitò parola per parola ciò che gli aveva raccomandato prima la ragazza. Quella
fece un verso di impazienza. Poi ci fu un minuto di silenzio – se non si
contavano le urla dell’archeologo e le disperate scuse di Désirée. E il
silenzio non era mai un buon segno, quando centrava Madeleyne.
“… Daikke ~” Gli venne un
brivido.
“Daikke! Dai, Daikke ~”
Iniziava a sentirsi nauseato. Cosa c’era di male nel suo nome? Che diritto
aveva per storpiarlo in un modo così – così mostruoso!?
“Daikke, Daikke, Daikke ~?” Le
gambe gli divennero molli, rischiava di stramazzare a terra. Non ce la poteva
fare. Odiava il nomignolo. Non l’aveva mai sopportato. Punto.
Era peggio di un’allergia: se
non avesse fatto qualcosa, gli sarebbe venuto uno shock anafilattico.
“Dai-”
“Ugh, finiscila!” Le ordinò
Daisuke, voce colma di aggressività. “Stai! Zitta!”
Avvertì un suono simile ad un
guaito. Sapeva di aver tentato la sua pazienza, massacrandogli l’orgoglio.
Aveva solo assaggiato la conseguenza delle sue azioni.
“Emh… ah …” Dal muro non
provenivano altro che sillabe incerte. “Ho esagerato.” Ammise, con voce a
malapena udibile.
“… mph.”
“Mi dispiace.” Continuò. Non
c’era bisogno di Désirée per sapere che era vero: Madeleyne era fin troppo
spontanea. Non faceva niente che non le andasse di fare.
Decise di portar pazienza, e
lasciar scorrere tutta la sua frustrazione. Forse anche lui, aveva esagerato.
“Se fossi rimasta in quella
zona quando il ‘gorilla’ avrebbe colpito i detriti, sarebbe crollato tutto.”
Specificò, facendo un lungo sospiro.
Madeleyne, capendo che il
pericolo era passato, recuperò il suo umore di sempre. “Oh. E questo non
sarebbe stato piacevole, deduco.” Ipotizzò, sovrappensiero.
La loro conversazione fu
interrotta da Désirée, che era appena riuscita a domare il gorilla fumante di
rabbia. Si avvicinò al muro – anche Daisuke, inconsciamente, si era
approssimato ad esso – ed esclamò: “Non possiamo far altro che raggirare il
muro! Ci metteremo un attimo, ok?”
Non arrivò alcuna risposta.
La telepatica tese l’orecchio, corrugando le sopracciglia.
“Maddy?”
“…eh? Oh! Oh, sì, un attimo.
No problem.” Era distratta. Con la testa fra le nuvole. Daisuke ci mise pochi
attimi per capirne il motivo: quindi si massaggiò il setto nasale.
“Maddy? Non dirmi che stai-!
No, non ti avvicinare alla macchinetta!”
“N-non r-riesco! L’attrazione
è ingovernabile!” Madeleyne fece una voce sforzata. Probabilmente si stava
divertendo. D’altronde, ora che non c’era nessuno che potesse fermarla o
controllarla, poteva rubare ciò che voleva. A volte riusciva persino ad
inquietarlo. Una Madeleyne con in testa solo il profitto? Decisamente
pericolosa.
“Metti giù la spranga! Da
buona!”
“Spranga? Io vedo solo
un’adorabile tubo di acciaio inox!”
“Dico sul serio! Non
lanciarlo contro quella macchinetta!”
Per tutta risposta si udì il
vetro andare in frantumi.
“Il lato oscuro è troppo
potente ~” Sghignazzò per l’ultima volta Madeleyne, riuscita nel suo intento.
Désirée, che Daisuke aveva
scoperto avere un enorme senso della giustizia, corse via dalla stanza, seguita
dall’archeologo. Anche lui, scuotendo la testa in disapprovazione, decise di
mettersi in marcia.
Prima usciva da quel
manicomio, meglio era.
~
♪ ~
Ero delusa. Molto, molto
delusa.
Diedi un morso alla merendina
che avevo ‘preso in prestito’: una tavoletta di cioccolato al latte Miltank.
Avevo controllato Dexi, e finalmente avevo scoperto cosa diamine fosse, un Miltank.
Ogni giorno che passa mi rendo conto di quanto sia stata ottusa a non accorgermi
prima dell’esistenza dei pokemon, quando ne avevo le prove proprio sotto il
naso.
“Beh, meglio tardi che mai.”
Annuii, prendendo una manciata di dolciumi dalla macchinetta.
Era l’unica cosa che c’era da
scippare, dato che i Poké che avevo trovato erano solo 200 …
Corrugai le sopracciglia,
pensando a quanto fosse ingiusto che un museo artistico come quello fosse così
ignorato dalla gente. Cioè, davvero a nessuno fregava degli scheletri dei
Pokésauri – quanto era geniale – e delle pietre preziose che offriva quel
luogo?
Mi alzai in piedi, felice di
aver introdotto altri grassi eccessivi nel mio corpo. Désirée aveva detto che
avrebbero fatto il giro per venirmi a trovare. Era molto preoccupata. Strinsi i
pugni, frustrata.
Cos’è, pensano che sia una patetica inferma? D’accordo che sono appena
uscita da un ospedale – che mi ha più traumatizzato che aiutato – però tutto
questo è esagerato!
Mi sentivo in forma. Anche se
mi era crollato addosso un quintale di muratura, ero perfettamente sana.
Carica di determinazione per
la mia insolita dose di fortuna, decisi di andare all’esplorazione del museo:
non avevo bisogno di una balia. Aprii la porta, ripercorrendo i miei passi. Sarei
stata capace di cavarmela, in qualche modo.
Ero una persona nuova,
diversa. Questo viaggio mi aveva fatto cambiare, ne ero consapevole. Sentivo
l’ardente desiderio di rendermi utile, l’inspiegabile brama di aiutare i più
deboli. Avrei assistito quegli smidollati a salvare il loro amato museo. Era la
cosa giusta da fare. Se ci impegnavamo, avremmo sconfitto il gruppo di
criminali. Avrei dato tutta me stessa!
“… naaa!” Ridacchiai: ero
sembrata uno di quegli insensati personaggi con manie di protagonismo che
infestavano i videogames. “Tsk, mille volte più sensato starsene fuori dai
pasticci. Seriamente, perché dovrei fare la parte dell’eroe? Mica ho un
inconscio desiderio auto-lesivo!”
Mi misi a canticchiare, di
buon umore, mentre camminavo per un piccolo corridoio. Aprii l’ennesima porta,
occhi che cercavano oggetti potenzialmente di valore.
“Si parte con l’operazione S&S!”
Mi fregai le mani.
“ ‘Operazione S&S’…?”
Per lo spavento feci un suono
strozzato, guardandomi freneticamente attorno. Un ladro? Un assassino?
Poi intravidi una ciocca di
capelli verdi. Feci un’espressione indispettita, dandomi della stupida per
essere saltata alle conclusioni.
“Sì. Operazione S&S.”
Risposi, controllando ciò che il tizio fotosintetico stava facendo. Eravamo
nella strana sala dei macchinari alla Resident Evil. Solo, era pieno di crepe e
pezzi di muro caduti per terra. Non doveva essere una delle stanze più resistenti
…
“Cosa stai architettando?”
Domandò, staccando un cavetto dal fossile di Désirée. Il suo tono era sempre il
solito annoiato, però si riusciva a percepire una nota di sospetto. Gli diedi istantaneamente
una risposta convincente.
“Operazione Sconfiggi &
Salva. Che ti aspettavi, scusa?” Feci finta di niente, sorridendo ingenuamente.
Non poteva certo sapere che S&S
stava per ‘Scippa & Scappa’ …
Il ragazzo scosse la testa,
concentrandosi di nuovo sul proprio lavoro. Sulla sua spalla era appoggiata
un’enorme sacca nera di stoffa. Pareva pesante.
“Neh, che stai facendo?”
Avevo voglia di rompergli le scatole.
“Ho preso i fossili da
riportare in vita: non vorrei che gli succedesse qualcosa.” Spiegò
meccanicamente. Mi guardai attorno, notando che tutti i fossili attaccati ai
macchinari erano spariti. L’ultimo era quello con cui stava armeggiando il
minatore.
“Credevo fossi furbo.” Mi
lasciai scappare, guadagnandomi un’occhiata irritata da parte dell’altro.
“Insomma, non vedi che questo posto cade a pezzi?” Come per dimostrare la
veridicità del mio punto, qualche metrò più in là piombò dal soffittò un pezzo
di … qualcosa. Qualcosa di molto grande. Mi attraversò un brivido.
“Perché stacchi filo per
filo? Andiamo, strappa via tutto! Non stai mica maneggiando vasi di cristallo!”
Gli feci fretta.
L’altro ignorò completamente
la mia sollecitazione, continuando la sua opera con enorme delicatezza. Ma io
ero preoccupata: era la mia impressione, o la stanza aveva preso a tremare?
Gli strattonai una manica del
suo giubbetto beige, intimandogli nuovamente di muoversi.
“Non posso.” Fu la semplice
risposta che ricevetti.
“Certo che puoi! Guarda, ti
faccio vedere come si f-” Prima che potessi toccare il fossile, il ragazzo mi
afferrò saldamente il braccio, sguardo duro e … apprensivo? C’era qualcosa che
mi sfuggiva, ne ero certa. Silenziosamente ritrassi la mano, lasciandolo al suo
lavoro.
Se aveva paura anche lui,
perché mai doveva andare ad una velocità che imbarazzava le lumache?
Dopo quello che pareva essere
stata un’eternità, il tizio prese in mano l’ultimo cavo, pronto a liberare il
sasso scheletrico.
“Finito. content-”
Per tutto il museo echeggiò
un possente ululato che mi fece rizzare i peli. Contemporaneamente l’edificio
prese a tremare come se ci fosse stato un terremoto, facendo aumentare la
quantità di cemento che stramazzava a terra, distruggendo le apparecchiature.
Venni afferrata con forza per
la mano e in men che non si dica mi ritrovai trascinata in avanti, verso
l’uscita.
“Parli tanto di aver fretta e
poi ti paralizzi al primo cenno di pericolo. Sei un po’ ipocrita, non credi?”
Mi rimproverò il ragazzo, cercando di apparire calmo quando in realtà, non lo
era.
“Sono l’ipocrisia in
persona.” Gli diedi ragione, sorridendo debolmente mentre quello apriva la
porta per entrare nel corridoio.
“E ne sono fiera, perché— Attento!” Dal soffitto si era staccato
un blocco di muratura dalle dimensioni decisamente preoccupanti.
Prima che il minatore dai
capelli fotosintetici potesse sollevare la testa, chiusi gli occhi e mi
scagliai contro di lui tirandogli una spallata sul fianco. Atterrammo dentro al
corridoio, a due metri di distanza da dove eravamo prima.
Le scosse terminarono dopo
alcuni secondi.
Sollevai le palpebre,
sorpresa di essermela cavata senza un graffio.
“Ma cosa vado a dire. Sono un
genio! E’ ovvio che mi sia salvata ~” Gongolai, non potendo fare a meno di
imitare la superbia di Carotino. Era forse contagiosa?
Sentii dei mugolii
incomprensibili provenire da molto vicino.
“… nngh ... di chi era il corposcontro
che mi ha abbattuto? Uno Snorlax …?”
Corrugai le sopracciglia ed
abbassai lo sguardo. Avevo non solo causato un trauma cerebrale al tizio
clorofilliano, ma lo stavo anche usando come cuscino.
Il ragazzo si ridestò, per
poi rimanere sbigottito dalla mia sconcertante vicinanza. Stavo per levarmi,
quando inavvertitamente il mio sguardo si contrappose al suo.
Verde. Non un verde stagnante
come i suoi capelli, no: quello era un verde intenso. Mi ricordava quando,
durante il viaggio, mi ero ritrovata ad alzare lo sguardo per vedere i raggi
del sole che filtravano fra le fronde degli alberi. O, per fare un altro esempio
decisamente più sentimentale, mi ricordavano uno smeraldo.
“… emh …”
Sbattei le palpebre,
risvegliata dai miei ragionamenti profondi. Quindi rotolai di lato, sbuffando e
mormorando un “Tanto eri scomodo.”.
“…” Con mia sorpresa, il
tizio non proferì parola. Invece, una volta alzato, prese a camminare
velocemente per il corridoio. Che fosse imbarazzato per quel che era successo?
Femminuccia. Si dovrebbe inchinare davanti alla mia grandezz – no, no
Madeleyne! Niente pensieri Carotiniani!
Presi a seguirlo, massaggiandomi
la spalla.
“Perciò, cos’è uno snorcolo?”
Il minatore clorofillico mutò
la sua faccia da concentrata – chissà cosa gli era preso – in una stupita. Solo
quando vide la mia espressione ingenua, si convinse della mia totale ignoranza.
“Pfft!” Fece un riso
soffocato, che mi fece mettere il broncio.
“Davvero, che cos’è!?”
“Scusa, scusa …” Ma al posto
di smettere, prese a ridere di gusto.
Arrossii in preda alla
confusione. Non capivo cosa c’era di sbagliato in quello che avevo detto.
“Se non la pianti torno nella
prima stanza e ti rubo la Bilia!”
Il mio tono non doveva essere
stato molto convincente, perché dietro alla sua mano chiusa a pugno riuscivo
ancora a sentirlo ridacchiare.
Ora che ci penso è la prima volta che lo sento ridere … decisamente
meglio del solito tono annoiato. Pensai inconsciamente.
“Lo Snorlax è un pokémon,
ovviamente.” Il ragazzo, più calmo, entrò nella stanza. Sentivo ancora un po’
del suo tono divertito.
Snorcolo?! Pensavo di essere uscita illesa dal crollo del soffitto, ma
a quanto pare …
“Mpfh! Potevi dirlo prima!”
Borbottai, offesa, seguendo il tizio mentre mi conduceva chissà dove,
attraverso le varie stanze.
Spalmai la faccia sul pokédex
per leggere sulla nuova specie che avevo scoperto … e per nascondere
l’imbarazzo.
~
♪ ~
Jack sbadigliò. Da quando il
suo capo lo aveva spedito a ripulire ogni angolo del museo, non aveva fatto
altro che ronfare. Cioè, aveva anche lui diritto ad un po’ di pausa, no?
E poi, per noi vecchi saltare la siesta di metà pomeriggio può essere
letale, non dimentichiamocelo.
Il rosso roteò gli occhi,
domandandosi il perché doveva sottostare ad un tipo come quello.
Se non ci fossi io, saresti già morto di fame, ingrato!
Jack chiuse un occhio,
infastidito: dopotutto aveva ragione.
Pigramente saltò giù dal
bancone d’ingresso, dove aveva appena pisolato.
E se non fosse stato per
quell’accidenti di ululato da film dell’orrore, probabilmente avrebbe
continuato a farlo. Deglutì, indeciso sul da farsi.
“Ah … ma il lavoro è il
lavoro …” Si lamentò, incamminandosi in una direzione presa a caso.
Non aveva mai avuto un buon
senso dell’orientamento, doveva ammetterlo, ma quel museo era un vero e proprio
labirinto. Ci si poteva perdere, con tutte quelle sale. Inoltre, era da una
settimana che lavorava lì, e non aveva ancora capito dove stava il bagno:
informazione vitale per il nonnetto che albergava nei suoi pensieri.
Quando iniziarono le scosse,
Jack si ritrovò impreparato e puntualmente spalmò il volto per terra.
Muoviti decerebrato! Striscia sotto lo stipite della porta!
“Subito, signore!” Il rosso
si alzò, pronto per scattare verso la zona sicura. Fece quasi subito
retromarcia, però, quando vide che il fossile di Armaldo al centro della sala era
minacciato da un pezzo di muro crollante. Immediatamente Jack impugnò la sedia
del bancone e la lanciò verso il pericolo, facendogli deviare il percorso.
Sollevato, fece un lungo
respiro.
“Fiuu! Missione compiuta!”
Quindi fece un sorrisetto arrogante. “Visto che precisione? I videogame servono
a qualcosa, nonnetto!
Non darti troppe arie, lattante.
Jack assunse un’aria
afflitta, mentre le scosse si calmavano.
“Ogni tanto vorrei un po’ di
supporto, lo sai …”
E io vorrei che tu avessi un po’ di spina dorsale. Ma non si può aver
tutto nella vita, quindi accontentati e fai qualcosa, o ti licenzieranno di
nuovo!
Cos’aveva mai fatto di male?
Era carino, era sempre gentile con tutti…
Eppure si ritrovava sempre
calpestato da chi gli stava attorno. Il suo capo, la sua
seconda-forse-temporanea personalità, il mocciosetto che non voleva ammettere
di essere una femmina …
“Sigh …” Jack trattenne delle
lacrime di coccodrillo, offeso da tanta crudeltà.
Continuò a camminare per
almeno cinque minuti, esplorando stanza dopo stanza, corridoio dopo corridoio,
solo per giungere ad una conclusione: chiunque stesse facendo tutto quel
trambusto, lo voleva licenziare.
Vittimista.
“Andiamo, lo vedi anche tu lo
stato in cui è ridotto questo posto!” Jack aprì l’ennesima porta, e si trovò
davanti ad una stanza di tre pareti. La quarta non poteva essere considerata
tale, in quanto era stata rasa al suolo per tre quarti, sparpagliando macerie
dappertutto.
“Ah … a-ah …” Non poteva far
altro che aprire e chiudere la bocca, una sensazione di angoscia che gli
cresceva nel petto. Cadde in ginocchio, di fronte al buco nel muro. Riusciva a
vedere degli uccellini, da quella posizione--
“Perché diavolo hanno
distrutto la parete!?”
Che dici, credo sia artistico-
“Ma sei matto? E non è solo
quello! Tutte le stanze sono piene di detriti, brecce nel muro-”
Si lagnò come un marmocchio.
Il monde era ingiusto. Probabilmente era geloso del suo innato fascino.
Poi si fermò. Aveva sentito
dei rumori. Silenziosamente avanzò verso la porta, per poi accucciarsi davanti
al pomello: osservò attraverso la serratura.
“Sono in quattro …”
Chiama la polizia, allora, perditempo!
“Saranno già scappati, prima
che arrivino. C’è un motivo del perché nessuno entra mai in questa catapecchia:
manca un’accidenti di segnaletica.”
E allora entra lì dentro e combatti, no? O tuo padre non ti ha
insegnato niente?
“... non voglio …” La sua
voce si fece piccola piccola.
Scusa?
“Vacci tu lì dentro!” Fece un
sorrisetto disperato. “Facile parlare per te, che non rischi niente. Ti rendi
conto? Sono dei criminali … ed io sono troppo giovane per morire …”
… ti vorrei prendere a calci. Ma perché, perché dico io, mi devo
sorbire un piagnucolone come te!?
“Sigh …”
“Sei buffo!”
Jack sobbalzò: per
l’improvviso movimento batté la testa contro la maniglia. Si voltò,
massaggiandosi la nuca, lacrima che rischiava di scivolare giù dall’occhio.
“…come?”
“È da un po’ che ti guardo, e
non fai altro che parlare da solo. Sei strano!” Il ragazzo – che doveva avere
all’incirca la sua età – sorrise.
Jack lo analizzò, notando i
suoi stravaganti vestiti, le maniche troppo lunghe, il motivo a quadri, gli
stivaletti e la benda sull’occhio. Per non parlare del ridicolo cappello,
certo. Il rosso sollevò un sopracciglio.
“Un cliente?”
Cretino, ma quanto sei ottuso? Sto qui è uno dei criminali!
L’altro fece una breve
risata.
“Mi piaci, sei simpatico.
Stupidotto e leggermente psicopatico, ma comunque carino ~ ♥”
“Senti chi parla …” Jack
iniziava ad essere irritato. Si alzò in piedi prendendo cercando nel suo
marsupio la locazione delle sue pokéball. Ma l’unica cosa che riusciva a
sentire, era la cinquantina di slot per la sua console. Accidenti alla sua
pigrizia, che non metteva mai a posto niente!
“Invece a me non stai
simpatico. Affatto.” Quel tipo era troppo eccentrico, non riusciva a capire
quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Era inquietato.
“… uh? Perché mai?” Gli
tremolò il labbro, occhi lucidi. Jack dovette combattere per non farsi assalire
dai sensi di colpa.
“Tanto per cominciare, ora
l’intero posto è un macello. Per colpa vostra mi toccherà ripulire tutto!”
Indicò la quarta ‘parete’. “Secondo, avete distrutto il muro.” Il clown mise il
broncio.
“Oh. E dire che a noi è
piaciuto così tanto che l’abbiamo rifatto nella prossima stanza …”
“Che?!” Jack voleva morire.
“Perché non avete usato la porta d’ingresso …?” Aveva un’espressione di puro
shock in volto, che fece solo divertire di più il suo interlocutore.
“Perché dovevamo fare
un’entrata di scena! ♪” Esclamò convinto, alzandogli il pollice. Il rosso non
poteva fare a meno di notare che i suoi ragionamenti erano al livello di quello
di un bimbo di tre anni.
“Aw, ora Jack-kun è triste …”
Frugò nelle sue enormi maniche. “Ma so io cosa ci vuole!”
Jack riuscì a trovare una
pokéball e la tirò fuori nell’esatto secondo in cui il ladro gli tese la mano.
“Vuoi una caramella? ♪”
“… eh?” Jack impallidì. Non
solo conosceva il suo nome e diceva cose che potevano essere interpretate in
modo erroneo, ma ora tentava anche di drogarlo!
“Sono ottime, te l’assicuro!
Anche Maddy-chan le ha provate! ♥” Il clown si avvicinò pericolosamente al suo
volto, caramella rossa fra lui e Jack. Quest’ultimo spalancò gli occhi.
“AAAH! Stammi lontano, stalker pedofilo dalle dubbie
preferenze sessuali!” Terrorizzato, Jack aprì la porta, scaraventandosi
nella stanza colma di nemici. Si accorse troppo tardi di ciò che aveva fatto,
ma ciò non gli impedì di fare un sorrisetto distratto.
“Oh-oh …”
In men che non si dica, uno
del team nemico aveva ordinato al suo pokèmon, un brufoloso e bavoso Slugma, di
attaccarlo con Lanciafiamme. Il rosso, finalmente con aria risoluta, lanciò in
campo il suo fido alleato, direttamente fra lui e le fiamme.
“Roy, salvami! Almeno tu!”
Con un ringhio, il pokémon
corse attraverso le fiamme, assorbendole lungo il processo. Jack sogghignò,
felice di aver al suo fianco un pokémon con Fuocardore. Poco dopo sospirò,
preparandosi alla battaglia:
“Non posso credere di star
facendo questo, per quanto mi pagano!”
~
♪ ~
“Tizio.”
Nessuna risposta. Era troppo
impegnato a guardarsi attorno, controllare i danni del museo. Non demorsi.
“Tizio fotosintetico.” A quel
punto, senza distrarsi dalla perlustrazione, rispose.
“Che c’è, snorcola?”
Inciampai sui miei piedi e per poco non mi schiantai contro il muro. Corrugai
la fronte, guance infervorate. Cos’era quella sensazione che gorgogliava nel
mio stomaco? Rimpianto? Autodenigrazione?
… che vuol dire autodenigrazione? Daikke ed i suoi termini aulici! Scossi
la testa, ritornando al discorso originario.
“Devi viaggiare molto: in
questo museo ci sono un casino di robe eccentriche e voodoo-ose! Per non
parlare di tutti i Pokésauri! Sbaglio o alcuni provengono da Hoenn e Kanto?”
“Da cosa l’hai intuito?”
Domandò, passando alla prossima stanza: non era stato rubato niente.
“Ho letto le targhette.”
Scrollai le spalle. Ero una persona molto franca: se sapevo una cosa, me ne
vantavo; se non la sapevo, chiedevo.
“Ah …” Commentò, tono apatico. “Non sai
proprio nulla di fossili, eh?”
“Non sono i fossili.”
Spiegai, crucciata. “Sono i pokémon.”
“E te ne vanti?” Aveva usato
una leggera nota sarcastica.
“Beh, sì.” Gonfiai il petto.
“Perché?”
“Perché questo mi rende
anomala. Particolare. È sbagliato desiderare di essere unici?” Domandai, colta
da un dubbio.
“No, ma basterebbe famosi, diventando
un capopalestra o pokéatleta. Il tuo modo di essere ‘unica’ è un piuttosto
patetico.” Riflettè.
“Ho detto unica, non
‘speciale’. Voglio solo una vita tranquilla …” Sospirai, sognante. “Anche se
una bella villa con un’armata di Ermenasdrubalcibaldo non sarebbe malaccio.” Mi
venne in mente un’idea. “Hey, con quelli potrei conquistare il mondo!”
“Non avevi appena detto--” Ma
ormai ero partita per Maddyland, e non sarei tornata in me per un po’.
“Mpfh.” Mormorò il ragazzo,
dopo un veloce sospiro. “Se non sei unica tu …”
D’un tratto si fermò,
facendomi schiantare addosso a lui.
“Hey, snorcola …” Riprese,
catapultandomi nel mondo reale con la forza di un tir. Lo stesso tir che, in
meno di un istante, aveva pestato una decina di volte il mio cervello quasi
inesistente. Ed il mio orgoglio. Forse ora capivo cosa provavano le vittime dei
miei soprannomi …
“Mi chiamo Madeleyne, tizio
clorofilliano!”
“Okay.” Roteò gli occhi. Mi
avvicinò la sua sacca, colma dei fossili che aveva salvato in precedenza. Io la
presi, guardandolo come se avessi visto un lombrico con rossetto che lanciava
banane radioattive.
“Sei stato conquistato dal
mio immensurabile fascino ed ora mi regali questi fossili come tributo?”
“N-no! Che domande sono!”
Farfugliò il tizio, distogliendo lo sguardo. Dopo qualche secondo si schiarì la
voce, ritornando il solito menefreghista. “Zitta e ascolta.”
Confusa, mi concentrai sui
suoni che percepivo, immaginando di potenziare la barra virtuale del mio udito.
Quindi battei le palpebre, sentendo dei tonfi, versi bestiali e urla confuse.
“… Jurassic Park!” Provai,
lanciandogli un’occhiata che stava a dire ‘te l’avevo detto!’.
“È una lotta, cretina.”
Sospirò stancamente, passandomi la sacca, che presi alla buona, gonfiando le
guance.
“Stai qui. Tieni al sicuro i
fossili. Evita che qualcuno passi attraverso questa porta.” Diede le direttive,
girandosi di spalle.
“Ragazzo-pianta-palustre.”
Gli afferrai di nuovo la manica.
“Nome piuttosto creativo …”
Commentò, sarcastico. “… peccato che mi chiami Kaseki. Se vuoi unirti alla
lotta, ti devo contraddire.” Aggiunse con tono piatto.
“Ma sei scemo?” Fece
un’espressione cinica. “Primo: non sono masochista. Secondo: non ci guadagnerei
nulla.” Incrociai le braccia. Quel suo comportamento impassibile mi faceva
venir voglia di agire come una mocciosa.
“Qual è il problema, allora,
snorcola?” Chiese meccanicamente, non seguendo il discorso. Prima di
rispondergli, dovetti contare fino a dieci, aspettando che l’imbarazzo per il
soprannome sparisse – maledetta la mia memoria a breve termine!
“Chi ti dice che nell’attesa
non ti scippi questi mucchietti d’ossa?”
Rimase in silenzio, posandosi
le nocche di una mano sulle labbra, pensoso. Sembrava non sapesse trovare un
responso al mio quesito. Posò i suoi occhi sui miei, e gli angoli della sua
bocca si piegarono in un microscopico sorriso.
“Semplicemente, il mio
istinto da Scoprirovine.” Aveva un’espressione risoluta.
“Oh. Che schifo d’istinto!”
Gli feci la linguaccia, non so bene per quale motivo.
L’altro sospirò, estraendo
dalla tasca del suo giubbetto una pokéball.
Lanciandomi un ultimo
sguardo, si catapultò nell’altra stanza.
~
♪ ~
“Prendetelo!”
Jack sbuffò, corrugando la
fronte.
“Ragazzi, andiamo! Ho già
messo a K.O. due dei vostri amici”, indicò dietro le sue spalle, mostrando i
corpi di due sgherri con i rispettivi Slugma. “Perché invece di combattere non--”
Fu costretto ad abbassarsi
come se partecipasse a un limbo, in quanto un Numel piuttosto cicciottello
aveva appena usato Pirolancio sopra la sua testa.
“Attento ai capelli!” Sbottò
Jack, controllando di non essere diventato improvvisamente pelato.
Altro che capelli! Se non ti dai una mossa, perderai la testa!
“Sempre a lamentarti, tu.”
Sbuffò. “Roy, morso!” Il piccolo cagnolino scattò in avanti, pronto a lottare
con il pokémon giallognolo.
“Chi. È. Ssstato.”
A Jack parve di essere stato
trafitto da una decina di siringhe, tutte puntate al suo debole cuore. La esse
strascicata compariva solo quando l’animo dell’altro era accecato dall’ira. Si
voltò lentamente, diventando più nervoso quando intravide l’aura di potere
oscuro che circondava il suo datore di lavoro.
“S-salve cap-”
“Avete idea di quanto ssia
antico quesssto palazzo?!” Urlò, cancellando ogni briciolo di apaticità che
normalmente lo contraddistingueva. Infatti, c’erano solo due cose che potevano
fargli provare qualche emozione: reperti archeologici, ed il museo di suo
padre. “Quesssta parete…!”
Kaseki era infuriato.
“Infatti io-” Dopo aver
ordinato a Roy di schivare l’attacco Azione del Numel – pokémon leeento – e di
massacrarlo con un bel Riduttore, Jack cercò di salvare il recuperabile. Non
riuscendoci affatto.
“Ah, Jack. Sei licenziato.”
Il suddetto interessato rimase pietrificato.
La sua carriera era finita in
soli sette giorni. Un record da annotare nella sua lista. Era sconvolto.
“Aww, guarda cos’hai fatto!
Ora Jack-kun è depresso…” Jack tremò, voltandosi immediatamente di lato ed
impallidendo: si era completamente dimenticato del pagliaccio maniaco!
“So io cosa ci vuole! Una zuccherosa
caramella alla fragola! Ti sentirai meglio ~ ♥” Il clown, sorridendo
amorevolmente, si avvicinò con le mani – no, maniche – piene di caramelle colorate.
Ma Jack era sempre stato una
persona paranoica, dietro a quel suo comportamento così rilassato. Scappò velocemente
in direzione del suo Growlithe, decidendo che era meglio essere esposti al
combattimento pokémon, che non a quella persona.
Quella voce gli faceva venire
i brividi. Jack non aveva mai sentito la propria vita più in pericolo di quel
momento. Decise di giocare d’astuzia.
“Capo! È stato lui a
distruggere la parete!”
Kaseki lanciò la sua pokéball
verso la fonte dei futuri incubi di Jack, visibilmente più calmo. All’apparenza.
Il suo sguardo era colmo di una furia selvaggia.
Senza che lui impartisse
alcun ordine, dalla luce bianca che precedeva l’apparizione del pokémon
fuoriuscì una sfera energetica ad altissima velocità. Jack e le reclute
dovettero chiudere gli occhi per non restare accecati dell’esplosione che
seguì, esattamente dove prima si trovava il pagliaccio.
“Oh, un Carracosta ~” Una
volta che il fumo si fu diradato, Jack vide che il clown era riuscito a
schivare l’attacco con facilità. Pareva divertito, ma per nulla impressionato. “Guarda
un po’ chi ho trovato. Una delle persone che volevo incontrare …”
“Archee, Forzantica.” Un’altra
sfera, un’altra scansata.
L’attacco era servito solo
per allargare il sorrisetto perenne del nemico. Kaseki s’irritò:
“Andatevene dal museo: non
abbiamo niente che possa interessare al team Pyro.”
“Ah! E proprio qui che ti
sbagli! Abbiamo una missione molto importante …” La tartaruga marina lanciò un
altro dei suoi attacchi. Il capo del team – Jack non poteva ancora crederci, ma
era troppo impegnato nella sua lotta per poterci ragionare sopra – schioccò le
dita. Una vampata di fuoco, proveniente da un angolo della stanza, ne fece
deviare il corso.
Jack spalancò gli occhi: da
dov’era spuntato quell’Houndoom!?
“Che volete?” Ringhiò il
secondo proprietario del museo, iniziando a sudare freddo.
“Una cosa che avremmo dovuto
avere da un bel po’ di tempo, ma che, sfortunatamente, sembra essere sparita.”
Fece uno sguardo malizioso. “Tuo padre dovrebbe avertene parlato, no?”
“Non ne sappiamo nulla.”
L’espressione dubbiosa di
Kaseki, però, parve solo dire il contrario.
“Fai il finto tonto, eh? Non
è affatto carino ~ ♪” Cantilenò il capo del team Pyro. “Forse, se ti dessi un
piccolo incoraggiamento, saresti più stimolato a collaborare …”
Jack avrebbe tanto voluto
tramortirlo.
Il clown fece un ghigno
sadico, lanciando un’occhiata dietro di lui. Kaseki si allarmò, notando la
direzione che aveva preso il suo sguardo.
“… quante settimane hai
impiegato per ricostruire questo Rampardos?” La voce del maniaco era allegra.
Ma in maniera diversa dalla precedente. Ora era … quasi distorta.
L’Houndoom, come se avesse
ricevuto un segnale, corse verso il dinosauro all’interno della gabbia di
vetro, la bocca che traboccava di fiamme pronte a—
“NO!” Il Carracosta colpì il
cane demoniaco con un forte Acquagetto, mentre il suo padrone era corso fra lo
psicopatico e l’esposizione principale della stanza. “Smettila, non ti
permetterò di sfiorare questi fossili nemmeno con un dito!” Dichiarò Kaseki,
col cuore in gola.
Anche Jack l’aveva notato, e
senza scomodarsi ad usare il pokédex. Era impossibile da ignorare il livello di
combattimento di quell’Houndoom. Completamente di un’altra lega, rispetto agli
idioti con cui aveva avuto a che fare fino a quel momento.
“My, my …” Il pagliaccio
sospirò, riferendosi all’interlocutore come se fosse un bambino capriccioso. “Mi
pareva di avertelo detto, no? Devi solo consegnarmela.”
“Ti ho detto-!” Ma l’altro
non credeva alle sue giustificazioni. L’Houndoom diede un feroce morso alla pinna
della tartaruga, che venne percossa da delle potentissime scariche elettriche.
Crollò a terra, con le scariche che le strappavano urla di dolore. Il lupo,
mostrando le zanne, balzò agilmente sul guscio dell’avversario e, scuotendo impetuosamente
la coda, lanciò un ululato straziante.
Jack, che aveva appena finito
di sistemare l’allenatore con il Numel, si ritrovò paralizzato dalla paura.
Esattamente come il resto della stanza.
L’allenatore dell’abominio,
invece, si leccò le labbra.
“Consegnami l’oggetto che tuo
padre aveva scoperto nelle rovine di Sinnoh. L’oggetto che gli abbiamo
sottratto. L’oggetto che ci è stato rubato.” Sorrise macabramente.
“Consegnami la Grigiosfera.”
~
Author’s Corner
Ciao. Umh. Il capitolo è
estremamente lungo e noioso … ma mi piace variare un po’. E poi credo di essere
incapace di far durare un incidente meno di tre capitoli. Scusate T.T
Voglio ringraziare
chiunque abbia messo questa fan fiction e fra le storie Seguite e le Preferite.
Mi rendete fiera Q.Q
Riassunto
Daisuke, Désirée e l’archeologo,
dopo essersi accertati che la nostra protagonista fosse tutta intera, si devono
fare il giro di tutto il museo per cercare di riunirsi a lei. La suddetta
interessata, invece, si ritrova a far da balia ad un minatore (a quanto pare
dotato di nome) che, nonostante voglia fermare gli intrusi, deve prima
accertarsi di quali cose siano state rubate. Oppure è lui a fare da balia e
lei?
A Jack, poveretto, non ne
va una giusta. L’incontro con Hiro, lo lascerà profondamente scosso. Ma
riusciranno Kaseki ed il rosso a sconfiggere il temibile Houndoom del clown? E
la Grigiosfera, a cosa gli servirà?
Commenti
In riassunto, ci sono
solo tre cose che posso dire.
1.
Capitolo troppo lungo e con probabili
errori di grammatica: scusate…
2.
…però mi piace scrivere di questi
piccoli intermezzi. Cioè, se non li facessi, non potrei entrare nell’ottica dei
personaggi.
3.
Scrivendo, non posso far a meno di
notare che le paure di Jack riguardo ad Hiro risultano … fondate. *sguardo
malizioso*
Cose
imbarazzanti/importanti
Err… che ne pensare di
una fic di missing moments che riguarda questa fic? Cioè, per fare delle pause
da un capitolo e l’altro, in attesa di ispirazione >//////< *si nasconde*
Ho finito, andate in
pace. Come al solito, gradirei molto le
critiche, perché è difficile migliorare da soli :)
Certo, anche i complimenti sono ben accetti >.>
Thanks for all, guys ♥
GloGlo ~
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