Touch me, Ana.

di FairLady
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Ti amo e ho bisogno di te. Toccami. Per favore.”
Strofino il naso contro il suo.
Senza neanche averlo deciso razionalmente, concedo a questa donna anche l'ultimo brandello di me.
So che avrà buona cura di ciò che ero, che accudirà i miei dolori e li plasmerà con il suo amore in qualcosa di unico.
Ho paura. Sì, ho paura dell'intensità di ciò che provo.
Sento che potrei spezzarmi senza di lei.
Per  questo le invio una silenziosa supplica, attirandola a me e lasciandomi sovrastare dal suo corpo caldo e accogliente.
Mi tuffo in quei suoi profondi occhi blu, in cui mi perdo e dai quali non potrò più tornare indietro.
Esita perché sa cosa le sto donando. Sa che mi costa fatica, ma sento che ne ho bisogno.
Dopotutto sono suo. Totalmente.
Con il suo sguardo languido ed insieme insicuro, mi dà il permesso di affondare dentro di sé.
Ogni pezzo del mio essere esplode in un turbinio di sensazioni assurde, potenti. Devastanti.
Mi abbandono completamente, beandomi e struggendomi di lei.
“Ana, toccami... ti prego.”
Ormai la vivo come una necessità inspiegabile e dirompente.
La sento ancora esitante, ma poi vedo la sua figura nella penombra protendersi in avanti e poggiare le mani sul mio torace.
Un grido strozzato mi abbandona mentre mi spingo di più in lei.
Non so quanto riuscirò a resistere a questo contatto, so solo che desidero appartenerle con ogni fibra del mio essere.
Sento le sue unghie passare delicatamente sul mio petto.
Gemo, intensamente.
La tensione si allenta lentamente e lacrime salate mi scorrono sulle guance.
Ma le mie non sono lacrime di dolore. È sollievo. Puro, profondo sollievo.
Chiudo gli occhi e ho un sussulto incontrollato.
Tremo, sì, perché ho paura, ma sarei anche disposto a lasciarmi morire per lei.
Mi accarezza il viso e lo asciuga dal pianto, sussurrandomi parole che nessuno mi ha mai rivolto.
La sua voce è incerta, a tratti incrinata da un’emozione senza nome.
Le sfioro una guancia mentre la sovrasto e nel suo sguardo c’è sofferenza.
Sofferenza?
“Oh, Christian…” soffia fuori, lentamente, vicino al pianto.
“Shh, no, Ana, non devi. Non stare male per me. Io sto bene, ora che tu mi hai ridato la vita.”  





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