Anakin entrò nella piccola stazione di Polis Massa. Si guardò
intorno, brevemente. Non c’era nessuno.
Con il cuore gonfio, cercò di concentrarsi… voleva trovare
Padmè, doveva portarla con sé! Sarebbe morta… sarebbe morta a causa di quel
stupido sogno…! Non poteva permetterlo.
La Forza rispose, facendogli percepire una debole presenza. La
seguì, speranzoso, e prima che potesse accorgersene, arrivò davanti ad una
vetrata.
Padmè era là, stesa su un lettino anonimo, pallida.
Quasi non riusciva a riconoscerla.
Chi l’avesse vista per la prima volta, avrebbe probabilmente
considerato uno scherzo il fatto che lei era stata Regina di Naboo. Non avrebbe
mai immaginato che era una Senatrice.
Guardandola in quelle condizioni, il cuore di Anakin fece una
capriola. E per un momento credette di essere arrivato troppo tardi.
Troppo tardi.
Troppo tardi perché lei potesse essere ancora viva, troppo
tardi per quello che lui le aveva fatto.
Cosa le aveva fatto?
Sfidando l’intenso terrore che gli attanagliava il cuore, entrò
nella saletta bianca, sapendo che, se lei fosse stata ancora viva, forse
l’avrebbe cacciato, gli avrebbe detto che non lo voleva più vedere… gli avrebbe
detto che non l’amava più.
E forse, a quel punto, Anakin avrebbe davvero cessato di
esistere. Avrebbe trasformato il suo dolore in vendetta, una vendetta terribile
che si sarebbe scagliata contro chi aveva causato tutto ciò.
Come erano giunti a tutto questo?
Temendo di farle male, Anakin le sfiorò delicatamente una
guancia con la punta delle dita. Era gelata.
E davvero lui temette di averla uccisa. S’inginocchiò, le prese
una mano tra le sue e la baciò, lasciando una striscia di lacrime calde.
Poi sentì qualcosa.
Un mormorio.
Un sussurro indefinito, che piano, piano, si trasformò in un
nome.
-Annie…-
Lui alzò la testa, e guardò il viso angelico della sua Padmè.
Teneva gli occhi semichiusi, ma riusciva a vederne le iridi nocciola, velate di
lacrime.
-Padmè…- sussurrò alzandosi.
Lei non rispose, ma continuò a fissarlo. Lui non riuscì a
interpretarne l’espressione. Era forse di odio quella lacrima che calava
lentamente verso l’angolo del viso? Era rabbia pura quel tremito che scuoteva le
labbra del suo dolce angelo?
O forse era solo compassione?
Ma come succedeva sempre, lui riusciva a capire quello che lei
provava. Lui capiva quello che sentiva, perché anche se stavano per prendere
strade diverse, erano uniti. Uniti per sempre.
-Annie…- sussurrò all’improvviso la ragazza.
-Sono qui, Padmè…- disse lui, stringendole la mano.
Forse sapeva quello che sarebbe successo? Lei sapeva come lui
che la vita la stava per abbandonare? Sentiva quella debole scintilla spegnersi
lentamente?
E lui si chiedeva: avrebbe avuto la forza per salvarla?
Dopotutto, aveva imparato come controllare la vita? Forse no…
-Annie…- continuò lei, debolmente. –Ti prego, promettimi una
cosa…-
-Non parlare così, amore mio… Vivrai… Te lo giuro, ti salverò…-
disse Anakin, scuotendo la testa. Davvero credeva alle sue parole? Alle sue
stesse parole?
-Non salvarmi…-
Anakin sussultò, sentendo quelle parole. Preferiva davvero
morire, più che stare con lui?
-Non dire così…-
-No…- continuò lei, cercando di farsi forza. –Io… io devo
morire… Annie… è questo il mio destino-
-Ma perché?- lui non riusciva a capire. Si poteva disprezzare
tanto la vita, per scegliere la morte?
-Io non voglio essere salvata… dai tuoi poteri…- mormorò allo
stremo delle forze Padmè. –Quei poteri che hai acquisito… con la morte di tanti…
tanti innocenti…-
Anakin le strinse la mano, scuotendo il capo. Dalle labbra gli
uscì un gemito strozzato.
-No…-
-Ti prego… fallo per me…- lei lo fissò negli occhi.
E lui potè vedere la scintilla, quella stessa scintilla che
aveva tante volte visto brillare, ardere come non aveva mai fatto.
L’aveva vista brillare nel prato, a Naboo… l’aveva vista
durante il loro matrimonio, l’aveva vista risplendere nel buio delle loro notti
rubate ai rispettivi compiti. Quando lui tornava dalle missioni, i suoi occhi
luccicavano di gioia… e lo stesso la poteva vedere ora. Tra le pagliuzze d’oro
delle iridi.
-Fallo per me… e per Luke… e per…per…- la voce le venne meno.
Sembrò voler dire qualcos’altro, ma il respiro le morì in gola.
Con un ultimo sforzo, disse due parole. Due parole che lui le
aveva udite spesso, ma mai lo avevano colpito così tanto.
E le disse mentre quella luce svaniva dietro alle palpebre che
si chiudevano, come una finestra sul mondo.
-Ti amo…-
Anakin seguì con gli occhi il capo di lei che si poggiava
delicatamente sul lettino, con un sospiro vuoto. E sentì vagamente gli scanner
che emettevano segnali di allarme.
Le strinse forte la mano. E gli occhi gli si velarono di
lacrime.
Avrebbe potuto salvarla anche se lei avesse acconsentito?
Aveva così tanto potere?
Forse no…
Aveva giurato a sua madre che avrebbe tenuto Padmè con sé,
qualunque cosa le fosse capitata… avrebbe mai potuto immaginare che lui sarebbe
stato la causa della sua fine?
Dio…
Perché quel dolore lancinante che sentiva al cuore non l’aveva
ancora ucciso?
Chi sarebbe potuto sopravvivere a quel bruciore
straziante?
Lui
Perché Padmè non aveva indirizzato le ultime parole alla
speranza che lui tornasse dalla parte giusta… non l’aveva pregato di tornare
dagli Jedi.
Le ultime parole erano state per lui, e per lei…
Per loro.
Aveva promesso che non le avrebbe mai fatto mancare nulla… che
le avrebbe dato tutto ciò che lei desiderava.
E l’aveva fatto.
Aveva compiuto il suo ultimo desiderio. E per quanto folle, per
quanto inutile gli potesse sembrare… l’aveva chiesto Padmè.
E aveva mantenuto la promessa.
L’aveva fatto.
Accarezzandole l’altra mano chiusa a pugno, sussultò quando
vide il piccolo ciondolo di Jaipor. Lo fissò per un istante, poi lo infilò al
collo.
Soppesando per un momento quell’amore infinito e quella
passione trascendente racchiusi in quel pezzetto di legno, uscì dalla
saletta.
Non si guardò indietro.
*
Obi-Wan stava seduto nella Tantive IV. Sentiva la stanchezza e il suo peso
sulle spalle. Era consapevole di aver fallito.
Aveva fallito.
Una volta non avrebbe nemmeno preso in considerazione quella parola,
credendosi troppo forte e troppo esperto.
Ed era caduto, miseramente.
Pensò a Padmè, e alla richiesta che gli aveva fatto poco prima che spirasse:
di lasciarla sola, portando i bambini nella sala medica.
Aveva percepito anche lei la presenza di Anakin su Polis Massa?
Mentre tornava nella saletta, si era chiesto se lui fosse entrato nella
stanza di Padmè. Ma poi aveva visto l’espressione sul viso immobile della
ragazza, e aveva capito.
Lei doveva dirgli, per l’ultima volta, che lo amava.
Era consapevole che sarebbe finita.
Poi però il suo pensiero corse ai piccoli gemelli Skywalker. Quelle due
piccole speranze, che avrebbero riportato equilibrio nella Galassia.
Due piccole speranze che avrebbero riportato luce alla scintilla negli occhi
della loro madre.
Erano predestinati.
Ne portavano anche il nome. Luke e Leia.
Come la luce, che poi avrebbe acceso finalmente le stelle.
Una luce chiamata amore.
*L’Oscurità è generosa, è paziente e vince sempre.
Ma al centro della sua forza sta la sua debolezza.
Una candela è sufficiente a fermarla.
L’amore è più di una candela.
L’amore può accendere le stelle*
Matthew Stover, Star Wars EpIII "Revenge of the Sith" [cit.]