Scarpette col tacco e profumo di lampone

di Draclaire
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L’avevo guardata lavarsi il viso con un infuso di erbe per depurare la pelle. Avevo osservato il movimento lieve e preciso della sua bacchetta acconciarle i capelli alla perfezione, con piccoli diamanti incastonati tra i riccioli. Le avevo asciugato una lacrima quando con il tacco a spillo si era schiacciata il piede destro.
E ora che tutte le ragazze della stanza se n’erano andate, mi teneva accoccolato a sé, in piedi davanti allo specchio, ed era bellissima. Sentivo il battito accelerato del suo cuore sotto la stoffa leggera del vestito, mentre lei mi parlava, mi parlava di tutto ciò che temeva, che aveva paura di affrontare. La lunga scalinata con quelle trappole nei piedi, il ballo con Krum, (“E se gli pestassi un piede?”), e poi Ron, Ron che andava al ballo con Padma, che sarebbe stato bellissimo anche con quel vestito ridicolo, lo sapeva.
Poi prese un bel respiro, mi appoggiò al letto, mi diede un bacio sul muso e se ne uscì dalla stanza a piccoli passi, come se volesse non farsi sentire, come se i suoi timori fossero troppo pesanti anche per il pavimento.
Aspettai qualche secondo, poi la seguii, silenziosamente.
Mi affacciai alla ringhiera della grande scalinata e vidi gli sguardi estasiati di tutti quelli che la guardavano, fiero di avere la padrona più bella di tutta la scuola. Le osservavo i piedi, non staccavo lo sguardo da essi, per paura che se l’avessi fatto sarebbe caduta. Ma no, no. La perfezione non cade. Appoggiava delicatamente un piede dopo l’altro sugli scalini, prima leggermente, come a chiedere il permesso, poi con più sicurezza, la sicurezza di chi sa di non inciampare.
Vidi in lei la ragazzina di un anno prima entrare nel negozio di animali, prendermi tra le braccia e non lasciarmi più. Profumava di zenzero e di dentifricio alla menta. Adesso il suo odore era leggermente cambiato, sapeva dei piccoli fiori azzurri che crescono attorno al castello e di shampoo al lampone. Era l’odore delle ragazze mature, consapevoli della trasformazione che sta avvenendo nel loro corpo.
La guardai l’ultima volta prendere la mano del ragazzo bulgaro e me ne tornai in dormitorio. La Signora Grassa si era abituata alle mie passeggiate, ormai non dovevo più neanche miagolare perché aprisse il quadro. Mi accoccolai sul davanzale della finestra e l’aspettai.
Dormicchiavo beatamente quando la sentii arrivare. Passi piccoli, le scarpette in mano, sperando con tutto il cuore che le ragazze addormentate non si accorgessero di lei. Lanciò le scarpe sul letto, mi prese con sé e si chiuse in bagno. Piangeva. Le passai la coda sotto il mento, le leccai le lacrime una per una, e le feci le fusa sul petto, cosa che solitamente la calmava, ma non servì a nulla. Quando si fu calmata, iniziò. Mi disse che Krum era stato gentile ed era anche un bravo ballerino. Ma Ron non le aveva tolto gli occhi di dosso. Perché non l’aveva invitata, Grattastinchi? Perché se n’era stato seduto tutta la sera con Padma, deludendo profondamente anche lei? E perché alla fine le aveva detto quelle cose così… stupide? Perché era uno stupido, ecco cos’era. Solo uno stupido.
Si lavò di nuovo il viso, tolse il vestito, le scarpette e i brillantini dai capelli. Indossò il pigiama, fece un grande sospiro e si mise a letto. Batté sul materasso perché la raggiungessi e così mi accoccolai accanto sul suo petto, ascoltando il suo respiro e vegliando su di lei, come tutte le notti, da un anno a quella parte.
 





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