Ad unirci basta il cielo

di nelnerodellanotte
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La congiunzione di due oceani lontani,
il tepore della primavera unito al freddo dell’inverno,
l’incontro d’anime alla ricerca d’una salvezza al sapore di casa.

Così lontani da mancarsi, eppure così vicini da stringersi forte.
Rimanevano lì, a scrutarsi nel silenzio d’un idillio celato che pareva eterno nel bel mezzo del caos più assoluto.

Voci squillanti e volti assonnati avevano fatto da cornice a quel fortunato incontro in un fresco giorno d’autunno, ma loro non avevano sentito altro che il tocco d’uno sguardo, il crepitio d’un amore che sbocciava silenziosamente come una rosa bianca al mese di maggio.
Minuti che sarebbero potuti durare per l’eternità, quel luccichio negli occhi di chi ha scoperto un universo nelle iridi di qualcun altro e un sorriso incantato capace di spogliare l’anima della più cupa preoccupazione.

Non v’erano state parole, non v’erano stati gesti: solo un amabile silenzio che aveva già preannunciato l’inizio d’un insaziabile gioco di sguardi.

Ripensava a questo Ronnie, seduta su quel pontile in compagnia della sua stessa ombra, le onde del mare a portare via le lacrime d’un ricordo che non era più niente di reale, solo un pezzo di passato che non sarebbe mai tornato; guardava il sole tramontare lasciando che i suoi raggi l’asciugassero, come se tutta quella luce potesse strapparla alle tenebre di pianti trattenuti e sofferenze celate agli sguardi altrui con mesti sorrisi, come se in qualche modo quella luce potesse farla rinascere dalle ceneri di quello che una volta era stata.
Perché infondo lei voleva rinascere.
Avrebbe voluto buttarsi tutto alle spalle per cominciare da capo, per non aver paura di chiudere gli occhi e risvegliarsi con il pensiero di qualcosa che non avrebbe mai avuto, di braccia che non l’avrebbero mai cercata, ma la vita in quella parte di mondo sembrava avere una parte sadica, come se si divertisse a ricordarle tutto ciò che non era potuto essere ad ogni angolo, ad ogni minuto di ogni maledetto giorno.

Prese l’Ipod dalla borsa per dimenticare di pensare, per concentrarsi sulle sue canzoni preferite e magari finire a cantarle pure, incurante del fatto che qualcuno avrebbe sentito la sua voce, ma in realtà sapeva che anche quando creava barriere ad alto volume tra il mondo esterno e se stessa, non sarebbe stata sola.
Di lì a poco sarebbe arrivato, si sarebbe immaginariamente messo a sedere accanto a lei e sorridendo, avrebbe cominciato a parlare con lei.

Take me down to the river bend,
Take me down to the fighting end,
Wash the poison from off my skin,
Show me how to be whole again
 
Cantavano così i Linkin Park nelle sue cuffie quando lo sentì arrivare e sedersi immaginariamente accanto a lei con un saluto.

Ora ci penso io a te disse.

Ronnie sorrise: finalmente era arrivato.




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