John
Dee
Sulla
cima del mondo, mi fermerò.
Il dottor
John Dee non era mai stato in grado di sentire la mancanza di una
persona. Non
l’aveva fatto secoli prima, quando era solo un ragazzo, un adolescente.
Aveva
scelto il suo destino senza guardarsi indietro, rendendo insoddisfatto
suo
padre iscrivendosi ad una colta scuola inglese, invece di prodigarsi
nel
mestiere che la sua famiglia aveva scelto per lui. Non aveva sentito la
mancanza del padre quando era morto, o della madre, mentre era
impegnato a
studiare e ad accrescere la sua cultura. Per decenni, aveva fatto di
tutto per
non provare malinconia ripensando a Virginia Dare, ed era riuscito a
superare
anche quell’ostacolo. Perché John Dee era un uomo di ampie ed alte
ambizioni, e
non aveva tempo di guardarsi alle spalle. Il mondo era una meraviglia
da
scoprire, la vita stessa era un gioco. Chi arrivava prima, godeva di
più
privilegi. Chi arriva prima vince il gioco, e sulla terra esistevano
persone
che non sarebbero mai arrivate dove era arrivato lui. Alcuni segreti
sarebbero
rimasti tali al mondo intero, e su questo Dee non aveva niente da
ridire.
Segreti celati al mondo, forse, ma non a lui.
Perché Dee sognava in grande, e gli piaceva pensare che i suoi
non
fossero solo sogni, era arrivato al punto di definirli “certezze”.
<< Che cosa speri
di
diventare? Un intellettuale? Non sarai niente di quello che sogni di
essere, e
avrai solo perso tempo. >>
<< Lo vedrete,
padre. Non sono
come voi, e la vostra vita non fa per me. >>
Una risata di scherno.
John stringe
i pugni, e si riempie la testa di giuramenti tra se e se, per il suo
futuro.
<< Ah, sì? Perché,
sono troppo
in basso per te? La mia ambizione è troppo arida? >>
<< Esatto.
>>
Prende un respiro.
<< Smetterete di
guardarmi
come se avessi il destino già segnato, come se non potessi fare altro,
come se
non potessi scegliere la mia vita! Vi
sorprenderò, non ho nessuna intenzione di rimanere inchiodato qui!
>>
L’uomo serra la mascella.
Quando
parla di nuovo, la sua voce è come un sibilo.
<< Non mi renderai
comunque
fiero di te. >>
<< Allora renderò
fiero me
stesso. >>
Davvero suo padre pensava
di
convincerlo con quelle parole?
<< John… >>
l’uomo lo
guarda negli occhi, un avvertimento preoccupato si nasconde
nell’espressione
impassibile.
<< Non ne avrai mai
abbastanza, di conoscenza…. E ti metterai nei guai. >>
<< Forse… >>
inizia il
giovane, abbassando lo sguardo e riducendo la voce a un sussurro. Poi,
spinto
dall’orgoglio e dalla determinazione, rialza la testa di scatto.
<< Forse è quello
che voglio! >>
Che cosa
avrebbe detto il suo vecchio se avesse saputo che suo figlio era
arrivato al
punto di sconfiggere la morte, e aveva passato già diverse vite su
questa
Terra?
L’ambizione,
l’arroganza, la presunzione erano profondamente radicati nel suo
essere. Sapeva
di avere qualcosa di più rispetto agli altri, era speciale, e lo
sarebbe
diventato sempre di più. La voglia di essere superiore a tutti, e la
soddisfazione di riuscirci, lo avevano spinto ad incrementare dentro il
suo
animo un insaziabile desiderio di conoscenza e potere. La sua
determinazione
era infinita, perché alla fine, quando vivi per l’eternità, devi
trovare
qualcosa per cui vale la pena vivere, e per lui poter vedere dall’alto
tutto
ciò che gli era inferiore era più che sufficiente.
No, John
Dee non era mai stato in grado di sentire la mancanza di una persona,
perché
sapeva pensare solo a se stesso. Era egocentrico, egoista, superbo, ma non se ne vergognava, sapeva che la sua
arroganza l’avrebbe portato esattamente dove voleva arrivare. In cima
ad un
mondo ospite di una civiltà che non lo avrebbe mai superato.
Nella sua
vita non c’era posto per la pietà. Serviva i suoi padroni con devozione
e
ambizione, e non aveva fatto fatica a scrollarsi di dosso tutti gli
scrupoli
che fanno parte della natura umana. John Dee era stato umano, ma adesso
era
qualcosa di più. La pietà impone limiti, Dee non ne aveva e non avrebbe
mai
voluto averli. Perché la pietà, per i suoi gusti, si guardava troppo
alle
spalle, e troppe volte distoglieva lo sguardo da quello che davvero
contava, il
traguardo finale. La vita era un gioco, e se non si gioca bene, si
arriva
ultimi. Se non si punta a vincere, il gioco perde il suo senso.
John Dee ne
era convinto da quando era ragazzo, e allora molte persone ancora
dubitavano
delle sue capacità. Non sarebbe mai più successo, perché lui aveva
dimostrato
al mondo quanto valeva, ed era pronto a rifarlo.
Per questo
non capiva Machiavelli, che diceva di sentirsi umano e di “ non aver
mai
dimenticato le sue radici”. Per quanto
potesse essere fuori dal comune, l’italiano era proprio come tutti gli
altri.
Perché sentirsi umani quando si poteva essere qualcosa al di là di ogni
immaginazione? Che cosa ci trovava negli homines di così speciale?
<< Gli homines sono
destinati
a lasciare il posto ad esseri più potenti di loro, a quelle esistenze
che hanno
sempre ignorato, che non hanno mai saputo scoprire. Stiamo giocando una
partita
dove si perde tutto o si vince tutto. E loro non vinceranno mai.
Saranno
distrutti dalla loro stessa umanità. >>
Machiavelli inclina
leggermente la
testa, impassibile.
<< Perdere è
facile. Vincere
non è poi così difficile. Saper perdere, saper lottare, questo è
davvero lodevole.
Non pensi, dottore? >>
<< La sconfitta è
per i
deboli. >>
<< Per i deboli o
per i
pietosi, dottore? >>
<< Non c’è
differenza. >>
John Dee sente bruciare
la rabbia
dentro il petto, i suoi occhi incendiano il ghigno divertito di Niccolò
Machiavelli. La sua aura divampa per un istante, spargendo nell’aria il
fetore
di uova marce.
<< Che hai da
ridere? >>
<< Nessuno ha
ancora detto che
non si può ridere davanti a situazioni potenzialmente tragiche, John.
>>
Il Mago rimane in
silenzio, stringe
i pugni, a dir poco infastidito, mentre per l’ennesima volta si ritrova
a
pensare a quanto sia irritante e insopportabile quell’uomo che parla
sempre per
enigmi. Ma niente di quello che l’italiano ha da dirgli gli importerà
mai, in
fin dei conti.
John Dee
sapeva vedere ben oltre ciò che era visibile. Era anche un idealista,
tra le
altre cose. Lo era sempre stato, e aveva deciso di impegnarsi più di
ogni altro
per dimostrare il proprio valore nel momento in cui aveva capito che in
molti
ridevano dei suoi sogni, dei sogni che all’inizio non erano stati
nemmeno molto
ambiziosi.
Era come se
quel ragazzo apparentemente come tutti gli altri avesse già sentito il
peso del
futuro che lo aspettava, fin dai quindici anni. Era vero, John Dee era
diventato superbo, arrogante, tremendamente ambizioso e di un egoismo
radicato,
o forse lo era sempre stato. Tutte qualità che la gente considerava
profondamente negative e malsane. Alla fine, però, John Dee, il mago,
il
negromante, sarebbe arrivato più in alto di tutti loro. Questo suo
spirito così
fuori da ogni schema lo aveva portato agli Oscuri Signori, alla magia,
al
potere.
E, tempo
addietro, lo aveva portato anche davanti
ad un portone di una via parigina, dove tutto era iniziato, e i
suoi
sogni si erano realizzati.
<< Nicholas
Flamel? >>
L’uomo gli sorride,
benevolo.
<< Sì, sono io. Che
cosa posso
fare per voi? >>
John Dee
chiuse gli occhi per un istante. Tutto era partito da quel portone,
quando
ancora il mago non era nessuno. Aveva riesaminato per una vita intera,
per
diverse vite in realtà, i suoi ricordi, per trovare qualcosa che gli
fosse
utile a catturare Flamel. Dee era stato capace di fare tutto. Tranne
sconfiggere l’ Alchimista. E questo non riusciva ad accettarlo, perché,
in
fondo al cuore, temeva che suo padre avesse sempre avuto ragione. Tutti
hanno
paura, non è così? Persino gli Oscuri Signori. La paura, un nemico che
Dee non
poteva distruggere.
<< Vorrei diventare
vostro
allievo, signore. >>
Si guardano negli occhi
per alcuni
istanti, l’azzurro chiarissimo trafigge il grigio pietra. Poi, il corpo
magro
dell’Alchimista si fa leggermente da parte.
<< Qual è il vostro
nome? >>
<< John Dee.
>>
<< Entrate. >>
Angolino
di Rima
Eccomi di nuovo a rompere, miei cari “ due o forse
tre” fans
di questa saga! Per prima cosa, mi scuso per il titolo, ogni volta
trovarne uno
adatto e decente è una battaglia senza speranza di successo.
Per tanto tempo sono rimasta incerta se continuare
o no la
raccolta. Ora mi sono finalmente decisa
* suonano le trombe* ed ecco a voi… John Dee! Questo personaggio è
stato forse
anche più difficile da mettere su carta di Billy The Kid o Machiavelli, forse perché non è il mio personaggio
preferito. Comunque, volevo scrivere assolutamente qualcosa su di lui,
anche se
ho cambiato o aggiunto pezzi di storia almeno quaranta volte! (quindi
sarò
grata in eterno a chi mi farà sapere come sono andata con questa One
shot : D)
La voglia di scrivere su questa saga è davvero
tanta, ma ho
deciso che questa piccolissima raccolta finisce qui. Le altre storie (
perché non
ce la faccio a non scriverle : D ), le pubblicherò a parte. Un altro
titolo per
Eternità potrebbe essere “ antagonisti che hanno affascinato di più
Porrima “,
per questo ha solo tre capitoli.
Grazie
a chi avrà voglia di recensire, o chi semplicemente leggerà
questa
storia ( lo so, lo dico sempre) !
Ciao!
Rima ; )
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