A Vera, la Vera del mio
Nyan.
Finn era passato a
miglior
vita esattamente quaranta anni dopo la sua donna, Rachel. Drizzle non
seppe mai
dire se quella che visse il padre fosse davvero una vita,
perché non uscì mai
più con nessuno, non vide più nessuno
all’infuori di Puck, Quinn e lei. Si
rifiutava praticamente di ogni contatto con ogni persona a lui esterna.
Che
senso aveva stare vivo se era morto dentro? Per questo Drizzle non
versò mai
tante lacrime a differenza delle tantissime persone che erano a quel
funerale.
Se suo padre avesse potuto vedere quanta gente c’era per lui
ora. La gente
piangeva disperato e forse lui, in qualunque posto fosse, poteva
sentirli.
Onestamente, sperava fosse di nuovo con la sua mamma.
Finn non smetteva di
guardarsi intorno, non sapeva dov’era, non riusciva a capire
perché vedesse in
quella strana maniera sfuocata. Una luce bianca che gli dava fastidio
agli
occhi. Aveva bisogno di grattarli, di evacuare quel fastidio che
provava dentro
la pupilla. Si portò una mano sugl’occhi,
proteggendosi dal sole che traspariva
da ogni dove. Gli piaceva il sole e anche se era una mozzarellina, gli
piaceva
stare steso al mare, in attesa che qualche raggio lo colpisse.. Solo in
presenza di Rachel però, poi aveva smesso di fare anche
quello. Aveva smesso di
vedere le partite, di giocare con Puckerman a football, si era
costruito un
rifugio in se stesso, un posto che nessuno avrebbe potuto violare, un
posto
dove stare sempre senza disturbare nessuno. Il suo migliore amico gli
aveva
fatto più volte pressioni, chiedendogli di andare allo
stadio assieme, ma
niente, non ne aveva voluto assolutamente sapere.
Quel luogo gli
conferiva
una totale pace interiore, una pace che solo con la sua donna aveva
trovato,
una pace talmente beata da essere troppo per un uomo… una
pace persa, e mai più
ritrovata. Finn si era costretto più volte ad andare avanti,
molto spesso
simulava un sorriso incoraggiante quando sua figlia portava dei buoni
voti a
casa, aveva simulato un sorriso sincero il giorno della sua laurea, ma
aveva
categoricamente proibito a Drizzle di prendere lezioni di canto, o
meglio,
poteva prenderle ma solo quando lui non era in casa… E lui
c’era sempre. Sua
figlia aveva imparato quando lasciare da solo il padre,
l’uomo aveva spesso e
volentieri bisogno di piangere, aveva bisogno di qualcuno che gli
tenesse la
mano durante questi momenti e la sua bambina l’avrebbe fatto
volentieri se lui
l’avesse fatta avvicinare, ma per un uomo farsi vedere
piangere non è
assolutamente decoroso. Drizzle era cresciuta da sola, con zio Noah e
zia
Quinn, tra tanti problemi, ma non aveva mai trovato la forza di
prendersela con
suo padre, lo amava talmente tanto da pensare che la colpa fosse
solamente di
sua madre. Spesso infatti, si ritrovava ad odiarla. Li aveva lasciati
soli,
soli al loro destino, Rachel sapeva benissimo che Finn non era
abbastanza
forte, non lo era mai stato e odiava sua madre, perché
dannazione poteva stare
più attenta quella volta. Ma poi, passava
dall’odio per sua madre all’odio per
se stessa e infine a non provare più nessun tipo di rancore
per nessuno. Lei
era una Hudson, gli Hudson non provano rancore.
E adesso, piccolo
quanto
una formica, in quel mondo così nuovo per lui, si sentiva di
nuovo solo. Solo
come quando quaranta anni fa, sua moglie Rachel l’aveva
lasciato con una figlia
troppo piccola da crescere. Cercava
un
punto di riferimento. “Se questo
è il
paradiso – pensò, indaffarato mentre i
suoi occhi si abituavano al calore
del sole – voglio incontrare
davvero
tante persone.” E per una volta il suo pensiero non
andò in primis a
Rachel, bensì a suo padre.
Fu come un lampo, un
gioco
di luci e suo padre era lì, davanti a lui.. In carne ed
ossa. Sorrideva, le
fossette sul suo viso si crearono mentre si riconosceva nel viso
dell’uomo che
avrebbe tanto voluto chiamare ‘papà’
almeno una volta nella vita. Sua madre non
esagerava quando gli diceva che erano similissimi, non esagerava quando
ogni
tanto, quando lo chiamava, sbagliava nome e lo chiamava
‘Chris.’ Suo padre era
uguale a lui. Stessa carnagione, stessa stazza, stessa gioia di vivere
che Finn
aveva in tempo.
«Io sono
Finn.. – fece
imbarazzato l’uomo. Era un uomo adulto, eppure sentiva le
guance diventare
paonazze. – sono tuo figlio!»
«Lo so, ti
ho sempre
seguito nel corso degli anni. Ho badato sulla tua casa e su tua figlia.
Ho
fatto si, che non perdessi la testa quel giorno. Ti ho dato un
po’ di forza.
Quella necessaria che ti serviva per nascondere la tua
sofferenza.»
La sua voce era
totalmente
calma, non aveva una punta di delusione o qualcosa che facesse
presagire che si
aspettava di più, era perfettamente in armonia con tutto
quello che aveva
intorno.
«Alla mamma
sei mancato
tanto!» Sospirò Hudson jr, mentre guardava suo
padre, avvicinarsi.
«Abbiamo
parlato tutte le
sere, anche se lei si risposò con un altro uomo, questo non
mi ha impedito di
continuare ad amarla, anzi, l’ho fatto ancora più
intensamente, perché ha avuto
una forza che non tutti hanno. Ti ha dato nuovamente una
famiglia.»
Eccolo il magone, Finn
si
sentiva una totale nullità. Lui non aveva avuto la stessa
forza della madre,
lui non aveva dato una famiglia alla piccola Drizzle, che ne aveva
tanto
bisogno. Lui non c’era stato. Era morto dentro, come una
pianta. Aveva
indossato una maschera che col tempo era diventata talmente spessa che
non
sapeva nemmeno come togliesse più. Suo padre lo capiva,
aveva una paura
talmente grande che l’aveva legato, stritolato.
«Lei
è qui, figliolo. Devi
solo sentirti all’altezza di vederla.»
Finn avrebbe voluto
avvicinarsi tanto a suo padre, abbracciarlo e dirgli che gli era
mancato tanto
in tutto quel tempo, che avrebbe avuto bisogno di lui tante volte, a
volte si
era anche ritrovato a pensare di volerlo raggiungere perché
era tutto troppo
duro li da lui.. E si odiava ora, perché non riusciva ad
abbracciarlo o a
dirgli quanto gli volesse bene, per lui era uno sconosciuto che avevano
abituato a chiamare ‘papà’.
«Vai, Finn.
Okay, che a
partire da ora hai l’eternità, ma non farla
aspettare..»
Finn rise, come non
faceva
da secoli, oddio, avevano lo stesso senso dell’umorismo. E
dire che con
quell’affermazione aveva appena capito che ogni suo pensiero
relativo al
paradiso era giustificato, era vero, era morto, era in paradiso e ora
avrebbe
potuto raggiungere l’amore della sua vita e stare con lei per
sempre. Eppure si
sentiva un peso nello stomaco. Solo ora si rendeva conto di aver
abbandonato
per sempre Drizzle, li, sul terreno in cui stava prima.
L’aveva lasciata
completamente da sola, aveva fallito la sua missione di padre nel
momento in
cui Rachel era morta.
«
Papà.. » chiamò Finn.
Christopher che era ormai di spalle, si girò verso quello
che sarebbe stato per
sempre il suo bambino. «Posso vedere il mio
funerale?»
«Finn, le
cose non
funzionano come nei libri di favole che leggi. Non
c’è un mega cannocchiale dal
quale puoi vedere le cose laggiù ogni sera, non puoi vedere
se tua figlia sta
bene – Continuò suo padre, osservando
l’espressione del figlio. Era triste,
triste e deluso. – ma puoi badare su di lei, dedicandoti alle
preghiere. Rachel
l’ha fatto. Ha badato a voi. Ha cercato di
aiutarti.»
***
Non poteva badare a
Drizzle da lassù, solo ora si rendeva conto di quante cose
avesse fatto mancare
alla sua bambina. Lui avrebbe dovuto saperlo meglio di chiunque altro
come ci
si sentisse a provare la mancanza di un genitore. Vuoti, senza punti di
riferimento, una figura da prendere in esame per potersi comportare in
esame.
Una persona che ti mettesse in punizione, affinché tu
capissi l’errore. Finn
aveva fatto tanti di quegli errori che la madre aveva lasciato che
tutti
passassero. Tutti l’avevano fatto ‘poverino,
lui non ha il papà’ e forse per quella
ragione non era cresciuto molto
bene, anche se, col passare degli anni aveva rimediato capendo cosa
fosse
giusto o meno. E ora, si pentiva amaramente di non aver mai aiutato la
sua
bambina, di non averla mai dato l’affetto che meritava e di
non averla mai
aiutato a fare i compiti. Non era mai stato un padre. Eppure aveva
speso così
tanto ad odiare il suo per la stessa ragione. Drizzle aveva un cuore
grande,
Finn sapeva che l’avrebbe presto o tardi perdonato, ma lui
non riusciva a
perdonarsi.
Camminò per
molto tempo
alla ricerca di Rachel, cercava di scorgerla in ogni posto
controllasse, ma non
la vedeva, non la trovava. Suo padre gli aveva detto che doveva
sentirsi all’altezza
di parlare con lei, ma ora come ora lui voleva solo abbracciare sua
figlia.
Quanto era ignobile da parte sua aver vissuto una vita accanto alla
bambina e
solo ora accorgersi di volerla affianco? Fece un lungo respiro mentre
camminava. Si convinse che qualcuno le avrebbe tenuto la mano al suo
posto e
certamente, avrebbe fatto come Chris gli aveva consigliato: avrebbe
pregato,
per la prima volta seriamente. Non uno stupido panino ripieno di
formaggio, per
sua figlia. Per chiunque li stesse ospitando in quel magico posto.
« Finn
Hudson? » Chiese
una voce che lui riconobbe al volo. Aveva il cuore che gli martellava
nel
petto, era tutto quello che aveva desiderato da quarant’anni.
Era servito
allora convincersi che tutto sarebbe andato per il meglio. Rachel
indossava un
vestito rosa al momento, chissà se anche lui poteva
cambiarsi la cravatta che
gli avevano messo iniziava stringere sul suo collo.
«
Ehi… » Commentò Finn,
rivolgendole un sorriso. Lei era sempre bella e giovane, il tempo,
invece, sul
suo viso aveva segnato di essere passato. Aveva delle piccole ruchette
al lato
della bocca, si chiese se Rachel avrebbe continuato ad amarlo anche
così.
« Ti stavo
aspettando da
tanto. Meno male che però ci hai messo tutto questo tempo,
eh, tesoro… » lei
aprì uno dei suoi magici sorrisi per curare il cancro e
finalmente Finn capì
perché nella vita aveva sempre e solamente lottato per quel
sorriso. Gli faceva
bene vederlo, se quel posto gli dava la pace ora Rachel gli dava anche
la
felicità di esserci arrivato.
Finn le era mancato
così
tanto, tanto da spezzarsi il cuore nel rivederlo, nel vedere che lui
aveva
vissuto una vita senza di lei e che non era per niente cambiato. Lo
sguardo
acceso e felice c’era sempre, seppur nascosto dietro i veli
della tristezza. «
Mi sei mancato tantissimo. » aggiunse poi, in un sospiro.
« Sono
contento di vederti
ancora una volta, amore mio. » Disse Finn, avvicinandosi per
baciarla, per
abbracciare e per fare tutti quei gesti meccanici che aveva fatto per
quarant’anni nonostante la mancanza della giovane.
« Anche io.
– Rispose lei,
arrampicandosi praticamente alle spalle del ragazzo, per poterlo
stringere
meglio. – E non ti preoccupare… sei sempre bello,
il tempo ti ha solamente
migliorato.»
Finn sorrise felice,
felice per davvero questa volta. Felice perché gli andava di
esserlo. Felice
perché si era ricongiunto alla sua anima gemella in un luogo
di pace e felice,
soprattutto, perché sì, era andato via da un
posto che amava ma ci aveva
lasciato qualcosa di buono, Drizzle. Avrebbe tenuto in alto il suo nome
e
quello della mamma. La loro memoria non avrebbe mai abbandonato nessuno.
«Nonna e
nonno riposano in
pace e vicini vicini.» disse l’ormai adulta Drizzle
ai suoi figli che, con le
lacrime agli occhi, guardavano le lapidi dei suoi genitori.
«No, piccoli… Non
dovete piangere, loro si stanno tenendo la mano, mentre ci osservando.
Nonno
Finn non piangeva quasi mai… Odiava chi piangeva, diceva che
i sorrisi vengono
manomessi con le lacrime.» Aggiunse ancora, asciugando la
lacrima dal viso
della piccola Rachel.
«Che cosa
vuol dire
manonessi?» Chiese Noah, tenendo la mano della sua mamma.
«Poi ve lo
spiego. Ora
salutate i nonni, andiamo a prendere papà a
lavoro.»
I bambini fecero un
urletto di gioia, baciando poi le piccole foto sulle lapidi.
«Ciao mamma,
ti voglio
bene… - disse, Drizzle, chinandosi a baciare la foto
sorridente della madre. –
E anche a te papi. Non ce l’ho con te. Nonapi. , chinandosi a baciare la foto
sorridente della madre. lapidi.
ce l'ho con nessuno.
» Sorrise, baciando anche il padre.
lapidi
dei suoi genitori. ì, era andato vi
Allora, è un seguito, quindi sarebbe meglio che voi leggeste prima quella: Stands here in silence.
E' dedicata ad una persona importante e... io l'ho scritta solo perché l'avevo promessa a lei, sennò, non l'avrei mai conclusa. Lo so che ci ho messo tanto per scriverla, però lo sai - Sì, parlo con te, amore - che ho bisogno di tempo LOL.
A chi la leggere... Grazie, mi rendete felice. E' una Finchel purissima. Ed è quello di cui ho bisogno al momento, puro finchel scritto da me o da chi di ruolo senza i RIB.
Bon, niente, bye.♥ |