Respiro un’aria che sa di vita,
accolgo una brezza che mesce i miei sensi,
mi desto al lento sgorgare di lacrime
che dal cuore stillano, schiudendosi invisibili.
Il mio spirito si rende specchio d’acqua tremolante
che restituisce alla natura la sua luce e il suo profilo,
doni che nella loro gratuità e nella loro imponderabile essenza
l’uomo nella sua aspra corteccia e cieca violenza
rifiuta.
Oh essere fatto di carne,
che t’illudi di poterti chiamare Uomo
solo perché di materia e d’intelletto disponi,
dimentico delle tue primitive origini
che prescindono dal ventre e dall’amore di tua madre,
sii grato a chi ti nutre e ha nutrito la tua stirpe da sempre,
impara a sorridere del bocciolo che si apre alla luce del giorno,
delle spighe dorate che s’inchinano al cospetto del vento,
dei semi che attecchiscono al fertile suolo.
Non credere di poter spezzare quella catena
che vincola la tua storia alla tua terra,
inseguendo tutto ciò che la contraddice o la nega
nel nome dell’innovazione:
la terra, fonte da cui sgorga la tua sopravvivenza
e principio su cui fondare la tua esistenza,
sempre ti riaccoglierà in grembo se dimesso,
ma mai ti lascerà impunito se superbo.
Nella genuinità di un crepuscolo rinascerò
araldo di questa verità,
affinché la crudezza luminosa del sole
accechi il fiero volto di chi crede di poterne fare a meno.
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