Sei già morta.

di Roxanne Potter
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-Primrose Everdeen!
No.
Quel nome urlato all'intera piazza è per te come un pugnale di ghiaccio che ti affonda nel petto e squarcia il tuo cuore, trasformando il tuo corpo in una scultura di gelida paura.
No. Gli Hunger Games. Tu, agli Hunger Games.
La pelle ti si accappona nell'istante in cui il tuo eterno incubo diventa la vita reale. E per la prima volta conosci la vera paura: non il timore che ti ha sempre fatta raggomitolare nel letto con gli occhi serrati per non concederti al buio della stanza, ma una sensazione di orrore puro che ti coglie repentina e che non puoi controllare o scacciare in alcun modo. Quella sensazione che ti paralizza, scavando uno spaventoso baratro nel tuo petto. Sperduta. Sei come sperduta in questo terrore violento che ti fa rizzare i peli sulle braccia.
Morirai.
Ti sembra un incubo spaventosamente concreto quando riesci a muovere il primo passo. Con quale coraggio lo fai? Con quale coraggio ti avvii, pallida e silenziosa, verso il palco dove sei appena stata condannata a morte?
Le altre ragazze intorno a te si scostano per lasciarti passare. Tu scorgi le loro espressioni quasi solenni, venate dalla serietà che un bambino di Panem acquisisce troppo precocemente, vedi i loro occhi. Occhi che ti fissano orripilati, sorpresi, sconvolti. Alcuni colmi di sollievo, altri di pietà e di dolore. Occhi di muta e triste rassegnazione al pensiero di te, una pavida dodicenne qualsiasi del Distretto 12, che viene suo malgrado trascinata in un gioco di sangue e morte dal quale non tornerà mai più.
Per un istante, quegli occhi apprensivi e addolorati ti spaventano molto di più del pensiero che nel giro di poco tempo sarai anche tu una partecipante degli Hunger Games. Perché contengono la banale conferma di ciò che già sai: sei destinata a morire.
Sei solo una bambina di dodici anni, gracile e impressionabile, priva di qualsiasi coraggio o di predisposizione fisica, una bambina di uno dei Distretti più poveri e ridicolizzati dell'intera nazione.
Non ce la farai mai. Uno stupido pezzo di carta ha iniziato a scandire le poche settimane che ormai rimangono della tua vita.
Perché non piangi, Prim?
Forse gli altri si aspetterebbero questo da te, la ragazzina timida quanto dolce che sobbalza alla vista di un piccolo insetto. C'è la tua amica Lary, lì in prima fila, che ti fissa con gli occhi spalancati in un'espressione di orrore.
Non la rivedrai mai più, lo sai. Stai dicendo addio alle vostre chiacchiere e alle vostre risate condivise. E non rivedrai neanche Katniss e tua madre. Una volta morta, le lascerai in un baratro di lacrime e di freddezza. Tua sorella non sedrà mai più sul tuo letto, la sera, per raccontarti qualche storia che ti faccia addormentare. Non troverai mai, come avevi ultimamente sognato, un bel ragazzo dal sorriso gentile che ti facesse dimenticare tutta la paura di cui la tua vita è sempre stata piena.
Perché la tua vita si sta fermando qua, su un palco dove sei appena stata scelta come Tributo. Ed entro un paio di settimane di te non rimarrà che un corpo freddo, rigido e consumato, con gli occhi per sempre fissi in un'espressione terrorizzata. Magari con la gola squarciata o un braccio mancante.
E non è giusto.
Non è giusto che tu, a dodici anni, debba conoscere una simile paura. Non è giusto che, con la tua vita tutta da assaporare che avevi davanti, tu sia condannata a finire così.
Per un fulmineo attimo, una rabbia cieca si mescola alla paura, poi svanisce prima che le tue lacrime trattenute possano iniziare a scorrerti lungo le guance pallide.
Ormai sei già morta, Prim.
E in te non c'è neanche un barlume di speranza mentre cammini tremante verso il largo sorriso odioso di Effie.




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