Una scarica
di dolore lancinante. Una donna che urla, urla sempre le stesse due
parole che danno dolore... così tanto dolore da poterci
morire, da poter impazzire.
Eppure non è lei il peggio. Il peggio
è lui, che mi gela con un respiro, che mi fa abbandonare la
forza di volontà con un tono di voce dolce, un sorso
d’acqua nel deserto.
“Davvero non vuoi aiutarmi, Olivander?”
chiede sempre. E io muovo un passo di più verso la resa,
verso l’abbandono. Quell’omuncolo che vende
bacchette e le ricorda perchè sono figlie sue non ha mai
avuto coraggio. Ho speso tutte le mie emozioni nella passione per
l’arte, per la perfezione, giusta o sbagliata che fosse.
Lo ammiro. Nel firmamento dei maghi la stella di Silente
è spenta, quella dell’Oscuro Signore brilla di
luce propria. Il suo splendore per qaulche attimo rende chiaro anche a
me il suo piano, lo accorda in armonia con ogni principio
dell’essere umano.
Solo quando vengo rigettato nella mia prigione recupero me
stesso. Ma domani, o forse fra due ore, mi tortureranno di nuovo, lui
avrà la meglio, e avranno ancora la mia anima nelle loro
mani.
Le notti sono uguali ai giorni, le ore sono solo lingue di
tempo srotolate all’infinito. Non finirà mai, lo
sento, non cambierà mai nulla finchè non
sarò inutile al grande progetto, e allora sarò
ucciso. Ma in realtà sto già morendo adesso,
rannicchiato sul pavimento di pietra, solo con la mia colpa. La tortura
non finisce, in questa casa. E’ gridata da ogni muro.
Ma oggi qualcosa di estraneo vi ha fatto breccia, qualcosa
è arrivato nel ventre di un luogo dove è sempre
stato bandito da motivi sociali, etici e di puro buonsenso.
“Hai compagnia, fabbricante”
E viene gettata nella cella, rotolando come una fatina che
ha starnutito troppo forte, una ragazzina bionda, pallida e con due
occhi sognanti, che sembra proprio appena uscita dal mondo delle fiabe.
La luce debole che vive fuori dalla prigione la illumina ancora per
qualche istante; poi la porta si chiude, e tutto è di nuovo
buio.
E’ legata, come me, e stordita. A ogni suo
movimento io mi ricaccio di più nell’ombra. Ormai
ho paura del mondo esterno; il tradimento mi si legge in faccia, mi
identifica nella schiera dei rinnegati. Ho orrore di me stesso, e per
questo so che ne hanno anche gli altri.
Lei non piange. Non parla. Si appoggia al muro e gira la
testa verso gli angoli della cella. La sento sospirare, e la cosa mi
sorprende, perchè è un sospiro, lo giuro, di
sollievo.
Sono talmente stupito che mi ci avvicino inconsapevolmente,
strascicando le gambe sulle pietre come un serpente. Un rumore che
dovrebbe farla trasalire, spaventarla, e invece sento che prende fiato
per parlare.
“Non ci sono Nargilli, sa.” dice in
tutta tranquillità. “Ed è una vera
fortuna. Proliferano in luoghi bui e scomodi, e qui sembrava perfetto
per loro. Ma d’altra parte ho i miei amuleti, non deve avere
paura. Non me li hanno tolti, ed è stato molto gentile da
parte loro, no? Mio papà dice che solo chi non si protegge
è in pericolo. E allora non dobbiamo temere nulla. Mi scusi
ma non mi sento molto bene... ” si muove come me come
può, si gira su sè stessa “Buonanotte,
signor fabbricante”.
Mi lascia di nuovo nella pancia
dell’oscurità.
Resto in silenzio qualche attimo. Poi per qualche ragione a
me sconosciuta rido. E’ una risata secca, senza suono. Un
respiro ritmato.
Sono sconvolto.
La notte sprofondo come al solito in un sonno crudele e
agitato popolato da incubi. Facce di vecchi amici che vengono uccisi,
urla confuse e infine la risata dell’Oscuro Signore mi
trascinano come in un gorgo fino a quando non apro gli occhi e sono di
nuovo in un pozzo nero di buio.
L’ansia insopportabile che mi stringe il cuore al
risveglio mi fa dimenticare della fatina di ieri sera per qualche
attimo; ma non appena mi ricordo con una sorta di curiosità
morbosa mi giro verso di lei. Voglio vedere se è ancora
serena, se ancora riesce ad essere tranquilla dopo la prima notte in
carcere.
Qui tutto è fatto per opprimere e piegare la
volontà alla disperazione, e non capisco come possa esimersi
da questa legge.
“Buon... buongiorno” Una sola parola che
soppeso attentamente. Niente da fare, il suo tono di voce è
sempre quello.
“Qui non si dorme granchè bene, vero?
Ho fatto dei sogni strani, sa. In uno rincorrevo dei Pimpli
in un prato, e questo è davvero bizzarro” mormora
in tono di confidenza “perchè i Pimpli vivono in
acqua, lo sanno tutti. E poi ho sognato i miei amici.”
Una sfumatura più calda avvolge
quest’ultima parola. Non so cosa darei per sentire il mio
nome pronunciato con quel calore...
“Per me loro sono molto importanti. A scuola tutti
mi hanno preso spesso in giro, ma loro no. Loro mi proteggevano. E
stavano con me. Stavo facendo un ritratto di ciascuno di loro a casa,
spero che papà li conservi e non ci faccia avvicinare i
Dixie. Stavo facendo quello di Harry proprio l’altro giorno,
ma poi sono arrivati i Mangiamorte.” fa una pausa. Mi
protendo verso di lei, temendo che il ricordo la faccia tacere. Senza
la sua voce la cella diventa di nuovo un mostro buio che mi vuole
divorare.
Senza accorgermene mi sto agitando sempre di più.
Quella strana ragazza mi sta facendo compagnia. Nella morte che ci
circonda sentir parlare di vita è così
inaspettato che non mi sembra neppure reale. Sto per aprire la mia
bocca in un sussurro incoraggiante, ma la porta della cella si apre. La
luce, anche se debole, mi trafigge gli occhi.
“Fabbricante, ti aspettano.” Mi slega le
gambe e finalmente posso zoppicare un po’.
Non oppongo resistenza e m’incammino sulle
scalette di pietra, ma non sento la consueta eco dei passi della
guardia. Mi giro e la vedo in piedi sulla soglia della prigione, gli
occhi fissi sulla ragazzina. L’orco ha scorto la sua preda.
“Ti stanno già aspettando da tempo,
Olivander. Non essere ancora più scortese.”
scoppia in una risata umiliante, e io non posso far altro che
ricominciare a camminare.
La sera vengo riportato in prigione a braccio, come un
bambino. Le immagini del pomeriggio turbinano, si scompongono in
orribili fantasmi ghignanti. Mi vogliono prendere, mi vogliono
braccare... tutto quello che sono è un sacco vuoto senza
forma nè volontà. Non ricordo neanche cosa ho
detto e ho fatto... io... ho rivelato qualcosa? Non lo so.
Vengo depositato quasi privo di sensi sulla pietra. Non
riesco a respirare, ho male dentro e fuori. Sono stato lacerato
ovunque, dal cuore alle mani, alle gambe, alla bocca....
Anche i miei pensieri non sono che un rantolo di coscienza.
Sono già preso, mi hanno giù ucciso... allora
perchè vivo?
“Signor Fabbricante, la cena è
già qui da un po’. Credo sia fredda, ma
è buona comunque. A casa non mangio mai niente del genere e
qui è buio, non so cosa sia ma non è cattiva,
credo che lei...”
Perso come sono nel buio mi sembra che la voce arrivi da
tutte le parti. E’ la ragazza? E’ lei che parla, o
la sto solo immaginando?
Guidato da quella voce risalgo faticosamente la china
dell’incoscienza ed esco dall’incubo, sento il
freddo, il buio, il pavimento sotto di me... sento perfino che ho fame.
Muovo le dita della mano, fanno male. Sono troppo debole per alzarmi ed
abbracciarla, non riesco nemmeno a dirle grazie, ma piango con tutto me
stesso.
Sussulto quando lei striscia più vicino a me.
“E’ triste anche lei? La capisco. Mi
manca mio papà” dice tranquilla come al solito,
riprendendo il discorso da chissà dove “so che
è preoccupato per me. Spero che non abbia paura e non
tradisca Harry. Se lo facesse sarebbe terribile, non crede? E poi dopo
arriverebbero i Pimpli a tagliargli la lingua, perchè ha
fatto un patto con loro. Deve dire sempre la verità, e in
cambio ha potuto vederli e parlare di loro al mondo.”
Una parte di me mi ricorda che sta dicendo
assurdità, frasi che non hanno alcun senso. Parla di cose
che non esistono e ci crede ciecamente.
Come il signore Oscuro.
Mi irrigidisco al solo pensiero, e nella mia mente confusa
si fa strada la possibilità che dietro quella voce dolce e
quel comportamento gentile si nasconda una sua seguace, in cella con me
per controllarmi. Il terrore che provo in presenza
dell’Oscuro mi insegue e mi cattura di nuovo.
Lei è una nemica come gli altri.
Mi rattrappisco di colpo contro la parete, scalciando. No,
no! Non mi avrà, sono più furbo di lui!
“Signor fabbricante?”
Maledetta, ce la stava quasi facendo! Una parola di
più e sarei scoppiato a piangere come un bambino, le avrei
detto tutto, tutto quello che sapevo! Il peso del sapere che mi
schiaccia ogni giorno, la disperazione, le risate folli di Bellatrix
Lestrange che mi colpisce... che sollievo sembrava dividere con
qualcuno i miei terrori.
“Vattene. Da me non saprai nulla” ho
ancora una voce, sottile ma carica d’odio.
“Io non...” comincia lei, ma dalle mie
vecchie ossa sale la voglia di urlare. Di colpo frustrazione, rabbia e
disperazione arrivano ovunque. Nella mia testa il delirio si sovrappone
alla realtà: perso nell’oscurità credo
di parlare direttamente con l’Oscuro Signore.
“Non dirò niente. Capito? Niente! Siete
solo dei folli se sperate di trovare qualcosa. Sono solo un vecchio
fabbricante, cosa posso dirvi di così prezioso? Le leggende
sono leggende! Cosa posso fare... come posso convincervi? Non ne posso
più! Lasciatemi in pace! Perchè non vi
rassegnate? Basta! Basta... smettetela... per... per favore...
io...” Farfuglio qualcosa di incomprensibile,
perchè mi sembra di cadere a peso morto nel vuoto.
Precipito... muoio...
Quando mi sveglio batto le palpebre una, due volte. Strano,
non ricordo di essermi addormentato... cosa... cosa è
successo? Mi sforzo per concentrarmi, ancora disteso e immobile,
infreddolito e affamato nell’oscurità.
Oscurità... Oscuro... Oscuro Signore? Ho la sgradevole
sensazione che sia vicino, a due passi da me. Ma è
impossibile. Allora, cosa...?
I ricordi esplodono all’improvviso nella mia testa
come i fuochi d’artificio di Dedalus Diggle.
La ragazza!
Mi prendo la testa fra le mani e la stringo forte. Cosa ho
fatto? Ho ceduto alla pazzia, alla fine.
Devo parlare, devo dirle qualcosa. In questa prigione ho
bisogno del suo soffio di libertà, della sua
serenità. L’angoscia peggiore vola via quando non
ci si sente soli.
“Dove sei?” chiedo alle tenebre. Non
c’è suono in risposta. Nell’acuire
l’udito mi accorgo che quello che scambiavo per una lastra
perfetta di silenzio è in realtà incrinata da
rumori sinistramente familiari.
L’urlo di una donna che ripete sempre le stesse
due parole. Un grido soffocato. E poi di nuovo da capo.
La stanno torturando.
Il suo ritorno è annunciato dal rumore dei
cardini della porta. Non oso neppure alzare la testa verso il mio
carceriere, mentre la getta ridendo a terra come un corpo senza vita.
La sento gemere debolmente, rannicchiarsi a terra tremante.
In un lampo vedo me al suo posto, in quei momenti in cui il
mondo deve solo inghiottirti e farti sparire per farti felice.
Non so che sentimento prevalga fra paura, rassegnazione,
disperazione, ma è abbastanza forte da farmi avvicinare a
lei per accarezzarle la testa, non senza difficoltà.
Lei era riuscita a parlarmi addirittura, vedendomi in questo
stato, ma io sono vecchio, dannazione. Ho i miei tempi, il mio riserbo.
E sono un debole.
Ma non importa, perchè mi ha sentito. Si
è girata verso di me, so che ha aperto gli occhi, so tutto,
perchè l’ho fatto anch’io. Posso
ricostruire ogni suo gesto.
“Signor...”
“Shh...” le cullo la testa
“riposa.”
Annuisce e si raggomitola più vicina a me.
“Sa, mi sarebbe sempre piaciuto avere un nonno”
dice con voce sottile, quasi un sibilo. Spero che sia solo
perchè sta per addormentarsi.
E prima che scivoli nell’incoscienza, sento che
sorride.
Un sorriso, qui.
Era solo un sorriso,
niente di più. Una piccola cosa. Una fogliolina in un bosco
che trema al battito d'ali di un uccello spaventato.
Una piccola, debole scintilla di luce.
Ma finchè ci sarà, io non
sarò mai completamente perso.
Note autrice:
So che dovrei aggiornare "Patologicamente io"
(http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=277336&i=1), ma ho
trovato questa vecchia storia che risale al 2008.
Partecipava al concorso "Let's
quote" del forum Leather and Libraries in cui
arrivò seconda. In questa versione è un po'
modificata, ma non troppo :)
Sclesi fra le altre la citazione (in grassetto nel testo) di Khaled Hosseini e su
quella si basa tutta la "mia" storia.
Ci tengo a precisare che mai, secondo me, Olivander ha provato
sentimenti romantici per Luna... ma mi piace pensare che l'abbia
aiutato. C'è un vago accenno anche nel libro, quando si
salutano.
Detto questo: se l'avete letta, lasciate una recensione,
spietata o positiva che sia.
Grazie!
A presto
Lucy Light
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