Fiori
di ciliegio
Il
sole batte sull'acqua di questo corso creando uno strano luccichio che
mi
ipnotizza e mi costringe a fissarlo, mentre ogni pensiero torna
immancabilmente
a lei, al luccichio dei suoi occhi nocciola, tanto simile a quello
riflesso
sulla superficie di questo fiume.
Il
leggero vento mi scompiglia i capelli portando con sé la
scia di innumerevoli
odori: cibo, erbe medicinali, ma non più sangue: quello non
si sente nell'aria
da tre anni -per lo meno non più come prima. E l'odore del
sangue è scomparso
insieme a lei, ai suoi capelli neri e il suo animo forte.
Ogni
tre giorni torno al pozzo mangia ossa, il mezzo con cui lei
passava dal
futuro fino all'era Sengoku, e la cerco, aspetto di sentire un minimo
rumore,
di percepire il suo odore… da tre anni
ormai non c’è più traccia di quel
profumo nell’aria, se l’è portato via.
Lo
serbo nella memoria, però, quell’odore; qualche
volta mi sembra quasi di
poterlo sentire, come se lei fosse finalmente tornata e mi stesse
aspettando,
seduta sulle vecchie assi di quel pozzo.
Aspetto
che cali il sole, medito, ricordo, spero...
Ogni
tanto Sango e Shippo mi seguono, lo so, mi osservano per minuti, ore a
volte,
poi tornano dagli altri. “Illuso”, penseranno, e
forse hanno ragione: sono un
illuso a sperare che lei possa tornare, un giorno; il pozzo mangia ossa
non
funziona più, ha perso ogni suo potere subito dopo avermi
risputato in quest’epoca,
lontano dal futuro.
Lontano
da lei.
Un
amaro ricordo, tanto amaro che sento un sapore acre salirmi in bocca e
la
rabbia è così difficile da controllare che, senza
accorgermene, abbatto un
albero davanti a me con un pugno, come se così potessi
abbattere anche quell’immenso
muro che mi porto dietro da anni, da quando Kikyo mi
incatenò a quell’albero
sacro con una delle sue frecce. Un muro eretto dalla rabbia e dal
rancore, dall’avidità
e dal desiderio oscuro, quegli elementi che ogni essere, umano o meno,
si porta
dietro come macigni attaccati alle caviglie.
E
i
macigni legati alla mia natura demoniaca Kagome era riuscita a
scioglierli, con
il suo sorriso sincero e la sua gentilezza, facendomi riscoprire un
animo dannatamente umano e fragile.
Alzo
lo sguardo e due fiori di ciliegio mi volteggiano davanti il viso,
danzano
leggiadri, giocano a sfiorarsi e ad allontanarsi a seconda della brezza.
Si
poggiano sul fiume, poi, e via ancora un’altra danza: si
toccano dolcemente e
si allontanano di nuovo, trasportati dalla corrente.
In
balia del destino.
Sospiro.
Ormai sta per arrivare il tramonto, anche il sole oggi è
stanco di aspettarla.
All’improvviso
una scheggia, un frammento, più una mera sensazione che una
vera e propria
percezione. La nota dolce, e pungente allo stesso tempo, del suo
profumo mi
stuzzica le narici e i miei piedi si muovono quasi da soli, impazienti
di
raggiungere quel luogo che ormai troppe volte ho visitato invano.
Corro.
Corro così veloce che gli alberi e i cespugli intorno a me
non sono che macchie
verdi indistinte, riacceso da una nuova fiamma, rianimato dal calore
che solo
la speranza sa donare, vivo come non mi sentivo da tempo ormai,
sì, vivo.
Man
mano che mi avvicino l’odore si fa più intenso, il
cuore batte più veloce, i
piedi corrono più veloci.
Kagome.
Una
parte di me è già pronta a rivivere la solita
scena. Ormai troppe volte ho
creduto di percepire la sua presenza, quando invece il pozzo rimaneva
freddo e
senza traccia di lei.
Gli alberi si fanno via via più radi, una distesa piatta
d’erba si intravede
alla fine di questo tunnel intricato di rami e rovi, il pozzo
è vicino.
Kagome.
Il
fiato si fa corto, gli occhi pizzicano, le mani fremono, i piedi
rallentano. Il
pozzo è lì, davanti a me, pochi passi mi separano
dalle sue assi.
La
sento, è lì, ne sono certo, il suo profumo
è più intenso che mai, la mia
fantasia non potrebbe mai essere così fervida e fuorviante.
Mi
avvicino, un passo alla volta, il tum tum
del mio cuore che rallenta i battiti in maniera drastica.
Tum
tum.
Tum
tum.
Allungo
una mano all’interno del pozzo.
Tum
tum.
Tum
tum.
Cinque
dita fragili, dalla pelle morbida, sfiorano la mia mano.
“Kagome.”
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