Disclaimer:
questo racconto non è stato scritto con scopi di
lucro.
Buonasera!
Rincasando questo pomeriggio sono stato colpito da un proiettile
estremamente letale chiamato ispirazione, che m'ha obbligato a scrivere
di getto questa one-shot nonchè a pubblicarla seduta stante.
Cogliendo l'occasione, già che c'era, l'ispirazione m'ha
permesso di scrivere una one-shot per la challenge "The
four elements' challenge" indetta da xdxdxdxd,
consentendomi allo stesso tempo di sfogare quello che ho dentro dalla
fine di maggio, per la precisione dal giorno 29. Purtroppo abito nella
Bassa Modenese, che come saprete è la zona maggiormente
colpita col ferrarese e il mantovano dal terremoto dell'Emilia di
quest'anno. Guarda caso, inoltre, nella challenge si parla dei quattro
elementi, in specifico per questo racconto della terra, ed uno dei
prompt è "terremoto". Non sono certo qui a scrivere qualcosa
sul terremoto per farmi compatire, nè ho raccontato
un'esperienza personale, anzi, dubito che qui da me esista davvero una
persona come il protagonista del mio racconto. Però questa
one-shot la sento davvero mia, sarà che mi ha permesso dopo
mesi in qualche modo di sfogare la tensione accumulata in modo
alternativo e utile, esorcizzandomi dallo stress che abbiamo provato
tutti qui.
Ma ora la smetto di blaterare in modo assurdo ed inutile, ho svelato
fin troppo le mie carte. Vi lascio alla lettura del racconto. Se volete
commentare con una recensione, ciò è molto
gradito. Buona lettura.
tabella: Earth
prompt:
terremoto
_Asmodeus_
NON
ERA MAI STATO UNA PERSONA
ABITUDINARIA
Salì come tutti
i giorni le scale che
portavano al suo appartamento, come sempre molto stanco per la
giornata di duro lavoro, come ogni estate accaldato all'inverosimile
e bagnato fradicio di sudore a causa dell'afa.
Tirò fuori dalla
tasca il solito
portachiavi a forma di Tour Eiffel, provò come ogni volta ad
inserire tutte le chiavi identiche del mazzo prima di trovare quella
giusta per aprire.
La serratura della porta
blindata
scattò emettendo il suo classico rumore cupo, la porta
ruotò sui
cardini gemendo come ogni giorno. Si ripromise che stavolta l'avrebbe
oliata, oliata per bene per cancellare quel tipico cigolio
assurdamente forte, ma come sempre se ne sarebbe dimenticato di
lì a
poco.
Si slacciò con
il solito miscuglio di
impazienza e noia le scarpe, ritrovandosi per le mani il sempre
presente doppio nodo che non voleva sciogliersi che, ovviamente,
anche stavolta aveva attaccato entrambe le calzature.
Una volta liberatosi con
fatica e i
numerosi, classici, sbuffi anche i piedi sudati dalle calze come
sempre troppo strette, si diresse in bagno per rinfrescarsi anche
quel giorno e lavare via la stanchezza assieme al sudore.
Entrò nella
doccia sbagliando come
ogni volta la temperatura, ustionandosi anche quel giorno col
classico getto impetuoso di acqua caldissima. Il solito schiocco cupo
che seguì di lì a poco annunciò anche
stavolta che la caldaia
s'era spenta, privandolo nuovamente dell'acqua calda e costringendolo
ad una doccia gelida. Per giunta, pure oggi aveva dimenticato di
sostituire il flacone di shampoo che era ormai finito.
Uscì dalla
doccia tremante e con gli
occhi chiusi, poiché anche stavolta il bagnoschiuma gli era
finito
negli occhi accecandolo. Prese a cercare a tentoni l'accappatoio, ma
l'aveva nuovamente dimenticato in camera da letto, così
raggiunse
l'asciugamano del lavandino con un balzo alla cieca, rischiando anche
quel giorno di scivolare e rompersi l'osso del collo.
Finalmente ristorato dalle
fatiche di
una giornata classica d'estate, indossò come ogni volta
solamente i
boxer, rigorosamente neri, nemmeno stavolta evitando prima di aprire
minimo due cassetti sbagliati prima di trovarne un paio pulito nel
classico disordine di casa sua.
Uscì con il suo
solito sorriso mezzo
ebete sulle labbra per dirigersi in sala, dove avrebbe seguito la
nuova puntata di quello stesso telefilm che veniva trasmesso, sempre
sullo stesso canale, sempre alla stessa ora, ininterrottamente da
dieci anni e di cui non aveva perso neanche una puntata.
Prima, però, si
ricordò come ogni
volta di avere fame, la pancia che brontolava alla ricerca di
attenzioni, e cambiò direzione, aprendo la porta della
cucina e
consentendo al calore africano in essa racchiuso di fuggire come
sempre dalla sua prigione alla conquista di tutti gli altri ambienti
della casa, resi freschi dall'ininterrotto funzionamento del
condizionatore.
Aprì il frigo e
prese anche stavolta
la solita birra tedesca in lattina, di bassa qualità e dal
sapore
acido che odiava, ma che continuava a comprare indefesso da anni per
semplice abitudine. Assieme alla birra, decise di mangiare anche oggi
un sacchetto di patatine, che recuperò dalla credenza a cui
mancava
da anni un'anta, ma che non aveva mai voluto far riparare per
pigrizia.
Soddisfatto per aver
conquistato anche
oggi il suo bottino, si voltò per uscire dalla cucina quando
rimase
abbagliato dalla luce del sole morente, che lo colpì in
mezzo agli
occhi con le sue lame roventi.
Una bestemmia a mezza bocca
fu la sua
unica risposta alla grossa crepa che aveva nel muro esterno della
cucina, ferito come il resto dell'abitazione dalle scosse del
terremoto, un paio di mesi prima.
Il suo appartamento, dopo
il terremoto,
risultava inagibile, ma non gliene era mai importato nulla,
nonostante le crepe si diramassero pericolosamente in ogni stanza
della casa, per poi convergere tutte nella cucina dove avevano
lasciato una cicatrice larga diversi centimetri e lunga dal pavimento
al soffitto.
Molti mobili erano esplosi
con la
violenza delle scosse, riversando il loro contenuto ovunque; quasi
tutti i piatti erano volati fuori dalla credenza ed erano deflagrati
in una infinità di scintille una volta colpito il pavimento;
i pochi
libri erotici e i numerosi DVD, pornografici e d'azione, che
custodiva sulla grossa libreria si erano tuffati nel vuoto per poi
scontrarsi sulle mattonelle spaccate a causa della forza di
gravità.
Nonostante tutto questo,
lui aveva
perseverato nel suo tran-tran quotidiano.
Quando la
calamità naturale s'era
abbattuta sulla sua terra, s'era spaventato, ma alla sera era di
nuovo davanti alla televisione – che per miracolo non era
caduta
per terra ma s'era salvata – a guardare il suo
telefilm,
dopo essersi concesso la doccia e la birra giornaliere. Solamente una
volta finito il telefilm s'era preoccupato di raccogliere, pian
piano, tutto ciò che era caduto a terra, buttando i
minuscoli
frammenti di piatti e bicchieri nel bidone della spazzatura e
riponendo con cura libri e DVD sulla libreria. I vestiti li aveva
lasciati a terra, tanto li avrebbe dovuti indossare i giorni
seguenti.
Mentre tutti gli altri si
erano
ritrovati con la vita sconvolta per le più varie
motivazioni, mentre
chiunque quella notte di fine maggio l'aveva trascorsa fuori casa
pieno di paura e con un presentimento fortissimo di un tragico
destino incombente, lui se ne era andato a dormire nel suo letto,
tranquillo come se niente fosse.
Nei giorni seguenti non
aveva nemmeno
chiamato i vigili del fuoco per far controllare la casa; loro erano
venuti lo stesso, una settimana più tardi, e avevano affisso
sopra
la sua porta un grosso foglio bianco, pieno di firme di
personalità
rilevanti, che a quanto pare classificava la sua casa come
“inagibile”, ingiungendogli di non entrare per
nessun motivo
senza prima contattare e attendere i pompieri.
Come se niente fosse aveva
strappato
dalla porta dell'appartamento quel foglio inutile, presente su tutte
le porte del condominio, ed era entrato in casa.
Nonostante non fosse mai
stato una
persona abitudinaria, nonostante non sopportasse chi ripeteva giorno
dopo giorno la stessa identica vita, non sopportava quelle assurde
modifiche ai suoi ritmi ben stabiliti.
Dopotutto, il telefilm
stava per
iniziare.
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