Contando le stelle

di Shari Deschain
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Pairing/Characters: Jayne & River (menzionati tutti gli altri)
Rating: PG13 (ma solo per il linguaggio)
Warnings: Post 1x09, Spoiler fino alla 1x11, Parolacce sparse (è Jayne!centric dopotutto)
Word Count: 1147 (fdp)
Disclaimer: JOSS WHEDON OWNA IL MONDO.
N/A: Scritta per 500themes_ita, prompt #181. Nessuna scusa offerta.





Contando le stelle





Ci sono uomini che vivono di valori, e ci sono uomini che vivono e basta. Jayne è uno di questi ultimi, e della sua opinione sull'altra categoria non ne ha mai fatto mistero con nessuno, nemmeno con Mal. Soprattutto non con Mal.
La lealtà è un concetto che capisce, ma che trova stupido. Il senso di appartenenza ad gruppo, ad un equipaggio, o ad un qualsiasi altro agglomerato di esseri umani esclusa la sua famiglia, è estraneo alla sua natura e, per quanto lo riguarda, indegno di ulteriori approfondimenti da parte sua. La Serenity è solo il posto dove lavora e nient'altro. La gente che c'è dentro non l'ha mica scelta lui, e non sta scritto da nessuna parte che debba andarci d'accordo.
Certo, Mal gli piace abbastanza, o comunque gli piacciono la sua nave e i suoi lavori quelli per cui riescono ad essere pagati, almeno.
E Kaylee è una cosetta simpatica, mentre Zoe e Inara sono delle stronze fatte e finite, ma sono toste, e sono tutte belle da guardare. L'Accompagnatrice, in particolar modo, gli ha fatto compagnia durante numerosi notti solitarie, anche se a sua totale insaputa.
Wash sa fare il suo lavoro, e tanto basta. Ogni tanto lo odia, perché quel molliccio figlio di puttana scopa dieci volte più di lui, e gratis per giunta, ma per il resto Jayne non ha nulla da ridire né su di lui né sulle sue ridicole camicie.
Anche il Pastore Book è un tipo a posto, nonostante la sua mania religiosa. Probabilmente perché è uno di quelli che la Bibbia, se necessario, la usano anche per parare un pugno e nascondere il proprio gancio destro, e Jayne approva a prescindere questo genere di utilizzo.
I Tam, invece, sono un pericolo. Un pericolo grosso e inutile.
Okay, il Doc ogni tanto serve a qualcosa prima che arrivasse lui erano Mal e Zoe ad occuparsi delle ferite, e Jayne aveva colto la profonda differenza tra un soldato che si improvvisa medico e un vero medico già dalla prima volta che Simon l'aveva ricucito ─, ma la ragazza...
Jayne sputa il rimasuglio di tabacco che il sigaro gli ha lasciato in bocca, e si tira a sedere sulla branda che gli fa da letto.
River lo inquieta più di quanto gli piaccia ammettere, e il solo pensare a lei gli provoca una sgradevole sensazione al bassoventre, come se una zecca spaziale gli si fosse infilata nelle mutande e─
Jayne rabbrividisce ancora, poi torna a sdraiarsi.
Non è pentito di aver cercato di liberarsi di loro, lì su Ariel. E a parte per una cassa di mele, comprata più per la fame di aver saltato il pranzo in comune che altro, non ha mai offerto scuse per quello che ha tentato di fare. Al massimo si vergogna del modo in cui l'ha fatto, di come si è fatto fregare così facilmente, e del sorriso di Simon quando lo ha ringraziato per averli salvati.
Ma più che altro, quando ci ripensa, è la rabbia a prendere il sopravvento.
Rabbia verso se stesso, ma anche rabbia verso Mal, che è riuscito a farlo vergognare delle sue azioni, e rabbia verso Simon, anche, che quando lo ha scoperto, invece di ammazzarlo di botte be', tentare di ammazzarlo di botte, perlomeno , ha deciso di volersi fidare comunque di lui, e soprattutto rabbia verso River, che...
«Hai mai provato a contare le stelle?», chiede all'improvviso una voce sottile.
Jayne non si prende neanche il disturbo di alzarsi, ma si limita a spostare lo sguardo verso l'alto, cercando la sua puntualissima fonte di disturbo.
Una testolina castana spunta appena oltre il bordo della botola che dà accesso alla sua stanza, e da lì River lo osserva a testa in giù, con i lunghi capelli che fluttuano nel vuoto e occhi grandi e freddi come monete d'oro.
«Non si possono contare le stelle, cervello di gelatina», ribatte con un sbuffo. «Perfino tu dovresti saperlo».
River si afferra alla scaletta di metallo e con un'agile acrobazia (un movimento a metà tra un salto, un tuffo e una capriola), ricade in piedi al centro della piccola camera di metallo.
«Certo che lo so», gli risponde poi, sollevando appena un sopracciglio come se trovasse davvero balzana l'idea di non saperlo. «Ma da bambini si cerca sempre di contare le stelle. Io e Simon lo facevamo sempre, me lo ricordo benissimo. Siamo arrivati a contarne settemila, una volta», racconta, mentre con un altro piccolo balzo si mette a sedere sul bordo del letto, vicino ai piedi dell'altro. «Tu quante ne hai contate?»
Jayne emette un versaccio e si tira il cuscino sulla faccia, cercando di ignorarla. Non serve a nulla, ovviamente. Può sentire lo sguardo di lei sulla faccia nonostante i diversi strati di gommapiuma.
«Vai via, o ti ficco una pallottola in testa», la minaccia allora, più per routine che per altro.
«Non riusciresti nemmeno a sollevare l'angolo di quella specie di tendina sotto cui tieni le armi. Sono molto più veloce di te, e so uccidere benissimo anche a mani nude, oltre che con il mio cervello», replica River in tono allegro, quasi colloquiale.
Jayne sente una nuova ondata di brividi scendergli giù per la spina dorsale. Trattiene per un attimo il respiro, poi si solleva di nuovo a sedere e butta via il cuscino, costringendosi a guardarla negli occhi.
«Ti diverti davvero un mondo a darmi il tormento, non è vero?», le domanda, esasperato.
«Sì», risponde semplicemente River, sorridendo appena. «Allora, quante stelle sei riuscito a contare?»
Jayne ha l'impressione di piacerle, a volte. Dopotutto, pensa, River è talmente fuori di testa che potrebbe anche essersi presa una cotta per lui. Non riesce a stabilire se la cosa lo lusinghi o lo inquieti da morire. Di sicuro c'è che lui non metterebbe mai le mani addosso a quella ragazzina. Primo, perché lei gli fa davvero paura, anche se non lo ammetterebbe mai ad anima viva. Secondo, perché il Doc questa volta potrebbe prenderla molto male, e lui sotto i suoi bisturi ci finisce spesso. Terzo, perché... beh, è River.
«Centoquarantadue», risponde infine, trattenendo un sospiro. «Non si vedono molte stelle, dal pianeta dove vengo. Troppi gas di scarico», aggiunge poi, come a scusarsi, anche se senza sapere bene di cosa.
River annuisce, comprensiva, poi tira fuori un mazzo di carte dalla tasca del vestito e incrocia le gambe sul materasso, guardandolo da sotto in su con aria di seria aspettativa.
«Ieri sera hai detto che mi avresti insegnato un nuovo gioco», gli ricorda, sventolandogli davanti le carte consunte.
Questa volta Jayne sospira pesantemente.
«Giuri che dopo te ne vai a dormire e mi lasci in pace?», le domanda, rassegnato.
«Giuro», sorride River, alzando una mano in aria e incrociando le dita di quella nascosta dietro la schiena.
Senza crederci troppo, Jayne le prende le carte ed inizia a mescolarle, borbottando imprecazioni tra i denti.
I Tam per lui rimangono sempre un grosso e inutile pericolo, ma ormai fanno parte dell'equipaggio, e non c'è più niente che possa e in fondo voglia fare al riguardo.









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