5- MISSIONE: TENETE OCCUPATO
VEGETA!
Salve!
Mi scuso davvero per il
ritardo, ma ho avuto problemi con il computer e non ho potuto
aggiornare per un po', nonostante la storia fosse già
pronta.
Spero che non mi
abbandoniate proprio alla fine: questo è l'ultimo capitolo.
Ringrazio chi ha letto,
recensito e chi ha inserito la storia in una delle liste!
"Forza, pigrone, alzati! Ci sono visite".
La voce squillante di Chichi lo aveva strappato dal mondo dei sogni e
riportato alla realtà in modo traumatico.
Goten si girò dall'altra parte, nascondendo la testa sotto
il cuscino per non vedere la luce che entrava dalla finestra
spalancata, nonostante fosse gennaio. "Ho sonno", biascicò.
"In piedi!", ripetè Chichi, esasperata dal comportamento
infantile del figlio. A sorpresa, gli tolse la coperta e il cuscino
dalla faccia. "È pronta la colazione".
Sentendo quelle parole, Goten si sedette sul letto, trovandosi davanti
la madre dall'espressione furiosa e Trunks, il suo migliore amico che
non vedeva da settimane.
"Cosa ci fai qui?", gli chiese infilandosi un paio di pantaloni.
Trunks incrociò le braccia. "Hai dimenticato che oggi
dovevamo andare ad allenarci assieme?".
"Non ho voglia", borbottò il moro, cercando una maglietta
nel disastro che si ostinava a chiamare armadio.
Chichi sbuffò. "È quasi un mese che sei in questa
stanza a marcire!".
Goten abbassò lo sguardo per nascondere gli occhi umidi.
Sapeva che si stava comportando da idiota e da codardo, ma davvero non
ce la faceva ad uscire da quella camera. L'ultima volta che ci aveva
provato, era tornato a casa con un braccio rotto e qualche costola a
pezzi. Vegeta l'aveva massacrato e lui non aveva provato neanche a
difendersi, sapendo che non lo avrebbero mai ascoltato. Né
l'uomo, né la figlia lo avevano degnato più di
uno sguardo e alla festa di Natale organizzata da Bulma, Bra l'aveva
ignorato per tutta la serata, preferendo chiaccherare con Pan o con Uub
come se nulla fosse.
Il ragazzo strinse i pugni, pensando a quell'enorme malinteso. Non
sapeva come fare a convincere quei due testardi e con il passare dei
giorni ci aveva anche rinunciato.
L'unico che l'aveva ascoltato e capito era stato Trunks, che in quel
momento era immobile al centro della sua stanza con un'espressione
carica di tristezza.
Solo alzando lo sguardo, si accorse che sua madre era uscita,
probabilmente perché si era accorta della reazione del
figlio alle sue parole.
"Dovresti parlarle", disse a un certo punto Trunks.
"Non mi ascolterebbe", rispose Goten, buttandosi sul letto e chiudendo
gli occhi. "E Vegeta non mi farebbe neanche avvicinare a casa vostra".
Trunks fece un ghigno divertito. "A questo ho la soluzione".
"Che sarebbe legare tuo padre ad un albero mentre parlo con sua
figlia?", chiese ironico il moro.
L'amico scoppiò a ridere. "Meglio. Devi solo fidarti di me".
Goten lo guardò negli occhi. Si fidava del suo migliore
amico, ma non si fidava del principe dei saiyan. Lo avrebbe fatto a
fettine se solo lo avesse visto!
"In ogni caso Bra non mi ascolterebbe", ribattè il moro.
Pronunciare quel nome gli faceva sempre uno strano effetto e la
mancanza che provava per la ragazza aumentava.
"Diciamo che è in una situazione particolare",
mormorò Trunks tra i denti.
"Cioè?".
"Non dovrei dirtelo. Bra mi ucciderebbe, ma...".
"Trunks, vai al punto", lo interruppe Goten, scocciato da quei giri di
parole. Perché Bra avrebbe dovuto tenergli nascosto qualcosa
di così importante da fare esitare Trunks?
L'amico prese un grosso respiro. "Lo capirai quando la vedrai", si
limitò a dirgli, uscendo in volo dalla finestra. "Vieni?".
Goten ci pensò un attimo. Che altre occasioni aveva di
parlare con Bra senza Vegeta tra i piedi? Con un balzò,
uscì dalla finestra e insieme all'amico iniziarono a volare
verso la Capsule Corporation.
Bra era seduta in soggiorno in compagnia della madre. Quella mattina si
era sentita ancora male e suo padre l'aveva obbligata a restare a casa,
borbottando come al suo solito contro l'infermeria
dell'università e gli "stupidi terrestri" che avevano fatto
un sacco di storie la settimana precedente.
Bra sospirò. Sapeva di avere deluso molto il genitore, ma
quella era una scelta tutta sua e niente e nessuno le avrebbe fatto
cambiare idea.
Forse.
In quel momento, sentì l'aura del fratello avvicinarsi. Si
concentrò un'attimo e riconobbe un'aura familiare, che
avrebbe riconosciuto fra mille.
Non fece in tempo ad alzarsi, che i due ragazzi entrarono dalla porta
della cucina, lasciata aperta per sbaglio da Bulma.
"Che sta succedendo?", esclamò la donna, alzando lo sguardo
dai suoi calcoli. "Oh", fu tutto quello che riuscì a dire
quando vide l'ospite inatteso.
"Ciao Bulma", la salutò Goten, imbarazzato.
"Mamma, puoi lasciarci soli?", intervenne Trunks, prendendo la sorella
per un braccio e costringendola a sedersi di nuovo sul divano.
Bulma lanciò uno sguardo interrogativo al figlio, per poi
guardare la figlia e Goten e uscire dal soggiorno borbottando un "Bah,
ragazzi!".
Da quando era entrato in casa, Goten si era sentito strano, come se ci
fosse qualcosa di diverso. Quando Bulma uscì, quella
situazione si accentuò e vedendo Bra abbassare lo sguardo
ferito e triste, gli venne un dubbio.
"Bene", lo precedette Trunks prima che potesse dire qualcosa. "Adesso
voi chiarirete questo stupido malinteso senza scannarvi. Io
farò da protettore delle parti", disse ridendo e sedendosi
sulla poltrona.
La sorella lo fulminò per la battutaccia. "Non
c'è nessun malinteso da chiarire", si limitò a
dire stringendo un cuscino e ignorando lo sguardo di Goten.
"Se mi ascoltassi, capiresti che in realtà tutto questo
è un malinteso", ribattè questo, stringendo i
pugni. In tasca, aveva l'anello che Bra gli aveva lanciato quel giorno
al centro commerciale ed era più deciso che mai a
rimetterglielo al dito.
"Anche quel bacio era un malinteso?", scoppiò, riferendosi
al bacio di Valese.
Goten sospirò. "MI è saltata addosso e non ho
fatto in tempo a spingerla via", precisò, esasperato.
"Hai una forza sovraumana. Certe scuse non attaccano, Son".
"Sei davvero testarda", sbottò Goten. "Io sto facendo di
tutto per riconciliarmi con te, ma sembra che tutti i miei sforzi a te
non interessino. Forse non valgo abbastanza per te, principessa",
urlò. A quel punto, tra la strana sensazione di disagio e la
rabbia, aveva perso il controllo. Non sopportava la gente che lo
prendeva in giro e il comportamento di Bra lo stava ferendo nel
profondo. Se non voleva convincersi, significava solo che non le
importava più nulla di lui e forse non le era mai importato.
"Non sono io quella che si diverte con gli altri, Goten!",
sbraitò la ragazza con gli occhi lucidi. "Tu hai baciato
Valese sotto i miei occhi e chissà cos'altro mi hai tenuto
nascosto. Come posso fidarmi di te?".
"Valese ha baciato me", esclamò Goten. "E non ti ho mai
tradita, perché ti amo!".
Bra aprì la bocca per ribattere ma quelle ultime parole le
bloccarono il fiato in gola. "Come faccio a sapere che non mi stai
mentendo?", singhiozzò, nascondendo la testa nelle
ginocchia. Quel bacio l'aveva distrutta e aveva distutto la fiducia che
riponeva nel ragazzo. Non era facile per lei perdonare un torto e per
orgoglio preferiva non dire niente che ammettere di avere sbagliato.
"Guardami". Goten le si avvicinò e le prese le mani. In quel
momento in cui i loro occhi si incontrarono, tutto il rancore e la
tristezza scomparvero. Bra capì che aveva fatto male a
dubitare di lui. Nei suoi occhi leggeva quanto fossero vere le sue
parole. Quegli occhi dei quali si era innamorata non le avevano mai
mentito e per questo gli credette, dandosi della stupida
perché non aveva pensato prima a quello che li univa.
Bra lo abbracciò, appoggiando la testa sulla sua spalla e
sfogando tutta la tensione e la tristezza che quel mese di distanza
aveva accumulato.
Quando sentì le braccia del ragazzo stringerla a se, si
ricordò di un'altra cosa che doveva dirgli.
"Goten", mormorò sciogliendo l'abbraccio e guardandolo negli
occhi. Non sapeva come dirglielo ed esitò, cercando le
parole giuste per spiegargli quel segreto. "Devo dirti una cosa".
Goten le sorrise, abbracciandola di nuovo. "Lo so, piccola. E sono
sicuro che sarà una bambina, bella e buona come la sua
mamma".
Bra scoppiò di nuovo a piangere, un po' per gli ormoni e un
po' per la felicità. Goten aveva capito e l'aveva perdonata.
Avrebbero avuto un figlio insieme e lo avrebbero amato con la stessa
intensità con cui si amavano loro.
"Lo avevo detto che siete due idioti", s'intromise Trunks, ridendo.
I due lo imitarono, ritrovando quella felicità che sembrava
persa.
Il treno deragliato era tornato sui suoi binari e la loro vita poteva
continuare insieme. Il loro bambino avrebbe avuto una famiglia
meravigliosa, unita dalla forza della fedeltà.
L'anello tornò al suo posto, sul dito di Bra e quella sera,
a cena, i due ragazzi annunciarono il loro fidanzamento.
Di nuovo.
E questa volta per sempre.
THE END
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