Quando ancora nella mia vita non dovevo uccidere nessuno..

di Chiara Black
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Di nuovo lei.

Il primo pensiero che formulo, appena sveglio. Non so per quanto abbia dormito, ma adesso il sole è bello alto, nel cielo. Penso siano quasi le dieci. Oh cavolo. Il negozio! Sono in ritardo! In un tremendo ritardo, oserei dire. Cerco di alzarmi dal letto, ma sono ancora mezzo stordito dal sogno. Di nuovo lei. Un’altra notte ho sognato Katniss. Eravamo lì, davanti al Forno, lei con un coniglio appena cacciato e io con una delle torte appena glassate. Avevamo appena fatto un baratto, quando lei improvvisamente mi bacia. Un bacio intenso, passionale. Io stavo lì, prima in silenzio a ricambiare il bacio, ma poi a dirle quanto l’amavo. Iniziai lentamente, ma finii praticamente urlando. La cosa bella è che in realtà non mi sembrava fossi io a parlarle, perché non riuscivo a controllarmi. Cercavo di parlare più tranquillamente, dolcemente, ma invano. Le parole mi uscivano come un fiume in piena. Nonostante tutte le cose dolci che le dicessi, sembrava la stessi aggredendo. Lei stava ferma, spaventata, gli occhi lucidi. Si vedeva che aveva  paura di me. Mi guardava come fossi a metà tra un pazzo e una specie di furia con attacchi omicidi. Entrambi tipi di persone a cui conviene non avvicinarsi troppo. Mi avrebbe chiamato per sempre “Peeta Mellark: il pazzo” o “Peeta: lo spirito assassino”. Ma poi il sogno cambia, e io guardo passivamente Katniss e Gale a caccia insieme, seduti su una roccia, ad aspettare l’arrivo in trappola di qualche creatura. A quel punto Gale si alza di scatto dalla roccia sulla quale stava seduto, e si butta in un burrone lì accanto. Vedo Katniss che inizia a singhiozzare, urlando, disperata. Dentro di me ero, per così dire, ‘contento’ per quell’uscita di scena inaspettata di Gale, ma capisco che tra loro due c’era qualcosa. Qualcosa di più che semplice amicizia. Qualcosa come amore. La gelosia a quel punto mi invade e mi butto di nuovo su Katniss, quasi aggredendola.

E mi sveglio. Pensando di stare ancora lì, nei boschi, quando, a dispetto di Katniss e Gale, non ci sono mai stato.

Sogno traumatico, eh? Anche se è difficile parlare di amore, a quest’età, si capisce lontano un miglio che entrambi sarebbero disposti a dare la vita per l’altro. Come Katniss farebbe per la sua famiglia. Come Gale probabilmente farebbe per la sua.

Mi aggrappo all’idea che è per questo che sono così uniti. Che si considerino fratelli a causa dell’esplosione che ha tolto la vita a entrambi i padri. Tutt’a un tratto, ritrovarsi a dover mantenere in vita la propria famiglia non è facile. Tantomeno a quell’età. Katniss deve procurare da vivere a una madre sull’orlo della depressione e a una sorella di quattro anni più piccola. Gale a due fratellini e alla madre incinta del terzo. E così si sono trovati. Due giovani ragazzi, appena adolescenti, che hanno sulle spalle una famiglia. Due famiglie che senza di loro morirebbero di fame. Due famiglie che sarebbero spazzate via come se nulla fosse, a causa di un’esplosione in miniera che tolse loro il padre, la persona che portava il pane a casa. Due famiglie in meno nel Distretto 12.

Si considerano fratelli, è ovvio. Compagni nella stessa sfortuna.

Aggrappandomi a questo pensiero, mi vesto con quel paio di pantaloni che uso quotidianamente e vado al negozio, aspettandomi una sbraitata da parte di mio padre per il ritardo.





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