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Venere
Questa è la fanfiction più lunga che abbia
mai scritto (l'unica che abbia mai pubblicato!). Ho cominciato e sto continuando
a pubblicarla in un forum ma ho deciso di inserirla anche qui.
L'idea è nata notando quanto la storia tra
Will e Jinny sia poco approfondita nell'anime di Marmalade boy (che adoro) così
mi sono messa a scrivere e non sono più riuscita a smettere!
Oltre a questi personaggi, troverete anche
Doris, Brian... (tutti di proprietà di Wataru Yoshizumi) e altri inventati da
me.
Visto che la fanfiction è lunga e i
capitoli sono brevi li pubblicherò a gruppi.
Capitolo 1: Venere e il nonno.
Venere era sempre stato il suo pianeta preferito. Ricordava
chiaramente il momento in cui era nata questa sua passione.
Era una sera d’estate e aveva sette anni. Su una collina
non lontana dalla casa di campagna dei suoi nonni dove trascorreva gran parte
delle vacanze.
Fu proprio suo nonno a portarlo lì e a svelargli il cielo.
Non che non si fosse mai accorto della sua esistenza, era
un bambino ma non era né cieco né tonto, solo che quella notte alzò gli occhi e
lo vide come mai gli era capitato prima.
Vide le stelle, la scia luminosa della via Lattea e più
luminosa di tutte lei: Venere.
Mentre con gli occhi sgranati osservava quello spettacolo
della natura suo nonno cominciò a raccontargli storie e curiosità sulle
costellazioni e sui pianeti da quella sera per molte altre successive a quella.
Quella che sembrava una fissazione infantile destinata ad
esaurirsi in qualche mese si trasformò invece in una vera passione e anche
adesso dopo dieci anni da quella notte magica continuava a guardare il cielo con
gli stessi occhi sgranati pensando alle parole di suo nonno che ormai non c’era
più ma gli aveva lasciato in eredità quella sua grande passione e i suoi i libri
di astronomia per continuare a ad alimentarla.
Will era sempre stato un bambino timido e anche ora era
piuttosto introverso forse per questo era così affascinato dall’esuberante
bellezza di Venere che sfacciata osava brillare più delle altre stelle. Quando
scoprì che quella luminosità era data da gas velenosi ormai ne era completamente
catturato.
Entrò al liceo con il marchio “secchione asociale” stampato
in faccia il suo obbiettivo era quello di farsi notare il meno possibile e non
farsi coinvolgere da quel mondo così lontano da lui che si sentiva a suo agio
solo in compagnia del suo telescopio. Dopo poche ore dal suo ingresso nella
Saint Andrew High School accadde qualcosa di imprevisto e incredibile… la vide.
Vide Venere nella mensa della sua scuola. Era lei. Spiccava tra tutte le ragazze
per la sua bellezza ed era come se sprigionasse un’aura luminosa e così come
Venere era anche lontana e irraggiungibile.
Capitolo 2: Plutone e il telescopio
Venere era lontana e irraggiungibile ma il solo stare ad
osservarla lo rendeva felice. Così guardava da lontano “la sua Venere” e più il
tempo passava e più gli sembrava che lei assomigliasse al sole, era al centro
del suo sistema e tutti le giravano attorno, più lontano di tutti come Plutone
c’era lui.
Will ricordava chiaramente un altro momento di felicità
nella sua infanzia, oltre alle sere d’estate con il nonno, era la mattina del
suo nono compleanno quando i suoi genitori entrarono nella sua stanza con un
grosso pacco regalo, esattamente nell’istante in cui lo scartò sorrise come mai
prima di allora aveva fatto. Era un telescopio, un vero telescopio! Passò tutto
il giorno fremendo, aspettando con ansia che arrivasse la sera, al contrario di
tutti gli altri bambini lui non era affatto spaventato dal buio perché sapeva
che anche nella notte più tetra le stelle sarebbero state lì, magari nascoste
dalle nuvole, ma sempre lì. Da quella sera Venere non fu più solo un lontano
punto luminoso nel cielo ma gli si era avvicinata, anche se sempre distante, lui
sentiva di starle accanto.
Ricordando tutte quelle sensazioni di alcuni anni prima
sentì il bisogno di un nuovo telescopio, non di un vero telescopio come quello
del suo compleanno, ma di qualcosa che potesse avvicinarlo a lei, non voleva più
essere Plutone.
Capitolo 3: Mercurio e la montagna
Tra il Sole e Venere c’è Mercurio.
Chiunque lei fosse, Venere o il Sole, aveva un suo
Mercurio. C’era un ragazzo che le stava sempre intorno anche se sembrava non
essere una presenza a lei gradita lui continuava a starle addosso, in quel
momento sentì un sentimento nuovo: invidia. Nonostante tutto non riusciva a non
invidiare il fatto che lui riuscisse a starle così vicino. Cominciò ad
osservarlo. Voleva capire chi era, come faceva a comportarsi in modo così
diretto, avrebbe voluto assomigliarli un pochino solo per trovare il coraggio di
sedere allo stesso tavolo a mensa salutarla al mattino.
Voleva trovare l’occasione per avvicinarsi a lei ma
qualsiasi tentativo era bloccato dalla sua timidezza che come un bavaglio gli
impediva di parlarle e come delle catene immobilizzava ogni passo verso di lei.
Continuò per giorni e settimane a guardarli Venere che sorrideva, sbuffava e di
nuovo rideva e Mercurio che imperterrito la seguiva.
Dopo un mese Maometto non si decideva ad andare incontro
alla montagna e così fu lei ad avvicinarsi a lui. La montagna in questione era
effettivamente più alta di lui, aveva i capelli rossi e uno sguardo minaccioso.
Gli si avvicinò un giorno in un cortile ed esordì con un “Guarda che a me non
interessano i finocchi come te! Quindi smettila di fissarmi o ti ridurrò
talmente male che non troverai più un fidanzato!” Will rimase interdetto per un
attimo, non si era aspettato quel genere di reazione, nonostante quello però la
sua bocca si aprì da sola “Ho un’offerta da proporti” “Eh?! Senti guarda che non
vengo con te neanche se mi paghi!” “Siamo in classe di matematica insieme, so
che se non passerai il test della prossima settimana ti toglieranno dalla
squadra di basket e tu non vuoi che accada questo, vero?” “Che stai dicendo?
Smettila di farti gli affari miei!” “Posso aiutarti a superare quel test” “Eh?!
Non mi fido. Cos’è che vuoi in cambio?” “Una cosa semplice.” “Senti te lo detto
non sono interessato a quel genere di porcherie che fate voi…” “Ti chiedo solo
di farmi sedere al tuo tavolo a mensa.” “Coosa?!” “È una cosa semplice e
salverai il tuo posto in squadra”
Capitolo 4: parole, parole e Jinny
Will stesso non sapeva da dove gli fossero uscite quelle
parole. Continuava a chiederselo anche adesso che sedeva al tavolo degli atleti,
il più ambito in tutte le high school americane, con la squadra di basket al
completo e con lei, la “sua Venere”, Jinny.
La loro prima conversazione su surreale. Lei con sguardo
malizioso lo riempiva di domande, continuava a chiedergli con sorrisetti
allusivi da quanto fosse amico di Brian, come si erano conosciuti e Will
imbarazzato con gli occhi incollati al pavimento farfugliava monosillabi. Quando
si accorse di questa scena la montagna-Mercurio si intromise e con la faccia più
rossa dei capelli cominciò a urlare “Jinny smettila di insinuare cose
inesistenti! Will e io abbiamo dovuto lavorare insieme per una roba scolastica
e…” Brian era visibilmente agitato e Will cominciava a sentirsi un po’ in colpa
per averlo messo in quella situazione equivoca “…abbiamo scoperto di avere degli
interessi comuni…” questa fu la prima frase degna di questo nome che riuscì a
pronunciare in sua presenza alla quale lei replicò con un sorriso malizioso e
una domanda ancora più imbarazzante “Quali per esempio?”. Cosa poteva
rispondere? Non riusciva a immaginare una persona più diversa da lui di quel suo
nuovo ‘amico’. Quello che sentì fu la voce di Brian che urlava “Roba da uomini!
Vero amico?” e un dolore lancinante sulla schiena risultato di quella che voleva
essere una ‘maschia amichevole pacca sulle spalle’.
“Dai Brian non c’è bisogno che fingiate… siamo in America è
un paese libero e noi siamo di ampie vedute…” Disagio totale. Brian sempre più
rosso in viso, con le vene del collo gonfie sembrava la personificazione
dell’ira e stava per scoppiare in un altro disperato tentativo di affermare la
sua virilità ma fu interrotto da una voce femminile “Jinny smettila! Ti sei
divertita abbastanza!” Will si voltò in direzione di colei che gli aveva gettato
un salvagente proprio quando stava per sprofondare e affogare nell’imbarazzo, la
osservò attentamente e sentì di somigliarle, anche lei come lui sembrava
un’aliena a quel tavolo, completamente diversa da Jinny, timida e con un
atteggiamento molto più adulto del resto del gruppo, gli sorrise “Scusa non mi
sono presentata, mi chiamo Doris. Non fare caso all’atteggiamento di Jinny,
siamo felici che tu ti sia unito al gruppo!” sembrava sincera, forse anche lei
non era completamente a suo agio e riconosceva in lui un alleato così ricambiò
il sorriso “Grazie” disse e si rilassò per la prima volta dal momento in cui si
era seduto a quel tavolo. Durò poco perché a quel punto la sua Venere parlò
“Scusa Will! Mi dispiace se non ti ho fatto sentire accettato! Non fraintendermi
anche se non sei ‘l’amico speciale’ di Brian anch’io sono contenta che ti sia
unito a noi!” Il quell’esatto momento temette di avere un infarto. Il suo cuore
aveva smesso di battere normalmente da quando l’aveva vista per la prima volta,
ma adesso era completamente impazzito, quelle fantastiche parole ‘sono contenta
che ti sia unito a noi’ erano per lui! Però le parole per lui non erano
finite…“Sai ho sempre voluto un amico gay! Quindi spero che diventeremo amici!”
Capitolo 5: amici e veleni.
Codardo. Non era solo timido ma anche un maledetto codardo.
Non era riuscito a negare e adesso lei pensava fosse gay. Si odiava per questo
ma in fondo aveva ottenuto ciò che voleva. Le poteva stare vicino, come amico.
Non era più un pianeta lontano, lei non era più solo un punto luminoso ma luce
che lo illuminava con la sua sola presenza.
Il tempo passava e gradualmente cominciava a sentirsi parte
di quel gruppo all’inizio così estraneo, Brian e i ragazzi della squadra lo
trattavano da amico, lo invitavano a partecipare agli allenamenti, in pizzeria
dopo le partite, incredibilmente il ‘secchione asociale’ si era trasformato in
un ‘individuo ben integrato nell’ambiente scolastico’, oltre a questo il
passare del tempo portò anche alla scoperta di qualcos’altro. In fondo Will lo
sapeva già da un po’: la luminosità di Venere è data dalle sostanze velenose
nella sua atmosfera. Come il pianeta da lui tanto amato anche Jinny aveva i suoi
veleni.
Era felice di starle vicino eppure quella felicità era
sempre più spesso mista a qualcos’altro: dolore. Non riusciva a spiegarsi come
due sentimenti così diversi potessero coesistere in una sola persona nello
stesso momento.
Il sole sulla pelle è piacevole ma può scottarla, guadarlo
direttamente fa male agli occhi.
Jinny era bella e vitale, emanava un’energia contagiosa ma
era capricciosa e volubile, l’aveva vista ferire più o meno intenzionalmente
alcuni dei tanti ragazzi che l’approcciavano e poi ridere di loro; sapeva essere
dolce e gentile ma il più delle volte non lo era.
Era bello e doloroso starle accanto, Will sapeva tutto
questo ma continuava ad esporsi al sole anche se bruciava perché ormai non
poteva più fare a meno della sua luce e del suo calore.
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