Purtroppo per voi, non avevo
molti compiti per domani; quindi ho revisionato questa storia, che ho scritto
qualche anno fa, e ho deciso di pubblicarla presa da uno dei miei soliti raptus
di follia. A dire la verità, non ne sono particolarmente convinta, ma mi
piacerebbe avere altri pareri in proposito, oltre al mio… Come sempre,
recensioni sia positive che negative saranno benaccette, purché costruttive e
sensate. E, ancora come sempre, grazie anche solo di aver letto la mia
storia.^^
SOLO UN NOME
Un’altra
mattina.
E’ passata
un’altra notte, e mi sento stranamente sollevata nel risvegliarmi nel mio letto.
Dove altro dovrei essere? Guardo Rodolphus, ed anche lui sembra pensare la
stessa cosa.
Mi alzo e
m’infilo la vestaglia, per poi guardarmi allo specchio. Quindi sorrido al mio
riflesso, sorrido per la prima volta da… da tra giorni. Chissà perché. Non è un
bel sorriso, però. Riprovo. Non è ancora perfetto. Sento dei passi. Dèi, chi è?
E’ solo Rodolphus, che mi guarda un attimo perplesso. Poi mi sorride. Ma anche
il suo sorriso è storto come il mio.
Facciamo
colazione in silenzio, perché non c’è bisogno di parole. E poi, non abbiamo
niente da dirci. Potremmo parlare del tempo, al massimo. Ma alla fine è sempre
uguale, quindi sarebbero solo le solite parole. Ho già finito il manuale delle
frasi della brava moglie. Con successo, vorrei sottolineare. Siamo sposati da…
da un’eternità, ormai. Nove anni. Il manuale delle frasi fatte l’ho finito da un
bel pezzo.
A quest’ora
avremmo dovuto avere almeno… almeno due figli. Anche tre. Uno di otto anni, più
o meno. Poi uno di cinque o sei, ed infine uno di due. Una pausa un po’ più
lunga tra gli ultimi due, per non affaticarmi troppo. Ed adesso dovrei essere
incinta ancora, magari. Passati due anni, dovrei scodellare un altro erede. E se
non fossi già incinta, dovrei scoprire di esserlo entro breve.
Il quarto
figlio. Staremmo preparando la festa per annunciarlo, magari. Ci saremmo
inventati una scusa per invitare tutti a casa nostra e poi, a metà cena,
Rodolphus avrebbe fatto tintinnare una posata contro il suo bicchiere e si
sarebbe alzato. “Ho qualcosa da dirvi…” avrebbe detto. No, “Io e Bellatrix
abbiamo qualcosa da dirvi…” suona decisamente meglio. Mi avrebbe preso la mano,
io mi sarei alzata annuendo, e lui avrebbe dato la notizia con un bel sorriso.
“Bellatrix aspetta un bambino”… no, suona male. “Io e Bellatrix aspettiamo un
bambino”… neanche. Come aveva detto Lucius? “ Io e Narcissa vorremo darvi una
notizia. Una splendida notizia. Narcissa… è incinta”. Sì, aveva detto così, ed
era venuto davvero bene. Rodolphus direbbe una cosa del genere, aggiungendoci
“per la quarta volta” alla fine.
Tutti
sorriderebbero. Tutti ci farebbero le congratulazioni. I nostri figli verrebbero
ad abbracciarci, il più grande passerebbe una mano sul mio ventre, l’altro
farebbe la stessa cosa, perché si sa che i fratelli minori fanno sempre ciò che
fa quello maggiore, ed il più piccolo… Rodolphus lo prenderebbe in braccio, sì,
lo prenderebbe in braccio e gli direbbe una frase simpatica, che farebbe ridere
tutti. Perfetto. Ho già immaginato tutto. Sono pronta. Alzo lo sguardo.
Non c’è
nessuno. Solo io e Rodolphus. Nessun bambino. Neanche uno. Il dottore ha detto
che non sa il perché. Dice che Rodolphus è a posto, ed io anche. Era logico che
fossimo a posto, comunque; non siamo mica i primi scemi che passiamo per strada.
Siamo una Black ed un Lestrange. Mica spazzatura, eh. Le nostre famiglie sono
sempre state numerose. So un sacco di nomi dei miei antenati, e di antenati di
Rodolphus. Rod. Mi piace chiamarlo così, perché il suo nome è lungo. Lui
preferisce che lo chiami Rodolphus quando ci sono le altre persone, però quando
siamo solo noi due gli piace. Lui mi chiama Bella. E mi piace. Sì, il nostro
matrimonio va bene. D’altronde, far funzionare un matrimonio mi sembra piuttosto
semplice. Basta essere gentili.
Certo, a
volte anch’io esco un po’ dai gangheri, ma la scusa dell’indisposizione o dei
problemi femminili è sempre valida. Posso chiudermi nella mia stanza per quanto
voglio, fingere di dormire quando arriva Rod, e tornare a parlargli e a fare la
gentile quando mi gira. Il tanto fantomatico amore sbandierato a destra e a
manca dai sentimentalisti come mia sorella non serve: basta il buon nome. Il
buon nome ed un cospicuo gruzzolo, se possibile. Non si vive di sola nobiltà,
alla fine.
E Rod è
perfetto: i Lestrange sono una famiglia molto antica, e nessuno dei loro
esponenti, impazzito, ha dilapidato il loro patrimonio. E poi Rod ha un solo
fratello, dunque l’eredità non è stata divisa tra molte persone. E lui è il
primogenito, quindi si è preso di più. Quindi, non ho nessun problema. Rod è
pure bello. E’ alto, è magro, ha degli occhi molto belli ed è piuttosto
intelligente. Non come me, ovviamente. Io andavo a scuola meglio di lui, ma non
c’è da stupirsene, visto che ero la migliore della scuola. La migliore. Perciò,
poche ciance, anche lui ha fatto un affare sposandomi. E poi sono davvero bella.
Ho finito la colazione, e sono tornata di sopra. Getto uno sguardo a Rod, che si
sta cambiando. Sì, è bello anche lui. Sì, mi piace. Mi osservo. Che coppia di
bellezze! Rod si muove velocemente; è uno sbrigativo, pratico. Anche a letto. Ci
mettiamo pochissimo… ma il dottore ha detto che questo non è un problema. E poi
a me va bene. Lui raggiunge l’orgasmo, io godo abbastanza, e via. Che bisogno
c’è di prolungare oltre? A volte prolunghiamo i preliminari; a Rod piace
baciarmi, accarezzarmi, sussurrarmi frasi dolci.
A me no.
Ecco, questa è una cosa che non mi piace di Rodolphus. Tutte queste smancerie…
mi disgustano, quasi. Una volta ho provato a tagliare corto, e ne è venuta fuori
una discussione. Rodolphus mi ha detto che io devo stare zitta, e non rompere.
Quando me l’ha detto? Sarà stato almeno quattro anni fa… da allora qualcosa è
cambiato. Qualcosa si è rotto, qualcosa che non si può più riparare. La mattina
dopo lui mi ha regalato dei fiori. Ma… non lo so, qualcosa è cambiato. Qualcosa
di importante. Ecco, Rodolphus è cambiato. Non so perché, ma è cambiato. E’
diventato inquieto, sempre nervoso e agitato per qualcosa a me oscuro… ecco, non
mi fido più di lui.
E’ cambiato
troppo, e solo perché gli ho detto che non mi piaceva una cosa. Anzi, non
gliel’ho nemmeno detto. Volevo solo arrivare subito al sodo, e tra l’altro ero
stata anche piuttosto scaltra; avevo finto di essere presa da uno slancio di
passione, tutto qui. Lui dovrebbe saperlo, che io sono una passionale. Gliene
parlerò. Gli dirò tutto. Che ultimamente… ultimamente lo vedo cambiato. E’
meglio che non tiri fuori quella vecchia storia, però, altrimenti potrei
sembrare una che porta rancore, o una vendicativa. E a lui darebbe fastidio, lui
è sempre gentile, e poi è molto delicato e fine. Un gran signore. Non ci sarà
bisogno di litigare, lui capirà. Sì, capirà. Stasera gliene parlerò. Quando
tornerà dal lavoro.
No, oggi è
domenica. Allora gliene parlerò adesso, dai. Tanto siamo in casa da soli, e non
aspettiamo nessuno. Allora mi vesto bene. Scelgo un vestito piuttosto elegante,
quello blu che mi piace tanto, e piace tanto anche a lui. Mi raccolgo i capelli,
perché a lui piace scioglierli quando facciamo sesso, e sicuramente faremo pace
e anche sesso. Gli piace anche togliermi i gioielli, uno ad uno. Quindi abbondo.
Degli orecchini col pendente, una bella collana, un paio di anelli. E poi i
bracciali. Li infilo con meticolosa precisione, in un ordine speciale collaudato
dal tempo. Prima il polso destro, poi il… poi il sinistro.
Vedo male.
Mi era sembrato di vedere qualcosa sul mio avambraccio sinistro. Lo volterò
ancora, per controllare, ma di sicuro non ci sarà niente.
E’ appena
visibile, ma c’è. C’è un teschio sul mio avambraccio. Un teschio ed un serpente.
Mi alzo e urlo, e urlo ancora perché quello schifoso segno non va via, non è
frutto della mia immaginazione e non me lo sto sognando.
Perché
urlo come una povera deficiente? Non c’è niente per cui
urlare…
Rodolphus
accorre, ansimando. Si avvicina, dice qualcosa, ma io non lo capisco.
Non l’ho
mai capito. Rodolphus, lui sì che è un deficiente.
Lui è ancora
accanto a me, in silenzio. Ma non riesco a parlare. Alzo l’avambraccio, sperando
che quella cosa sia sparita. Lo specchio mi tradisce.
E’ il mio
Marchio. E’ il mio Marchio Nero. Sono una Mangiamorte.
Rodolphus
trema.
Che uomo
patetico. Cos’hai da tremare? Anche tu ce l’hai.
Cerca di
calmarmi con parole gentili, ma non lo sento neanche questa volta. Anche lo
specchio, anche lo specchio… allora è vero. Ho davvero quel segno. Ora
svengo.
Perché mi
spavento tanto? E’ solo il mio Marchio.
Lui parla,
parla, ed io mi sto ancora guardando. Il mio bel corpo, il mio viso perfetto… i
miei occhi, i miei lunghi capelli. E’ tutto normale.
Certo che
è normale.
Ma quel
segno no.
C’è
sempre stato, c’è sempre stato…
No! Io non
sono nata con quel segno! Mi fa schifo!
Bellissimo… il teschio dei
miei nemici, il serpente che striscia ed uccide…
Dèi… anche
Rodolphus ce l’ha. Mi guarda perplesso mentre gli rompo la camicia, e scopro
quella cosa.
Anche
lui, sì… insieme, quella notte. Insieme per sempre. Noi due, e il nostro
Signore.
Quello che è
morto da poco. Quello che ha ucciso un sacco di gente. Quello cattivo.
Cattivo
come me.
Io non sono
stata cattiva. Io sono buona…
Tanto
buona da uccidere un paio di persone, vero? O torturare… oppure torturare e poi
uccidere. Cosa c’è di meglio che giocare un po’ con la preda?
Uccidere? Le
mie mani sono pulite.
E’ solo
un trucco… un trucco per tutti gli altri. Un po’ d’acqua e il sangue va via, ma
i cadaveri rimangono…
E anche il
sangue un po’ rimane. Ne sono piena.
Non ho
pulito bene le mani, l’ultima volta… ma non li ho uccisi, no, loro no. Li ho
solo torturati. Sono pazzi, ora! Ancora più di prima, quegli sporchi
filobabbani!
I Paciock.
Frank e Alice. Hanno un bambino piccolo. L’ho visto.
L’ho
visto mentre torturavo i suoi genitori. L’ho visto piangere e dimenarsi nel suo
lettino, quello stupido marmocchio.
Anche loro
hanno avuto un bambino. Anche Narcissa. E anche quegli altri che sono morti, i
Potter…
Tutti
hanno avuto bambini. Solo io no.
Che cosa ho
fatto? Anch’io voglio un figlio.
Un figlio
mio. Sì, non m’importa il dolore, voglio partorire.
Un bambino
che esca dalla mia pancia, un bambino col mio sangue. Il mio e quello di
Rodolphus.
Continua
a parlare, il deficiente. Gli rispondo a tono.
E’ colpa sua
se ho quest’orrendo marchio. E’ colpa sua!
Lo volevo
anch’io. Non è colpa sua. Lo volevo anch’io, volevo combattere e
uccidere.
E sarà colpa
sua anche perché non abbiamo figli. Tutta colpa sua!
E così
uccido i figli degli altri. Se non posso averne io, allora nessuno
può.
Assassina!
Sono una torturatrice assassina!
Sì, e mi
piace. Mi piace molto più di Rodolphus. Se non avesse il sangue puro, l’avrei
già ucciso da un bel pezzo.
Ora urla
anche Rodolphus. Urlo anch’io, urlo fino a farmi male.
Urla
l’anima, piccolo stupido, soffocati, dai!
Sentiamo dei
rumori. Rodolphus corre fuori dalla nostra stanza, poi rientra. Corre, continua
a correre.
Dove
corri? Dove sto correndo anch’io?
Corriamo
verso la morte. Corriamo verso i nostri assassini.
Io sono
immortale. Io sono immortale!
Sono qui.
Sono quelli del Ministero. Quella notte…
A casa
dei Paciock. Qualcuno ci ha visti, cazzo!
Ci hanno
visto. Hanno visto Rodolphus! Hanno visto anche me!
Tutta
colpa sua. Tutta colpa sua.
Ci
porteranno via dalla nostra bella casa. Ci porteranno ad Azkaban!
In
prigione. Niente più luce, niente più feste e danze. Niente. Solo pietra e
freddo.
Bussano
forte. Tra poco arriveranno. Mi porteranno via!
Mi
sbatteranno in una sudicia cella. Per sempre, per sempre.
La mia casa!
Chi si prenderà cura della mia casa? Chi rimarrà fuori?
Tutto il
mondo rimarrà fuori. Tutto e tutti. Solo io scomparirò, solo io sarò inghiottita
dalle mura di Azkaban.
Solo io,
solo io! E nessuno mi ricorderà! Nessuno!
Andranno
tutti avanti, senza di me.
La nostra
bella casa vuota. Il giardino. I nostri servi. E neanche un figlio, neanche
uno.
Neanche
un figlio. Nessun bambino avrà il mio sangue, nessuno.
Neanche un
figlio, solo io e Rodolphus.
Nessun
bambino. Solo una casa vuota, un giardino abbandonato, e dei servi senza
padrone. Nient’altro.
Cosa rimarrà
di me?
Niente.
Rimarrà solo
un nome.
Solo un
nome.
E non
rimarrà né Black, né Lestrange.
Non
rimarrà né la nobile signorina, né la brava moglie.
Rimarrà solo
Bellatrix.
Rimarrà
solo la guerriera. Rimarrò solo io.
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