Cap. 1
A/N: Salve a tutti. Come avrete già intuito dal titolo, questa vuole essere una parodia di Cinquanta sfumature di grigio.
Le vicende seguiranno più o meno l'andamento della trama
originale. Non posso garantire che aggiornerò spesso (mai
fidarsi di uno studente universitario); in ogni caso, spero che
apprezziate. Le scene "esplicite" saranno virate sulla parodia, quindi
penso che il rating arancione sia sufficiente. Ovviamente non possiedo
nulla relativo a "Cinquanta sfumature di...", ma i personaggi sono di
mia creazione. Non vi auguro buona lettura. Vi dico di leggere... senza pietà.
Cinquanta sfumature di marrone
Dedicato ai giacobini che mi hanno fatto scoprire il capolavoVoH.
Capitolo 1
Cinquanta bionde per lui posson bastare
Mi guardo allo specchio,
incavolata nera. Al diavolo i miei capelli, che non vogliono saperne di
stare al loro posto, formando invece questa chioma ribelle e selvaggia
che, nonostante tutto, la popolazione maschile del campus
trova sexy. E al diavolo anche Jill Jackson-Jennings, che ha avuto
la bella idea di beccarsi una colite, per poi implorarmi di sostituirla
senza il minimo preavviso. Dovrei studiare per gli esami, a dispetto di
quello strano fenomeno per cui i protagonisti di opere come questa non
studiano una mazza e poi superano brillantemente il college. Ma sto
andando fuori tema. Il problema è che sono qui a cercare di
pettinarmi, senza alcun risultato. In queste condizioni, la luce del
sole fa risaltare ulteriormente le tonalità completamente
naturali del miei capelli: un disastro!
Jill è la mia coinquilina. Fra tutti i giorni possibili per
la gara di chili con Jacobo ha scelto proprio ieri. Ha passato la notte
sul
gabinetto e adesso, con l'idratazione di una mummia e una bella
presenza da funerale, non è certo in condizioni di intervistare
un pezzo grosso per il giornale universitario. Un tizio che non ho mai
visto neanche in foto, ma che Jill mi ha rapidamente descritto come una
specie di Ozymandias più giovane e meno ambiguo. Infatti, chi
è la sfigata a cui toccherà farsi mezz'ora di macchina
con ABS e aria condizionata, entrare in uno dei grattacieli più
eleganti del mondo e parlare in prima persona con l'amministratore
delegato della Brown G.F.B. Inc.? Esatto, io. La solita sfiga. Il tempo
di questo imprenditore è preziosissimo - anche se, in tutta
onestà non ho mai capito cosa debba fare un amministratore
delegato - ma questo non gli ha impedito di concedere a Jill
un'intervista.
Dal bagno, la voce di Jill mi strappa da queste elucubrazioni.
«Scusami Vagy» dice, prima di tirare lo sciacquone per
l'ennesima volta «Mi ci sono voluti sei
mesi e un paio di lavoretti per ottenere l'intervista, non
posso giocarmi questa possibilità».
Esce dal bagno. Ma come diavolo fa? Anche mezza stroncata dalla colite
è una meraviglia, con i capelli corvini come la mezzanotte in
perfetto ordine e il cielo blu zaffiro che risplende nei suoi occhi,
sebbene siano arrossati dalle vampate dovute al chili. Ignoro un
inopportuno moto di compassione, e ignoro anche quello che mi ha detto
Davis, che studia medicina, sul fatto che gli occhi arrossati non
possono risplendere.
«Ci vado, Jill, non preoccuparti. Tu pensa a riposarti. Hai preso un gastroprottettore?»
«Ne ho già presi cinque, credo che ora passerò direttamente al gesso» Mi porge un foglio e un piccolo registratore. «Qui ci sono scritte le domande da fare. Ci penserò io a trascrivere.»
«Non so niente di questo tizio»
dico, mentre l'ansia mi assale nuovamente, facendomi lievemente
impallidire in un modo che è stato descritto come "molto sexy".
«Ma che ti frega. Leggi le domande e lascia che sia il suo ego a parlare.»
«Sarà meglio che vada, adesso. Chiedi a qualcuno
del dipartimento di arte di portarti del gesso di Parigi, ci puoi fare
una zuppa.»
«In bocca al lupo, Vagy. E grazie ancora.»
La mia meta è il quartier generale della multinazionale di
Tristan Brown: un grattacielo di 66 piani, probabilmente disegnato da
un architetto che compra Playboy per nasconderci dentro delle foto del
Bauhaus. Sulle porte a vetri dell'ingresso, in caretteri oro sobri e
barocchi al tempo stesso, la scritta BROWN sovrasta il logo della
società: un uomo in posa trionfale con un piede sopra il globo
terrestre. Mi accorgo che sto respirando in modo affannoso, così
slaccio un bottone della mia camicetta e respiro più
profondamente. Mi faccio forza
ed entro.
La reception è in marmo bianco, decorata con piccole colonne in
stile classico. Una bionda elegantissima mi sorride in modo amabile,
simile al modo in cui sorridono i genitori ai compagni d'asilo dei loro figli quando vedono i disegni che hanno fatto.
«Sono qui per vedere Mr Brown» dico, cercando di darmi un tono «Geena Zinke per conto di Jill Jackson-Jennings.»
«Un momento, Miss Zinke.»
Resto lì, muta e impacciata, mentre lei inizia a smaltarsi le
unghie di fucsia. Rimpiango di non essermi fatta prestare una giacca
elegante da Jill, invece di usare questa giacca sportiva che mette in
risalto le mie curve al posto giusto, per non parlare di dell'anonima
camicetta bianca che, noto solo ora, lascia intravedere il reggiseno nero in
pizzo e seta. E gli stivali col tacco 11? Catastrofe.
Sforzandomi di apparire impassibile, risistemo una ciocca ribelle
dietro l'orecchio. Finalmente, la valchiria ossigenata ripone lo smalto
e mi porge un documento.
«Firmi qui, Miss Zinke. Prenda l'ascensore centrale per il 66° piano. Non dimentichi il pass.»
Prendo il cartellino, la ringrazio e mi dirigo verso gli
ascensori. Persino gli addetti alla sicurezza sono vestiti meglio di
me: a loro il tacco 11 sta una meraviglia.
L'ascensore mi porta al 66° piano ad una velocità
supersonica. Non riesco a mantenermi in equilibrio. Quando si ferma, le
porte si aprono e cado addosso ad un'altra bionda. Con uno scatto
felino, lei si rialza roteando sui tacchi a spillo e, dopo avermi
rivolto uno sguardo fulminante, entra nell'ascensore. Cominciamo bene.
All'elegante reception in pietra nera, decorata con due pantere pronte
a balzare, è seduta una terza bionda. Si alza per accogliermi e
noto che è vestita in cuoio nero, con stivali alti e
lucidi decisamente migliori dei miei. «Miss Zinke, le dispiace aspettare qui, per cortesia?»
Mi indica un salottino elegantemente francese,
con un tavolino di cristallo e poltrone di velluto
rosso. Questo Brown ha anche buon gusto in fatto di arredamento.
Dietro, un'ampia vetrata offre una vista su quello che ha tutta l'aria
di essere un campo per la costruzione di una piramide. Un panorama che
mi toglie il respiro. Mi siedo e, ignorando le pur interessanti
riviste Sciovinismo oggi e Sindacato? Che assurdità!,
mi concentro sulla lista delle domande. Non faccio in tempo ad arrivare
in fondo, però. Quell'edificio assorbe tutta la mia attenzione.
A giudicare dallo stile, questo Brown potrebbe essere sulla quarantina,
anche se probabilmente dimostrerà meno dei suoi anni. Già me lo immagino: alto,
snello, abbronzato, senza dubbio il miglior amministratore delegato
degli ultimi 150 anni.
Una quarta bionda, con una minigonna lunga sì e no una ventina
di centimetri e delle calze a rete impeccabili, esce da una porta sulla
destra. Ma qui alla Brown si produce anche acqua ossigenata?
«Miss Zinke?» mi domanda.
«Sì» gracchio. L'aria condizionata sarà sui 15 gradi. Mi schiarisco la gola e rispondo nuovamente «Sì» cercando di sembrare più sicura. Poi mi accorgo di aver sputacchiato sulla camicetta della bionda numero quattro.
«Mr. Brown la riceverà fra un attimo» dice lei, col tono di chi vorrebbe fare una strage con l'antrace ma proprio non ne ha il tempo «Posso prendere la sua giacca?»
«Sì, grazie.»
Mentre me la sfilo, l'elastico per i capelli resta impigliato nella
cerniera e viene fiondato contro il naso della bionda. E, quel che
è peggio, non è più a contenere la mia chioma
ribelle, che ricade morbidamente sulle mie spalle.
Digrignando i denti, la bionda mi domanda: «Le hanno offerto qualcosa da bere?»
Esito prima di rispondere: «No.» Non avrò messo nei guai qualche altra bionda, vero?
«Mi scusi un attimo.»
Si dirige verso la reception e rivolge uno sguardo accigliato alla
bionda vestita di pelle. Questa si alza e le porge le terga, sulle
quali arriva un colpo di frustino. Dopodiché, la bionda con la
minigonna chiede: «Gradisce un tè, un caffè, un bicchier d'acqua?»
«Un bicchier
d'acqua» rispondo, piuttosto confusa. Questo Brown deve avere una
grande considerazione delle donne, viste le libertà che concede
loro.
La bionda vestita di pelle si allontana. «Yves è la nostra nuova stagista» spiega la bionda con la minigonna, arcuando il frustino con uno sguardo malizioso «Deve ancora entrare nei ritmi dell'azienda.»
Yves torna con un bicchiere di acqua ghiacciata. Ne bevo metà
prima di sentire il rumore di una porta che si apre. Ah no, quello è il rumore del mio intestino. Colite in arrivo. Adesso sento il rumore di una porta che si apre. Dall'ufficio esce
una prosperosa quarantenne (ovviamente bionda) con una sigaretta appena accesa fra le dita.
Prima di andarsene, mi guarda e dice: «Con quel culo secco, non durerai una settimana.»
Dopo aver spedito Yves a chiamare l'ascensore, la bionda in minigonna mi si avvicina e dice: «Mr. Brown è pronto a riceverla, Miss Zinke. Entri pure.»
Apro la porta e infilo per sbaglio la manica nella maniglia. Sento un
forte strattone mentre i bottoni della camicetta si strappano, perdo
l'equilibrio e cado distesa sul pavimento dell'ufficio.
"Cretina, imbecille!" esclama la mia dea interiore "Potresti almeno
avvertire quando fai questi capitomboli! Ho quasi rotto lo strap-on."
Due mani forti e salde mi afferrano i seni. Probabilmente starà
cercando di praticarmi il massaggio cardiaco. Apro gli occhi e...
merda, è davvero giovane.
«Miss Jackson-Jennings» mi dice, porgendomi una mano, quando mi sono rimessa in piedi «Va tutto bene? Non sta sanguinando, vero? Far pulire questo pavimento costa un casino.»
Giovanissimo, raffinato e bello da morire. È alto, indossa un
elegante completo marrone, una camicia blu e una cravatta nera. Ha
un'intensa chioma leonina di capelli biondo rame scuro e luminosi occhi
castani che mi scrutano con attenzione. Si vede che non ha mangiato il
chili ieri sera.
Sono così imbarazzata che passa qualche secondo prima che riesca ad articolare la risposta. «Sto bene»
dico, stringendogli la mano. Quando le nostre dita si toccano, sento
una scossa inebriante. Poi mi accorgo che mi sta stritolando la mano. E la stritola in modo così sexy.
«Miss Jackson-Jennings è indisposta» spiego, riposizionando le nocche «Mi ha chiesto di sostituirla. Sono Geena Zinke.»
«Capisco» dice lui «Vuole accomodarsi?»
Indica un divano in pelle nera. Davanti alla vetrata, dalla quale si ha
una vista generale del campo di costruzione, c'è un'enorme
scrivania che potrebbe essere rivestita in pelle umana. Tutto il resto
è bianco. Sul muro a sinistra sono appesi alcuni quadri di donne
nude in pose esplicitamente osé. Una si avvale dell'ausilio di un pollo di gomma.
«Mi sembra di conoscere lo stile di quei quadri» dico, cercando di di mostrarmi acculturata «Un
artista locale, vero? Mi piace il modo in cui eleva al livello di pura
arte quella che potrebbe essere scambiata per pornografia.»
«In realtà» spiega lui «Quelle sono le pagine del calendario in tiratura limitata allegato a SUV per manager del dicembre 1999. Ma non perdiamo altro tempo.»
Si lascia morbidamente cadere su una delle poltrone davanti a me,
scivola sul bordo e finisce col sedere a terra. Con sconcertante
nonchalance, si rialza e si siede normalmente. Prendo il registratore
dalla borsa e lo appoggio sul tavolino. Accidentalmente, schiaccio il
tasto "Play" e la voce di Jill inizia a diffondersi. Deve averlo acceso
per sbaglio ieri sera, visto che la sento parlare di chili e
peperoncini verdi con Jacobo. Cerco di spegnere il registratore, ma
inavvertitamente faccio avanzare la registrazione fino al punto in cui
la conversazione viene sostituita da gemiti, gridolini eccitati e
un rumore ovattato simile a quello di una persona che sbatte
ripetutamente contro il muro. Brown mi guarda con aria interrogativa.
«Dev'esserci un problema tecnico» dico imbarazzata, cercando di riavvolgere il nastro «Ecco, ci siamo. Jill le detto che l'intervista comparirà sul giornale universitario?»
«Sì, dato che quest'anno sarò io a consegnare i diplomi di laurea alla cerimonia di quest'anno.»
«Non lo sapevo» dico «Quindi sarà lei a consegnare il diploma e a dare la tradizionale stretta di mano.»
«Sì... di mano...» esita lui,
Premo il pulsante "Rec". «Possiamo iniziare l'intervista, signor Brown.»
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