Lawrence si affacciò dal
burrone che portava sul mare in tempesta. Onde schiumose si
sfracellavano sugli scogli , schizzando
un’infinità di gocce bianche e schiumose. Le onde
all’orizzonte parevano immense e turbolente, riflettendo il
suo stato d’animo.
Lawrence strinse i pugni e provò una grossa fitta allo
stomaco pensando a cosa stava per fare. Ora gli ultimi istanti di vita,
dopo l’ignoto. Forse non avrebbe provato più
nulla, forse sarebbe diventato parte del mare. O forse avrebbe avuto
emozioni ancora più forti. Ma doveva farlo. Era frutto di
una riflessione accurata. Avrebbe lasciato i suoi cari.
“Se ne faranno una ragione” pensò. Gli
dispiaceva lasciare sua moglie e i suoi figli, ma doveva farlo. Ormai
non aveva più nulla. Come poteva andare avanti?
Pensò un’ultima volta all’accaduto
mentre una brezza leggera gli accarezzava il volto.
Si ricordò di quando era piccolo e passeggiava tra le
strette vie del suo paese giocando a calcio coi suoi amici, di quando
era solo e i bulli del paese lo picchiavano. Si ricordò di
quante volte aveva pianto sognando la vendetta. Il suo pensiero si
rivolse all’adolescenza. Quando aveva quindici anni
suo padre era morto a causa di una malattia. Suo padre aveva lasciato
la moglie e cinque figli. Sua madre aveva fatto di tutto per
mantenerli, lavorava quasi tutto il giorno e si dava da fare. Loro
erano sempre soli, soli con un vuoto allo stomaco
incredibile. Quando compì diciassette anni,
Lawrence doveva badare ai suoi fratelli più piccoli e
l’unica strada per guadagnarsi da vivere fu quella della
delinquenza. Faceva vari furti per guadagnare qualcosa per la sua
famiglia e per la droga. Aveva conosciuto il suo
“amico” spacciatore poco prima di darsi alla
malavita, e quello lo aveva convinto a eliminare il suo vuoto
con la droga. A vent’anni Lawrence decise di andarsene. Non
poteva continuare con quella vita, non voleva più drogarsi,
non intendeva più affogare nel suo dolore, piegandosi ad
esso, ma combattere. Fu così che si trasferì
lontano da lì e trovò un lavoro, e con quel
lavoro, sua moglie, Isabelle. Era così riuscito a uscire dal
tunnel della droga e dalla sua vecchia vita. Ricordava i suoi
appuntamenti con Isabelle, le serate, l’amore, e gli aiuti
che lei gli aveva dato e li sentiva ancora vivi dentro di
sé. Ricordò quella notte di tre anni
fa, quando era nato suo figlio Isaac. Ricordò di non aver
provato gioia più grande, ma … ma ormai era
troppo tardi. Doveva. Il fatto era che aveva perso tutto, aveva perso
il lavoro e non sapeva come continuare. Aveva perso tutti i
soldi in prestiti e la sua vita faceva schifo, lo aveva
sempre fatto. Guardò il mare, la presunta soluzione ai suoi
problemi. Pensò a suo padre e a sua madre per un attimo, ma
distolse subito il pensiero.
Ad un tratto udì un rumore di passi. Si voltò.
C’era qualcuno dietro di lui, ma non riusciva a capire chi
era, perché era avvolto dalle tenebre di quella notte senza
stelle. Non riusciva nemmeno a capire se era un uomo o una donna.
- Perché fai questo?- chiese.
Lawrence tacque.
- Perché fai questo, ti ripeto?
- Non ho niente. Mai avuto niente.
La figura si guardò intorno.
- Ho capito. Perciò vuoi
lasciare il mondo, come tuo padre e vuoi mettere tua moglie nelle
stesse condizioni di tua madre.
- Come fai a sapere questo?
- Segreto.
Lawrence rimase interdetto.
- Chi sei?
- Lo capirai. Prima di ucciderti
ascoltami. È meraviglioso. Ma come non ti accorgi di quanto
il mondo sia meraviglioso?
Lawrence si guardò attorno. Il mare blu, la notte piena di
segreti, le urla delle genti …
- Meraviglioso. Perfino il tuo dolore
potrà guarire poi, meraviglioso. Ma guarda intorno a te che
doni ti hanno fatto, ti hanno inventato il mare.
Lawrence guardò la distesa blu che aveva sempre amato, le
onde, la schiuma … e gli venne un ricordo bellissimo ricordo.
Si era appena fidanzato con Isabelle, e avevano deciso di festeggiare
andando insieme da qualche parte. Lawrence era andato a casa
dell’amata la mattina presto e aveva suonato il clacson della
macchina. Lei a quel suono scese, ridendo. Si baciarono a lungo, come
fosse stata la prima volta. Poi lei si era seduta accanto a lui e
avevano sfrecciato per le vie della città in direzione del
mare. Arrivati avevano steso l’asciugamano sulla sabbia.
Erano soli. Si erano sdraiati e avevano iniziato a ridere come due
bambini, poi isabelle si era alzata e si era tuffata in mare. Lui
l’aveva rincorsa e l’aveva abbracciata, baciandola
mentre le onde del mare colpivano i loro corpi uniti in un solido
abbraccio. L’acqua bagnava loro i capelli, il volto, il
corpo. Erano completamente circondati dall’acqua, ma nulla
poteva distoglierli dal loro bacio. E quando questo finì
isabelle iniziò a schizzarlo, e lui la ricambiò.
Stettero a lungo nell’acqua. Quando ritornarono sulla
spiaggia erano completamente fradici. Si erano asciugati un
po’ al sole, guardandosi negli occhi. E fu in quel preciso
istante che Lawrence capì che non avrebbe mai potuto fare a
meno di lei.
- Tu dici non ho niente: ti sembra niente
il sole?
Anche a quelle parole a Lawrence venne un ricordo.
Aveva dieci anni, ed era una mattinata afosa. C’era un sole
tremendo che coi suoi raggi illuminava tutto il paese. Lawrence stava
guardando fuori dalla finestra quando gli si avvicinò sui
padre.
- Guarda che bella giornata- disse.
- Già – rispose
Lawrence.
- Che ne dici se andiamo a farci una
passeggiata noi due? Se poi andiamo al parco?
Lawrence lo guardò, sorridendo. Non erano mai usciti loro
due da soli. Annuì e lo abbracciò.
Uscirono di casa dopo aver salutato tutti e si diressero verso il
parco. Durante il viaggio parlarono di molte cose e suo padre gli
spiegò anche come fare a pescare. Quando arrivarono al parco
era già mezzogiorno. Allora suo padre tirò fuori
una tovaglietta e fecero un picnic. L’unico picnic che
Lawrence aveva fatto in vita sua. Mentre i raggi del sole illuminavano
i loro visi i due iniziarono a mangiare. Lawrence non si era mai
divertito così in vita sua prima di allora.
L’uomo sconosciuto continuò a parlare.
- La vita?-
La vita. Quante cose belle erano accadute durante la sua vita. E quante
cose brutte. E forse la vita è meravigliosa solo per questo.
Perché conosci dolore e felicità, noia e
divertimento, odio e amore.
- L’amore?
L’amore. La cosa più bella di tutte. E lui era
stato fortunato. Perché lui aveva provato, e provava
tutt’ora l’amore. Come faceva a lasciare sola
Isabelle? L’amore per sua moglie …
Si ricordò del loro matrimonio. Davanti al sacerdote si
giurarono eterno amore. Lui era arrivato per primo, come tutti gli
sposi. Era rimasto in trepidante attesa per mezz’ora.
Isabelle non si faceva vedere e lui si chiedeva quando sarebbe venuta.
La gente chiacchierava, qualcuno gli chiedeva qualcosa, ma lui non
ascoltava. Il suo cuore e la sua mente erano tutte per lei, per
Isabelle. Non aveva mai sentito il suo cuore battere
così forte. Gli venne il sospetto che gli stesse per
prendere un infarto. Dopo un po’ si chiese se isabelle stava
bene. Erano trascorsi venti minuti e lei non era ancora arrivata. Se si
fosse sentita male … ma aveva scacciato il pensiero. Lei
stava bene. E alla fine era arrivata. Bella come il sole, chiara come
la luna. I suoi capelli biondi risplendevano più
che mai e i suoi occhi chiari rispecchiavano le loro giornate trascorse
in riva al mare. E il suo sorriso, la cosa più bella
dell’intero universo, era stampato sul suo volto. Non erano
coscienti di ciò che sarebbe accaduto.
- Meraviglioso- disse l’uomo
misterioso - il bene di una donna che ama solo te,
meraviglioso-
Isabelle. Sempre lei. Il loro amore. Lei non aveva mai amato nessun
altro, prima. Si era data tutta a lui. Ed era così che la
ripagava?
- La luce di un mattino …
La luce di un mattino. Anche questo ricordò qualcosa a
Lawrence.
Era sdraiato sul suo letto, con Isabelle che dormiva appoggiando la
testa sul suo petto nudo. I capelli erano sparsi per tutti i loro corpi
e Lawrence sentiva ancora dentro di sé la passione della
sera prima. Erano andati a cena fuori, in un bel ristorante. Poi erano
andati a casa sua e Lawrence aveva offerto da bere a Isabelle, la sua
fidanzata. Si erano seduti sul divano e avevano cercato di parlare.
Cercato, perché a volte le parole non servono a niente. A
volte le parole sono solo accessori. Lawrence l’aveva baciata
delicatamente sulle labbra e aveva provato un’emozione
immensa. I loro sguardi si erano incrociati e le mani di Lawrence
stavano percorrendo la schiena di Isabelle cercando la fine della sua
maglia. E poi gliela aveva tolta. Erano andati in camera da letto e
avevano coronato il loro amore. La loro prima volta assieme. Lawrence
ricordava ancora l’amore di quella sera, la passione
…
- L’abbraccio di un amico
…
Lawrence sorrise.
Aveva venti anni quando aveva deciso di andarsene. Era alla stazione,
seduto su una panchina piena di scritte quando qualcuno gli si era
seduto accanto.
Malcom. Il suo migliore amico.
- Ciao Lawrence- aveva detto.
- Ciao Malcom.
- Come stai?
- Sono ancora morto dentro. Voglio
ricominciare a vivere.
- Fuori da qui.
- Sì, fuori da qui. Tu non mi
capisci, ma …
- Io ti capisco, Lawrence. Anche io
vorrei andarmene, ma non posso, lo sai.
- Per Mary.
- Sì. Non posso lasciarla
sola, lei non vuole andare via ed è incinta. credo che non
potrò mai andarmene da qui.
Lawrence si alzò. Stava per arrivare il suo treno.
Anche Malcom lo fece. Gli si avvicinò.
- Io non posso andarmene e
arriverò alla fine dei miei giorni in questo posto di merda.
In fondo ho anche paura di andarmene. Là mi aspetterebbe
l’ignoto e io non sono mai stato coraggioso, lo sai. Ma spero
che tu trovi la felicità, laggiù, così
quando sarò triste e disperato, penserò a te e,
sapendo che stai bene, mi tranquillizzerò.
- Malcom …
Fu l’ultima cosa che Lawrence disse. Malcom gli si
buttò addosso e lo strinse in un abbraccio di sincera
amicizia. Un abbraccio lungo un secolo.
- Addio amico mio- disse Malcom.
- Addio- rispose Lawrence prima di salire
sul treno, salutandolo con la mano. Il treno partì e
l’immagine di Malcom divenne sfocata.
Lawrence ritornò al presente. L’uomo misterioso
stava continuando il suo discorso.
- Il viso di un bambino, meraviglioso.
Il viso di un bambino. Era a lavorare quando dall’ospedale lo
chiamarono perché sua moglie stava partorendo. Era corso in
macchina senza salutare nessuno e aveva sfrecciato come un matto verso
l’ospedale.
Quando arrivò sua moglie non aveva ancora partorito.
Entrò nella stanza e si mise accanto a lei, stringendole la
mano per darle coraggio.
Alla fine dopo molto tempo iniziarono le doglie.
Lawrence era preoccupato, temeva che potesse andare storto qualcosa, ma
alla fine Isaac nacque. E la prima cosa che Lawrence vide di lui fu il
viso. Un viso roseo, paffuto e dolce. Gli occhi celesti del bambino
erano identici a quelli della madre e il naso leggermente schiacciato
era simile al suo. Isaac stava piangendo, come tutti i bambini appena
nati. Ma era stupendo. Meraviglioso.
- Meraviglioso, meraviglioso,
meraviglioso. Meraviglioso. Ti ripeto: ma guarda intorno a te, che doni
ti hanno fatto: ti hanno inventato il mare.
Lawrence guardò il mare. Era quasi calmo, adesso. Lacrime
stavano scendendo dal suo volto, lacrime di pentimento.
- Tu dici non ho niente, di sembra niente
il sole
Era quasi l’alba. Sul mare si stavano proiettando raggi di
sole, che rendevano luccicante la distesa azzurra. Gli ricordavano suo
padre. Il cielo si era tinto di rosa. Era uno spettacolo. Voleva che
fosse l’ultima volta che vedeva quello spettacolo?
- La vita …
La vita. Era lì e stava ancora provando qualcosa. No, non
voleva lasciare soli sua moglie e suo figlio, la vita prima di tutto.
Avevano bisogno di lui.
- L’amore?
L’amore. Voleva continuare a provarlo ancora, ancora, e
ancora. All’infinito. Voleva sua moglie e suo figlio. Non
avrebbe mai immaginato di provare un amore così intenso:
l’amore di un padre per suo figlio. Non voleva negare il suo
amore a suo figlio, come era capitato a lui. No, non lo avrebbe privato
di una gioia così grande.
Intanto aveva già fatto due passi indietro.
- Meraviglioso, il bene di una donna che
ama solo te, meraviglioso.
Fece un altro passo indietro: ormai nel sole che aveva quasi fatto
capolino vedeva il volto di sua moglie.
- L’amore della vita,
meraviglioso, meraviglioso, meraviglioso, meraviglioso …
Si voltò verso la voce, ma non vedeva niente.
Quell’uomo, così come era apparso, era scomparso.
Lo cercò nella strada, guardò i passanti, ma
nessuno di loro era lui.
Ritornò a casa. Sua moglie era sveglia ed era seduta sul
divano. Si alzò quando lo vide.
- Dove sei stato tutta la notte?
- A vedere l’acqua dal burrone.
- Non volevi mica …?
- Non l’ho fatto.
- Perché?
- Perché una persona mi ha
fatto capire che la vita è meravigliosa. Ti amo, Isabelle.
È stato un attimo, non lo farò più.
- E chi era quel’uomo?
- La vita.
Spero che questa storia
vi sia piaciuta, se è così recensite! Accetto
anche critiche seppur non si tramutino in offese … questa
è la prima di una serie di one-shot ispirate a canzoni.
Questa si riferiva alla canzone “meraviglioso” di
Domenico Modugno cantata anche dai Negramaro.
Ciao a tutti!
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