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Fandom:
Kamen Rider
Rating: Per tutti
Personaggi/Pairing: Kengo, Gentarou, Kamen Rider Club, OC
Tipologia: OneShot
Avvertimenti: Fluff
Genere: Sentimentale, Malinconico
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama
ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di
proprietà di Toei Animation e Shotaro Ishinomori, che ne detengono tutti i
diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro ed è dedicata al
“Maritoh” Ankh.
THIS IS HOME
Avevano quasi
trent'anni in quel momento, e quando si erano conosciuti erano dei semplici
liceali iscritti a una scuola sì tristemente famosa per i misteriosi avvenimenti
accaduti al suo interno.
Avevano quasi
trent'anni e il legame di amicizia che avevano instaurato allora non si era mai
spezzato, ed era difficile che un'esperienza come quella che avevano vissuto
nell'adolescenza non avesse cementificato il loro rapporto, malgrado gli anni
trascorsi fossero stati pieni di eventi meravigliosi, di momenti da ricordare in
ogni loro sfaccettatura.
Gentarou alzò la
testa dalla sua lettera, rivolgendo agli uomini e donne, un tempo ragazzi, che
lo circondavano un'occhiata incoraggiante e un sorriso dei suoi, ricordando e
vedendo dipinti sui loro visi i ricordi e le emozioni che pure lui a sua volta
stava rivivendo.
E erano non solo i
ricordi legati all'Ama a bussare nuovamente alla mente ma anche tutto ciò che
quei ricordi, quelle esperienze, avevano avuto come conseguenza...
In un caleidoscopio
di colori e odori, di voci e risate, ricordò il ballo di fine anno – il sogno
che aveva vissuto quella notte se lo portava nel cuore ogni giorno e lo riviveva
nella persona che aveva a fianco ogni mattina appena sveglio – ricordò il
diploma, prima quello suo, di Yuuki e di Kengo, sotto gli occhi commossi e
orgogliosi di Ryuusei, che li aveva raggiunti subito dopo aver ricevuto il suo,
trafelato come mai l'avevano visto, Miu e Shun, e poi quello di JK e Tomoko, i
più piccolini della loro famiglia, cui tutti loro, nessuno escluso, avevano
partecipato. E naturalmente, l'anno seguente, avevano assistito a quello di Haru
e Ran in qualità di senpai, amici e compagni.
Dopo il diploma,
solitamente, i gruppi si sfaldano, le amicizie passano in secondo piano,
rimpiazzate da nuove conoscenze, nuovi rapporti e, perchè no, anche nuovi amori.
Ma loro no.
E dopo essersi
praticamente tutti iscritti in campus a poca distanza gli uni dagli altri, la
vita era proseguita senza intoppi.
Gentarou si lasciò
scappare una lacrimuccia nel ricordare il matrimonio di Shun e Miu, un
matrimonio che era stato merito e colpa allo stesso tempo di Kengo - al pensiero
delle parole contenute in quella famosa e dolorosa lettera, lettera che il
ragazzo aveva scritto loro dopo la sua “morte”, parole piene di speranza, di
affetto e ringraziamento, parole che volevano sottolineare l'importanza che
tutti loro avevano avuto nella sua vita, Gentarou sentì una fitta intensa al
cuore – e che aveva allietato le vite di tutti con la nascita di un nipotino
adorabile, un nipotino che avevano deciso di chiamare Kuniteru in onore
dell'uomo che, nel suo animo chiuso, grazie a loro, aveva ritrovato la serenità
dell'amicizia e aveva restituito loro due persone troppo preziose per perderle.
E ritrovarsi lì, in
quell'ufficio, a distanza di troppi anni, rendeva tutto ancora più surreale,
malgrado la gioia profonda della riunione.
Oddio, non era
troppo tempo che non si vedevano tutti assieme, avevano fatto le ore piccole
nella casa che Gentarou e Kengo dividevano, a ridere, mangiare e bere solo la
sera prima, eppure essere di nuovo all'Ama li faceva sentire a casa.
Finalmente.
L'avvocato che li
aveva convocati lì, nell'ufficio che era stato del Direttore Gamou, era stato
veloce e sbrigativo, quasi meccanico nei gesti e nella voce, distaccato al punto
da sembrare un robot e non un essere umano.
Aveva spiegato loro
sommariamente i motivi della loro convocazione, aveva consegnato loro una
lettera a testa e se n'era andato, rivolgendo loro un saluto e una serie di
complimenti in una voce piatta e monocorde che, doveva ammetterlo, faceva
arrabbiare e non poco un Gentarou che, malgrado l'età, conservava ancora
parecchie reazioni tipiche dei tempi della scuola.
“Calmati,
Gentarou.” lo bloccò Kengo, poggiandogli una mano sul braccio in un gesto
tranquillizzante: “Ha fatto il suo lavoro, ora dobbiamo pensare noi al resto.”
“Ancora
non ci credo...” balbettò Yuuki, tenendo tra le braccia Kuni-kun, che scalciava
nella sua tutina di Hayabusa disegnata dalla zia apposta per il suo ultimo
compleanno e da cui il piccolo a fatica si staccava se non quando strettamente
necessario.
“E
io che credevo che Kengo-san fosse l'unico tsundere spaziale possibile.” scherzò
JK, ravvivandosi i lunghi ricci biondo platino.
“E'
stupefacente...” disse Miu, “Davvero, sembra quasi uno scherzo.” aggiunse Shun,
cingendole la vita con le braccia.
“Invece
è così... Il Direttore Gamou...” cominciò Tomoko, incredula come tutti: “Abbiamo
restituito al Direttore il suo sogno...” finì Ryuusei per lei.
“E
lui ci ha lasciato più soldi di quanti mai potremmo anche solo lontanamente
pensare di guadagnare nella nostra vita... E quell'avvocato del cavolo ha
liquidato così la sua eredità!” sbottò arrabbiato il moro, stringendo il pugno.
“Gen-chan!
Calmati!” lo rimproverò Yuuki.
“No,
Yuuki. Non mi calmo, voglio fargli capire l'importanza dell'amicizia e dei
sogni!” esclamò lui passionale, facendo per inseguire l'uomo nel corridoio,
prima che Kengo, questa volta con un bacio sulle labbra, non lo bloccasse
definitivamente: “Ricorda che non sa nulla di ciò che è successo. Sicuramente si
sarà fatto un'idea sbagliata di noi e di tutta questa storia ma non ci riguarda.
Dobbiamo sistemare questa cosa.” notò il giovane uomo.
Kuni-kun gorgogliò
felice nel vedere gli zii baciarsi, era particolarmente allegro quando ciò
accadeva e a tutti piaceva vederne il musetto sorridente, dando la scusa ai due
per coccolarsi a dovere anche quando toccava a loro accudire la piccola peste.
Di malavoglia,
Gentarou annuì, spostando lo sguardo su ciascuno di loro, in attesa di una
risposta.
“La
domanda ora è... Cosa facciamo con tutti questi soldi?”
Su di loro, cadde
uno strano silenzio, un silenzio non inquietante ma disagevole, come se non
sapessero bene cosa rispondere, cosa fare...
E in fondo era
proprio così.
Non c'era nulla che
desiderassero veramente fare con quei soldi, avevano realizzato i loro sogni,
erano felici...
Cosa poteva dare
loro il denaro che già non avessero?
Oddio, una cosa
forse c'era, un piccolo sogno troppo folle e impossibile che ciascuno di loro
aveva chiuso e sigillato nel profondo del cuore, ma che non avevano mai
seriamente dimenticato.
Un sogno che voleva
chiudere in qualche modo il cerchio che simboleggiava la loro amicizia, il
riportare in vita un luogo che aveva significato tutto per loro.
“Potreste
tenere parte dei soldi per il piccolo Kuni. JK, tu potresti finalmente
intraprendere quel viaggio che volevi... Tomoko, tu potresti-”
“E
sentiamo, Kisaragi, tu cosa vorresti?”
La voce di Kengo
interruppe sul nascere il fiume infinito di parole del compagno, azzittendolo
senza pietà.
“Io
voglio che siate felici. Mi basta questo.” replicò Gentarou dopo qualche secondo
di mutismo forzato e stupito: “Voglio che lo siate ora e sempre.” aggiunse,
sorridendo appena, con le lacrime che minacciavano di uscire mentre cercava di
ricacciare giù, giù in fondo al cuore quel piccolo desiderio che gli aveva
strappato il fiato.
“E
se ti dicessimo che noi vogliamo che tu sia felice?” azzardò Miu, stringendolo
in un abbraccio degno della più affettuosa delle sorelle: “Cosa faresti tu con
tutti questi soldi?” domandò di nuovo lei, guardandolo dritto negli occhi con
intensità.
“Ma
io sono felice!” esclamò il moro, abbrancando il braccio di Kengo: “Sono
fidanzato con l'astronauta più isterico di Cape Canaveral, ho una meravigliosa
famiglia...” sorrise appena tra le lacrime, “Non ho assolutamente bisogno di
nulla.”
“E
cosa mi dici di questa?” Kengo gli presentò una foto sotto il naso, sentendo una
fitta di dolore al cuore nel vederlo sussultare, avevano ragione...
“Non
vorresti tornare lassù?” gli sussurrò all'orecchio Yuuki: “Non vorresti tornare
a casa?” anche lei era commossa.
Perchè era vero, la
Rabbit Hutch sarebbe sempre stata casa loro, qualunque cosa fosse successa.
“Ma
come...-”
“Kisaragi,
sei uno stupido. Se ti trovo abbracciato all'album di fotografie del Bu quando
torno a casa, è ovvio che qualche dubbio mi venga, non trovi...?” brontolò Kengo,
standogli accanto.
“E
ad essere sinceri, desideriamo tutti che torni a vivere... Gamou ha lasciato
scritto, - Fate la cosa giusta con questi soldi, ricordatevi dei vostri sogni
– e il sogno che abbiamo tutti fin dal giorno in cui abbiamo perso la Rabbit
Hutch è quello di tornarci.” fece notare Ryuusei, unendosi all'abbraccio.
“Lo
è sempre stato. Almeno lassù nessuno mi diceva nulla per come suono la
chitarra.” ridacchiò JK, gettandosi addosso a Gentarou: “La Luna è casa nostra.”
asserì Tomoko pacata.
“Fermi
tutti. Ma se anche, mettiamo caso, decidessimo di ricostruirla, come facciamo?
Non abbiamo nulla da cui partire!”
“E
chi te lo dice, Bakaragi?” sorrise Kengo, tirando fuori una chiavetta USB: “Tra
i documenti che Emoto-sensei mi fece avere tramite questa, c'erano anche i piani
che la OSTO aveva buttato giù per costruire la Rabbit Hutch. Con la tecnologia
odierna, non dovrebbero volerci troppi anni per rimetterla in piedi. E i soldi
che Gamou ci ha lasciato, sono più che sufficienti, sia per ricostruirla che per
farla funzionare. Se lo vogliamo, la possiamo rimettere in piedi.”
Sbalordito,
commosso e felice, veramente felice, Gentarou accolse tra le proprie braccia il
piccolo Kuniteru, scoppiando infine a piangere mentre la sua famiglia lo
circondava: “S-Si, voglio tornare lassù...” singhiozzò.
“E
ritorneremo lassù, è una promessa. Non ho sviluppato questo nuovo Gate Switch
per nulla, sai?” gli fece notare Kengo, baciandolo sulla tempia con amore prima
di fargli scivolare tra le mani il piccolo dispositivo.
“Il
Kamen Rider Club tornerà a casa.”
§§§
Malgrado l'ossigeno
che veniva pompato all'interno della tuta, per un attimo a Gentarou mancò il
fiato, al punto da cadere in ginocchio davanti alla bandiera del loro Club, una
bandiera, un pezzo di stoffa che, malgrado gli anni, era sempre rimasto lassù,
come a volerli aspettare, come se sapesse che sarebbero tornati, prima o poi.
Ryuusei lo sollevò
in piedi, senza lasciare la presa sulle sue spalle mentre lo conduceva presso il
gruppetto di amici che da lì osservava il meraviglioso pianeta azzurro davanti
ai loro occhi.
“E'
meravigliosa...” pensarono, prendendosi per mano.
Per un attimo, si
sentirono nuovamente quei ragazzi sperduti nelle immensità del cosmo che erano
stati in passato ma fu solo un attimo, non volevano vivere nel passato, non ora
che finalmente si erano nuovamente riappropriati di quel passato e lo avevano
tramutato in presente.
Ora, mancava
solamente una cosa...
“UCHUU
KITA!”
Si, erano a casa.
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