Capitan America
I rimpianti collezionati come vecchi amici
Qui per
riportare in vita i tuoi momenti più bui
Nessuna via
d’uscita, non vedo nessuna via d’uscita,
E tutti i
demoni vengono fuori a giocare
E ogni
demone vuole riscuotere il suo debito
Ma mi piace
tenere alcune cose per me stesso
Mi piace
tenere per me stesso i miei problemi,
È
sempre più buio prima dell’alba
Lo sguardo severo lo fissava. Eppure sembrava velarsi di
compassione, quando con solennità riprese parola.
-Hai dormito, soldato, per quasi
settant'anni.-
Il mondo roteava e roteava, sempre più veloce. Caos ovunque, caratteri
luminosi, auto inimmaginabili e cartelloni pubblicitari che si
muovevano attorno a lui volteggiavano senza freno. La vista rimbalzava
da un colore all'altro, l'udito da un suono all'altro, l'olfatto da un
odore all'altro. Si sentiva come il perno impazzito di una trottola che
ruotando, trascinava rovinosamente tutto dietro di sé. Sentì un macigno
piombargli addosso che nemmeno lui, nemmeno Capitan America era sicuro
sarebbe riuscito a portare.
-Ti senti bene?-
Solo la voce del tizio che stava ancora in piedi dinnanzi a lui sembrò
ricordargli da che parte stava il cielo e da quale il pavimento.
Poche sillabe uscirono dalla frebile - seppur ferma - voce di Steve.
-Sì, solo... Avevo un appuntamento.-
E
sono stato stupido, sono stato cieco
Non
riesco mai a lasciare il passato alle spalle
Nessuna
via d’uscita, non vedo nessuna via d’uscita
Mi
comporto sempre da stupido,
Tutte
queste domande hanno un suono così doloroso
Stasera
seppellirò questa stupidità
Mi piace tenere
per me stesso i miei problemi,
È sempre più
buio prima dell’alba
Sbattilo
fuori, sbattilo fuori, sbattilo fuori, sbattilo fuori, ooh woahh
Sbattilo
fuori, sbattilo fuori, sbattilo fuori, sbattilo fuori, ooh woahh
Ed
è difficile ballare con il diavolo sulle spalle
Quindi
sbattilo fuori, oh woah
Non riusciva a percepire quanto realmente soffice era il letto
sul quale stava giacendo. Aveva compreso solo con lo sguardo che era
certamente il più comodo sul quale avesse mai potuto sedere ma, una
volta sdraiatoci sopra, proprio non riusciva a trarne beneficio.
I muscoli della schiena rimanevano assoggettati ad una tremenda
tensione; la stessa ferrea morsa che non voleva saperne di dar pace al
suo cervello.
Settant'anni.
Settant'anni...
Settant'anni?
"Quante cose si possono fare in tutto
questo tempo? Quante ne sono cambiate?"
Temeva di impazzire tentando di scalfire quel doloroso pensiero, così
cercava di lasciarlo aleggiare leggero tra le lenzuola, stese attorno a
sé. Augurandosi che potessero imbriglarlo e farlo svanire, puff. Come nel dormiveglia, dove
improvvisamente ci destiamo e scopriamo che è solo un sogno.
Un brutto sogno.
E invece gli oggetti che lo attorniavano rivelavano la triste realtà.
Di fianco al frigorifero, qualche altro strumento elettronico
prometteva di scaldare perfettamente una pietanza in pochi minuti.
Sul tavolino stile rococò il tizio, che aveva detto di chiamarsi Nick
Fury, aveva posato quello che sembrava uno specchio scuro dicendogli
solo "si attiva con questo pulsante". L'unico presente, in effetti.
La radio, a lui così familiare, era posta accanto ad un piccolo
congegno telefono che aveva rimpiazzato l'ormai sorpassata cornetta.
Ecco come si sentiva, sorpassato.
Lo capiva solo da questi pochi oggetti, dall'atteggiamento che le poche
persone conosciute assumevano nei suoi confronti, dalla piccola
porzione di cielo che vedeva dall'appartamento assegnatogli, al
quarantesimo piano di un palazzo completamente vetrato.
Un mondo diverso, caotico, brulicante. Un mondo freddo.
D'improvviso percepì il gelo sulla sua pelle e dovette scuotersi. Sì
alzò posando una mano sulla camicia beige adagiata sullo schienale
della sedia. Fece scivolare il tessuto sulla schiena, allacciando poi i
bottoni sul davanti con fatica, uno ad uno. Nessun beneficio,
continuava a sentire il freddo penetrare nelle ossa.
Poi spostò lo sguardo. Lo specchio nero rifletteva la sua immagine,
invitandolo ad esplorare il suo stesso sguardo.
Decise che non avrebbe avuto più problemi di quelli che già gravavano
sulle sue spalle e - con un respiro profondo - premette quel piccolo
tasto rotondo.
Ma si sbagliava.
Le immagini presero a scorrere su quello che si rivelò uno schermo.
Faticava a riconoscere sé stesso nell'uomo del passato che osservava
combattere per la sua patria con coraggio e lealtà.
Premette nuovamente il pulsante, sperando fosse una sorta di
interruttore. Indovinò, ma la preghiera che potesse spegnere anche i
suoi pensieri non venne esaudita.
Ho
chiuso con il mio rozzo cuore
Perciò
stanotte me lo caverò di dosso e ricomincerò
Mi piace tenere
per me stesso i miei problemi,
È sempre più
buio prima dell’alba
Sbattilo
fuori, sbattilo fuori, sbattilo fuori, sbattilo fuori, ooh woahh
Sbattilo
fuori, sbattilo fuori, sbattilo fuori, sbattilo fuori, ooh woahh
Ed
è difficile ballare con il diavolo sulle spalle
Quindi
sbattilo fuori, oh woah
Quando stava già per sdraiarsi e tentare di riaddormentarsi -
cosa che però da quando si era svegliato non gli era ancora riuscita -
il suo sguardo fu attratto da una più famigliare busta che recava la
scritta "riservato". Se l'aveva lasciata quel Fury era per lui, e se
era per lui l'avrebbe aperta.
Fece scivolare un coltello tra i due lembi che la sigillavano e ne
estrasse il contenuto.
Riconobbe i fascicoli di qualche agenzia governativa; ogni foglio
conteneva il profilo completo di un soldato.
"Ci sono cose che in settant'anni non
cambiano". Pensò, mentre le sue dita snocciolavano la carta
senza porre attenzione.
Poi però il suo cervello tornò a funzionare.
Le mani rallentarono. I suoi occhi stavano osservando quelli dei pochi
amici che avesse avuto, in vita sua. Tutti accomunati da quel timbro
rosso - "deceduto" - indelebile, definitivo. Steve sentiva la speranza
affievolirsi pagina dopo pagina fino a quando ne scorse uno privo del
marchio di sangue.
Alzò lo sguardo. Il cuore perse un colpo, poi si riavviò.
E
avendo anche solo mezza possibilità ritornerei indietro
E’
la confusione finale mi ha lasciato così vuoto
E’
sempre più buio prima dell’alba
Oh
woah, oh woah
Peggy. Peggy era viva.
Sul volto si accese un piccolo sorriso, ma subito Steve si rabbuiò.
Gli occhi di quella foto risalivano a settant'anni prima, così come la
ricordava, così come l'aveva guardata nella foto posta sulla plancia
dei comandi dell'aereo dell'Hydra prima che precipitasse tra i ghiacci.
Da allora il siero lo aveva protetto, preservandolo intatto fino al -
dannato - giorno in cui Fury e i suoi l'avevano ritrovato. Ma lei...
Lei aveva vissuto una vita. Sicuramente si era sposata con un uomo di
buon partito, forse aveva avuto figli, nipoti che le volevano bene. Lo
sguardo fu attratto dal telefono. Avrebbe potuto comporre quei pochi
numeri scritti sul foglio e forse riascoltare la sua voce.
Ma... a cosa sarebbe servito? Gli avrebbe ridato gli anni persi
insieme? Lo avrebbe fatto stare meglio?
No. Il tempo non poteva tornare indietro. Peggy aveva vissuto la sua
vita, di cui lui non avrebbe più potuto fare parte.
Sul foglio successivo indugiò poco. Recava il nome di "Stark Howard" e sembrava non
promettere nulla di buono. Deceduto.
Fu quello successivo ad attrarre maggiormente la sua attenzione.
"Stark Tony".
Lo stese sul tavolo portando una mano al mento, per riflettere.
Poi si alzò, prendendo la sua giacca marrone. Decise che era il
momento, dopo settant'anni - e qualche giorno, di uscire a fare quattro
passi.
Sarò
dannato se lo faccio, sarò dannato se non lo faccio?
Qui
si beve al buio alla fine della mia strada
E
sono pronto a soffrire e sono pronto a sperare
E’
un colpo nel buio diretto alla mia gola
-Settant'anni
di dormita e ti mancava tirare qualche pugno, èh?-
Steve, che ha appena distrutto con una scarica di colpi il sacco da
boxe poco prima appeso al soffitto, non si volta verso la voce che ha
appena fatto irruzione nella sala. Porta nuovamente il braccio verso il
corpo, mentre si avvicina alla pila di sacchi prendendone uno ed
appendendolo nuovamente al gancio. Chissà da quanto lo stava osservando
nella penombra.
-Non ti biasimo, anche io un tempo ho
chiesto un cheesburger e... una conferenza stampa al termine di una brutta storia.-
Dopo aver sistemato il sacco e assestato un pugno per provarlo, si
sentì osservato e dovette voltarsi.
Dinanzi a sé trovò un uomo. Non faticò molto a riconoscere l'ultimo del
plico sfogliato quella mattina. Si voltò nuovamente verso il sacco da
boxe, ma non poteva darla a bere neppure a sé stesso; l'immagine di Tony Stark, del figlio del suo
scomparso amico Howard, si era impressa in maniera indelebile nella sua
mente. Era vestito elegantemente, un completo scuro con una camicia
chiara dalla quale traspariva quel disco blu del quale aveva letto nel
rapporto. Il taglio bizzarro di barba e baffi, capelli scuri
leggermente spettinati, occhiali tendenti al rosso celavano le iridi
castane.
Steve però fu colpito dalla sua... statura.
-Ti immaginavo più alto.-
Furono le prime parole che uscirono dalla sua bocca.
-E io meno glaciale.- Disse
Tony ribattendo a tono e camminando dalla porta verso Steve, quasi a
poterlo esaminare da più vicino.
-Non ha sonno, bella addormentata?- Riprese
il moro con un tono di voce presuntuoso e piuttosto irritante.
-Ho riposato abbastanza per dieci
vite, soldato di ferro.-
Il sacco da boxe appena montato venne scaraventato letteramente sul
fondo della sala, da un solo pugno ben assestato.
Perché
sono in cerca del paradiso, ma il diavolo è in me
Sono
in cerca del paradiso, ma il diavolo è
in me
Come diamine
ho permesso questo accadesse, a me?
-Quindi ora che farai? Tornerai a
salvare il mondo?-
Steve finalmente si voltò verso Tony, sul quale volto era accennato un
curioso sorriso. Il Capitano non si chiese cosa avesse da ridere, ma
stranamente qualcosa lo rasserenò. Come fosse tornato indietro di
settant'anni.
-Forse.-
Poi si slacciò i guantoni rossi che portava e li lanciò attosso al
giovane Stark che, preso di sprovvista dal lancio, indietreggiò un
poco. Poi il Capitano entrò nel ring lì vicino.
-Ma prima... Qui, nel centro. Ho visto
come combatti, credo tu abbia bisogno di qualche lezione base.-
Il sorriso che si spense sul viso di Tony si accese su quello di Steve.
Sbattilo fuori,
sbattilo fuori, sbattilo fuori, sbattilo fuori, ooh woahh
Sbattilo fuori, sbattilo fuori, sbattilo fuori, sbattilo fuori, ooh
woahh
Ed è difficile ballare con il diavolo sulle spalle
Quindi sbattilo fuori, oh woah
NOTE FINALI:
Ecco
quello che la mia povera mente ha partorito dopo aver visto il video
della scena inedita dedicata al Capitano, che avrebbe dovuto essere
inclusa nel film "The Avengers"
(guardatela se non l'avete fatto, è bellissima), sulla falsa riga della
quale si basa questa fiction.
L'inizio è preso invece dalla fine di "Capitan
America - The first Avenger", mentre la fine è stata un po'
manipolata (nella versione ufficiale Steve incontra Nick Fury nella
sala da boxe, mentre qui ha il suo primo incontro con Tony)
La canzone è "Shake it out" di Florence e The Machine, che adoro!
Spero vivamente di essere riuscita a rendere l'idea di come Steve
potesse sentirsi dopo essersi risvegliato in un mondo completamente
diverso da quello che ricordava, in cui però trova qualcosa/uno che...
possa farlo sentire - più o meno - a casa. ;)
Alla prossima!
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