Storia di un dramma

di Smirne
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Verso le dieci di mattina il grigio entro cittadino era già in subbuglio, quasi fosse un grande e cupo formicaio. Sotto quell'orrenda cupola, che sembrava abbracciare tutti come una grande ed oppressiva madre, in uno degli uffici ai piani intermedi di un anonimo palazzo, sopravviveva un triste impiegato, non più triste di tutti gli altri impiegati.
Svolgeva il suo lavoro con splendida mediocrità, stando attendo a non eccellere in nulla, come gli hanno sempre insegnato. Ma, nonostante ciò, guardando il crudele sole, avvolto dalle nuvole, dipinto su di una cupola di vetro, una ruga gli appariva lentamente sopra la fronte.
Era il 13 di dicembre, e il freddo invernale, la neve, l'umidità che faceva ritornare i dolori alle ossa e ricordare gli errori di gioventù, erano cose che neanche il più vetusto fra gli abitandi del mondo avrebbe mai ricordato o provato. Il mondo, perfetto nella sua sufficienza, con la sua temperatura di 20 gradi e 35% d'umidità, era il meglio che chiunque potesse desiderare. I problemi, i ritardi a lavoro, i dolori e i cattivi sentimenti erano cose che il santo progresso aveva eliminato.
E per il nostro impiegato le cose non sarebbero potute andare meglio. Uscendo da sotto la cupola del centro cittadino era possibile ammirare tutta la bellezza della Cintura Periferica, un grigio ammasso di rettangoli, con delle piccole aperture aperture per permettere agli abitanti di osservare il magnifico cielo, di un nero malsano e sporco.
E questi pensieri accompagnavano il nostro allegro, ma non troppo, viaggiatore, sulla strada per una di quelle orride finestre scavate in un orrido rettangolo grigio.
Le cose non sarebbero potute andare meglio, proprio no.
Nelle rarissime volte quando nel cielo si poteva distinguere qualcosa in più del grigio, si scorgeva una sottile ombra, che partiva dall'orizzonte e finiva circa al centro del cielo, dove brillava un leggero chiarore. Gli avevano detto che secoli fa, prima che l'universo fosse completamente alla portata di tutti e fossero tutti rinchiusi nella routine quotidiana, certi grandi ingenieri avevano costruito una grande opera, non usata, ma a quel tempo considerata indispensabile. Un ponte verso la Luna.




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