Kei si era
allenato tutto il giorno, certe volte con Yuriy, altre da solo.. Erano le nove
di sera, quando era uscito dalla doccia e si era disteso sul suo letto.
Tuttavia, navigava ancora nel limbo del “chi diavolo era il ragazzo con cui
aveva appena discusso”…
Era rimasto
sconvolto…lo Yuriy Ivanov con cui aveva…“parlato”…l’anno prima, era un ragazzo
freddo, dagli occhi gelidi e dai modi autoritari. L’unica cosa che accomunava
lo Yuriy del torneo a quello che si era appena trovato di fronte, era
l’incredibile bellezza. La perfezione dei lineamenti. Il fisico snello e
asciutto. E poi quelle labbra…si ricordava molto bene il loro sapore…certe
meraviglie non si dimenticano…! Tuttavia lo Yuriy col quale aveva dialogato
pochi istanti prima era completamente diverso…gli sembrava così fragile…così
docile…era come un cucciolo spaurito…
Era
assolutamente improbabile che fosse cambiato in quel modo in un solo anno.
Anche lui si rendeva conto d’aver compiuto un notevole cambiamento…ma in
confronto a quello di Yuriy, il suo era nulla.
Ancora non
sapeva se il nuovo Yuriy gli piaceva come quello vecchio o no. Doveva parlarci
un po’ prima di riuscire a capire.
E poi…quella
foto. La risposta di Yuriy non l’aveva convinto affatto. Quel bambino era lui…e
quello accanto a lui era Yuriy da piccolo. L’aveva sconcertato vedere che si
stavano abbracciando dolcemente…ed il loro visi erano così sereni e tranquilli,
da far invidia ad una delle famiglie felici della pubblicità del dentifricio o
dei cereali. La tipica famiglia formata dal padre, dalla madre e da due figli.
Un maschio e una femmina, di solito. E tutti dannatamente sorridenti, superiori
ai problemi del mondo. Superiori alle guerre che devastavano il mondo e alle
persone che morivano di fame. Quella maledetta famiglia continuava a ridere, a
mostrare quei dannati denti bianchi e perfetti e a piegare le labbra in un
sorriso dolce e falso! A Kei sembrava quasi che lo prendessero in giro. Gli
pareva che gli volesse dire “sei nato sfigato e morirai sfigato…noi invece ci
amiamo e siamo felici!”.
…a che punto
era arrivato…
…se la stava
addirittura prendendo con le pubblicità!…
Certo, in
questo momento, il grande e temuto Kei Hiwatari non era nel meglio della sua
prestanza morale. La storia che lo legava a Rei da circa due anni, era finita
da qualche settimana e ci stava ancora molto male…infondo, lui amava quel
cinese. Ma Rei non aveva voluto sentire altre giustificazioni…
…non che non
si fidasse di Kei…ma venire a sapere che doveva tornare in Russia subito dopo
aver scoperto che ai Mondiali aveva avuto una relazione con Yuriy, non era
stato un bel colpo. In verità, Yuriy l’aveva sempre spaventato. Rei era una
vita che diceva che “prima o poi Kei sarebbe tornato da lui”. Ma Kei non aveva
mai capito. Rei sapeva cose che Kei ignorava. Nessuna sapeva come diavolo
facesse ad aver avuto quelle informazioni, ma lui era a conoscenza di…gran
parte del passato di Kei. Ma non gliel’aveva mai voluto dire. Forse l’aveva
fatto per codardia…perché, se gliel’avesse detto, Kei avrebbe saputo che il suo
passato era…per dirla in una parola, Yuriy. O forse perché non voleva che Kei
soffrisse. Probabilmente Rei non si era mai cimentato nel pensiero di “perché
avesse tenuto nascosto il passato di Kei al ragazzo stesso”. La cosa,
evidentemente, lo spaventava. Povero Rei…
Comunque, si
erano lasciati. E Rei gli mancava…se ne rendeva conto nei momenti come quello
che stava trascorrendo: Kei era solo, in camera sua, disteso sul letto, più
nudo che vestito, con le braccia incrociate dietro la testa e guardava il soffitto.
Forse non sentiva la sua mancanza perché davvero lo amava. Ma solo perché i
suoi ritmi di vita erano cambiati…se fosse stato con Rei, ora, probabilmente,
sarebbero assieme, sotto la doccia o stesi sul letto a fare l’amore…ed invece,
da qualche settimana a questa parte, Kei l’amore lo doveva fare da solo…
Doveva,
tuttavia, riconoscere che Rei non aveva tutti i torti quando gli confessava la
sua inesauribile paura di Yuriy. Kei…si rendeva conto di sentirsi
inesorabilmente legato a Yuriy. Aveva avuto questa sensazione quando l’aveva
visto, quella notte, durante i Mondiali, nel monastero.
Quella, era
una normale notte russa…faceva freddo, nevicava. Kei non riusciva a dormire ed
era andato ad allenarsi nel Beyblade Stadium che li avrebbe ospitati ai Mondiali.
Lanciava Black Dranzer alla perfezione, ormai. Lo controllava come se nulla
fosse. Lo faceva combattere contro avversari immaginarsi e invisibili…e Black
Dranzer obbediva. Girava con una forza impressionante ed era
velocissimo…sterzava e cambiava direzione, frenava e bloccava il roteare per
qualche istante per poi riprendere all’improvviso ed attaccare il nulla davanti
a se. Tutto d’un tratto un altro beyblade si era aggiunto a quello di Kei,
all’interno dello stadio…era Wolborg. E da quell’incontro, era cominciato
tutto. Un saluto forzato, una sfida senza vincitori o perdenti, due parole di
scherno e poi fredde lenzuola ad avvolgere i loro corpi caldi, sudati e nudi. E
quelle lenzuola li avvolgevano tutte le notti….almeno finché lui, Kei, non tornò
in Giappone, abbandonando Yuriy a se stesso. Naturalmente quella volta Yuriy
aveva fatto finta di nulla, si era comportato come se non fosse successo
niente. Aveva finto di considerare Kei alla pari di uno dei suoi innumerevoli
amanti. Ma in realtà, era come se fosse morto dentro. E lentamente ma
inesorabilmente, si era distrutto. Aveva frantumato ogni sua maschera: prima
fra tutte, quella dell’arroganza. Kei invece era semplicemente tornato da Rei.
Dal suo dolcissimo gatto cinese.
Poi uno
schiaffo ad arrossare la gota destra di Kei, un litigio furioso e un “addio”.
La storia con Rei era finita così com’era iniziata…era stato tutto improvviso e
casuale.
Kei dovette
ammettere che non udì nulla, quando qualcuno bussò alla porta: era così
concentrato a riflettere che non notò neppure la testa viola che, aperta la
porta, guardava dentro la stanza.
-Hiwatari…-
aveva mormorato Boris, avvicinandosi al letto dov’era steso Kei. E Kei
finalmente s’era riscosso dai suoi profondi pensieri. L’aveva guardato dal
basso all’alto, poiché era disteso (non che sarebbe cambiato qualcosa se fosse
stato in piedi…) e gli aveva chiesto cosa ci faceva in camera sua, dopo essersi
informato circa il suo nome, che non ricordava proprio.
-perché sei
tornato?- aveva chiesto. Lo sguardo che usava per osservare Kei era decisamente
di sfida. O di fondata gelosia. Boris amava Yuriy. Lo amava davvero, sinceramente ed
intensamente. Solo che non aveva mai saputo dimostrarglielo. Gliel’aveva detto,
forse, ma il suo capitano aveva riso o comunque non l’aveva preso sul serio.
L’aveva schernito dicendogli qualche amara frase come “che idiota…come si fa ad
innamorarsi della propria puttana?”…e il cuore di Boris Huznestov era finito a
pezzi come un vaso di cristallo. Ma mai e poi mai aveva pensato di cambiare i
suoi modi. Non gli era mai venuto in mente di stare vicino a Yuriy, di aiutarlo
nel beyblade come nella vita quotidiana, di baciarlo come si fa con la persona
amata. Boris non era cattivo. Era solo troppo innamorato. E Kei Hiwatari gli
era assolutamente d’intralcio. Sapeva che Yuriy ci teneva molto a Kei, molto
più di quanto tenesse a lui…anche perché probabilmente per Yuriy lui non era
molto di più di un perverso e violento cliente. Forse Boris era semplicemente
geloso…ma non l’avrebbe ammesso neppure sotto tortura. Lui? Geloso di Kei
Hiwatari?! Ma quando mai! E sì, povero Boris Huznestov…
-per il
beyblade.- non era vero. A Kei non importava un emerito nulla di quel
fottutissimo gioco. Suo nonno l’aveva chiamato in Russia e lui aveva pensato
bene di accettare. Non sapeva neppure lui perché l’avesse fatto…
-oh, sì. Ne
sono convintissimo. Per quello ti porti a letto il mio ragazzo?- chiese Boris,
avvicinandosi ancora un poco a Kei, che inarcò un sopracciglio, assumendo
un’espressione stupita…
Il
russo-nipponico si alzò a sedere e guardò Boris. Lo sguardo che aveva, era
chiaramente ironico…
-sei
geloso…Huznestov?- a stento tratteneva le risate. Scorgere la gelosia in quel
ragazzo alto e relativamente massiccio, con quegli occhi penetranti ora così furiosi,
con i capelli lunghi di quel colore particolare…era diabolicamente esilarante.
Quando, infine, Boris arrossì, Kei non riuscì più a trattenersi. E rise. Rise
sguaiatamente, distendendosi nel letto e schiacciandosi le mani in pancia.
Continuò a ridere anche quando entrò Yuriy. Boris avrebbe voluto picchiarlo.
Avrebbe voluto prendere a calci e pugni Kei fino ad ucciderlo, fino a fargli
sputare il suo stesso cuore. Ma non fece niente. Solo, si girò e vide Yuriy. Il
nuovo arrivato, guardava Kei con un’espressione dolcissima dipinta
sull’incantevole viso…aveva le labbra color pesca modellate in un sorriso
appena accennato…le braccia incrociate, la testa leggermente inclinata…era
affascinante nel suo essere affascinato. Dopo qualche attimo di apnea totale, Boris
ricominciò a respirare. Di questo, in effetti, dovette ringraziare Kei, che
smise di ridere e spezzò il silenzio, con la sua calda voce…
-Yuriy?-
dopo aver pronunciato quel nome, Kei guardò Boris e ghignò, quando questo uscì
dalla stanza quasi correndo..
Yuriy
intanto, si era riscosso dai suoi pensieri e si era timidamente avvicinato a
Kei.
-sì…la
porta era aperta e così…ho deciso di entrare…- aveva guardato Kei con
un’espressione quasi timorosa…un’espressione che non si addiceva proprio
all’arrogante capitano dei Demolition Boys. Kei infatti, si era stupito e aveva
osservato Yuriy con uno sguardo pressoché sconcertato…
-va
bene… - aveva mormorato dopo qualche istante, stendendosi di nuovo nel letto
-questa sera hai intenzione di dormire?- chiese Kei, incatenando il cremisi dei
suoi occhi all’azzurro di quelli di Yuriy…
Il
russo sussultò e poi abbassò leggermente lo sguardo…
-non
dipende da me…- aveva detto con tono desolato.
-e
da chi?- Kei avrebbe sicuramente potuto fare qualcosa.
-l’hai
visto anche tu, ieri notte, Kei…- era Borkov, allora. Beh, pensandoci, era
piuttosto evidente. Kei quindi si alzò in piedi e indossò una camicia.
-dove
vai?- aveva domandato Yuriy…Kei non rispose nulla, se non un debole “non
muoverti da qui”. Poi uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Yuriy si sedette sul letto e rifletté…
Sicuramente
Kei voleva andare da Borkov per dirgli di lasciarlo in pace. Ma perché lo
faceva? Per se stesso, perché voleva dormire, o per lui? E poi…cosa ci faceva
Boris in camera di Kei? E perché Kei rideva così di gusto, dinnanzi
all’espressione rabbiosa di Boris? Yuriy non capiva.
Quando
Kei entrò in camera, sbatté la porta e Yuriy trasalì. Poi alzò gli occhi,
incrociando quelli di Kei, che erano dello stesso colore della lava fusa.
-quel
maledetto…ha detto che non può fare niente prima di domani, in quando Borkov
allena mocciosi fino ad ore impossibili!- era chiaro che Kei aveva parlato con
suo nonno. Dopo queste parole, si era di nuovo tolto la camicia e i pantaloni e
si era buttato sul letto.
-non…importa…se
non vuoi sentire rumore, pregherò Borkov di portarmi nella sua stanza…- Kei
sembrò pensarci su un attimo, poi parlò…
-perché
lo fai?- l’intonazione tranquilla, le braccia incrociate dietro la testa…
-…cosa?-
Yuriy invece, cominciava a distruggersi le ginocchia, a forza di piantarvi le
unghie…
-perché
ti lasci violentare da lui?- calmo. Sincero. Schietto. Yuriy non era sicuro di
volergli rispondere, ma poi si arrese…tanto prima o poi, avrebbe capito che lui
non era nulla di più di un ragazzino debole e disarmato…
-non
posso oppormi, Kei…non sono abbastanza potente per poterlo fare…l’unica mia
arma, sta nella speranza che un giorno si stuferà di me…- Yuriy sorrise
amaramente e Kei annuì…
-stasera
dormi qua.- aveva detto poi Kei, usando il suo solito timbro di voce
autoritario, un tono che non ammetteva obiezione alcuna. Yuriy trasalì
nuovamente. Aveva sentito bene? Kei gli stava chiedendo di rimanere a dormire
da lui? No, glielo stava proprio ordinando. A quale scopo lo faceva?
Yuriy si sarebbe lasciato fare qualsiasi cosa da Kei. Ma Kei…lo sapeva? No,
probabilmente no. O forse sì? Magari voleva servirsene trattandolo come un
oggetto erotico, ora che sapeva che era abituato ad essere usato…e che gli
avrebbe fatto più che piacere se Kei avesse abusato di lui.
Kei
inarcò un sopracciglio, in attesa di una risposta…
-ma
non ci sono due letti qui…- mormorò Yuriy. Era come se stesse cercando una
banale giustificazione per declinare l’invito…come se cercasse di proposito una
scusa stupida…un qualcosa a cui si potesse ovviare…e farlo in fretta…così
sarebbe stato “costretto” a dormire con lui. Non era di certo la prima volta
che dormiva con Kei ma…quando dormivano assieme, era perché erano troppo
sfiniti, grazie alle loro passionali pratiche sessuali, per tornare nella
propria camera. Questa volta, in teoria, sarebbe stato diverso.
Kei
si spostò un po’, mettendosi sotto le coperte e lasciando uno spazio libero nel
letto.
-muoviti,
ho voglia di dormire.- aveva detto. Anche questa volta, il suo tono di voce non
ammetteva contestazioni. Yuriy in quel momento si sentiva come una vittima
della figura mitologica chiamata Medusa. Si sentiva pietrificato, in pratica.
Non osava ribattere, non sapeva nemmeno come accettare. Kei aveva tirato in
parte le coperte nella parte di letto che avrebbe dovuto occupare Yuriy. Lo
stava aspettando. E, dall’espressione che aveva, era anche piuttosto seccato
dal tentennamento di Yuriy. Il russo sapeva che Kei odiava le persone indecise.
Dopo un po’, Yuriy si mosse, mormorando qualcosa tipo “vado a prendere la veste
da notte…”.
Non
appena entrò nella propria camera, Yuriy si sedette sul letto e si concentrò,
con l’unico scopo di calmarsi. Aveva il cuore che batteva fortissimo…sembrava
superasse i duemila battiti al secondo. Decise che in quelle condizioni, non
sarebbe mai riuscito a dormire, così si spogliò e si rinchiuse nella cabina
doccia, lasciando che l’acqua gelida lo lambisse ovunque con intensità
costante. Quando, pochi istanti dopo, uscì dalla doccia, si asciugò, lasciando
i capelli umidi per evitare di perdere ulteriormente tempo. Poi si mise un paio
di slip e una vestaglietta rossa pulita, che gli arrivava fin sopra il
ginocchio. Infine, tornò da Kei…
-eccomi…-
sussurrò. Kei, che prima aveva gli occhi chiusi, alzò lo sguardo e lo scrutò.
Non disse nulla, si limitò ad annuire. Yuriy si avvicinò e si distese accanto a
Kei. Sentiva chiaramente il profumo del ragazzo. Era lo stesso dell’ultima
volta in cui l’aveva incontrato, mischiato però a qualcosa di nuovo. Tutto si
fece più chiaro quando, circa mezz’ora dopo, Kei si alzò e aprì la finestra,
accendendosi una sigaretta. Kei fumava, era quello il nuovo odore che sentiva.
-non
sapevo fumassi…- aveva sussurrato Yuriy.
-e
io pensavo dormissi.- rispose Kei, sedendosi sul davanzale e guardando la neve
scendere su Mosca. Yuriy abbassò un po’ lo sguardo e poi tornò a guardare Kei.
Si tirò la coperta fino sotto il mento e si scrollò un pochino per il freddo…
Kei
finì la sigaretta e la gettò dalla finestra, che chiuse velocemente, tornando a
stendersi accanto a Yuriy. Dopo qualche momento di silenzio assoluto,
approfittando del quale Yuriy si deliziava ascoltando il respiro regolare di
Kei, Ivanov decise di spezzare quell’attimo tranquillo che per lui era
oltremodo romantico…
-Kei…-
sussurrò, girandosi su un fianco e guardando Kei, che rispose mugugnando…
-tu…ti
ricordi di me solo perché ho condotto una buona battaglia contro Takao?- chiese
Yuriy. Dal tono che usava, sembrava stesse chiedendo la cosa più naturale del
mondo. In realtà però, il russo sentiva ogni cosa tremare, dentro di lui. Era
agitatissimo, si stava dilaniando le mani e fissava Kei con uno sguardo
preoccupato, sperando che il buio lo proteggesse. Per giunta, Kei attese
qualche minuto prima di dare la sua risposta, lasciando Yuriy ai suoi fremiti…
-no.
Dormi, adesso.- aveva concluso la discussione. Yuriy a questo punto, non poté
fare altro che sostituire l’espressione meravigliata creata dalla risposta di
Kei, con una straordinariamente dolce…