Titolo: Feels right.
Fandom: Glee
Personaggi/Pairing(s): Santana
Lopez/Quinn Fabray + accenni Brittana
Avvertimenti: femslash,
oneshot.
Note: i
personaggi hanno la sfortuna di non essere miei. Nessuno mi paga per
scrivere questa roba, molti lo farebbero per farmi smettere.
Probabili (?) spoiler sulla quarta stagione. Non sono molto informata
sui fatti XD
|
“E'
finita”
Solo due parole. Un'infinità di emozioni che si
nascondono solo in due parole.
Quinn rilegge l'sms per l'ennesima
volta, incapace di reagire.
Il primo anno di matricola a Yale è
quasi finito e certo non è stato facile, ma lei è
Quinn Fabray e il
liceo è stato un ottimo allenamento per la vita
“vera” come la
chiamano gli adulti.
In quel treno, diretto a New York, Quinn
ripensa a quegli anni con un sorriso sulle labbra. E sì,
magari non
sono stati i più facili del mondo, ma rifarebbe tutto
esattamente
alla stessa maniera.
Finn, Puck, Beth.
Si, anche Beth.
Si
ferma ad osservare il paesaggio che scorre fuori dal finestrino e
pensa che, dopotutto, sono stati gli anni migliori della sua
vita.
Poi i suoi occhi saettano sullo sfondo del suo
telefono.
Brittany, Santana, Puck e Beth.
Sua figlia sorride,
in braccio a suo padre. Puck ha sempre avuto un enorme ascendente
sulla loro bambina.
Santana e Britt, accanto a loro, sorridenti e
felici.
Erano le sue migliori amiche.
Lo sono
ancora.
Brittany.
Brittany e i suoi disegni di fatine e
unicorni che tappezzavano la sua stanza.
Brittany e i suoi passi
di danza perfetti e coordinati, che quando la vedevi ballare il resto
della stanza scompariva, risucchiato dall'energia di quei
movimenti.
Brittany alla quale aveva insegnato formule matematiche
usando marshmellow e caramelle.
E poi Santana.
E bé, Santana è
tutta un'altra storia.
Quando pensa a lei, la prima cosa che le
viene in mente non sono tutte le volte che hanno rischiato di
staccarsi la testa per il posto da capitano. Non sono i lividi che
bruciavano dopo le sessioni di allenamento nelle quali avevano
provato a tendersi qualche trappola.
Non sono neanche le offese
continue e i litigi.
No, la prima cosa che le viene in mente
quando pensa a Santana è il suo sorriso.
Quello bello, sincero e
naturale che le ha regalato il giorno della prima ecografia di
Beth.
“E' tua figlia” le aveva detto, e si era lasciata
scappare una lacrima, prima di tornare a indossare la maschera
d'indifferenza e superiorità con la quale si aggirava per i
corridoio del McKinley.
Quello malinconico e triste che Quinn è
riuscita a scorgere tra le lacrime, quando le aveva confessato che
sua nonna l'aveva cacciata di casa, non avendo preso bene la sua
rivelazione.
Quel sorriso, per Quinn è sempre stato magnetico.
E
ora, immaginarla lì nella sua stanza, avvolta tra le
lenzuola, la
testa affondata sul cuscino e i singhiozzi che le scuotono il petto,
la fa sentire impotente.
“Vai più veloce, maledetto treno”
sbotta tra i denti.
Quando arriva, facendo trillare il campanello,
tira un sospiro di sollievo.
Rachel è già lì, e quando la vede
le getta le braccia al collo e le bacia una guancia, allegra.
“Sono
felice di vederti”
E si stupisce delle sue parole e di quanto
possano essere vere.
Se qualcuno le avesse detto che a distanza di
quattro anni, Rachel Berry sarebbe diventata parte fondamentale della
sua vita, gli avrebbe consigliato un buono psichiatra.
E invece
era così, e non poteva farci nulla. Non voleva farci nulla.
Rachel
le sorride e con la testa indica la porta alla fine di uno stretto
corridoio.
“E' da due giorni che non esce. Mi mancano i suoi
insulti” ammette tristemente.
Quinn le sfiora la fronte con le
labbra e si incammina.
“Vedrò cosa posso fare”
“San,
posso?”
E forse è colpa sua o della sua voce, ma il singhiozzo
che lascia le labbra dell'ispanica subito dopo, è ben
peggiore degli
altri. Più forte, più disperato.
Quinn scuote la testa. Si sfila
le scarpe e lentamente si stende dietro di lei, stringendole le
braccia attorno alla vita.
Le sussurra di stare calma,
disegnandole piccoli cerchi sullo stomaco, fino a quando Santana si
volta di scatto e affonda la testa nell'incavo del suo collo,
stringendole la maglia con talmente tanta forza che le nocche le
diventano bianche.
Non sa quanto tempo passa prima che, sfinita
dalle lacrime, si addormenti tra le sue braccia.
Quando riapre
gli occhi, gonfi e rossi e trova Quinn a pochi centimetri dal suo
viso, Santana mugugna.
“Non sei esattamente la prima cosa che
vorrei vedere al mattino, Fabray”
E Quinn sa che sta mentendo.
Lo sa perché ogni volta che lo fa, aggrotta di poco la
fronte, quel
tanto che basta alla bionda per capire.
Ma è un buon segno.
Sta
guarendo.
Sta tornando Santana.
La sua Santana.
“Usciamo
di qui, Lopez”
“Il
centro commerciale? Davvero, Fabray? Ti facevo più
originale”
Santana grugnisce, il naso arricciato e la fronte
aggrottata. Quinn sorride e scuote le spalle, indifferente.
“Dicono
che funzioni, è terapeutico”
“Tu hai bisogno di un terapeuta,
Fabray. E di uno bravo”
La risata di Quinn. La risata di Quinn è
qualcosa che Santana non potrebbe spiegare neanche volendo farlo.
Perché è diversa dalle altre. E' semplice, vera,
splendida. E le
illumina il viso.
E lei non può fare altro che sorridere con lei,
mentre il macigno sul suo stomaco perde peso ogni secondo che
passa.
“Andiamo, se fai la brava ti compro il gelato”
sghignazza, e Santana borbotta qualcosa.
“Si mamma!”
La
mano di Quinn scivola nella sua, intrecciando le loro dita e
trascinandola all'interno del grande complesso. E Quinn si rimprovera
per quella scelta, ma deve ammettere che le loro mani sembrano fatte
apposta per intrecciarsi.
Così come i loro corpi.
O le loro
labbra.
E poi scuote la testa e chiude gli occhi. Santana è
appena stata lasciata dall'amore della sua vita e lei sta pensa a
che sapore potrebbe avere la sua bocca.
No, non può farlo.
Non
di nuovo.
I suoi sentimenti per Santana dovevano restare nascosti.
E quello è il momento peggiore per farli tornare.
“Quinn, va
tutto bene?”
E lei vorrebbe urlarle che no, fino a che la guarda
con quegli occhi grandi ed espressivi, niente andrà bene.
Ma poi
si fa coraggio e annuisce, trascinandola in un negozio di
vestiti.
E' solo dopo aver svaligiato tre quarti del centro
commerciale che Santana decide di tornare a casa, con il sorriso
stampato sulle labbra che riempie Quinn d'orgoglio.
E' lei il
motivo di quel sorriso.
Lei e una decina di nuovi capi
d'abbigliamento.
“Ok, ora torniamo a casa e ti cambi, così
stasera andiamo per locali” mormora Quinn, attenta a
pronunciare
lentamente quelle parole per saggiare la reazione sul viso di Santana
che non tarda ad arrivare.
“Cosa? No, QUINN.”
La latina
incrocia le braccia, facendo penzolare le buste.
“Oh, andiamo.
Vengo a trovarvi e non vuoi presentarmi la vita notturna
newyorkese?”
E quel “grazie” glielo legge negli occhi neri, ora
un po'
lucidi e nelle labbra che si incurvano leggermente all'insù.
“Va
bene, ma decido io Fabray”
Quinn saltella felice e le passa il
braccio intorno alle spalle, tirandosela addosso e godendosi il
calore del suo corpo.
“Certo capo”
“Wow Santana,
sei..”
Quinn ha il respiro bloccato in gola. La camicia bianca
di Santana è leggermente aperta sul petto, lasciando che gli
occhi
cadano senza troppi complimenti sul suo seno. E quella
gonna.
Dovrebbe essere illegale indossare una gonna così corta.
Soprattutto se sei Santana Lopez.
“Sei bellissima San!” trilla
Rachel, saltandole addosso e lasciandole sonori baci sulle
guance.
“Oh, andiamo Berry, per favore”
Ed entrambe le due
ragazze possono vedere quanto lei si compiaccia di quei complimenti,
tutt'ora, come al liceo, Santana è fiera del suo aspetto, e
non si
imbarazza mai quando qualcuno si sofferma a congratularsi con lei per
la “mercanzia”.
“Siete bellissime anche voi ragazze..”
Ed
eccolo lì il rossore sulle guance.
Fare i complimenti, ecco il
problema di Santana. Con Brittany le è sempre risultato
facile. I
suoi occhi blu, i capelli biondi e il viso angelico. Non aveva
problemi a riempirla di attenzioni.
Ma con gli altri.
Con
Rachel e soprattutto con Quinn.
Il loro rapporto altalenante la
spaventa. Ha paura di perderla. Ha paura che da un momento all'altro,
Quinn capisca di star perdendo tempo con una come lei.
Come hanno
fatto i suoi genitori.
Come ha fatto Brittany.
Poi i suoi occhi
scuri si tuffano in quelli verdi e per un attimo tutto scompare.
Persino Rachel. E tutto ciò che riesce a leggerci dentro
è
allegria. E forse un po' di timidezza.
Ma niente tracce di rabbia,
rancore.
“Andiamo?” le chiede e Santana annuisce, incapace
di
fare altro.
“Quel tizio ti ha puntato da quando siamo
entrate Rach. Smettila di pensare a quel sacco di patate di Finn e
lanciati”
Il singhiozzo che lascia le sue labbra alla fine
della frase, fa scoppiare a ridere le sue amiche, e lei grugnisce
qualcosa.
Il tasso di alchol in circolo è ormai elevato, e
Santana sente la testa leggera e vuole ballare.
Così prende la
mano bianca di Quinn tra le sue e la trascina in pista, spingendo
Rachel verso il ragazzo di cui parlava poco prima.
“SAN!” urla
la brunetta, per poi scusarsi con il povero malcapitato e attaccare a
parlare dei problemi causati dalla gente sbronza.
“Almeno una di
noi stasera si darà da fare” ghigna Quinn, prima
che Santana se la
tiri più vicino, le braccia incrociate intorno al suo collo
e il
viso sprofondato nell'incavo.
“Mi piace il tuo shampoo, lo sai?”
mormora Quinn, tenendola stretta e inalando lentamente quel profumo
di cocco.
“Mhmh..” annuisce Santana e le lascia un bacio
umido
sulla spalla che la fa rabbrividire. Vorrebbe staccarsi per prendere
aria, ma le mani dell'altra sono inchiodate e i loro corpi sono
così
perfettamente adagiati l'uno sull'altra che le risulta impossibile
muoversi di un millimetro.
“Q.. grazie”
E' poco più di un
sussurro, il fiato caldo che le accarezza la pelle, mentre lei chiude
gli occhi e si morde le labbra.
Le mani che si stringono intorno
al tessuto della camicia.
“D-di nulla..”
La sua voce è
ormai roca, screziata dalla voglia.
“Q?”
“Si?”
E poi
è un attimo.
Solo uno.
E Quinn sente un'esplosione nelle
orecchie. Le labbra di Santana si bloccano sulle sue, la lingua che
spinge nella sua bocca, senza chiedere permesso.
Quinn geme al
sapore di fragola e alchol, e si stacca controvoglia.
“Torniamo
a casa, sei ubriaca”
Tenere
Santana Lopez sarebbe già stata un'impresa senza tacchi e
senza
alchol in circolo. Ma quella sera, metterla al letto si era rivelata
una vera e proprio epopea.
“Ma non mi va di dormire” brontola,
con le mani nei passanti dei jeans di Quinn, che malvolentieri si
allontana, ancora una volta.
Non è che non vuole. Chi non
vorrebbe Santana Lopez.
Ma così, e in quelle condizioni..
“Non
mi vuoi, Quinn?” gli occhi di Santana si stringono, lucidi
d'eccitazione, le pupille dilatate.
Il tono basso che sta usando
fa venire i brividi all'altra, che le prende le mani tra le sue e le
accarezza la fronte con le labbra.
“Andiamo San, sta buona!”
Ma
Santana non vuole sentire ragioni. Si issa sul letto sulle ginocchia
e le stringe le braccia intorno al collo, tirandosela vicino, il naso
che strofina sulla sua guancia e le unghie che le graffiano la
nuca.
Quinn geme, chiudendo gli occhi e pregando di riuscire a
mantenere il controllo.
“Ho bisogno di te, Q. Per favore. Ho
bisogno che tu mi stringa e mi faccia sentire bene. Ho bisogno che tu
mi ami..”
E Quinn deglutisce con non poche difficoltà, prima di
guardarla negli occhi.
Sono lucidi, rossi, e un paio di gocce
salate le stanno già scivolando sulle gote.
“No, San, non
piangere”
“Per favore..”
E non si trattiene più.
Si
lascia tirare sul letto, sopra il corpo caldo di Santana. E poi le
sue mani, le sue dita, la sua lingua. Il suo corpo che si impregna
dell'odore di Santana. La sua bocca del suo sapore. Le sue mani del
suo calore.
E le sue orecchie non registrano altro che la sua
voce che la chiama.
Sempre.
Il martello che sente
rimbombarle in testa la mattina dopo è quasi più
insopportabile
della voce di Rachel sparata a tutto volume nel salotto.
Santana
prova ad aprire gli occhi, sentendo le palpebre pesanti. Ha la bocca
impastata e qualcosa di pesante le cinge la vita.
Abbassa la
testa e la vede.
Una mano affusolata e bianca.
Quinn.
Si
morde le labbra, passandosi una mano tra i capelli e vorrebbe
scappare, perché l'unico pensiero coerente in quel momento
è :”Che
diavolo ho fatto?”
E poi ricorda nitidamente la notte
precedente. I loro corpi. Le loro mani e le loro bocche.
E sarebbe
quasi paradisiaca quella sensazione, se la paura di vederla andare
via subito dopo non fosse così grande.
Sospira.
Dovrà fare
finta di niente. Di non ricordare. Così Quinn non
potrà incolparla
e non potrà scappare.
Sì, andrà tutto bene.
O almeno
andrebbe tutto bene se quelle labbra imbronciate non fossero
così
talmente irresistibili.
Santana le sfiora appena, sorridendo per
il naso di Quinn che si arriccia subito dopo. Le accarezza i capelli
e si alza.
No, niente sarebbe andato bene, ma tutto sembra
giusto.
Quando Quinn sente l'odore del caffè invadere
l'intera casa, capisce che quello non è un incubo. E' la
realtà.
Santana non ricorda nulla della notte precedente e lei
non ha nessuna intenzione di ricordarglielo. Evidentemente era poco
importante, per la latina.
“Quinn, va tutto bene?”
Rachel
le passa accanto, sfiorandole una spalla. Alza lo sguardo e le
sorride, augurandosi di sembrare quantomeno credibile. Ma la faccia
della sua amica dice il contrario.
“Avanti, cosa c'è? E' colpa
di Santana vero?”
Quinn scuote la testa e ha voglia di piangere.
E quando Rachel l'abbraccia, non riesce a fare a meno di lasciarsi
andare.
“Abbiamo fatto l'amore Rach, e non se lo ricorda”
Sente
le braccia della più piccola stringersi intorno a lei, e
quasi
istantaneamente le sue mani si stringono sulla stoffa del suo
pigiama.
“Andrà tutto bene, Quinn, te lo
prometto” ed
entrambe sanno che sta mentendo, ma si tengono ancora per svariati
minuti prima che la voce di Santana si faccia spazio tra i loro
corpi.
“Ehi, che succede qui?” borbotta, strofinandosi gli
occhi.
Quinn abbassa lo sguardo e Rachel la fissa, studiandola,
poi scrolla le spalle e indica la ragazza accanto a se.
“Niente,
Quinn deve ripartire a breve e non vuole andare via, vero
Quinnie?”
ridacchia e Quinn la ringrazia per quella distrazione.
Santana
boccheggia per qualche secondo e alterna lo sguardo dall'una
all'altra prima di annuire e mordersi le labbra.
“Così torni a
casa..”
Quinn le da un cenno d'assenso e torna a sbocconcellare
i pancakes che Rachel ha preparato, senza guardarla.
Rachel le
fissa entrambe e poi è quasi un lampo.
Santana si passa la mano
sul collo e si ferma a cerchiare un punto preciso. Un punto violaceo.
E sorride.
E allora Rachel sbuffa e capisce.
Capisce che ancora
una volta tocca a lei rimettere a posto le cose.
Non appena la
porta si chiude alle sue spalle, la piccola diva corre per le scale
ed entra come un uragano nella stanza di Santana, trovandola supina
sul letto che rimugina su chissà cosa.
“Ora tu ti alzi e vai
alla stazione” ordina, beccandosi un'occhiataccia dalla sua
amica.
“Cosa? Perché?”
E Rachel borbotta e le tira via il
lenzuolo.
“Perché tu, signorina, tu ricordi tutto. Avete
fatto
sesso ieri sera e la stai lasciando andare così, senza una
spiegazione, solo perché hai paura!”
Santana si tira su,
facendo leva sui gomiti e la guarda. Non è una sorpresa che
Rachel
abbia capito. Certo sapere il come aiuterebbe.
“Cosa dovrei
dirle Rach? Eravamo ubriache e non ho idea se lei ricordi o meno e
..”
“BALLE! E' stata lei a dirmelo San. Stava piangendo per
te, prima”
E nel silenzio che segue, Santana può quasi sentire
il suo cuore frantumarsi in mille piccoli pezzi.
Sapere di essere
la causa delle lacrime di Quinn è orribile. Il suo stomaco
si
rivolta, impastandole la bocca col sapore della bile.
“Va da lei
San..”
E le lacrime non tardano ad arrivare.
“Non posso
Rach. Manderò all'aria tutto ancora una volta e
perderò anche lei.
Non posso perdere anche lei, non ce la faccio”
Rachel le si
siede accanto, stringendole un ginocchio.
“Non succederà di
nuovo San. Quinn non è Brittany. E non è i tuoi
genitori”
“E
se mi lasciasse?”
Rachel le bacia la fronte e si alza.
“Non
lo saprai mai se non arrivi in tempo in stazione”
Quinn
si dondola da un piede all'altro attendendo l'arrivo del treno che la
riporterà a casa, lontano da New York, lontano dalla
città, lontano
da Santana.
Guarda l'orologio che ha al polso e poi alza gli occhi
e pensa di essere impazzita, perché Santana sta correndo
verso di
lei e non può essere vero.
Ma quando quella le si schiaccia
addosso, facendo ricongiungere le loro labbra, Quinn non ha
più
dubbi.
Quello è il suo sapore.
“Che ci fai qui?”
sussurra.
“Mi dispiace. Mi dispiace da morire Q, sono stata una
stupida”
Quinn boccheggia, senza parlare. Tiene le mani sui
fianchi di Santana, stringendo ogni tanto per assicurarsi che quello
sia tutto reale.
“Ricordo tutti di ieri sera” continua la
latina “Tutto. Te, me, le tue mani..”
E mentre parla le guance
le si colorano di un rosso leggero che Quinn trova oltremodo
adorabile.
“Avevo paura di perderti, ma ho capito che ti avrei
persa comunque e non volevo lasciarti andare. Non senza
lottare”
Strofina il naso nel suo collo e le bacia il
mento.
“Perdonami, va bene?” mormora.
Quinn ride. Una
risata a piena gola.
Poi abbassa gli occhi lucidi e li incatena
con quelli scuri della latina.
“Pensavo non me l'avresti mai
chiesto”
|