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Diario
di un Lupo
in
un Branco di Lupi
(Versione
riveduta, corretta e ampliata causa insoddisfazione dell'autrice)
CAPITOLO
PRIMO
Il capo del Clan
°°°°°°°
Remus
Lupin si passò una mano sul viso segnato,
circondato dalla
penombra della modesta stanza che aveva affittato al Paiolo
Magico. Si trattava di una spesa piuttosto elevata, se consideraste
le sue precarie condizioni economiche, ma da quando Sirius se ne era
andato, Grimmauld Place non poteva più essere considerato un
posto sicuro, ammesso che prima si potesse definire tale. I mesi
trascorsi fra quelle tetre e inospitali mura avevano sortito il
medesimo effetto dell'acqua cristallina con il fiore secco, scalfendo
perfino quella barriera di solitudine nella quale il suo "io"
umano cercava disperatamente protezione.
Aveva
chiesto ad Arthur Weasley se gentilmente gli poteva spedire i suoi
bagagli al Paiolo Magico, e meno di dieci minuti dopo, si era
ritrovato a discutere con una scocciata Molly Weasley sul
perché
preferiva alloggiare in una locanda, quando avrebbe potuto sistemarsi
tranquillamente alla Tana, dove, aveva sottolineato diverse volte,
non avrebbe arrecato il minimo disturbo.
Si era
giustificato dicendo che aveva intenzione di trascorrere la maggior
parte del suo tempo al servizio dell'Ordine, e che non avrebbe
neppure avuto il tempo di sentirsi solo.
La
verità era un'altra, e nonostante l'ostinazione con la quale
la negava, Remus ne era pienamente consapevole: non avrebbe resistito
un solo secondo in compagnia di Tonks. Non sarebbe neppure riuscito a
guardarla respirare, senza che la voglia di stringere nuovamente il
suo corp0 a quello di lei lo sommergesse del tutto. Dannazione,
come ho potuto innamorarmi di lei?
- Sei
proprio un povero fallito - disse una voce disgustata alla sua
destra.
Remus
Lupin alzò leggermente il capo con
un'espressione annoiata,
in modo da poter vedere la propria immagine riflessa nello specchio.
- Ehi!
Mi hai sentito? - continuò il
riflesso, offeso.
- Ho detto che sei un povero fallito! -
- Ho
sentito... - rispose snervato Lupin. - Ti ho sentito questa
volta, così come ti ho sentito la penultima, la terzultima e
la quartultima volta... -
Il
riflesso sorrise con aria di superiorità. -
Perché non
te ne vai dalla ragazzina
? -
- Non
chiamarla così... -
- Oh,
scusa... - sbottò strafottente lo specchio. - Come siamo
permalosi, oggi. Ti sei svegliato con la luna
di
traverso?-
Lupin
si morse le labbra per non ribattere. Non si sentiva in vena di
alzarsi dal letto, figurarsi di discutere con il proprio,
stupido riflesso.
- Se io
fossi te... - riprese imperterrito lo specchio,
leccandosi
la bocca malizioso.
- Tu
sei me... - mugugnò Lupin, affondando il viso nel cuscino
per
non sentire la propria voce. - Purtroppo... -
- ...
me ne andrei dalla Non-Devo-Chiamarla-Ragazzina, la sbatterei per
terra, e poi... -
Remus
Lupin non venne mai a conoscenza di quello che il proprio riflesso
avrebbe fatto a Ninfadora Tonks, e di questo ne fu ben lieto. Un
paffuto gufo marroncino si era appena posato sul davanzale e ora
picchiettava impaziente il vetro. Remus si alzò lentamente
dal
letto e aprì la finestra quel poco che bastava al volatile
per
entrare, rabbrividendo mentre il vento s'intrufolava sotto la
sua canottiera.
Liberò gentilmente
la sua zampetta dalla pergamena azzurrina, e lo ringraziò
con
un pezzetto di cioccolata fondente.
(Lo so,
anch'io non credevo che i gufi potessero mangiare cioccolato
fondente, ma a quanto pare Remus Lupin era in grado di fare anche
questo).
-
Cos'è? - chiese curioso il riflesso, tentando invano di
allungare il collo oltre la cornice che lo imprigionava.
Lupin
tornò a sedersi sul letto e iniziò a leggere. Una
sottile ruga di concentrazione gli comparve
fra le
sopracciglia.
Carissimo
Remus,
avrei
il piacere di discorrere con te circa un argomento piuttosto delicato
e personale.
Ti
aspetto questa sera nel mio ufficio.
Sperando
che tu stia
bene,
Albus
Silente.
P.S
La
parola d'ordine è "Rotolino di ribes". È un
dolce dal sapore sublime, dovresti assaggiarlo.
°°°°°°°
Molly
Weasley fissava Ninfadora Tonks rigirarsi nervosamente la tazza di
the di gelsomino fra le mani pallide.
Era
rimasta senza parole, quando, pochi minuti prima, aveva aperto
la porta della Tana e se l'era trovata davanti, fradicia, tremante e
con il viso bagnato dalle lacrime. Temendo che Tonks fosse
lì
per portarle amare notizie di morte, si era aggrappata impulsivamente
allo stipite della porta e le aveva domandato tutto d'un
fiato
cosa mai fosse successo.
-
Nulla... - le aveva sussurrato la giovane. - Avevo solo bisogno di
qualcuno.
-
Solo dopo
essersi ripresa dallo spavento, si era resa conto dello strano
cambiamento nell'acconciatura di Tonks: i capelli grigio
sporco
le ricadevano piatti davanti al viso, invecchiandola impietosamente
di almeno dieci anni. La morte di Sirius l'ha proprio sconvolta,
pensò amaramente Molly.
La
lasciò con la sola compagnia della sua tristezza per pochi
istanti, il tempo sufficiente per raggiungere il bagno, issarsi sul
pericolante cassettone per poter prendere un asciugamano pulito e
ritornare nell'accogliente cucina della Tana.
- Cara,
hai voglia di parlarne? - si decise a dire, dopo svariati minuti di
silenzio. - Sono certa che ti sentiresti subito meglio. -
Tonks
alzò gli occhi arrossati dalle troppe lacrime verso di lei
solo un attimo, prima di riabbassare lo sguardo sulla tazza.
- Al
diavolo quell'idiota che ha detto che l'amore vince tutto... -
mormorò malinconica, tentando un debole sorriso.
Molly sgranò
gli occhi. Tonks!?
Innamorata!?
Dovette
aspettare alcuni secondi prima che lo stupore causato da quelle
parole si trasformasse in eccitante, e probabilmente
inopportuna felicità. Un'ipotesi azzardata si stava
facendo strada nella sua mente, un'ipotesi che se si fosse rivelata
corretta, l'avrebbe liberata da una quantità di irritanti
problemi, riassumibili in un'unica, insopportabile parola: Fleur
Delacour.
Il
piano era di una semplicità quasi matematica:
Tonks +
Bill = Au
revoir,
Fleur Delacour.
Cercò
di accantonare le immagini di Bill e Tonks felicemente sposati e
della francesina rinchiusa su un battello in partenza
per l'isola
di Non-Ritorno in un angolino remoto del proprio cervello,
onde
evitare di sorridere maliziosamente in faccia alla giovane Auror in
un simile momento.
- Era
proprio un idiota... - convenne Molly. -
Non
fece in tempo a finire la frase che Tonks le si gettò fra le
braccia, il corpo scosso da infiniti, impotenti singhiozzi. Molly le
accarezzò amorevolmente la
testa, sorridendo
tristemente. Cinque minuti più tardi, la ragazza si
staccò, asciugandosi le guance umide con dorso
della
mano.
- Scusa,
Molly... -
- Non
azzardarti a chiedermi scusa di nuovo. -
Tonks
fece un respiro profondo. - Mi sono innamorata, Molly. -
-
Questo l'avevo capito, cara. -
- Lui
è quello giusto. Lo so, me lo sento dentro,
è come
se... non so spiegartelo, ma so che è lui.
-
-
Capisco. Invece, lui? -
- Prova
qualcosa anche lui, ne sono sicura. - sussurrò la
ragazza, fissando il vuoto davanti a sé. - O non
saremmo
finiti a letto insieme, l'altra sera. - aggiunse, mentre le
gote
pallide si tingevano di un vago rossore.
Molly afferrò
il bracciolo della sedia, visibilmente agitata. Un conto era
consolare Tonks innamorata per Bill, a sua volta
misteriosamente
innamorato di Fleur Delacour, ma entrare nei loro dettagli intimi era
decisamente troppo imbarazzante... insomma, era sempre del suo
bambino di cui stavano parlando, cercate di capire il suo punto di
vista.
- Ha
detto che è stato un errore... - continuò Tonks,
chiudendo gli occhi e ispirando come se questo permettesse al dolore
di scorrerle via dall'anima. - Ha detto che non può legarsi
a
me... ha paura di farmi del male. -
Molly
la guardò accigliata. - Del male? -
ripeté, senza
capire. - E come potrebbe? -
Tonks
la guardò per la prima volta da quando avevano iniziato a
parlare, e abbozzò un sorriso carico di tristezza. - Conosci
Remus, Molly. Lui è semplicemente
fatto così. -
S
scoppiò in una leggera risata senza allegria, mentre
guardava
Molly con gli occhi sgranati e la bocca aperta.
Remus +
Tonks = Bill - Tonks = Bill + Fleur
Delacour.
Molly
scosse la testa, irritata con sé stessa. Come poteva pensare
al suo piano per far rimpatriare la francesina, mentre Tonks le
crollava disperata fra le braccia!? Vergognati, Molly Weasley, si
rimproverò mentalmente.
- Io lo
amo davvero - proseguì Tonks, ormai incapace di fermarsi. -
Amo tutto di lui... amo il modo in cui alza il sopracciglio sinistro
quando è divertito, o quando si copre la bocca per
non
ridere a sproposito... e... Merlino, quanto amo la sua bocca! -
affondò la testa fra le braccia, e
ricominciò a
piangere.
- Amo
anche il lupo che vive in lui, Molly... - biascicò in
maniera
incomprensibile fra le lacrime.
Molly
la strinse a sé, mentre sentiva gli occhi bruciare.
Remus,
sei veramente un cretino,
pensò, furibonda.
°°°°°°°
Mentre
camminava a passo svelto per il parco di Hogwarts, chino sotto il suo
vecchio ombrello nero, a Remus Lupin tornò in mente
un'antica
leggenda orientale, secondo cui la pioggia non sarebbe altro che
l'insieme delle lacrime degli uomini, raccolte dagli
dei
per essere gettate sulla Terra, in modo che gli umani potessero
capire di quanto male avevano tinto il mondo.
Non
poté fare a meno di pensare che fra le lacrime di quel
diluvio, si annidavano solitarie anche quelle di Ninfadora.
Alzò
lo sguardo verso il vecchio faggio in riva al lago e sorrise,
mentre permetteva a ricordi lontani di farsi strada nel suo cervello.
- Non
credo sia una buona idea. -
-
Lunastorta, per te niente di quello che facciamo
è una
buona idea. -
- Ma, Ramoso,
potrebbe essere pericoloso... e se ci scoprissero? E se
l'incantesimo finisse male? -
- Lunastorta,
ce l'hai già detto una quindicina di volte
nell'arco di
quaranta secondi, finiscila. Andrà tutto bene. -
Lunastorta
aprì la bocca per ripetere per la sedicesima volta
che
non sarebbe sicuramente andato tutto bene, quando una vocina sottile
lo interruppe.
- Non ci
succederà niente, Lunastorta - disse Codaliscia, con un
timido
sorriso impresso nel volto paffuto. - Vogliamo solo
farti
compagnia. Non ci piace vederti star male tutti i mesi. -
-
Parole sante - convenne Felpato, steso come una lucertola pochi passi
più in là. - Non vorrai tenerti tutto il
divertimento
per te, vero? -
Lunastorta
strizzò gli occhi per evitare di saltare addosso a Felpato e
strangolarlo seduta stante. Perché non volevano capire
quanto
fosse pericoloso un Lupo Mannaro?
- Siamo
i Malandrini, Lunastorta - aggiunse Ramoso, senza distogliere
lo
sguardo dalle ragazze in rive al lago. - La regola non era
forse
"I Malandrini non lasceranno mai solo un compagno"? -
Remus
dovette aspettare sotto la pioggia qualche istante prima che Argus
Gazza venisse ad aprirgli i cancelli. Rimase in silenzio mentre il
vecchio Magonò gli faceva strada verso la Sala Grande,
borbottando scocciato frasi sconnesse (di cui Remus
riuscì
a cogliere solo "Umbridge" e "benedizione"). Lo
ringraziò non appena ebbero varcato
l'imponente porta di
quercia, tranquillizzandolo sul fatto che sapeva
perfettamente dove si trovava l'ufficio del Preside, e che
non desiderava sottrarre altro tempo alle sue
faccende.
Gazza
lo fissò maligno, grugnì una rispostaccia,
e si
voltò senza aggiungere altro.
Remus sorrise
fra sé, e proseguì fra i quattro lunghi
tavoli
delle Case, soffermandosi malinconico accanto al tavolo di
Grifondoro.
Girò
a destra dopo la seconda rampa di scale, prese il corridoio del primo
piano che portava all'Aula di Trasfigurazione, svoltò a
sinistra, e rimase nuovamente stupito da quanto la Mappa del
Malandrino fosse incisa a fuoco nella sua memoria. Era in grado
rivederne ogni angolo, ogni linea, ogni parola in qualunque momento
lo desiderasse.
Si
fermò davanti all'imponente fenice di marmo posta
all'entrata
del ufficio di Albus Silente, un ala del castello che rimaneva un
mistero per la maggior parte degli studenti di Hogwarts. Per Remus J.
Lupin, ex-Malandrino ed ex-insegnante di Difesa Contro le Arti
Oscure, naturalmente non lo era.
-
Rotolino
di ribes
-, declamò a chiara voce. Le pietre della statua iniziarono
a
tremare, mentre le ali della fenice si aprivano per mostrare una
chiocciola di scale verde granito.
-
Professore? - domandò al nulla, non appena ebbe raggiunto
l'ultimo gradino. - Professore, sono Remus. Posso entrare? -
- Oh,
Remus, ben arrivato! - esclamò l'anziano
Preside, alzandosi educatamente dalla propria sedia.
-
Spero che questo mio improvviso invito non abbia interferito con
nessuno dei tuoi programmi. -
- Assolutamente
no, professore. -
- E
anche se così fosse, non me lo diresti per buona educazione,
non è vero, Remus? -
- Esatto,
professore. -
Silente
gli sorrise con fare paterno e indicò la sedia dinanzi a
sé.
- Accomodati, Remus. -
Remus
non riuscì a dire nulla mentre il professore lo
metteva
al corrente degli ultimi avvenimenti: ascoltava con
una
concentrazione tale, che i suoi polmoni potevano
respirare
solo a scatti. Le sue mani continuavano a sfregarsi
fra
loro agitate, prive di qualunque controllo.
Ascoltò
per filo e per segno l'ultimo resoconto della missione di Severus
Piton, da come fosse venuto magistralmente a conoscenza del patto fra
Lord Voldemort e la comunità dei licantropi, a
come si
fosse tempestivamente messo in contatto con l'Ordine della Fenice.
- Alla
luce di quanto hai appena saputo, Remus - concluse in un
flebile
sussurro Silente, - ti chiedo di
riflettere attentamente su
ciò che sto per chiederti. -
Remus
annuì lievemente, ancora incapace di
parlare.
- I
licantropi non si fidano di Severus. Ci occorre qualcuno che
riesca... - e qui si interruppe per inspirare profondamente,
- che riesca a interagire appieno con loro. -
Remus
incrociò gli occhi celesti di Silente, e scorse un'ombra di
impotenza nel suo sguardo solitamente fiero.
-
Qualcuno come me, insomma. - concluse per lui Remus, stupito
di
essere riuscito a emettere suono.
- Non
voglio che tu faccia qualcosa solo perché
ti senti
costretto, Remus. -
Remus
annuì con decisione. Sarebbe morto per il
nome di
Silente, questa era una delle poche, misere certezze che la
sua
esistenza gli aveva offerto. E in quel momento più che
mai, si
rese conto di quanto era grande la stima e la
lealtà che
lo legava all'anziano Preside. Avrebbe fatto qualunque cosa
gli
avesse chiesto. Qualunque
.
-
Lo farò, professore. - dichiarò
asciutto.
Silente
alzò stancamente il capo verso di lui. Rimase in silenzio un
attimo, massaggiandosi le tempie con i polpastrelli.
-
Preferirei che tu ci riflettessi maggiormente, Remus. -
- No,
professore - ribatté. - Il tempo non mi aiuterebbe
nella
scelta. -
-
Capisco. Ma vorrei che tu mi ascoltassi un altro minuto, Remus, se
ciò non ti disturba. -
- Mi
dica, professore. -
- Il
capo del clan è Fenrir Greyback. -
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