I piedi sbattono sul terreno.

Arriviamo all’uscita, finalmente luce.

Ma in contrasto al sole ci sei tu, mia ombra.

I nostri occhi si incontrano.

Dopo quanto tempo?

Quasi tre anni.

Tre anni in cui non ho goduto della vista dei tuoi bruni colori, della vicinanza della tua pelle d’alabastro.

Nulla di ciò.

E vedendoti, mi accorgo di trovarmi uno sconosciuto di fronte.

Un estraneo con il tuo aspetto, ma con occhi diversi.

Vuoti.

Non lasci trapelare nulla da quelle iridi d’ossidiana.

Sei felice di vedermi?

Sei arrabbiato?

Cosa dicono i tuoi occhi?

Parli, ma non ci faccio caso.

Le vibrazioni della tua voce mi tamponano i timpani, come una nenia incessante.

È cambiata la tua voce.

È più adulta.

E più triste.

Ti guardo e, come mio solito, grido.

Urlo tutto il mio disprezzo.

Tutto il mio odio.

E in quest’odio è racchiuso quell’amore mai svelato, né consumato.

Non puoi essere così diverso dal ragazzo che conoscevo.

Non puoi.

Te lo dico.

Parlo di noi.

Di un noi che non c’è stato.

E ti trovo stretto a me.

Al mio fianco.

Sento i nostri cuori battere all’unisono.

E ho paura.

Paura che quella flebile concordanza possa cessare.

Paura della freddezza della tua voce.

«L’altra volta sei rimasto in vita per un mio capriccio…»

Paura dei tuoi occhi.

«…e stavolta, per un mio capriccio, morirai.»

Così freddi e distanti.

La tua mano fa pressione sulla mia schiena.

Non mi oppongo.

Chiudo gli occhi.

Sarà dolce morire tra le tue braccia, Sasuke.