Un numero

di Edellweiss
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Prologo



<< Sei sicura di sentirti bene tesoro? >>.
<< Si papa’, mai stata meglio in vita mia. >>, cercai di essere davvero convincente mentre pronunciavo quelle parole, di tenere la voce ferma e costringere la mia bocca a piegarsi in un sorriso, dovevo fare tutto quello che era in mio potere per convincerlo che, finalmente,  stavo bene.
<< D’accordo >>, mormoro’, ma l’espressione contrariata del viso facevano capire che lui non era ancora del tutto convinto della mia sanita’ mentale e fisica. Anche gli psciologi erano del parere che ero guarita che bisogno aveva di contraddire me e il loro parere professionale?
Lui, che aveva a mala pena finito il liceo quali basi aveva per continuare a insistere di rimandare il mio ritorno a casa? Sarei potuta tornare gia’ da un paio di settimane se non fosse per i suoi continui timori e la sua capacita’ di convincere i dottori che forse era meglio che me ne stessi rinchiusa ancora un po’. Ero stufa della sua iper protezione, volevo tornare a casa, rivedere il mio letto, la mia libreria, la mamma.
Visto il freddo che faceva fuori mi sbrigai ad entrare in macchina mentre mio padre finiva di sistemare i bagagli, mi sembravano passati mille anni da quando ero arrivata li’, eppure, tutto sommato, erano stati solo sei mesi. Ricordavo tutto di quel giorno, con  una chiarezza quasi scioccante visto che la mia memoria e’ parecchio debole: il giardino dell’edificio di fronte a me era pieno di fiori appena spuntati, l’aria calda ma leggera, segno che non era ancora estate ma che il clima era finalmente cambiato e il freddo era passato. Ricordo anche le lacrime di mia madre mentre mi salutava e le raccomandazioni di mio padre al dottore, preoccupato che cadessi da un momento all’altro. Mi avevano fatto mettere su una sedia a rotelle, che esagerazione, neppure fossi stata una malata terminale, le mie gambe avrebbero potuto tranquillamente muoversi. Ma no, per lui erano troppo magre.
Appoggiai la testa contro il sedile della macchina e misi le mani davanti all’aria calda, sperando si scongelassero in fretta, quando mio padre mi aveva portato i vestiti autunnali si era completamente dimenticato di portarmi i guanti.
Non so bene se fu la stanchezza, lo stress per il ritorno a casa e la rabbia che finalmente sentivo di poter sfogare contro quel posto ma crollai, mi addormentai poco dopo la partenza, e non seppi mai se la frase che sentii pronunciare a mio padre fu un sogno oppure no. << Finalmente ti vedo piu in carne, Meg … >>. E, capisco solo ora, che quel commento mi infastidi’ piu’ del dovuto, la rabbia che provai per quel commento avrebbe dovuto farmi capire che ero ben lontana dallo stare bene.



Ditemi cosa ne pensate, perche' sinceramente questa idea mi e' venuta pensando a quanto noi ragazze ci vediamo spesso imperfette, dove molte volte i difetti li vediamo solo noi. Spero che questa anticipazione vi sia piaciuta e spostero' il prima possibile il seguito :)
Baciii.




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