Il
dono migliore
Loki si trovava nei giardini di
Frigga.
Tante
volte, dai servitori a palazzo o dai propri genitori, si era
visto propinare la storia secondo la quale, un tempo, quei prati verdi
non erano stati altro che una landa di terreno incolto.
Almeno
finché Frigga, all’epoca in cui Odino la
corteggiava instancabilmente, non aveva chiesto all’amato di
descriverle i suoi sentimenti.
Così,
il Padre degli Dèi aveva gettato manciate
di semi su quel terreno brullo e, quando questi avevano iniziato a
germogliare, aveva proclamato: «I miei sentimenti sono come
queste semenze: crescono e si moltiplicano senza posa».
A
Thor, quella storia piaceva, e aveva spesso interrogato la madre in
proposito: era un racconto vero o inventato?
Ogni
volta, però, Frigga si limitava a fare un sorriso
enigmatico, senza rispondere.
Per
quanto riguardava Loki, a lui bastava sapere che era sua madre ad
occuparsi di quei giardini, e che quando era libera da impegni la donna
amava rilassarsi in quel luogo.
Il
resto non gli interessava.
Quel
giorno, l’aveva vista all’ombra di un albero,
intenta a leggere un libricino dalle pagine sottili.
Era
molto bella, coi capelli fulvi sciolti sulle spalle… In
un’altra occasione, le sarebbe subito corso incontro. Gli
piaceva starsene accanto a lei senza fare nulla, osservandola in
silenzio e sentendo il tocco affettuoso della mano della donna.
Quel
giorno, tuttavia, si era recato in quei giardini solo per sbollire
la rabbia.
Quella
mattina, infatti, Thor era andato a incontrarsi con i suoi
amici, e non era ancora tornato. A quanto pareva, lui e i suoi degni
compari si erano recati nella foresta per chissà quale
battuta di caccia.
Loki
si era un po’ indignato: aveva immaginato che Thor
restasse via solo sino a mezzodì, e invece no, gli sarebbe
toccato trascorrere in solitudine l’intero pomeriggio.
A
onor del vero, il maggiore aveva invitato il fratellino a
partecipare, ma Loki aveva rifiutato, poiché sapeva bene di
non essere gradito agli amici di Thor.
Forse
lo ritenevano troppo piccolo, forse troppo strano o troppo
ficcanaso, ma di fatto non si erano mai mostrati entusiasti di vederlo.
Del
resto, il bambino ricambiava quel sentimento con tutto il cuore. A
lui, loro sembravano rozzi e presuntuosi, e non capiva proprio come il
fratello potesse trovarli tanto di proprio gusto.
Assestando
un paio di calci alla ghiaia del vialetto, Loki
cercò di inghiottire la propria gelosia. Non era giusto!
Finché
non erano arrivati quelli,
era sempre stato lui il
compagno di giochi prediletto dal fratello…
Ma
alla fin fine, borioso com’era, Thor doveva trovarsi
davvero bene con quegli scavezzacollo della sua stessa risma.
Mentre
così rimuginava, cercando di tenere a bada il
risentimento, Loki vide qualcosa per terra, accanto ai cespugli di rose.
Aguzzò
lo sguardo, incuriosito: gli sembrava quasi un
uccellino caduto dal nido, ma era decisamente più piccolo e
di un colore inusuale.
Avvicinandosi,
poté constatare che si trattava di un
bocciolo rosso non ancora schiuso. Uno dei giardinieri doveva averlo
tranciato per errore.
Loki
lo osservò con un misto di pietà e
interesse, poi un’idea si affacciò alla sua mente,
e il bambino si animò.
Si
inginocchiò, così da poter raccogliere con
cura il bocciolo nelle proprie mani.
Rialzandosi,
si guardò attorno, quindi arrancò
sino al prato lì vicino e si sedette a gambe incrociate
sull’erba.
Aggrottò
la fronte, concentrandosi su quel fiore chiuso.
Poi, pian piano, con estrema delicatezza, iniziò ad
accarezzarlo con la punta delle dita.
Quasi
inconsciamente, si ritrovò a mormorare qualche parola,
senza mai smettere di lisciare quel piccolo bocciolo.
Nascosto
da qualche parte, tra quei petali rossi che iniziavano ad
appassire, doveva esserci il desiderio della rosa di aprirsi al sole,
decise Loki. Lui doveva soltanto assecondare quella volontà.
Riportò
alla propria mente la piacevole sensazione che
donava il calore dei raggi sulla pelle…
E,
finalmente, il bocciolo si schiuse tra le dita del bambino,
allargandosi in una superba rosa color cremisi.
Il
visetto appuntito di Loki si illuminò, e il bambino
balzò in piedi. «Madre!»
esclamò, emozionato e ormai del tutto dimentico della
propria arrabbiatura. «Madre!»
Stando
attento a non schiacciare la rosa, si mise a correre verso il
luogo dove aveva visto Frigga.
«Madre!»
Solitamente,
non amava scapicollarsi così in fretta. Il
caldo, il sudore e il fiato corto lo infastidivano, perciò
preferiva starsene quieto, ma in quel momento era così
emozionato da non sentire la fatica.
Quando
finalmente giunse in vista di Frigga, sentì il cuore
balzargli nel petto.
«Madre!»
chiamò di nuovo, alzando la
voce e sveltendo la corsa.
Udendolo,
lei alzò la testa e lo cercò con gli
occhi. Gli rivolse un sorriso, mettendo da parte il proprio libro.
A
quel punto, Loki le giunse davanti, ansante ma infinitamente
soddisfatto.
«Madre,
guarda!» esclamò, mettendole in
grembo la rosa. «Era stata tagliata prima che si aprisse, ma
io sono riuscito a farla sbocciare» spiegò,
fieramente.
Frigga
lo guardò, sorpresa. «Davvero?»
chiese, rigirandosi il fiore tra le mani.
Il
bambino si affrettò ad annuire.
Di
solito, era Thor a potersi vantare davanti alla loro madre, quando
le mostrava orgogliosamente le prede catturate durante la caccia
(cervi, daini, lepri che fossero… Una volta aveva abbattuto
persino un cinghiale!).
Frigga,
sentendo Loki fremere accanto a sé, diede mostra di
esaminare la rosa con estrema attenzione.
Alla
fine, alzò gli occhi sul proprio secondogenito.
«È bellissima, Loki» osservò,
sinceramente.
Il
bambino si aprì in un sorriso, arrossendo
d’orgoglio. «Ti piace?»
domandò. «È un dono per
te…»
Frigga
sorrise e attirò a sé Loki, che si
affidò di buon grado a quell’abbraccio,
dopodiché lo baciò sugli arruffati capelli neri.
«Non avrei potuto desiderare di meglio».
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