Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Riyoko Ikeda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Con un movimento
repentino, Oscar affondò la mano nella farina. Un colpo secco
e una pioggia di polvere bianca coprì la chioma scura di
André, lasciandolo esterrefatto. “Brutta stupida!”
Era inferocito.
Oscar rideva a crepapelle,
tenendosi lo stomaco. “Volevo vedere come stavi con i capelli
incipriati come i nobili damerini di Versailles!”
La vendetta fu immediata e
una manata di farina piovve sui capelli della bionda peste. “Ora
siamo pari!”
Oscar si pulì la
faccia dalla farina, e con un lampo negli occhi iniziò la
rissa. Ormai la farina era dappertutto, sui capelli, sui visi, sui
vestiti, persino dentro i vestiti: finirono sui sacchi di farina
appoggiati in un angolo, ridendo l'uno dell'altro.
“André sei
buffissimo!” fece lei, incrociando le gambe su di un sacco.
“Perché, tu
no? Sembri pronta per essere fritta in padella.”
Si guardarono ridendo, poi
André commentò: “Quando torneremo a casa, saremo
fritti sul serio, guarda come siamo combinati, mia nonna mi spaccherà
la testa a mestolate!”
Oscar allungò le
gambe, sbuffando: “E' il minimo che ti meriti!”
André si sedette
vicino a lei, grugnendo: ”Guarda che hai cominciato tu, è
tutta colpa tua!”
Un tuono fortissimo
rimbombò nel mulino. Si erano quasi scordati perché
erano lì. Il temporale li aveva sorpresi mentre vagabondavano
per la campagna. Avevano deciso di andare all'avventura e di arrivare
il più lontano possibile. La meta segreta era Parigi, e si
erano avviati lungo le strade che portavano alla grande città.
Ma in un attimo si era fatto buio in pieno giorno. Nuvoloni neri
carichi di pioggia stavano per scaricare tutto il loro furore su di
loro, e dovevano trovare un riparo. Le prime gocce di pioggia stavano
già cadendo, quando avvistarono dalla strada il vecchio
mulino, che si ergeva su una dolce collina e vi si precipitarono per
ripararsi dalla pioggia. Il posto era deserto, ma era ovvio, dato che
era domenica.
Come due furetti
riuscirono ad entrare in un pertugio fra le assi disconnesse della
grande porta. Essere ancora piccoli aveva i suoi vantaggi. Stavano
crescendo, ma ancora si trovavano in un limbo, non più
bambini, ma neanche adulti. Oscar aveva dodici anni, e André
tredici. André guardava la sua amica e si chiedeva cosa ne
sarebbe stato di loro in futuro, ora che si trovavano davanti il
passaggio all'età adulta. Lui stava cambiando, e anche lei...
la trasformazione dei loro corpi avrebbe coinciso con un cambiamento
nella loro vita. Si sentiva preso dall'incertezza.
Stavolta vide il fulmine
passare attraverso il cielo della finestra, seguito immediatamente da
un tuono ancora più forte. André si strinse alla sua
amica Oscar, cercando il contatto con il suo corpo: i tuoni lo
avevano sempre spaventato a morte.
“Sei proprio una
femminuccia, André.” disse Oscar.
André si morse il
labbro e le rispose, acido: “E tu, invece, cosa sei?”
Oscar ricambiò lo
sguardo irato di André: “Io sarò anche femmina,
ma non ho paura dei tuoni.”
André tremava di
rabbia, con le lacrime sul ciglio degli occhi verdi. Oscar capì
di essere andata troppo oltre. Ricordava che André i primi
giorni a casa sua era sempre triste, con gli occhi pieni di lacrime.
E ricordava di averlo trovato piangente nella sua camera durante un
temporale, e di averlo consolato a lungo, tenendogli la manina. Non
aveva mai saputo perché fosse così triste in quel
momento. Sapeva che aveva perso i genitori, e confusamente capiva il
dolore del suo nuovo amico, lei che i genitori li aveva, ma era come
se non li avesse. “André scusami... scusa... ma
perché... perché fai così...”
André emise un
lungo sospiro. “Sai, Oscar, i miei genitori sono morti durante
un temporale... come questo.”
Oscar spalancò gli
occhi per lo stupore, sentendosi immediatamente molto in colpa per le
parole che gli aveva detto. “Scusa André... mi
dispiace... ma tu... perché non mi avevi mai detto niente,
eppure siamo amici, no?”
André le rivolse
uno sguardo da adulto, dolce e triste: “Era troppo doloroso da
ricordare, Oscar, non ci riuscivo a parlarne.”
Oscar gli passò il
braccio sulle spalle, stringendolo. André posò il capo
sulla spalla di Oscar: percepiva il suo profumo e il battito del suo
cuore lo calmava. Appoggiato a lei si sentiva in pace. Quel piccolo
maschiaccio in quel momento era così... materna. Decisamente
una femmina, pensò. Rimasero un po' in silenzio,
abbracciati così, finché André disse: “Oscar...
quando sarai anche tu uno di quei nobili damerini incipriati di
Versailles... ti dimenticherai di me?”
Oscar passò la mano
negli scuri capelli infarinati, in una carezza, e gli rispose:
“Stupido, non mi dimenticherò mai di te. Noi due saremo
sempre insieme. Sempre, hai capito?”
André chiuse gli
occhi: “E' una promessa, Oscar?” E lei: “E' una
promessa.” Rimase un po' in silenzio e aggiunse: “E
poi... io non mi inciprierò MAI i capelli, André!”
E si misero a ridere,
sempre abbracciati. Il vento faceva muovere le pale del mulino, e le
ruote della macina giravano a vuoto, producendo un rumore forte e
regolare. Il ticchettìo della pioggia che batteva sul tetto si
univa a quel rumore. Quel suono ebbe l'effetto di una ninnananna, e
si addormentarono così, abbracciati l'uno all'altra, sui
sacchi di farina.
Due soldati in uniforme
blu entrarono nel vecchio mulino. La porta sgangherata si era aperta
facilmente, ormai quel luogo era abbandonato.
“Non c'è più
grano da macinare” commentò il soldato dai capelli
bruni.
“La carestia è
stata terribile, tutti i raccolti sono andati persi e l'estate scorsa
ben poco grano è stato trebbiato.” rispose il soldato
dai capelli biondi.
Si guardavano intorno,
cercando un posto dove sistemarsi. La pioggia li aveva sorpresi sulla
strada di casa, e ora non potevano fare altro che attendere che
spiovesse. Non ci sono più i sacchi di farina ammucchiati
in quell'angolo, pensarono entrambi.
“Oscar” disse
il soldato bruno “ dovremo adattarci, meglio qui che sotto alla
pioggia, però che freddo che fa...”
Il soldato biondo lanciò
uno sguardo alla finestra, che non aveva più le persiane. Il
vento entrava prepotentemente. “André” disse in un
sussurro “mettiamoci in quell'angolo, anche senza sacchi di
farina è il posto più riparato.”
Si sedettero vicini,
stringendosi nei loro mantelli. Rimasero in silenzio per un po', poi
André si mise a ridacchiare. Oscar lo guardò
interrogativa per un attimo, poi anche lei si mise a ridacchiare:
aveva capito a cosa stava pensando il suo André. “Oscar,
ti ricordi anche tu di quella volta che siamo entrati qui in questo
mulino e ci siamo riempiti di farina...”
Oscar annuiva, sorridendo.
“Quante te ne ha date, poi, tua nonna...”
“Sì, ma ne
era valsa la pena. Sono stato tanto bene in tua compagnia quel
giorno.”
Oscar gli rivolse uno
sguardo dolce, che André ricambiò. All'improvviso il
volto di Oscar si rabbuiò. André rimase un attimo
interdetto, non capiva. “Che ti prende, Oscar?”
Lei spalancò gli
occhi, perché aveva ricordato. “André io... mi
sono ricordata della mia promessa.” E abbassò lo
sguardo. Poi disse: ”Perdonami, André.”
Nello sguardo di André
si accese una fiammella. “Di cosa ti devo perdonare, Oscar...?”
Oscar lo guardò.
“Io qui ti avevo promesso che saremmo stati sempre insieme, per
sempre, che non mi sarei mai dimenticata di te. Ma io ho rotto questa
promessa la sera che ti ho detto che tu non avresti più dovuto
accompagnarmi.” André sussultò, ma rimase in
silenzio. Non avevano mai parlato di quella sera.
Oscar proseguì:
“Come sono stata insensibile. Come potevo pensare di dire una
cosa del genere a te, non sei mai stato solo un semplice attendente,
no, sei sempre stato il mio più caro amico. E ti stavo
allontanando da me. Avevo perso la ragione. Avevo così paura
di mostrare le mie debolezze che non ho considerato i tuoi
sentimenti.”
André rimase
silenzioso, come se dovesse raccogliere e districare la matassa dei
suoi pensieri. Poi la guardò con un'espressione triste e le
disse: “Anch'io ho infranto una promessa, Oscar.” Oscar
lo guardava interrogativa. “Non è una promessa che ti ho
fatto con la mia voce, ma con il mio cuore. E doveva valere molto di
più proprio per questo. Invece...” Strinse forte i pugni
sulle ginocchia. “Ricordi il giorno in cui tu hai rischiato di
morire a causa mia, per salvarmi la vita dall'ira del re?”
Oscar annuiva. “Quando hai riaperto gli occhi io ero così
felice... e giurai a me stesso che ti avrei protetta per sempre,
anche a costo della mia vita. Ma ho infranto questa promessa, Oscar.
La persona che doveva proteggerti invece ti ha aggredita. Quella
stessa sera.”
André chinò
il capo, mentre le lacrime uscivano dai suoi occhi senza poterlo
evitare. Allora Oscar gli passò il braccio sulle spalle, come
quell'altra volta lì nel mulino, attirandolo a sé.
“Vieni qui.” E gli fece posare il capo sulla sua spalla.
Come allora. “André, io non ce l'ho con te, davvero.
Perdoniamoci a vicenda, per favore.” Oscar passò una
mano fra i capelli di André, accarezzandolo. “Guardami,
André” e André rialzò lo sguardo. “Siamo
ancora insieme dopotutto e tu mi proteggi ancora, ora come allora.
Tutto sommato le nostre promesse non sono state veramente infrante...
avevamo solo perso la strada per un momento. Ma poi l'abbiamo
ritrovata, ci siamo ritrovati.”
André sentiva il
suo cuore liberarsi da un peso. Lei non era cambiata affatto, era
sempre la stessa Oscar della sua infanzia. Ma la loro amicizia... no,
non poteva tornare tutto come prima. Lui l'amava, e lei lo sapeva.
Oscar gli lesse nel cuore.
“André, lo so a cosa stai pensando.”
André sorrise
debolmente: “Ma come, credevo di essere io quello che sa sempre
tutto.”
Oscar sorrise birichina,
come quando era bambina: “Stavolta credo proprio di no.”
E gli raccontò di quella sera a Saint Antoine.
Il vento faceva muovere le
pale del mulino, e le ruote della macina giravano a vuoto, producendo
un rumore forte e regolare. La pioggia che batteva sul tetto si univa
a quel rumore. Dormivano cullati da quel suono.
Oscar aprì gli
occhi: era nelle braccia di André, stesa su di lui, la guancia
appoggiata sul suo cuore. Il suo corpo la scaldava, e lei si sentiva
bene. Ascoltava quel battito dolce e familiare. Il suono che aveva
accompagnato la sua vita. Ripensava a quello che aveva fatto,
incredula.
Aveva attirato a sé
André trasformando la carezza sui capelli in una dolce
pressione sulla nuca, e l'aveva baciato timidamente. Ormai gli aveva
confessato i suoi sentimenti. Era così che doveva andare. Si
baciarono ancora, appassionatamente, mentre lei lo attirava su di
sé, sdraiandosi sul pavimento.
André interruppe il
bacio per guardarla, ormai sopraffatto dal desiderio. “Oscar...”
sussurrò.
Lei lo guardava con occhi
ardenti: “André... non dire niente... questa notte
dimentichiamo tutto, questa notte è nostra... questa notte e
tutte quelle che verranno se mi vorrai... voglio essere tua.”
André non disse
nulla, e la baciò. Quello che seguì venne dettato dalla
loro passione e dal loro amore: si lasciarono andare senza pensare
più a nulla, lasciando che i loro corpi e i loro cuori si
unissero.
Insieme sperimentarono il
piacere di sentire la loro pelle nuda sotto i mantelli, insieme le
carezze, i baci, i tremiti, i sospiri spezzati.
Insieme, le mani
intrecciate, il dolore, la gioia, la danza dei fianchi, i fremiti di
piacere.
Insieme, come erano sempre
stati e come sempre sarebbero stati.
Come
i fiori nascono a primavera,
l'amore
nasce dalla fanciullezza.
|