Forse il tutto si incendiò ancora prima che i vetri si
infrangessero. La lampada toccò terra e il fuoco si aggiunse al fuoco. Il
riverbero disegnò luci simili a intrecci di oro sulla seta, come ornamenti su un
kimono troppo prezioso [anche per lei].
[Le geishe sono come delle
meravigliose falene]
Il suono dei vetri infranti andò a mescolarsi con le urla delle
altre, con il crepitio del legno che bruciava e il frullare delle tende su loro
stesse mentre il fuoco le divorava, non lasciando che cenere al suo passaggio.
Ma Hatsumomo non sentiva niente.
Gli occhi piccoli e neri fissavano le fiamme e ci vedevano
altro, le orecchie percepivano suoni diversi.
[Quando muovono le loro ali, non fanno che
incantare]
Quando capì che il fuoco stava per invadere anche la sua stanza,
inseguì le strisce luminose che lasciava sul pavimento e spalancando lo shoji
decise che avrebbe assistito con calma a tutto quanto. Se il fuoco stava per
bruciare tutta la sua vita, allora che le spettasse un posto in prima
fila.
[Ma sono più fragili di quanto
sembri]
A bruciare per prime naturalmente furono le pezze che aveva
lasciato in giro per il ryokan, e poi il suo futon candido che un tempo
[molto, molto tempo fa] aveva asciugato e assorbito [e nascosto]
tutte le sue lacrime, poi fu la volta dell’unica kokeshi che aveva fatto in
tempo a prendere dalla sua casa prima che la portassero via.
Con le spalle al muro, dritta e fiera sembrava una regina di un
mondo pronto a svanire come un fuoco fatuo, lo yukata a stringerle il corpo
esile con tenerezza, quasi a proteggerla dal dolore.
Ma Hatsumomo non sentiva niente.
Le fiamme arrivarono a lambire dunque la toiletta. Cipria,
ombretto, rossetto, profumi. Tutti quei colori con cui le geishe velano il loro
viso [e la loro anima] e che le rendono opere d’arte pronte a disfarsi
per una mano che ha osato troppo. Le sue labbra non si piegarono di un
millimetro nel veder bruciare tutto quanto. Camicia di Koiychi tanto gelosamente
conservata, compresa.
Che bruci tutto quanto.
Tutto quello che resta della mia vita.
L’odore della notte ha spazzato via quello acuto della seta
bruciata, del legno e degli oggetti andati in fiamme. Le urla delle altre donne
dell’okiya Nitta sembrano esser diventati ricordi lontanissimi, quasi mai
esistiti. Se si volta indietro, lo fa solo per far vedere quanto della vecchia
dimora è rimasto in piedi, e per lanciare uno sguardo in cui di odio, ce ne è
davvero poco. Lentamente, ricomponendo la sua andatura e levando la testa
innanzi a se, muove gli zori laccati sul selciato e avanza sicura nella
notte.
[Le geishe sono come delle
meravigliose falene, sono loro stesse solo di notte
La luce del sole, le uccide.]