Il peso delle stelle

di Pter
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E' difficile spiegare cosa stessi provando in quel momento, perchè effettivamente non lo sapevo neanche io. Erano successe così tante cose strane durante il giorno, che quando entrai nella sala e vidi il soffitto ebbi il colpo di grazia.
Una campana di vetro mi avvolse completamente, anestetizzandomi e facendomi perdere il contatto con il mondo esterno. Le voci assordanti delle persone in sala che un minuto prima stavano rimbombando nella mia testa si spensero.
Mi ritrovai lì, nel mio primo giorno a Hogwarts, una ragazzina nata babbana che non sapeva nulla di magia, sola, indifesa, sotto lo sguardo indagatore delle stelle che rilucevano dal soffitto, a spalancare gli occhi sempre di più.
Io, che fino a un mese prima vivevo in Australia con la mia famiglia e non avevo mai fatto nulla in tutta la mia vita.
Io che ero la secondogenita, io che avevo le potenzialità ma non mi applicavo, io che neanche sapevo fare il caffè, io che mi mangiavo le unghie.
Io che alla lavagna non riuscivo a scrivere dritto, io che dicevo di essermi dimenticata il quaderno a casa, io che non avevo mai voglia di portare giù il cane.
Io, quella banale, incapace nello sport, a cui non piacevano i cereali al cioccolato, io che leggevo sempre gli stessi libri, io che a volte mettevo per sbaglio i calzini spaiati.
Io, in quel momento, mi trovavo lì, e non riuscivo a capacitarmene.
La barchetta di carta che avevo fatto con il biglietto del treno prima di entrare mi scivolò dalle dita.
Quella mattina ero passata attraverso un muro, avevo conosciuto dei coetanei che affermavano di essere dei maghi, ero entrata per la prima volta in una scuola di magia.
E mi era sentita così piccola in confronto a quel cielo che gli altri nemmeno stavano guardando, da giurare a me stessa che sarei tornata a casa quell'estate facendo provare le stesse emozioni alla mia famiglia. Li avrei fatti stupire di quello che sarei stata capace di fare, li avrei fatti diventare fieri di me.
Non volevo più che la mia vita avesse un'importanza marginale, non mi sarei più sentita insignificante o banale.
E mentre una voce mi chiamava, giurai a me stessa che la prossima volta che fossi rimasta ad osservarlo, avrei retto il confronto con quel cielo.
Abbassai lo sguardo, e con passo deciso andai incontro al mio destino.





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