Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Riyoko Ikeda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
"Comandante,
ora dovreste riposare, ci penserà un soldato al turno
d'infermeria” Disse il colonnello D'Agout.
Oscar
volse lo sguardo stanco su di lui e rispose semplicemente: “No,
io resterò qui, aspetterò che si svegli”.
“Ma
comandante...” Un'espressione stupita sul volto del colonnello
la spinse a dire di più. Si sedette sul bordo del letto,
accanto al soldato ferito, prendendosi la testa fra le mani. Poi,
alzò il capo e di nuovo, e guardando il colonnello disse:
“Siamo cresciuti insieme. André è arrivato nella
mia casa quando avevo cinque anni: era orfano e solo al mondo, non
aveva nessuno a parte sua nonna, la mia governante. Ma anch'io ero
sola, dovevo diventare l'erede della famiglia Jarjayes. Mio padre mi
sottoponeva ad una severa disciplina per questo, e spesso ero punita
duramente. La notte André entrava di nascosto nella mia
stanza, portandomi il cibo che aveva rubato per me dalle cucine,
accarezzava i lividi sul mio viso e io.. io non sentivo più
alcun dolore. Poi, un giorno, mio padre lo scoprì. Lo frustò
a lungo, un tempo che mi parve interminabile. Ma lui non lasciò
uscire neanche un lamento. Aveva appena otto anni. Si rialzò,
fissò negli occhi il generale mio padre, e con uno sguardo
tranquillo e sincero disse: “Io sarò sempre dalla parte
di Oscar, e la proteggerò per tutta la vita.” Mio padre
mise via la frusta, e da allora le mie punizioni divennero più
leggere.”
Oscar
abbassò lo sguardo, contemplando nella mente l'immagine del
bambino del suo cuore. Poi di nuovo disse: “Aspetterò
che si svegli”.
Un
silenzio irreale era calato sulla stanza: i soldati e il colonnello
erano ammutoliti, davanti alle parole del comandante. Il colonnello
si riscosse e si congedò: “Chiedo il permesso di
ritirami”.
Oscar
annuì e il colonnello uscì dalla stanza. Alain guardò
il comandante e poi i suoi compagni: le loro facce allibite sarebbero
state anche divertenti, se la situazione non fosse stata così
drammatica.
“Forza,
andiamo anche noi. Comandante, chiediamo il permesso di ritirarci.”
“Andate
pure” disse Oscar.
E
così rimase sola, a fare i conti con se stessa.
Guardò
André, disteso sul letto dell'infermeria. Respirava piano,
regolarmente, e questo la tranquillizzava. Allungò la sua mano
per stringere quella di André. Quante volte aveva stretto le
sue mani. Le sue mani di bambino, di ragazzo e ora, di uomo. Mani
belle, dalle dita lunghe e affusolate, grandi, che rivelavano il duro
lavoro a cui si sottoponeva ma che non avevano mai perso del tutto la
loro morbidezza. Come poteva essere, pensava. Un altro dei misteri di
André, che sapeva avere un cuore del quale non riusciva a
scorgere i confini, che sembrava sapere sempre tutto, che intuiva e
comprendeva, unico al mondo, i turbamenti della sua anima. E
adesso... Oscar sentiva che qualcosa stava cambiando. No, non era
un cambiamento, non era il termine giusto. Era un'illuminazione. Dopo
Saint Antoine anche lei aveva capito. Dio, fa' che passi presto
questa notte, voglio rivedere il suo sorriso.
Frattanto
i soldati, guidati da Alain, erano rientrati nella camerata, in
silenzio. Alain ruppe quella strana atmosfera: “Forza ragazzi,
tiriamo fuori il torcibudella, ho voglia di bere!”
Sul
tavolo comparvero bottiglie e bicchieri, e tutti fecero un primo
giro. Poi, Lasalle prese coraggio: “Non ho mai visto niente del
genere.”
“E'
vero,” gli fece eco un altro “ci aveva proprio ingannati
tutti”.
“Già...
sembrava fredda come il ghiaccio, invece le scorre il fuoco nelle
vene”.
Alain
ascoltava senza dire niente, il viso impassibile come una sfinge. I
soldati continuarono con i loro commenti, accalorandosi sempre più,
mentre l'acquavite continuava a girare.
“Quella
donna spaventerebbe la morte in persona, l'ha proprio riportato
indietro dall'aldilà.”
“Sembrava
una furia.”
Un
soldato allungò i piedi sul tavolo, e sospirò: “Che
donna passionale... Me la scop..ahia!”
Il
suo vicino gli aveva tirato un pugno sulla spalla, facendolo
vacillare: “Quella ti affetta prima ancora che tu possa pensare
di toccarla!”
Tutti
risero, e anche Alain sghignazzò a quell'idea. Poi però
ritornò serio, quando una domanda rimase sospesa nell'aria:
“Ma secondo voi, sono amanti?” Il soldato che aveva fatto
questa domanda si volse verso di lui. “Eh, Alain?”
Sapevano
tutti che André era un suo amico. In realtà però,
André non gli aveva mai parlato di Oscar. Tutto quello che
sapeva era che ne era innamorato, e l'aveva capito dopo l'episodio
dell'armeria e non certo perché glielo aveva confidato André.
La discrezione in persona, davvero. E questo era anche la prova della
serietà dei suoi sentimenti nei confronti di lei.
Pensò
che la cosa migliore fosse dire la verità.
“Non
credo” e poi, con un sorriso canagliesco, aggiunse: “ma
non sarebbe male per loro se lo diventassero. Forza ragazzi, un altro
giro: alla salute di André!”
Nel
frattempo Oscar riviveva nella mente gli ultimi eventi. Sola
nell'infermeria, il silenzio della notte interrotto solo dai passi
della ronda. La candela gettava ombre tremule sul muro accanto a lei.
E luce su quel viso dai lineamenti dolcemente virili. Timidamente
spostò una ciocca scura dal suo volto, in una carezza.
André,
ho rischiato di perderti di nuovo. Dopo Saint Antoine ormai
aveva capito, sì, ma ancora si dibatteva nel labirinto in cui
era chiusa la sua anima. Chi era André per lei. L'amico con
cui aveva condiviso tutta la vita, o la vita stessa? Poteva
immaginare di vivere senza vederlo vicino a sè, senza più
ascoltare la sua voce? Le pareva che si aprisse una voragine di
tenebra, e che tutta la luce vi si precipitasse dentro. E tutte le
decisioni che aveva preso per la sua nuova vita? Il suo voler vivere
come un uomo, anzi come un soldato... come se i soldati non fossero
uomini e gli uomini non soffrissero anch'essi per amore. Oscar
cosa credevi? Ma poteva ora tornare indietro? Poteva perdonarsi
di essere fragile, di aver sofferto per amore? Ancora una falsa via
d'uscita del labirinto. Doveva tornare indietro e ritrovare ciò
che contava davvero. Il centro. Il suo cuore chiamava piano...
piano... cosa diceva? Voleva fermarsi ad ascoltare? Voleva ricacciare
indietro la paura? La guerriera indomita prigioniera dei suoi
fantasmi. Sorrise amaramente.
André
svegliati, vita mia.
Non
sempre ci viene concessa una seconda possibilità, Oscar.
André
camminava su una spiaggia di finissima sabbia bianca. Un fiume
scorreva davanti a sè, ma non si vedeva l'approdo sull'altra
riva, una luce la lambiva impedendogli di distinguere i contorni.
Aveva sete e l'acqua cristallina lo invitava. Ebbe all'improvviso la
sensazione che tutto sarebbe stato pace se avesse risposto a
quell'invito, se avesse raccolto nell'incavo della mano quell'acqua e
l'avesse portata alle labbra: avrebbe potuto sopire per sempre il
dolore che ormai era suo compagno inseparabile.
Allora
perché si tratteneva? Oscar... era un dolore così dolce
al quale non poteva rinunciare. Amore, fiera dolceamara [1] che lo
lacerava, ma di cui non poteva fare a meno. No, era un'altra,
un'altra la luce alla quale tendeva con tutto il suo essere.
Si
risvegliò nel letto dell'infermeria.
Ormai
albeggiava. Fra pochi minuti ci sarebbe stata l'adunata. Oscar
percepì un tremito della mano che stava stringendo, e subito
fu catturata dallo sguardo verde che si era posato su di lei.
“Oscar...”
“André...” chiamandosi l'un l'altro, piano, con
voce tremante d'emozione celebrarono la felicità di rivedersi.
Oscar
non lasciava la mano di André, che era rimasto incantato dalla
dolcezza che sentiva promanare da lei, come un'aura. Forse...
“Oscar
che cosa è successo?” Stava per dire... Una fitta alla
spalla sinistra cambiò il suo sorriso in una smorfia di dolore
e si ricordò: gli avevano sparato durante il servizio di
pattuglia, mentre attraversavano un ponte sulla Senna. [2]
L'odio
dei cittadini di Parigi per i soldati era arrivato a questo punto:
poveri come loro o più di loro, la divisa a fare ricordare il
potere e la soppraffazione di una monarchia e di uno stato che non
volevano riformarsi, i soldati della guardia diventavano un bersaglio
facile. Così lo avevano colpito, cecchini svaniti nella notte.
Sotto la grandine di proiettili il cavallo si era imbizzarrito e lo
aveva scaraventato al di là del parapetto, nell'acqua gelida
del grande fiume. Ricordava il contatto con l'acqua, il non riuscire
a risalire nonostante i suoi disperati sforzi, e poi il nulla.
“Oscar,
mi hai ripescato tu, vero?”
Lei
annuì, mentre si rivedeva gridare il suo nome e buttarsi
oltre quel parapetto, verso il punto dove André era scomparso
inghiottito da quell'acqua livida, dalla quale non riemergeva. Era
ancora convalescente per le ferite di Saint Antoine e le forze gli
erano mancate. Non riusciva a trovarlo, in quella sera senza stelle
il fiume era liquido nero che scorreva. Dov'era! Si immerse e
riemerse almeno tre volte per riprendere fiato, non lo trovava. Anche
Alain nel frattempo si era buttato per aiutarla. Poi riuscì a
distinguere la sua sagoma, ad afferrarlo e a nuotare verso l'alto. Ma
non ce la faceva a trascinarlo... e quel bestione dal cuore d'oro di
Alain se ne fece carico, finché tutti e tre guadagnarono la
riva. Il colonnello e gli altri soldati erano accorsi, circondandoli.
Si
riscosse e lo vide silenzioso.
Nello
sguardo di André passò un'ombra. Lei aveva rischiato la
sua vita per lui, di nuovo. Bel protettore, le era solo d'intralcio.
“Perdonami
Oscar, sono un peso per te...”
“Beh,
in effetti sei un bel peso, non riuscivo a tirarti su, per fortuna
c'era Alain ad aiutarmi!”
E
rise di felicità, accarezzandolo con gli occhi, senza mai
lasciare la sua mano. Era vivo, erano vivi, e aveva una seconda
possibilità.
André
la vedeva per la prima volta, dopo tanto tempo, scherzare e
prenderlo in giro, e non sapeva se essere felice o disperato.
“Ma
che bel quadretto romantico!”
Una
ben nota voce sfrontata interruppe la magia. Affacciati alla porta
dell'infermeria rimasta aperta Alain e i compagni di camerata
contemplavano la scena.
André
si irrigidì, considerando la situazione. Il quadretto
consisteva in una bella comandante vestita soltanto di una bianca
camicia di batista col colletto aperto e il fiocco slacciato che
lasciavano liberi collo e clavicole, e semplici pantaloni scuri al
ginocchio. Seduta sul suo letto piegava la testa all'indietro in una
risata argentina, le gote leggermente arrossate, e gli teneva la
mano. Nell'altro lato del quadretto un André Grandier
visibilmente imbarazzato spuntava dal lenzuolo tirato fino al petto
con le spalle e le braccia nude. Ringraziava in cuor suo la
fasciatura che almeno lo ricopriva un po'.
Oscar
si girò verso i nuovi arrivati mantenendo un dolce sorriso
stampato sulla faccia. André si rese conto che ancora non
lasciava la sua mano. Poi con naturalezza Oscar si alzò e
disse: “I tuoi compagni sono passati a vedere come stai, André.
Io vado a riposarmi un poco, Alain farà il turno in
infermeria, se avrai bisogno di qualcosa rivolgiti a lui.” Poi
ai soldati: “Fra poco c'è l'adunata, sbrigatevi”.
E
si avviò alla porta col suo passo marziale, un po' più
elastico del solito, nonostante la notte trascorsa in piedi. Gli
sguardi di tutti la seguirono: in quella tenuta, per lei usuale a
palazzo Jarjayes, manifestava quella femminilità che la giacca
rigida dell'uniforme celava. Nonostante i vestiti fossero maschili,
in quel momento non poteva proprio essere scambiata per un uomo.
André
si trovò gli occhi dei compagni puntati addosso, indagatori, e
si sentì a disagio. Cosa stava succedendo? Il primo a rompere
il ghiaccio fu Alain, e Andrè ascoltò ansioso quello
che diceva.
“Allora
André... e così siete stati bambini insieme! Ma quanti
segreti che hai!”
André
ebbe un moto di stupore, ma si ricompose subito. Doveva stare
attento.
“Come
lo sai?” Alain fece le spallucce: “Ce lo ha raccontato il
comandante ieri sera. Era molto preoccupata per te e ha voluto
vegliarti tutta la notte. Sembra che tenga molto a te.”
Oscar
ha raccontato questo... André si mise sulla difensiva.
“Già,
e poi ti chiama per nome, ti tiene la mano” fece Armand
“sembrate molto... intimi.”
André
pensò in fretta, non dovevano credere che fosse una donna
facile, o avrebbe potuto trovarsi in pericolo. Oscar non si rendeva
conto della seduzione che esercitava sugli uomini. I più
superficiali erano stuzzicati dall'idea di una femmina in abiti
maschili, ma poi tutti subivano il fascino incantatore che emanava
da questa donna, diversa sia dalle aristocratiche dame coperte di
cipria e belletti sia dalle donne del popolo, indurite dalla vita e
sfiorite troppo presto.
Lei
invece era una bellezza naturale e selvaggia, con la sua pelle
diafana e i capelli dorati, eterea come le ninfe Driadi. André
aveva ascoltato diversi commenti lascivi su di lei in camerata, ma
era stato zitto, allora, per non peggiorare le cose. Molti suoi
compagni le avrebbero tolto volentieri l'uniforme.
A
Versailles tante dame si svagavano, per così dire, con
stallieri e domestici, ma qui era diverso, non ne andava solo della
sua reputazione, ma della sua incolumità. Ora che finalmente
sembrava che l'avessero accettata come comandante nonostante fosse
una donna... non poteva metterla in pericolo proprio lui.
Il
suo sguardo si fece duro e rispose: “ Fra noi non c'è
quel genere di rapporto, siamo solo amici d'infanzia”.
La
risata di Alain allentò la tensione: “Amico mio, non ti
scaldare, non facciamo supposizioni, ma dopo quello che abbiamo visto
e sentito ieri sera, devi capirci...”
Adesso
André lo guardava confuso. Ma che voleva dire? “Non
capisco.” Cominciava a spazientirsi. “Di cosa parlate?”
Alain
appoggiò il gomito alla testata del letto, mettendo l'altra
mano sul fianco, in un gesto guascone: “Non te l'ha detto cosa
è successo ieri sera?”
“Sì...
sono caduto in acqua e lei si è tuffata per ripescarmi. E tu
l'hai aiutata a portarmi in salvo. Suppongo di doverti ringraziare.”
“Tutto
qua?” Fece Alain.
“Tutto
qua... perché, c'è dell'altro?”
Alain
roteò gli occhi e disse a bassa voce: “André, tu
eri morto”.
Note:
[1]Saffo:
"Eros squassa di nuovo l'animo mio, come le querce sui monti,
dolceamara implacabile fiera"
[2] Scena e situazione ispirata alla fanfic "Una nuova vita" di Macri, fic che potete leggere sul sito Prisca's Page : ringrazio Macri che mi ha gentilmente permesso di mantenere questa parte ispirata al suo lavoro.
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