Pacto

di ScratchThePage
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Quel pessimo, stancante, opprimente e snervante primo giorno lontano da casa.
 
La stazione era piena di gente come ogni giorno: treni che arrivavano e partivano in continuazione, la folla che camminava e trascinava le proprie valigie, un vociare confuso e, talvolta, qualche urlo riempivano l’intero edificio. Molte persone entravano dentro i vari negozi per passare il tempo o per non annoiarsi ad aspettare il proprio treno. I più gettonati erano quelli di vestiti, seguiti dalle edicole. Anche quelli alimentari avevano il loro successo ma, stranamente, quello dei dolciumi era poco affollato.
“Mamma, le praline alla fragola non sono buone! Voglio quelle alla banana!” urlò un bambino, dopo aver deglutito una pralina alla fragola, presa dal sacchetto che teneva in mano.
“Certo caro, te le compro subito”, gli disse la madre, per poi voltarsi verso la cassiera del negozio,”Avete sentito? Mio figlio ora vuole delle praline alla banana!”
La donna dietro alla cassa sbuffò e si girò verso gli scaffali dov’era contenuto il dolce richiesto. Prese un sacchetto ed iniziò a riempirlo. In realtà avrebbe voluto tirare le praline contro quel bambino grasso come un maiale e magari anche contro sua madre: era la quarta volta che al piccolo veniva voglia di cambiare gusto, per non parlare di dolce.
“Che ne dici se te ne metto un paio per gusto, così scegli quali ti piacciono e poi ti compri un intero sacchetto di quelle?” propose sperando che, se avessero accettato, avrebbe fatto incassare al negozio ancora di più.
“No! Io voglio solo quelle alla banana!” strillò il bambino.
Che ti venisse un’indigestione! Pensò la donna mentre riempiva il sacchetto. Si girò nuovamente e lo porse alla madre, che pagò prontamente (tanto il prezzo lo conosceva benissimo). Il piccolo ne mangiò un paio tutto d’un fiato e poi disse, sorridendo:”Sì! Sì! Queste sono buone! Mamma, ne voglio ancora!”
La cassiera non attese la richiesta della giovane madre e iniziò a riempire un nuovo sacchetto. Era giunta a metà, quando la voce del piccolo si fece risentire:”Oh mamma, guarda! Le liquirizie! Ne voglio un po’, ne voglio un po’!” strillò indicando un insieme di recipienti in vetro, contenenti i più svariati tipi di liquerizie.
“Ma certo mio caro. Signora ha sentito mio figlio? Vuole un po’di liquirizia.” ordinò la madre voltando la testa verso la donna. I suoi capelli biondo platino si mossero con lei e, per un breve istante, ricoprirono l’enorme neo che sorgeva sul mento della giovane mamma. Ve le farei prendere una ad una con i denti, dato che sono a pochi centimetri da voi; ma visto che ci state fruttando una fortuna, starò ai vostri ordini… pensò avvicinandosi ai contenitori di vetro, dopo aver finito con il sacchetto di praline. Esibì un sorriso sforzato verso la donna e iniziò a riempire un pacchetto con tutti i tipi di liquerizia che erano presenti, finché il bambino non interruppe il suo lavoro:” No! Non voglio quelle con la gomma dentro! Voglio tutte le altre, ma non quelle!”
“Signorina, può gentilmente togliere dal sacchetto le liquerizie con la gomma? A mio figlio non piacciono molto.”
Era sul punto di lanciarle contro il pacchetto di carta e dirle:”Se le tolga lei!”, ma un rumore di vetri rotti la bloccò. Scattò verso la corsia da dove proveniva il rumore, abbandonando momentaneamente la giovane madre e il suo pargoletto così simile ad un suino. Non appena vide che uno dei piattini di cristallo su cui erano esposte le ultime novità era in frantumi sul pavimento, perse completamente la calma.
“Che diavolo sta facendo?! Non vede la scritta “Attenzione fragile”?! Non poteva prestare più attenzione?”
“Mi dispiace… non volevo causare danni ma, non appena ho sfiorato il piedistallo, il piatto è caduto. Sono veramente mortificata.”
Era una ragazza sulla ventina di anni e molto, ma molto carina: aveva la pelle candida come la neve, due occhi azzurro cielo e dei lunghi capelli biodi, raccolti in due codini che le ricadevano sul petto. La sua altezza era nella media e aveva un fisico che lei avrebbe avuto solo nei suoi sogni più remoti.
“Mi… mi scusi se le ho urlato contro, ma oggi è una giornata alquanto pesante”, disse la cassiera lanciando un’occhiata verso la madre e il bambino che stavano ancora aspettando, impazienti, le liquerizie,” il danno, però, è fato e quindi…”
“Sì, lo so”, confermò la ragazza raccogliendo i frammenti del piatto e i dolci caduti a terra,” sono disposta a ripagarvi tutto.”
La donna rimase stupita da quell’affermazione: nessuno aveva mai avuto una tale spontaneità a voler ripagare i danni.
“S… sicuro”, le disse, ancora turbata,”prego, porti tutto in cassa.”
“Mi scusi signorina, si è dimenticata di noi?” domandò la giovane madre.
La cassiera avrebbe voluto romperle un altro piatto di cristallo sulla testa, ma continuò a risponderle gentilmente:” Aspetti un secondo che risolvo il problema con la signorina e sono subito da voi.” Questa volta il sorriso forzato era molto simile ad una smorfia.
“Ma io le voglio subito!” Era sul punto di strozzare il bambino, ma la ragazza bionda riuscì a bloccare i suoi intenti:“Oh signora, ma lo sa che suo figlio è proprio adorabile?”
La cassiera rimase allibita sa quell’uscita: oltre che bella era anche fin troppo buona.
“Davvero lo pensa?” chiese orgogliosamente la giovane madre, non riuscendo a trattenere un sorriso.
“No.” Rispose secca quell’altra.
La donna al bancone non riuscì a trattenere un risolino. La faccia di quell’arpia era diventata l’espressione vera e propria dell’amarezza e dello stupore: i suoi occhi erano completamente sgranati e, molto probabilmente, attraverso la bocca sarebbe potuto passare anche un transatlantico. Nella frazione di un secondo perse la sua faccia graziosa e piena di fondotinta, trasformata, ormai, in un’orripilante maschera di incredulità. Il neo non l’aiutava a migliorare il suo aspetto.
“Cos’ha lei da ridere?” sibilò ad un certo punto verso la cassiera.
“Ridere? No, no. Quello era un colpo di tosse.” Le rispose sorridendole e infilando in un sacchetto i vetri rotti e in un altro i dolci caduti a terra. La ragazza le pose una banconota e, quando la donna al bancone la vide, rimase senza fiato.
“Ma… ma… questo è troppo! Basterebbe la metà per ripagare i danni!”
“E’ per il disturbo.” le spiegò la bionda.
“Non si preoccupi, si è trattato solo di un incidente, non serve aumentare di tanto…”
“Non mi riferivo solo al mio disturbo” la interruppe. Aveva alzato appositamente il tono di voce, in modo che anche la giovane madre l’avesse potuta sentire.
Questa, però, non apprezzò quell’uscita e iniziò a inveire contro la ragazza, che non le diede bada. Prese i rimasugli del suo danno e, dopo aver chiesto indicazioni alla cassiera, si avviò verso l’uscita del negozio, trascinandosi dietro il suo trolley. L’altra donna continuò a urlare contro di tutto e, a causa del furore, qualche piccola ciocca di capelli iniziava a scomporsi dalla sua acconciatura perfetta. La commessa non riuscì più trattenersi e scoppiò in una fragorosa risata, mentre il bambino aveva iniziato a frignare, non riuscendo più a capire cosa stesse succedendo.
Intanto la ragazza si allontanò allegra da negozio, dopo essersi lasciata quella buffa scena alle spalle. E uno.     




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