C’è Silenzio, nel
Tempio dell’Armonia:
un’assenza di gretti rumori che perdura inalterata da più di seicento
anni, immutato
e perfetto fin da quando la stazione spaziale è stata costruita. Un
periodo durante
il quale la parola “raccoglimento” ha raggiunto una nuova vetta di
interpretazione. Soltanto scendendo nell’abisso, giù nelle profondità
dei ponti
inferiori della stazione, esiste un luogo in cui al rumore è concesso
di
abitare: una piccola nicchia, popolata dal lieve rotolare delle ventole
di
aereazione e dai bassi pulsanti delle vibrazioni del nucleo: in nessun
caso è
permesso al rumore di uscire al di fuori del luogo a lui destinato, per
nessuna
ragione. Questo però, non vuol dire che la stazione sia deserta, o che
i suoi
occupanti non svolgano con puntualità i loro compiti: innumerevoli sono
le attività
che vengono eseguite in ogni momento, ma in seicento anni non una volta
è mai
stato scambiato un ordine o un saluto.
Questo perché, quando
si fa parte
dell’Unità le parole sono solo suoni: vuoti e inutili.
Un profano potrebbe
chiamarla “telepatia”,
ma ciò che abita gli spazi tra le menti degli Advent è qualcosa di
sostanzialmente diverso: la telepatia esiste solo tra menti distinte;
qui, non vi
è più alcuna simile divisione, e ormai da lungo tempo. Ora, tutti
partecipano alla
mente altrui, perché non c’è né individualità, né collettività: ognuno
è partecipe
dell’Unità, ed essa è l’amalgama dei pensieri di ciascuno. Perfino i
corpi hanno
un’importanza relativa e, in casi meritevoli, un intero io può essere
salvato
dalla dissoluzione, trasferendolo dentro ad un altro contenitore: non è
inusuale tra gli Advent che gli involucri racchiudano dentro di sé più
di
coloro che sono nati in quella carne.
È anche grazie a
questo se la
continuità è stata assicurata per mille anni, a dispetto di coloro che
avrebbero voluti cancellarli anche dei loro ricordi.
***
“RETRIBUZIONE!”
È il grido silenzioso
che abita tutte
le menti: è il monito costante dell’Unità, è il suo stesso spirito ed è
la
chiave di volta della sua esistenza. Mille anni prima, quando ancora
l’Unità era
solo un feto nell’utero del fato e il popolo non possedeva ancora il
nome di
Advent, c’era un pianeta situato ai confini dello spazio umano, deserto
e disabitato,
in orbita attorno ad una gigante rossa. Su quell’arido sasso, dove solo
poche piante
scheletrite riuscivano a sopravvivere, arrivarono dei pionieri, alla
ricerca di
una nuova terra e di una nuova dimora dove far risorgere il loro credo,
ma anche
di un luogo dove crescere i propri discendenti lontano dalle guerre e
dalle
distruzioni insensate dell’Umanità.
In quel luogo, quei
pionieri avrebbero trovato molto
più di quanto avessero potuto mai desiderare nei loro più incredibili
sogni; in
quel luogo, avrebbero trovato molto più di quanto avessero potuto mai
temere
nei loro più terribili incubi.
I coloni decisero di stabilirsi su
quel pianeta e lo chiamarono “Casa”: nonostante il calore, l’arido
mondo era
ricco di risorse e poteva essere reso ospitale, col tempo e il duro
lavoro. Era
un giardino di possibilità infinite, da coltivare con preghiere d'amore
e
dedizione. Cercando mezzi di sostentamento rinnovabili e sfruttabili, i
coloni
cominciarono a nutrirsi dei vegetali indigeni, che avevano scoperto
ricchissimi
d'acqua preziosa, trattenuta dall’atmosfera nei loro fusti bassi e
spinosi.
Tutti si nutrirono di
quelle piante,
e in grande quantità: nessuno immaginava quello che sarebbe successo.
“Perché di
ogni albero del giardino puoi mangiare
a sazietà. Ma in quanto all'albero della conoscenza del bene e del male
non ne
devi mangiare, poiché nel giorno in cui ne mangerai, tu morirai.”
I vegetali del
pianeta contenevano un
composto psicotropo, cento volte più potente del dietilammide
dell’acido
lisergico, ma dal rilascio estremamente lento: solo dopo un anno
dall’ingestione delle prime piante gli effetti si resero manifesti e i
coloni
furono preda di allucinazioni sconvolgenti. Nessuno poté esimersi:
anche
smettendo di nutrirsene, le tossine accumulate in quel primo anno di
insediamento fecero comunque il loro effetto.
In preda alle droghe
e alla paura per
quello che stava loro succedendo, i coloni giacquero sconvolti l’uno
accanto
all’altro, preda delle visioni con cui la tossina straziava le loro
menti in
una tortura infinita.
Metà della
popolazione della colonia morì
nella settimana successiva, i più fortunati per disidratazione, altri,
la
maggioranza, per gli effetti dell’ebbrezza. A nessuno fu risparmiata la
sua
parte: c’era chi uccideva i propri genitori, c’erano eredi trucidati
dai loro
parenti e c’era chi tagliava gole a infanti e ne beveva il sangue.
C’erano
coloro che morivano precipitando dalle rupi, inseguiti da demoni che
solo loro potevano
vedere, c’erano coloro che inghiottivano veleni credendoli caramelle e
c’erano
coloro che si percuotevano a morte cercando di schiacciare visioni da
incubo. Mentre
il sole e le stelle restavano indifferenti a guardare, la paura e il
desiderio
di sopravvivenza erano l’unica cosa rimasta in quelle anime preda della
follia:
vita e morte combatterono un’aspra battaglia dentro tutti loro, il cui
esito
era affatto scontato. Per un’intera settimana, sangue vischioso e
putridi resti
arrossarono la sabbia di “Casa” e molti corpi giacquero perduti sulle
rocce e
sulla rena rovente.
E infine, fu la vita
a vincere: la
loro ragione aborriva gli orrori causati dalla droga, ma come potevano
distinguere ciò che era reale da ciò che danzava semplicemente nella
loro mente,
quando erano così deboli? Nel desiderio collettivo di sopravvivere alle
proprie
allucinazioni, e di un momento di requie dal loro Golgota, si
stabilirono dei
legami tra i coloni, relazioni che trascendevano i limiti della carne.
All’inizio furono vincoli semplici, che divennero però sempre più
complessi a
mano a mano che cresceva il numero di pionieri che raggiungevano lo
stato di
comunione mentale indotto dalla paura, dalla droga e dal desiderio di
salvezza.
Ogni nuova persona era come l’anello della catena: le piante furono la
forgia e
il martello che unirono assieme tutti gli anelli, creando qualcosa che
non si
era mai visto prima in tutto l’Universo.
Quando finalmente
tutti i superstiti
furono riuniti, la loro nuova collettività prese il sopravvento sulle
allucinazioni,
bandendole dalla loro ragione. L'anno successivo passò mentre il nuovo
essere, nato
con molti corpi, cercava di stabilizzarsi in una forma unica: i ricordi
furono
condivisi tra il popolo, a volte verbalmente. Le allucinazioni non
smisero di tormentarli,
ma con molti occhi che guardavano contemporaneamente attraverso la
mente di
tutti, si poteva distinguere come fasullo ciò che era solo frutto della
tossina
e non venirne quindi sommersi.
Presto, i membri del
popolo si resero
conto che non sarebbero più potuti tornare indietro: la carenza dei
vegetali
che erano stati la loro ordalia generava una terribile astinenza che li
escludeva
dalla comunione mentale, precipitandoli nuovamente nella follia e
infine
uccidendoli per consunzione. L’essere con molti corpi decise quindi che
le
piante erano necessarie per la sopravvivenza di coloro che lo
componevano: i
coloni resero interi ettari del pianeta fertili e li coltivarono, così
che
nessuno dovesse più sopportare il trauma di quella che era stata
effettivamente
la nascita dell’Unità.
Negli anni
successivi, essa prese maggiore
coscienza su di sé, come la mente di molte menti: un amalgama, che
all’inizio
si limitava solo ad aggregare i singoli per permetterne la
sopravvivenza, ma
che poi ne divenne assieme la servitrice e la guida. I coloni non comunicarono
mai più coi
loro fratelli, e il pianeta fu dimenticato: l’umanità, troppo impegnata
nella
guerra e in dispute infantili, non aveva risorse o tempo da dedicare
alla
ricerca di quei pionieri scomparsi.
Nei secoli, il popolo
crebbe di
numero e le interazioni di complessità: sorsero città eclettiche dove
prima
c’era stato solo un piccolo insediamento di qualche migliaio di
persone.
Nel tempo, il popolo
trovò il modo di
aumentare la loro comunione: l’educazione permise all’Unità di essere
in ogni
mente, anche in quella dei non ancora nati, fin dall’inizio. Col tempo
alcuni
del popolo, specie donne, impararono a canalizzare la volontà
collettiva
attorno a loro: essi furono insigniti con le responsabilità dei leader,
come i
primi servitori dell'Unità.
C'era pace allora, e
libertà per
perseguire la propria strada, dovunque essa portasse: Loro erano uniti,
e avevano la
loro Unità.
E quando, dopo
diversi secoli di serena
separazione, l’umanità appena pacificata prese di nuovo contatto con i
fratelli
e le sorelle che credeva perduti, si trovò di fronte a qualcosa di
inesplicabile: una cultura primordiale, in cui lo stato di ebbrezza era
l’unica
costante e dove ogni mezzo per mantenerla era lecito. I messi della
coalizione
umana trovarono uomini e donne ossuti, distanti anche per aspetto dai
loro
floridi compagni, tutti apparentemente in grado di partecipare ad una
forma di
comunicazione non verbale e ad una coscienza collettiva, in assoluta
promiscuità:
gli ambasciatori ebbero conversazioni dove i loro interlocutori
cambiavano
continuamente, ma il soggetto era sempre uno, che fosse uomo, donna o
bambino.
In breve, l'Unità fu
giudicata insana dagli esseri
umani.
Il popolo nudo
accettò quel giudizio senza
replicare: cosa poteva mai valere la parola di estranei, per coloro che
avevano
raggiunto la comunità? L’Unità aveva compreso che l’Umanità non li
avrebbe mai capiti:
a che cosa sarebbe servito cercare di illuminarla? Tuttavia gli Uomini
non vollero
fermarsi: nel tentativo arrogante di riparare alla follia apparente dei
loro
fratelli perduti, l’umanità rimosse i leader del popolo e li giustiziò
pubblicamente, per dare l’esempio.
Fu come se gli Advent
fossero
ricaduti nella tenebra: senza le guide capaci di canalizzarne le
volontà,
l’essere dai molti corpi gemette ferito, mentre numerosi singoli
regredirono
allo stadio di belve, poiché avevano perso la loro connessione con il
tutto. La
situazione degenerò inevitabilmente e le brutalità che videro sbocciare
su
tutto il pianeta convinsero gli umani che quel mondo era ormai perduto.
Da sempre, violenza
chiama altra
violenza, in un cerchio insensato che fa dimenticare ciò che di buono
si è
cercato di coltivare: l’umanità decise che l’epurazione era il fato più
giusto,
e l’unico possibile, per quella genia abominevole.
Il popolo fu
deportato dentro enormi
arche e lanciato nello spazio: la gente di un intero pianeta, cacciata
dalla
propria dimora, abbandonata a se stessa e condannata a essere
dimenticata.
Per trecento anni,
gli Advent continuarono
a pellegrinare sempre più lontano da "Casa", rimanendo a bordo delle
navi e sopravvivendo coi miseri resti di ciò che era stata la loro
grande comunione,
coltivando quel poco che avevano, senza riuscire nemmeno a mantenere
stabile il
legame dell’Unità. Interi equipaggi andarono perduti in quell’esodo, in
quella
diaspora, e il teschio ghignante delle Morte si presentò nelle loro
visioni.
Il loro fato sembrava
ormai scritto: il
Vuoto li avrebbe presto annientati del tutto.
Ma quando il popolo
stava per soccombere
e i corpi si erano ormai rassegnati alla distruzione,
una voce, una voce limpida e chiara come il
sole rosso del deserto, li riunì tutti: una voce ed un canto
proveniente dalla
prima incarnazione fisica dell’Unità da quando aveva iniziato ad
esistere. La loro
Messiah, la loro Salvatrice: l’essere dai molti corpi aveva sconfitto
l’isolamento, l'astinenza e la distanza, e il feto non ancora nato che
li aveva
richiamati e riuniti divenne la guida che stavano aspettando.
Fu così che gli
Advent trovarono un
nuovo rifugio in una zona sconosciuta della galassia, usandolo come
base per cominciare
a ricostruire ciò che erano stati un tempo.
Tuttavia la rabbia,
il dolore e la
disperazione che avevano sperimentato, avevano lasciato un profondo
solco dentro
di loro, una cicatrice dolorosa nell’Unità che non smetteva mai di
pulsare:
molti corpi incisero su di sé un segno visibile di quella
scarificazione, in un
gesto che sarebbe divenuto una tradizione per tutti i membri degli
Advent. Si istituirono cicatrici rituali,
segni che
testimoniavano la volontà di non dimenticare mai il torto subito e di
non
perdonare mai, fino alla fine dei giorni: per quanto si moltiplicassero
e
colonizzassero infatti, il desiderio di retribuzione cresceva giorno,
dopo
giorno, dopo giorno, restando insaziato. E un giorno, in quel loro
nuovo
rifugio arrivò una voce, flebile come un sussurro: la "Casa" dove era
nato l’essere dai molti corpi li richiamava, perfino da quella
distanza, perfino
dopo tutto quel tempo.
E l'Unità rispose a quella
voce.
Quando i corpi
raggiunsero il numero
di trenta miliardi, l’Unità decretò che era giunto il tempo del
ritorno. Il
tempo della vendetta e della ricompensa. Il tempo della Jihad: per la
prima
volta dalla sua nascita, l’Unità concepì e ricercò armi potenti ed
efficaci. Potenti
strumenti di morte con cui punire i loro antichi nemici, che dopo quasi
un
millennio li avevano ormai inseriti nelle leggende e dimenticati.
Mentre
l’umanità prosperava su vari mondi, ignara ed immemore, gli Advent
costruirono
un esercito imponente e tecnologie d’armamento e di difesa che i loro
antichi
fratelli non avevano mai neppure sognato e mai neppure temuto.
Avrebbero
imparato.
Anche l’Unità cambiò
in quell’era di
preparazione: i singoli furono divisi in caste, in base alla loro
capacità di
partecipare all’Unità. I più deboli furono svuotati e divennero i
droni, i gusci
vuoti senza una mente propria, capaci solo di farsi guidare: queste api
operaie
furono poi plasmate in artigli dell’Unità e destinati a svolgere i
compiti più
pericolosi, poiché erano facili da sostituire e semplici da coltivare.
Allo
stesso tempo, fu promossa la cibernetica neurale e l'Addestramento, e
nacquero
leader del popolo sempre più forti e potenti, a guidare un numero di
corpi
sempre crescente.
Infine, secoli dopo
la cacciata dal
loro paradiso, tra gli Advent nacquero i primi psionici: persone in
grado di
imporre la loro volontà sullo spazio attorno a loro e piegarlo al
proprio
volere. Questa nuova casta affiancò ben presto le altre, sia per numero
che per
importanza: ciò permise all’Unità di fondere assieme tecnologia,
telepatia e
telecinesi per produrre nuove leghe, nuovi scudi e nuove armi. Nacque
così ciò
che la TEC avrebbe ribattezzato PsiTech, ovvero il misto di tecnologia
e magia
che tanto avrebbe terrorizzato i loro nemici: laser governati dalla
mente, sistemi
sensori amplificati dalla telepatia e la telecinesi usata come scudo e
spada
delle navi Advent in svariate forme.
Fu così plasmata una
terribile
armata, la personificazione dei desideri dell’Unità.
Non sarebbe stata
solo la paura a
serpeggiare tra le fila nemiche, ma soprattutto la disperazione: il
sentimento che
un sacrificio prova di fronte alla lama del carnefice. Perché solo
quando una
nave Advent avesse preso il controllo di uno schieramento avversario
piegandolo
al proprio volere, o solo quando un intero squadrone di caccia nemici
fosse stato
distrutto usando la forza di volontà, o soprattutto, solo quando
l’intera
popolazione di un pianeta avversario fosse divenuta preda di
allucinazioni,
isterismo e follia che avrebbero costretto ogni uomo, donna e bambino
che non
potesse essere convertito all’Unità a strangolarsi a vicenda; solo
allora gli
Advent sarebbero stati soddisfatti.
Sarebbe sempre stata
una sensazione
di breve durata, ma per fortuna ci sarebbero stati altri mondi su cui
esigere
retribuzione: tanti altri mondi da punire, finché il peccato
dell’umanità non
fosse stato espiato. Avessero dovuto volerci anche altri mille anni.
***
Nel Tempio
dell’Armonia, nello spazio
Advent, un singolo grido scuote l’aria. Un urlo di donna, acuto e
insopportabile, squarcia il silenzio consacrato, lacerando con i suoi
toni il
raccoglimento in cui è coltivata l’Unità.
Un singolo grido di
dolore, ma anche
di immensa gioia. Un bambino, nato di sette mesi, porge le sue braccia
ad una
dei dottori che hanno assistito al parto: la donna lo prende e
prontamente se
lo mette al seno, dove il piccolo inizia a succhiare.
Dopo essersi nutrito,
il fanciullo volge
solo per un attimo lo sguardo verso la femmina che ha urlato dandolo
alla luce,
ormai solo un cadavere: troppi sono stati gli sforzi a cui quella
gravidanza
l’ha sottoposta. Anche la sua mente è orma perduta: nulla in lei merita
di essere
preservato; ma ha svolto il compito per cui l’Unità l’ha scelta in modo
ammirevole.
Così come coloro che sono
venuti prima di lei, non
sarà mai dimenticata.
Nonostante sia appena
nato, sotto il
sangue del parto il bambino sfoggia una chioma di capelli color
giaietto e
profondissimi occhi color dell’ambra, che ancora non riescono a mettere
completamente
a fuoco l’ambiente circostante.
Il suo corpo
crescerà, ma la sua
mente è già completamente formata: esso è la tredicesima incarnazione
dell’Unità da quando gli Advent si sono dati questo nome.
Esso è il Cardine
della Porta, l’Asse
della Ruota: attorno a lui, la macina dell’Unità è ansiosa di girare,
per
ridurre in brandelli i suoi nemici.
L’Unità trasferisce
le informazione che
i corpi dei presenti percepiscono a quello del bambino: ora anche i
scuoi sensi
distinguono la stanza.
Una volontà, potente
e inarrestabile
come il vento nel deserto, è decretata:
“Che cominci
la guerra: che i nostri nemici tremino al cospetto dell’Unità. Sia
fatta la nostra
volontà. ”
Quel pensiero
riverbera per tutti i
corpi, come l’onda di un sasso lanciato in uno stagno: ogni nave della
flotta
Advent, dalle imponenti ammiraglie, fino alla più infima fregata scout,
attiva le
procedure per il salto di fase. Un singolo essere, composto da
centinaia di migliaia
di navi, sta ora per partire verso le stelle da cui un millennio prima
furono
cacciati.
Il bagliore violetto
delle navi che partono
tutte assieme è così intenso da sembrare la nascita di una nuova
stella: l’onda
gravitazionale dovuta alla brusca partenza di così tanti vascelli
assieme crea
un’increspatura visibile nello spazio- tempo, in una manifestazione di
pura
forza che riduce in polvere gli asteroidi attorno al Tempio. Gli
psionici di
bordo proteggono con facilità la stazione, deflettendo l’onda
gravitazionale, ma
il pianeta dietro ad essa è sconvolto: profonde crepe e terremoti ne
increspano
la superficie, trasformando in pochi secondi un giardino in una landa
desolata e inabitabile.
All’Unità non importa,
quel luogo non ha più risorse
da sfruttare: è solo una conchiglia vuota da lasciarsi alle spalle.
Mentre i vascelli in fase viaggiano a
molte volte la velocità della luce verso cieli familiari, il bambino è
lavato e
vestito di panni candidi. Poi, una delle levatrici appone la prima
delle
cicatrici rituali degli Adventi sulla sua fronte, facendo colare il suo
sangue
sui vestiti di entrambi.
Non un gemito sfugge
dalle neonate labbra.
Quando la ferita sarà
stata bendata e
il sangue si sarà coagulato, Esso sarà portato a bordo della nave
ammiraglia
della Flotta, che guiderà la seconda ondata d'invasione.
L’Unità sta finalmente
tornando a casa.
Angolo
dell'autore:
Sins Of A Solar Empire, o
SoaSE in breve, è uno dei pià strani RTS su cui abbia mai messo le
mani: dopo un breve, ma assolutamente carismatico filmato iniziale che
delinea il contesto del conflitto in corso, manca completamente di
qualunque tipo di trama, sia nel gioco originale che in tutte le
successive espansioni.
Sono i giocatori a definire
il loro personale andamento della guerra, scegliendo tra tre fazioni
possibili, ognuna ben delineata e con le sue peculiarità. Gli Advent
sono i miei preferiti, ma non vi annoierò con la descrizione del perchè
;): in loro onore, ho voluto scrivere questo piccolo tributo, che
finalmente pubblico.
A coloro che conoscono già
SoaSE potrebbe forse risultare un po'... diverso da come si erano
immaginati gli Advent, ma siccome non esiste davvero una descrizione
canonica dell'Unità e di come gli Advent si rapportino con essa,
preferisco immaginare una società che è anche una mente- alveare,
piuttosto che una banale congrega di telepati e psionici; una
società insomma in cui uno è parte del tutto e viceversa.
Infine, a tutti coloro che
sono arrivati fino a qui, spero davvero che questo pezzo sia piaciuto e
in caso di recensioni positive spero davvero di poter continuare con
SoaSE, che trovo davvero qualcosa di spettacolare. Alla prossima!
Hi Fis.
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