Di carta, d'inchiostro, di pioggia di Juu_Nana (/viewuser.php?uid=41273)
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Porca troia.
Il primo bacio della mia vita all’ imbarazzante
età di diciotto anni… e ricevuto da un ragazzo
per di più! Non so se ho sentito storie di vita amorosa
più squallide di questa. In jeans e camicia cammino tra le
pozzanghere con gli occhi bassi e con la pioggia che mi tartassa la
testa.
Non sono stato molto carino con Michele, anzi, sono stato proprio uno
stronzo a piantarlo così. Lunedì mi devo scusare.
Però anche lui, approcciarsi in quel modo...
Tiro un calcio a un sassolino per terra che rimbalza sul cemento un
paio di volte.
E, tra l’altro, si è pure approfittato di Diana
per mettere su tutto questo casino.
Tiro un altro calcio al sasso, che rotola avanti.
Finché coinvolgeva solo me era un conto, ma Diana poteva,
anzi doveva lasciarla fuori. Potrebbe anche esserci rimasta male e
scommetto che questo lui non l’ha nemmeno messo in conto.
Tiro un altro calcio, e stavolta la pietra schizza in avanti, centrando
sulla gamba il passante che sta uscendo da una stradina laterale
proprio adesso.
- Ops, scusa - dico subito alzando gli occhi. E poi mi viene spontaneo
sorridere.
- Niente, figurati. Oh, ciao Fabio - mi saluta Diana.
Ha il giubbotto grondante d’ acqua e tutti i capelli
gocciolanti.
- Che ci fai fuori con questo tempo? - le chiedo, andandomi a ritirare
accanto a lei sotto il portico che la protegge.
- Potrei farti la stessa domanda - risponde lei, togliendosi gli
occhiali dal naso e iniziando ad asciugarli sulla felpa.
- Sono andato da Michele per dargli una mano con l’articolo -
rispondo, con tono incolore.
- Wow. Passi anche il sabato a lavorare, sei da encomio - commenta lei,
esaminando le lenti e ricominciando ad asciugarle.
- Sì, ma il tuo uomo è una causa persa. Non
abbiamo fatto praticamente niente - dico io, con un sospiro teatrale.
- Sì, immagino - sorride - comunque non è
più il mio uomo, non te l’ha detto? Ci siamo
lasciati oggi - chiede.
Sbatto le palpebre.
- …no, in realtà no -
- Beh, oggi dopo scuola - dice rimettendosi gli occhiali - non mi
andava bene come stava andando, gliel’ho detto e lui ha
risposto che forse era stato un po’ un colpo di testa
mettersi assieme. Fine -
- …ah. Hai anticipato la mia domanda sul come - commento -
comunque mi dispiace -
- Grazie, ma non è stato poi tanto brutto. Alla fine Michele
non mi piaceva - dice lei, cercando di strizzarsi un po’ i
capelli.
- E allora perché ti sei messa con lui? -
Diana si irrigidisce e poi distoglie lo sguardo.
- Ti offendi se non ti dico che non mi va di risponderti? - dice con un
certo imbarazzo.
- Beh, non sono affari miei dopotutto - rispondo alzando le spalle. Non
so perché, ma mi sento più a mio agio rispetto al
solito a parlare con lei. Mi sembra di poter fare qualche pazzia.
- Cavoli, ma non hai freddo vestito così? - alle parole di
Diana mi guardo. Sono completamente zuppo, con la camicia appiccicata
al torace che lascia ben poco spazio all’immaginazione.
- Mah, in realtà sì -
- E perché sei uscito senza giacca? -
- Me ne sono dovuto andare un po’ di corsa - rispondo con un
sorrisetto imbarazzato - ti offendi se non ti spiego nel dettaglio? -
- Figurati - lei solleva le mani.
- Beh, d’ altro canto l’ uomo bagnato che sarai non
sarà diverso dall’ uomo asciutto che eri - sorrido
io passandomi una mano tra i capelli bagnati.
- Questo lo dice Tamaki in “Host Club” - ride lei.
- Siamo malati - ridacchio io.
- Tu sei malato, semmai… -
Diana si interrompe e starnutisce.
- Salute -
- Graz… -
Altro starnuto. Tira su con il naso.
- Mi sa che mi ammalo anch’ io se non mi asciugo in fretta -
dice, tirando fuori dalla borsetta un fazzoletto e soffiandosi il naso.
- Allora vado. Ci vediamo lunedì a scuola, ciao -
Allora Diana si avvia, offrendosi di nuovo alla pioggia. Se ne va. La
vedrò tra due giorni nella quotidianità
scolastica, intrappolati in un contesto di normalità che non
so davvero se riuscirò a vincere. E non mi va che le cose
restino così, proprio no.
“Non voglio”
E il mio braccia scatta ad afferrare il polso di lei.
- Diana Marcato! - prorompo, unendo i tacchi e irrigidendo le braccia
lungo i fianchi. Il mio primo pensiero suona tipo “cacchio
fai Fabio?”, il successivo “fermati,
idiota!”, ma sembra quasi che le mie labbra abbiano
volontà propria mentre scandiscono.
- Il gesto che mi accingo a compiere ha un’ alta percentuale
di probabilità di traumatizzarla, sconvolgerla o quantomeno
farle desiderare di tirare uno schiaffo al sottoscritto -
Ignorato il fatto che siamo in mezzo alla strada e che ci possa
giudicare chiunque, il mio tono si avvicina pericolosamente a livello
urlato.
- Tuttavia, le circostanze attuali mi costringono a correre il rischio
e a puntare la mia dignità sulla percentuale non troppo alta
che mi è concessa. Quindi, qualunque cosa possa pensare di
me, posso contare sul suo perdono e la sua comprensione nel caso in cui
quello che farò non sarà corrisposto? -
Una sconvolta Diana accenna a un assenso con la testa, prima di
mormorare.
- Cosa stai… -
Di più non può dire, le labbra sigillate dalle
mie, che con gli occhi chiusi e il viso in fiamme sto aspettando solo
un calcio negli stinchi.
Ma lei non si ritrae. Anzi, sento le sue mani toccarmi il viso e
carezzarmi le guance e i capelli appiccicati sopra. Io allungo
titubante le braccia intorno alla sua schiena, poi la stringo forte.
La pioggia e il vento penetrano sotto gli abiti, gelando le ossa.
Non c’importa.
È bellissimo anche così.
Fine
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