Come tutto finisce – Goodbye
Il TARDIS è una semplice cabina blu e nessuno, nessuno, penserebbe mai che è più grande all’interno. Nessuno potrebbe oltretutto immaginare quanto in realtà sia affatto semplice ma estremamente complessa. Neanche la più fantasiosa delle menti arriverebbe mai ad indovinarne il contenuto perché, insomma, è altamente improbabile che quella che pare a tutti gli effetti una innocua cabina della polizia nasconda chissà quale segreto.
E così la gente la ignora, e le passa davanti senza degnarla di uno sguardo. A volte gli esseri umani sono così cechi.
Possibile che non riescano a vederla, quella cabina blu apparsa dal nulla? Possibile che non riescano a sentirlo, quel suono che l’accompagna sempre?
Possibile che nemmeno uno di loro riesca a notare quell’uomo ed il suo sguardo infinitamente triste e pieno di dolore appena uscito da essa?
L’uomo indossa un farfallino, e le sue braccia ricadono lungo i fianchi. I suoi occhi sono lo specchio della sofferenza che sta provando in questo momento, mentre il petto gli duole e i suoi cuori sembrano voler esplodere.
L’uomo sta ricordando. Pensa intensamente a coloro che ha appena perso e i suoi occhi non possono fare a meno di bruciare.
Perché ha perduto per sempre una parte di sé, e non potrà mai più recuperarla.
Il TARDIS può andare ovunque nell’universo e nello spazio, futuro o passato che sia – perché non è una semplice cabina, ma una macchina del tempo, ed è meravigliosa – e l’uomo ha tante volte cambiato il futuro ma questa volta no, il passato non può essere proprio modificato – è un punto fisso nel tempo, quello – e lui, quei ragazzi, li ha persi sul serio.
Una mano dell’uomo scivola a prendere qualcosa da una delle sue tasche ed eccolo per l’ennesima volta a leggere quella pagina.
Se c’è una cosa che in pochi sanno, di quell’uomo con quel buffo farfallino, è che lui odia i finali.
Quella pagina, però, che segna la fine di un libro che nemmeno lui sa se odiare o no, è la sua preferita.
Perché dopotutto loro – la ragazza che ha aspettato, che per sempre resterà impressa nei suoi due cuori e l’ultimo centurione, di cui non si scorderà mai – hanno avuto una bella vita.
Sentirà spesso la loro mancanza e sa per certo che più di una volta penserà a loro e che a quel punto si lascerà trasportare dalla malinconia ma a questo ci penserà più tardi.
Ora ha una storia da raccontare.
L’uomo tira sul col naso e rientra nella cabina blu che, poco dopo, scompare, non lasciando alcuna traccia del suo passaggio.
Le persone non la vedono, quella cabina ed ignorano il mondo che vi si cela – pieno di pericoli, di avventure, di creature di ogni genere – e la loro vita continua, come quella dell’uomo.
Lui odia i finali.
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Ho visto la puntata ieri sera e ho pianto davvero tanto. È stata struggente e bellissima – Moffat lo sa fare eccome, il suo lavoro. – e ho pensato che qualcosa a riguardo dovevo scrivere. L’ispirazione mi è venuta oggi, e spero che il risultato vi piaccia. In futuro avrei voluto scrivere qualcosa su Eleven e i Pond ma, dopo questa puntata, credo che ce ne vorrà di tempo prima che io possa farlo.
Sarà strano non vedere più Amelia e Rory a bordo del TARDIS assieme al Dottore.
Goodbye, Ponds.
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