Ogni mattina, quando si leva il sole... di ToraStrife (/viewuser.php?uid=44143)
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Ogni mattina, quando si leva il sole, non importa chi sei, comincia a correre.
La notte stava volgendo al termine.
In una terra che nessuno conosce, in un palazzo reale che non
è noto a nessuno, situato in una città di cui tutti
ignorano l'esistenza, un regale unicorno alato si abbandonò in
un non altrettanto regale sbadiglio.
- E' quasi l'ora. -
Il turno era quasi finito, lo splendido manto stellato che avvolgeva il cielo aveva ormai concluso il suo compito.
Un vigile stallone guardiano, affaticato anch'esso dal peso
dell'armatura ed elmo portati, senza sosta, per quelle diverse ore di
guardia, colse al volo le parole della sua sovrana, e, dopo una breve
conferma presso il cucù alla parete, fece il cenno convenuto a
una domestica di passaggio: era venuto il momento di svegliare la
sorella.
Una mattina come tante, lassù, su un famoso Monte
dell'Antica Grecia. Eos, la 'Dea dalle rosee dita', stava
frantumando la suddetta gentile descrizione, omaggio di Omero stesso,
scrocchiandosi in continuazione le falangi come un Kenshiro
che si prepara a una battaglia.
Ed in effetti, la sua battaglia
quotidiana si stava avvicinando.
Era quasi l'alba e il sole doveva
sorgere ad ogni costo: era la prassi che si ripeteva da migliaia di
anni, tutti i giorni, perché così doveva essere.
Variavano gli orari da estate a inverno, ma il levarsi del sole era un
fenomeno che non poteva mancare: sarebbe stato come andare contro la
Natura stessa, quella che quel branco di scalmanati, che tutti
chiamano Dei, avevano donato al mondo degli umani, e del cui
funzionamento avevano piena responsabilità.
La cosa più frustrante era che, in tutto l'Olimpo, lei fosse l'unica ad averne coscienza.
Eos guardò l'ora: mancava poco. Prese i suoi utensili e si preparò per la battaglia.
La domestica passò davanti
all'ingresso delle stanze private regali del castello. Quattro occhi
severi l'accolsero. Un po' intimidita dalla coppia di guardie
reali, la cameriera balbettò la scusa che la costringeva a
presentarsi loro davanti.
- E' l'ora. Devo svegliare la Principessa. -
Le espressioni delle guardie si distesero: uno abbozzò persino un sorriso di intesa.
- Lo sappiamo. Passa pure. -
Mentre la timida ancella oltrepassò l'ingresso, si sentì
confortata dall'inaspettata frase di gentilezza da parte di una delle
guardie.
- A proposito... Buongiorno. -
La cameriera sorrise, e cortesemente rispose al saluto.
- Grazie, e buongiorno anche a voi. -
Sentirsi un'intrusa: era un pò quello l'effetto che dava
l'addentrarsi in stanze così private dove sai che risiede una
creatura millenaria, di rango talmente elevato da non sapere se
considerarla una sovrana o addirittura una dea.
Se non avesse conosciuto a
fondo la natura gentile della Principessa, l'umile serva avrebbe quasi
tremato come una foglia secca, al timore della reazione del regale
unicorno, dopo averle disturbato il sonno.
- Buongiorno cara -
La cameriera fece un urlo soffocato e sobbalzò: non si aspettava
certo che la Principessa fosse già desta e pronta ad accoglierla
con un radioso sorriso.
Era così presa di sorpresa che si ritrovò, per dirla in
termini umani, "nel pallone", e cominciò a farfugliare
incomprensibili giustificazioni in preda all'agitazione.
La principessa ridacchiò divertita di fronte alla reazione dell'ancella.
- Oh, cara! Non volevo spaventarti. Calmati, lo so già. Devo prepararmi per sostituire mia sorella. -
Era giunto il momento della grande battaglia.
Un nemico implacabile, tenace e particolarmente testardo la stava
attentendo. Come ogni mattina tutti i suoi sforzi ed energie
sarebbero state impegnate nell'ardua impresa. Ma lei era Eos, la dea
dell'Aurora, doveva svolgere il suo compito fino in fondo.
Aprì le braccia che brandivano le armi pronte all'uso, inspirò a
pieni polmoni e lanciò il suo terribile urlo di battaglia.
- SVEGLIA PIGRONE!! -
Un baccano infernale si scatenò come mille trombe
dell'apocalisse.
Una carica di valchirie sotto forma di onde sonore
partì al galoppo in direzione del nemico.
La reazione del nemico si limitò a un girarsi dall'altra parte.
Oltre il fallimento, la beffa: l'avversario le voltava le spalle.
Tentò di picchiare altre volte il gong con la mazza, direttamente vicino
all'orecchio di quel fannullone.
Il nemico ripiegò...dentro le
coperte.
Piano di emergenza: bombardamento a tappeto, tramite bacinella piena
d'acqua gelida.
Il nemico fece una manovra evasiva, schizzando fuori dal
giaciglio prima che questi venisse inondato completamente.
- Ehy, ma sei impazzita? - protestò Apollo, l'illustre divinità greca. - Avevi intenzione di bagnarmi? -
- Avevo intenzione di svegliarti, tzé. - specificò stizzita la Dea
- E adesso muovi quel maledetto fondoschiena! -
E se ne andò,
soddisfatta per aver compiuto il suo dovere quotidiano.
Salvo fermarsi due passi dopo, al sentire il recidivo russare del Dio del Sole.
Per essere ancora buio, la luce
magica, che proveniva dalla finestra di una stanza del palazzo, gettava
un'aria inconsueta di vitalità.
In pochi comunque potevano accorgersene, dal momento che la maggior
parte degli abitanti erano ancora attaccati ai loro giacigli,
cullati nel sonno ristoratore che da lì a poco sarebbe volto al
termine.
Giusto qualche guardia o qualche lavoratore notturno, un giornalista,
un fornaio, avrebbero potuto vedere come dalla stessa finestrella
fuoriuscissero nubi di caldo vapore acqueo, reso ancora più
evidente dal contrastante freddo della notte circostante.
L'interno della stanza in questione era tutto opaco, per colpa della
grande quantità di umidità concentrata, unita al calore
dell'acqua che in quel momento stava scorrendo dalla bocca di un
gargoyle in marmo.
Una enorme vasca piastrellata con simboli alternati, che
rappresentavano rispettivamente un sole infuocato e uno spicchio di
luna calante, faceva teatro al consueto bagno regale.
La principessa al suo interno si stava divertendo come una puledrina.
Anche se l'orario era decisamente inusuale, quello era uno dei suoi
momenti preferiti della giornata.
Niente di meglio che qualche minuto in quell'acqua calda e schiumosa
per rilassare il corpo e contemporaneamente scacciare via il torpore
portato dal sonno.
L'unica cosa che la sovrana rimpiangeva era il poco tempo concessole
per godere di quegli attimi: le sembravano uno spreco quell'enorme
quantità d'acqua e sapone, usati per un bagno così breve.
Fosse stato per lei, avrebbe passato ore a giocare con le bolle,
lisciare pazientemente le zampe e il manto candido con una morbida
spugna imbevuta di bagnoschiuma.
Quel momento della giornata, tra l'altro, la riportava ai bei tempi in
cui, ancora piccola, amava giocare nell'acqua insieme alla
sorella.
Migliaia di anni fa, ormai.
Una domestica fece capolino sulla soglia, con in bocca un vassoio sul
quale vi era adagiato un morbido e lindo asciugamano, accuratamente
piegato: implicito segno che la colazione era pronta e bisognava
sbrigarsi.
La regale bagnante manifestò il suo lieve disappunto con uno
sbuffo sull'acqua, sollevando piccole increspature e una minuta quantità
di bolle.
Si pose sotto il getto del gargoyle per risciacquarsi, e poi
uscì dalla vasca, mentre la domestica estese con gli zoccoli
l'asciugamano, per poi poggiarglielo sulla schiena.
Una veloce passata sulla testa per asciugarle la criniera, e poi una
frizionata lungo le zampe e il corpo, con particolare cura a non tralasciare residui umidi alla base delle ali.
La chioma variopinta, permeata di energia magica, si
sistemò quasi da sola, estendendosi, quasi dotata di vita propria,
nella sua usuale maestosità, ricordando in parte una bandiera al
vento.
La domestica guardò quell'arcobaleno peloso con una punta di
invidia: non era da tutti essere dotati di una criniera che non avesse
bisogno di spazzola.
- Ogni volta è la stessa storia... ma non ce l'ha un cuore quella lì? -
Apollo aveva salutato il mattino con dei lamenti, ma non gli si poteva, in fondo, dare torto: aveva appena rischiato la vita.
L'aria bruciacchiata del peli della schiena, unita ai brandelli del
pigiama, nonché una fiammella ancora accesa su un ciuffo di
capelli, erano indizi evidenti sull'azione drastica che era stata effettuata allo scopo di schiodarlo dal suo futon.
O meglio, di quello che non
rimaneva del suo futon: ora vi era un cratere, un ground zero annerito, a
testimonianza dell'indelicatezza delle Dee dell'Aurora oggigiorno.
L'attuale rappresentante di quest'ultima categoria, Eos per l'appunto, stava ancora
ansimando per riprendere il controllo di sé, mentre sulla spalla un bazooka,
ancora rovente per il colpo detonato, stava emanando dalla bocca di
fuoco un sottile filo di fumo.
Immagino vi stiate chiedendo che ci facesse un bazooka nell'antica
Grecia, ma questo solo nel caso non conosciate il mondo di Pollon.
Altrimenti,
la cosa non vi avrà stupito più di tanto.
Questo comunque sfatava il mito vociferato fin dalla notte dei tempi,
che sosteneva che quando Apollo dormiva, non lo svegliavano neanche le
cannonate.
Come appurato, in realtà le cannonate lo svegliavano eccome, si trattava solamente di prendere bene la mira.
L'urgenza di spegnere i residui d'incendio spinsero il Dio verso il bagno.
Un getto d'acqua gelida, che schizzò in piena faccia dal
rubinetto rotto e mai riparato (o meglio, riparato da Efesto, il che
voleva dire più o meno la stessa cosa), ottenne l'effetto
desiderato, anche se non fu affatto
una cosa piacevole.
Il contatto con il gelo del lavandino ricordò al Dio di una
certa impellenza fisiologica ( è un Dio, ma pur sempre su
immagine di uomo).
Immaginate lo sconforto che assalì Apollo nel constatare che
l'unico bagno disponibile fosse occupato da Dioniso, intento a vomitare
i residui della sbornia, provocata la sera prima dalla nota bevanda del
quale era rappresentante.
E avevano anche il coraggio di chiamarla "colazione frugale".
Sembrava tutto fuorché qualcosa di scarno e fatto di corsa.
Una tavola imbandita, curata in ogni particolare, con ogni prelibatezza pensabile.
Qualcosa la cui preparazione che doveva aver messo in moto un esercito di cuochi già da qualche ora.
Una montagna di dolci, ciambelle, bigne, krapfen, e soprattutto torte, delle quali la Principessa andava matta.
Senza parlare della caffetteria: cappuccino all'italiana, qualsiasi
tipo di caffé, té, cioccolata calda e chi più ne
ha, più ne beva.
Dal momento che era davvero tardi, la Sovrana si limitò a un
paio di sorsi del suo tè all'ibisco, nonché un paio di
fette (non morsi, fette) di una torta alla ciliegia dall'aspetto particolarmente invitante.
Anche qui, una delle domestiche presenti sospirò silenziosamente
sul fatto che la sovrana sembrasse immune a qualsiasi accumulo di
calorie nel corpo.
O forse era lo sforzo magico di dover spostare un astro, a bruciare tutti quegli zuccheri in una botta sola?
La sovrana, finito l'ultimo sorso di tè, posò magicamente
la tazzina levitante, e animò il tovagliolo per pulirsi la bocca.
Ormai era davvero venuto il momento di raggiungere la sorella.
Il Dio che stava sostando in quel momento sull'ingresso della
cucina somigliava più a Ulisse alla fine della sua Odissea.
Stava ancora ripensando alle saggie parole che gli disse una volta suo padre, capendone finalmente il significato.
"Apollo, mio amato figliolo, tu sai che cos'é l'eternità?"
"No, Zeus, padre mio."
"Lo comprenderai solamente nel momento in cui avrai uno scoppione di pancia, e l'unico bagno disponibile sarà occupato"
Ma altre calamità erano in agguato.
Apollo si mise le mani nei capelli, nel
constatare lo stato della cucina: sembrava che ci avessero combattuto
la Guerra di Troia nell'interezza dei suoi dieci anni. Soprattutto per la parte che
riguardava l'incendio della città.
Un fumo nerastro infatti fuoriusciva dalla zona dove dovevano esserci i fornelli.
Apollo si fece prendere dal panico.
- Aiuto! Un incendio! Accorrete! -
Una veloce indagata alla fonte della nube nerastra fece tuttavia
calmare la scenata del Dio. Senza, però,
cancellargli l'espressione terrorizzata.
- Papino! Sei sveglio! -
Ad accoglierlo era la dolce e allegra figura di sua figlia, con sorriso, passatemi il termine visto il padre, "solare".
- Pollon! Piccola mia, a quest'ora dovresti essere a letto! -
Apollo si perse per un attimo nel viso della bambina, ideale nucleo
contornato da quella criniera bionda che lambiva il tutto, come i raggi del sole di cui Apollo era il diretto responsabile.
E a proposito di sole....
- No, papino! Sei tu che a quest'ora dovresti essere già a lavoro! -
Un'occhiata all'infame cucù sulla parete palesò al
terrorizzato genitore la cruda realtà. Era davvero così
tardi?
Pollon però era una bambina giudizievole, ed avendo previsto per
tempo quella situazione (anche perché era roba di tutti i
giorni), si era alzata prima per spignattare in cucina, allo scopo
di preparare la colazione per il fortunato papà.
Il che spiegava, soprattutto, il campo di battaglia di cui sopra.
Non che fosse in realtà un completo disastro in cucina, a onor
del vero: dopotutto era lei a portargli amorevolmente il pranzo al
sacco ad ogni pausa pranzo. Per tramezzini e polpette di riso, infatti,
se la cavava più che bene.
Il problema veniva quando la piccola si metteva in testa di cimentarsi
in qualcosa di nuovo e sconosciuto, e guarda il caso, quella mattina
era una di quelle volte.
La biondina, fiduciosa di fare una sorpresa al suo adorato papino,
aveva preso in prestito per l'occasione quello che pensava essere
un libro di ricette esotiche. Il titolo le era completamente sconosciuto,
una strana parola latina o greca che non aveva mai letto.
- Ecco, papino, è pronto, con tanto amore! - Fringuellò la figliola raggiante.
La colazione presentata sul piatto era tutto un programma.
Un ammasso informe di carne tremolante, viscida, squamosa, dalla quale ogni tanto spuntava qualche occhio che osservava il
malcapitato avventore. Per non parlare del tentacolo che
uscì fuori dal piatto, tentando di ghermire Apollo, allo scopo
di avvicinarlo a una grottesca bocca tappezzata di file di denti
sottili e acuminati, cosparsi di una appiccicosa sostanza verde
pulsante.
Per la cronaca, il titolo del libro in questione era Necronomicon.
- Mamma mia com'é tardi! Mi fermerei a mangiare ma poi
papà Zeus si arrabbia, lo sai! - Fu la pietosa scusa del Dio,
sotto lo sguardo di disapprovazione della
cuoca.
Fece in tempo a sgraffignare un paio di toast bruciati, per
avviarsi con passo svelto verso le scuderie.
- Allora te lo porterò più tardi come pranzo! - Propose la bambina senza perdersi d'animo.
- No! - Urlacchiò di getto il Dio del Sole. - Il dottore mi ha imposto digiuno per tutto il giorno! -
Ovviamente era una bugia, ma tanto quello spettacolo gli avrebbe tolto comunque la fame.
Il monile e il diadema levitarono
direttamente dal vassoio argentato, verso la testa e il collo della
sovrana. I coprizoccoli erano già stati sistemati.
Tutta la bigiotteria in oro era stata preventivamente lucidata a
dovere, e ora, addosso al manto della reggente, conferiva alla stessa
un aspetto ancora più aristocratico.
La principessa rimirò nello specchio lo spettacolo del suo riflesso per un lungo attimo, prima di introttarsi soddisfatta verso il luogo di lavoro.
Intanto, l'alicorno che avevamo incontrato a inizio storia stava
ciondolando a tratti la testa, cercando di combattere i colpi di sonno
che la assalivano: quel turno era stato particolarmente faticoso, e la
stanchezza si stava facendo sentire, anche per un essere straordinario
come lei.
Solamente una voce familiare riuscì a ridestarla del tutto dalla situazione di stallo tra sonno e veglia
- Ciao, cara, sono in ritardo? -
- Sorella maggiore! -
L'incontro con la sorella avvenne con un 'abbraccio' gioioso ma formale:
entrambe poggiarono rispettivamente la testa sul dorso dell'altra.
Staccandosi di malavoglia, le due sovrane si scambiarono l'ultimo saluto prima di cambiarsi di ruolo.
Rimasta da sola, la Sovrana scrocchiò un paio di volte il collo, e si concentrò.
Era giunto il momento di lavorare.
Arrivato di corsa nelle scuderie, vide che il sole era già pronto
sul carretto, ingannando l'attesa con la solita sigaretta.
Con un balzo saltò sul posto di guida, e impugnando le redini, le agitò per una rapida partenza.
Il carro non si mosse, per una ragione particolare.
- DOSANKOS! - Urlò a squarciagola Apollo, al culmine dell'irritazione.
Il fido cavallo era ancora nella sua casupola, a ronfare il sonno del giusto.
- Come osi dormire più del tuo padrone! - Lo rimproverò
il Dio, inutilmente, di fronte al beato russare dell'equino.
Per pigrizia, ehm, per mancanza di tempo, sorvoleremo sui particolari
che seguirono, ma per darvi un'idea, prendete la scenetta del
risveglio, sostituite Apollo con Dosankos, ed Eos con Apollo.
Bazooka incluso.
E ancora una volta il miracolo avvenne. Un bagliore di luce accecante si sprigionò dal corno della Principessa.
E anche quella mattina le tenebre vennero scacciate dal timido spuntare
del Sole, il quale alzandosi dall'orizzonte, portò la luce e il
calore.
La notte scese dal palcoscenico e fece posto al nuovo giorno.
Tutti gli abitanti si svegliarono, e le strade cominciarono a riempirsi di vita.
Soddifatta del compito portato a termine, la sovrana si avviò
verso la sala del trono: importanti impegni mondani l'avrebbero attesa,
come al solito.
Ma c'era comunque per rilassarsi un po'.
Una fiammata in cielo materializzò uno fascio di fogli arrotolato.
- Il giornale di oggi! -
Tenersi informata sugli accadimenti del suo regno faceva parte dei suoi doveri di reggente.
Con la magia fece levitare il giornale, il quale si aprì da solo.
Dopo un'occhiata la Principessa assunse uno sguardo corrucciato: che
avessero sbagliato consegna? Non era la solita gazzetta. E certamente
quanto riportato sopra non riguardava alcun territorio sotto la sua
giurisdizione.
E ancora una volta il miracolo avvenne. Il miracolo di sfuggire alle ire di Zeus per via dell'ennesimo ritardo.
Parcheggiato il carro nel cielo, Apollo sospirò e tirò fuori il consueto giornale da leggere.
Un'occhiata allo stesso però lo lasciò interdetto.
- Ma che razza di giornale è questo? -
Non era il familiare quotidiano sulle vicende dei mortali. Anzitutto le
foto: non una che ritraesse esseri umani. Solo cavalli. Esclusivamente
cavalli.
Nonchè le notizie: non una che parlasse di vicende a lui familiari. Niente Monte Olimpo, niente Grecia.
Equ.... non riusciva neppure a pronunciarlo. Che razza di paese era?
Quella era l'ultima volta che si sarebbe affidato ad Eros per farsi comprare il giornale. Quel dannato pennuto!
Distogliendo lo sguardo dal quotidiano, Apollo vide in lontananza una figura alata passare.
- Eros, razza di incapace! Vieni qui! -
La figura parve sentire il richiamo del Dio, poiché volse la testa nella sua direzione, virando per avvicinarsi.
Man mano che la figura si avvicinava, facendosi più distinta, Apollo si convinse di aver preso un granchio.
- Posso esserle utile? -
Non si trattava di quel bamboccione figlio di Artemide, come inizialmente credeva, ma di un pegaso.
Certamente non un pegaso grande e maestoso come quello che una volta aveva cercato di assumere al posto di Dosankos.
Costui, anzi, costei, era molto più minuta, persino strana.
Gli aveva pure risposto, ma quello è il meno, anche Dosankos parlava, dopotutto.
Non aveva l'espressione da ebete stampata come il piccolo Eros, ma lei
non scherzava in quanto a stranezza. Due pupille in perenne rotazione,
apparentemente indipendenti l'una dall'altra, come gli occhi di un
camaleonte.
Cercare di seguire il suo sguardo provocò ad Apollo un giramento di testa, mentre lo stomaco cominciò a sobbalzare per indurre conati.
Pressò una mano sulla bocca per soffocare la nausea, mentre
agitando l'altra palesò lo scambio di persona e congedò
quella strana creatura alata.
Vedendola volare via a traiettorie zigzagate e impossibili, degne dei
più strani avvistamenti UFO. Apollo notò che la cavallina
portava a tracolla una borsa contenente alcuni incartamenti.
- Non sapevo che il vecchio Zeus avesse avviato un servizio di
consegna giornali. - Battendosi una mano sulla fronte per la
dimenticanza. - Il giornale! Mi sono dimenticato del giornale
sbagliato! -
Guardò ancora una volta quello strano ammasso di fogli.
Lo prese e lo lanciò in testa a Dosankos, che stava
sonnecchiando beatamente senza essersi nel frattempo accorto di nulla,
lamentando l'unica spiegazione plausibile che gli fosse venuta in mente.
- Accidenti a te, dannato ronzino! Le tue dannate riviste erotiche falle recapitare a casa tua! -
Dosankos guardò stranito il padrone, pensando che avesse
appena dato di matto. Poi diede un'occhiata all'oggetto dello scandalo,
e a sua volta si grattò il mento con lo zoccolo, chiedendosi
come potesse essere definita "rivista erotica" un giornale senza
alcuna foto osé.
Naturalmente, più tardi, Zeus negò di essere al corrente riguardo sistemi di pony express per consegne di giornali.
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Questa storia finisce qui, ma in realtà è un ciclo che si
ripete e che coinvolge tutti, partendo dagli Dei fino ad arrivare agli
esseri umani, anche a distanza di millenni.
"« Per arrivare a timbrare il cartellino d'entrata alle
08:30 precise, Fantozzi, 16 anni fa, cominciò col mettere la
sveglia alle sei e un quarto. Oggi, a forza di esperimenti e
perfezionamenti continui, è arrivato a metterla alle 07:51...
vale a dire al limite delle possibilità umane... "
Vi auguro buongiorno, chiunque voi siate.
Io me ne torno a dormire.
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