From the inside out
N.d.T.: torno con una breve traduzione di una storia che mi ha molto
colpito. L'originale in inglese è pubblicato a questo link
ed è stata scritta per l'ultima edizione del dmhgficexchange Darkest before the dawn del 2011.
Senza anticipare nulla di fondamentale (ODIO quando mi si rovina la
trama), l'autrice presenta una deviazione interessante dal finale
tutto rosa e fiori dell'ultimo libro. L'ambientazione è
volutamente stata lasciata un po' sul vago...e anche i tempi verbali
nei paragrafi certe volte possono sembrare confusi per il passaggio tra
un flash back e l'altro, ma - garantisco io - la lettura vi darà
grandi soddisfazioni.
E tanto per non smentire la mia insanerrrrima passione per le cose
colorate, fosforescenti e/o sbrilluccicose in fondo alla pagina potete
trovare il bannerino che vi porterà in un batter d'occhio alla
recensione su accioDHR.
Buona lettura e alla prossima,
Luxlucis
From
the inside out
It is difficult to know at what
moment love begins; it is less
difficult to know that it has begun.
~ Henry Wadsworth
Longfellow ~
Draco Malfoy è il loro piccolo, vergognoso e sporco segreto.
Nessuno ne parla mai.
Nemmeno Hermione. A tutti gli effetti, per i
membri più anziani dell’Ordine, loro sono ancora
dei ragazzini. Parlarne corromperebbe la loro innocenza, come invece
non hanno fatto le battaglie, la guerra, la morte.
Il suo nome non viene mai
pronunciato. Nessuno vede mai la sua faccia.
Lo hanno relegato nell’ombra dopo la fine della guerra e
lì è rimasto. Anche quando ne hanno bisogno.
Soprattutto quando ne hanno bisogno.
Lei una volta lo ha
seguito, durante una missione. Le direttive
dell’Ordine sono sempre molto vaghe quando riguardano Draco,
ma l’intenzione è sempre molto chiara, precisa,
sempre prevedibile. Lei ormai lo sa. I primi tempi non aveva capito che
cosa si intendesse quando si diceva che la situazione dei Mangiamorte
veniva monitorata, ma la notte in cui ha visto Draco piantare un
pugnale nello stomaco di uno di loro e prenderne la maschera ha capito.
Ha capito tutto.
Non li biasima, ma certe
volte non può fare a meno di
odiarli almeno un po’. Li sente sempre parlare di essere
più forti, più numerosi, senza accorgersi che
stanno spingendo qualcun altro nell’abisso, stanno
costringendo qualcun altro a fare il lavoro sporco che loro non si
abbasseranno mai a fare, perché fare questo significherebbe
perdere tutto quello per cui hanno lottato in primo luogo.
Lei razionalmente lo
capisce, ma sa anche che questa era una decisione
da prendere all’inizio, prima di perdere così
tanto. Stanno permettendo all’oscurità di entrare
indisturbata, strisciante e silenziosa attraverso le crepe, ed
è tutto inutile perché hanno già
rinunciato praticamente a tutto.
A Ron non piace parlare
di questa storia e Harry non ha nessun altro
interesse che non sia Ginny o i progetti di una futura famiglia da
costruire in pace. Non fa più parte dell’ordine,
lo ha lasciato poco dopo la guerra, pensando – forse a
ragione – di aver già fatto il suo dovere, di aver
già offerto la sua parte di sacrifici, di aver perso
abbastanza tanto da non aver più nulla da offrire.
È stato il
giorno del matrimonio di Harry, qualche settimana
prima che lui e Ginny si spostassero in Francia per costruire la loro
nuova vita da sposati, che Hermione ha realizzato che Ron ha sempre
voluto bene a Harry un poco di più che a lei, in una maniera
che, ai primi tempi, le aveva fatto stringere lo stomaco.
Lo ha lasciato andare.
Alla fine.
Sette mesi dopo ha
seguito Draco nell’ombra. E da allora non
è ancora riuscita a trovare la strada per uscirne.
***
La seconda volta che si
era ritrovata, raggelata e con il cuore in
gola, a seguirlo attraverso le strade di Londra l’aveva
scoperta. Era stata spinta contro il muro di una malandata caffetteria
prima di accorgersi anche solo che lui era lì. Si era
aspettata rabbia, furia, anche un coltello alla gola, ma quando
l’aveva guardato in faccia l’unica cosa che aveva
visto era stata delusione. E la vergogna era passata talmente veloce
nel suo sguardo che in realtà non era nemmeno sicura ci
fosse mai stata.
“Malfoy…”
“Che cosa stai
facendo qui?” La sua voce era tesa,
controllata, senza quella nota strascicata e lamentosa che ricordava
dai tempi della scuola.
Deglutendo rumorosamente,
aveva deciso di dire la verità:
sarebbe stato più veloce ed era stanca di mentire.
“Ti ho visto…”
“Io ho lasciato
che vedessi.”
Aveva chiuso la bocca di
scatto. Non era sicura del significato delle
sue parole e trovava la confusione una sensazione particolare. Non era
confusa molto spesso. E rimaneva senza parole altrettanto raramente.
“Perché?”
Si ricorda ancora di come
aveva sorriso, una lenta e pigra piega della
bocca che non apparteneva al Malfoy che pensava di conoscere. In quel
momento non lo sapeva ancora, ma quel gesto aveva cambiato ogni cosa.
“Così
posso guardarti correre via.”
Non aveva più
detto niente quella notte, invece aveva fatto
l’ultima cosa che avrebbe voluto fare e la prima che lui si
era aspettato facesse.
Era corsa via.
***
Avevano perso Luna
durante le settimane seguenti.
Nessuno aveva immaginato
che sarebbe stato Malfoy a ritrovarla. Quando
era arrivata la chiamata Hermione non aveva detto nulla agli altri,
aveva solo preso la sua bacchetta e si era fatta strada fino ad un
magazzino abbandonato nel cuore di Londra.
Solo quando
l’aveva visto accanto ad un corpo che era troppo
immobile e troppo pallido in mezzo alle ombre e alle macerie, aveva
capito che non stavano vincendo, non esattamente. Avevano scaricato
tutte le tenebre sull’unica persona che pensavano fosse nata
per quello e poi avevano aspettato e sperato. Sperato che quello
avrebbe riaggiustato ciò che era andato in pezzi. Sperato che alla
fine di tutto avrebbero ancora potuto chiamarsi i buoni della
situazione.
Quella era stata la notte
in cui l’Ordine non aveva avuto
altra scelta che guardare Draco negli occhi. E lei li aveva osservati
tutti, mentre si erano piegati per la vergogna quando lui aveva
adagiato il cadavere di Luna sul tavolo e se ne era andato.
Lo aveva seguito. Aveva
deciso senza esitazioni o tentennamenti e si
era lasciata l’Ordine alle spalle. Si era lasciata tutti loro
alle spalle.
Lo aveva raggiunto tre
isolati dopo e si trovata di nuovo contro ad un
altro muro. Questa volta però c’era anche il
pugnale ed era trasalita, mentre lui cercava inutilmente di conficcarlo
nel mattone di fianco alla sua testa. Ma il mattone non collaborava e
così era caduto al suolo, dimenticato da entrambi.
Poi le aveva nascosto il
volto nel collo, le mani le avevano stretto i
capelli e poteva giurare di aver sentito qualcosa a metà tra
un singhiozzo e un grido attutito dalla sua pelle, ma non poteva
esserne sicura.
“Draco,”
aveva detto piano, e si era sorpresa
quando lo aveva cinto istintivamente con le braccia. Le aveva passate
sotto le sue, che in quel momento era tese e appoggiate al muro dietro
di lei, e gli aveva posato le mani sulle spalle, conficcando le unghie
nei muscoli che si era trovata sotto le dita.
“Li ho uccisi
tutti,” aveva sussurrato con voce
roca, il suo respiro caldo le lambiva la guancia. “Li ho
distrutti per aver fatto quello per cui io ero nato.”
“Non sei nato
per questo.”
Ma l’avevano
creduto, vero? L’avevano creduto tutti,
a parte Piton. L’avevano sepolto sotto i crimini e i peccati
di suo padre, avevano usato il suo nome e il suo retaggio per
vincolarlo e alla fine avevano avuto anche il coraggio di sentirsi
traditi quando aveva ceduto ed era stato schiacciato dal peso dei loro
dubbi.
“Draco,”
aveva detto ancora e questa volta gli
aveva posato la mano sulla guancia perché la guardasse negli
occhi. Non aveva detto nulla ma l’aveva fissata attraverso le
palpebre pesanti, la mandibola serrata.
“Noi
combattiamo perché vogliamo farlo,”
aveva continuato e per un momento si era chiesta se era ancora vero, se
lo era mai stato. “Tu invece combatti perché ti
hanno fatto credere che devi. Lo hanno fatto tutti. Non credi conti
più neanche con chi sei schierato.”
Serrò gli
occhi e lei lo sentì deglutire
rumorosamente. “Sono nato Mangiamorte, Hermione. Sono stato
cresciuto per diventare uno di loro, per uccidere. E io non sono
stato…non ho potuto…sono scappato e alla fine
sono diventato comunque così. Ma questa volta doveva avere
un significato. Io volevo…avrei voluto…”
“…salvarci,”
aveva mormorato. E ora Luna
era morta e tutto quello, le missioni, il sangue e le morti –
niente aveva più un senso perché non erano ancora
al sicuro. Non lo era nessuno.
Appoggiandogli la fronte
sul petto aveva continuato, “Non ci
devi nulla, Draco. Noi non siamo un debito da pagare e tu non sei uno
strumento da utilizzare. Combatti se vuoi, se c’è
qualcosa per cui ha senso lottare, non perché non
è rimasto più nulla. Capisci?”
A quel punto
l’aveva fissata negli occhi e lei non aveva
abbassato lo sguardo, con forza e determinazione, anche se una parte di
lei stava tremando al suono delle sue stesse parole.
“Tu e
l’Ordine…non ci state
aiutando,” aveva aggiunto. “Non possiamo
più essere i ragazzini che eravamo ai tempi di Hogwarts,
nonostante tutto l’impegno che ci stanno mettendo nel
crederci ancora così. Non possiamo più essere
quelle persone e sopravvivere. E tu non puoi combattere una guerra per
conto tuo.”
Il silenzio era durato
per istanti interminabili, poi lui aveva
abbassato gli occhi ed era indietreggiato di un passo, inginocchiandosi
di fianco a lei. Aveva udito il grattare del metallo sul pavimento
prima che si alzasse di nuovo con il pugnale in mano e un incerto mezzo
sorriso sul volto.
“Non so come
altro fare,” aveva detto.
Poi si era voltato,
scomparendo nell’oscurità, e
Hermione non l’aveva più visto per altri tre mesi.
***
Non era al funerale e lei
non lo aveva mai visto nei corridoi di Grimmauld
Place durante la notte. Non poteva seguirlo non avendo la minima idea
di dove fosse e si è chiesta più volte se
qualcuno di loro sapesse dove abitava.
La pesante cappa di
vergogna che li aveva oppressi tutti quando Draco
si era presentato nella loro cucina ricoperto di sangue e con Luna tra
le braccia, si era dissipata nel giro di pochi giorni. Prima Hermione
era stata convinta che fosse solo questione di sopravvivenza, per
soffocare il dubbio e il senso di colpa, per agire nel modo necessario
a rimanere vivi, per quanto logora fosse diventata la loro esistenza.
Ora tutta questa segretezza sapeva di un ostinato rifiuto, la negazione
categorica che le cose stavano cambiando, spostandosi
d’equilibrio. Le fondamenta stavano marcendo sotto i loro
piedistalli eppure si rifiutavano ancora di abbassare lo sguardo,
rimanendo volutamente ignoranti sulla rovina che li circondava.
Era stato per questo che,
dopo due bicchieri di vodka di troppo e a
stomaco vuoto, era andata da Arthur Weasley.
“Hermione,”
l’aveva accolta con un
sorriso tirato, mentre la guardava marciare attraverso la cucina. Stava
cucinando dei biscotti, lo aveva notato subito, e le era sembrato
talmente casalingo lì in piedi con i guanti da forno e un
grembiule che aveva quasi cambiato idea. Quasi.
Aveva sbarrato appena gli
occhi quando Hermione si era fermata a pochi
centimetri dal suo volto. “Sei…?”
“Devo parlare
con Draco.”
“Draco Malfoy?
Per quale motivo? Va tutto bene?”
“No, per
niente,” aveva sbottato “Devo.
Parlare. Con Draco. Quindi o usi la tua bacchetta o mi dai il suo
numero di telefono, altrimenti ti si assicuro che sviscerare anche il
più piccolo segreto dell’Ordine
diventerà la mia unica missione, perché non sono
certo così ingenua da pensare che Draco sia
l’unico. Quindi: bacchetta o numero. Scegli tu.”
Venti minuti
dopo si era allontanata da Grimmauld Place con
un pezzetto di carta in una mano e un biscotto nell’altra.
***
E questi sono i fatti che
l’hanno portata ad essere ferma in
piedi di fronte ad uno squallido sottotetto alla periferia della
città. È talmente distante, talmente in contrasto
con la tenuta dei Malfoy che Hermione non riesce a trattenere un
brivido involontario. Non c’è nulla
dell’oscurità che incombe sui vecchi corridoi di
Grimmauld Place o delle ombre in una strada scura e malfamata vicina
alla stazione di King’s Cross. Lì
c’è dell’altro. Ci sono incuria ed
abbandono. Quello è un angolo della città
dimenticato da tutti perché era troppo poco presentabile,
troppo trascurato per far parte del loro mondo.
Non
c’è un campanello. Ha già alzato il
pugno per bussare quando cambia idea ed entra senza dire una parola.
Dubita fortemente che lui sarebbe venuto ad aprirle in qualsiasi caso e
si chiede se lascia aperta la porta di casa sua per arroganza o per
indifferenza.
Lo trova in cucina che
sta preparando la cena senza magia,
con un coltello in mano che taglia a pezzetti un peperone rosso mentre
in una padella sta sfrigolando dello spezzatino di manzo. Alza lo
sguardo appena la sente entrare e la mano che sta reggendo il coltello
si blocca all’improvviso.
Sembra…rilassato,
nonostante l’iniziale tensione
della sua mandibola quando l’ha vista. Non avrebbe mai
immaginato di vedere Malfoy con i pantaloni della tuta, ma riesce a
scorgere il materiale grigio e comodo di cui sono fatti attraverso il
bancone della cucina. La maglietta blu che sta indossando è
evidentemente molto vecchia e straportata, il logo con rana e pesca
quasi completamente scomparso. I capelli gli sono cresciuti
dall’ultima volta che l’ha visto e, così
lunghi sulla fronte e davanti agli occhi, hanno un aspetto soffice e
pulito.
Non è come se
lo era aspettato ed in quel momento si rende
conto di non essere neppure sicura di cosa si fosse aspettata. Un uomo
distrutto che si lamenta in angolo? Un killer consumato che affila i
coltelli nel salotto? Non lo conosce per niente, non l’ha mai
conosciuto, e a quel punto le viene in mente che forse non
lì per salvare qualcuno. Magari è lì
solo per imparare.
“Ciao,”
dice alla fine.
Lui
la fissa per un
istante, infine riabbassa lo sguardo e continua a
tagliare il suo peperone a cubetti per poi passare ad una cipolla.
“Che
cosa stai
facendo qui, Granger?”
“Non
lo
so,” ammette lei.
“Pensavo…pensavo che magari potremmo parlare un
po’ l’uno con l’altro. Invece di
l’uno all’altro. Non ti conosco davvero e mi
piacerebbe. Sapere chi sei, intendo.”
E
basta. È
già fin troppa onestà per
quella sera. La verità è un duro lavoro, non
c’è da stupirsi che l’hanno evitata per
così tanto tempo.
Draco
non dice nulla per
un lungo istante. Non alza neppure gli occhi
per guardarla. Lei aspetta, l’imbarazzo si fa strada
strisciante lungo il suo collo, mentre lui rimane immobile, con il capo
abbassato. Il rumore della carne che sfrigola e frigge è
insopportabilmente forte nel silenzio e Hermione sa, con infallibile
certezza, che si è spinta troppo oltre.
Sta
già per
andarsene quando lui le parla, “Hai
fame?”
Si
ferma sulla soglia
della porta, con il cuore in gola. E in quel
momento si rende conto di quanto costerà loro
quell’onestà. Di quanto si sgretolerà
sotto i loro occhi cadendo a pezzi.
Si
volta e la risposta le
si legge facilmente sul volto, nel suo
sorriso. Si siede su uno sgabello mentre lui ricambia il gesto,
piccolo, reale e ancora vagamente pericoloso.
Che
vada pure tutto in
pezzi, pensa, rassicurandosi tra sé e
sé.
Perché
può anche essere stato il loro piccolo e
lurido segreto, ma non permetterà mai che diventi il suo.
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