La mia nemica

di PrivateIdaho
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Da distruggere con http://www.youtube.com/watch?v=TTPqPZzH-LA

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Per la prima volta da quando lavorava al supermercato, G. aveva fatto tardi. La sveglia? Residui di polvere di stelle che l'Omino del Sonno era riuscito ad infilare anche là dove G. aveva riposto la coscenza di buon lavoratore ?
Correre.

Cinque anni. Cinque anni a sistemare carrelli, sacchi di ghiaia e composit per quei clienti affamati di giardinaggio. Ognuno con le proprie speranze di vedere una singola rosa mutarsi in una serra e, poi, in una giungla in cui perdersi.

M. l'aveva conosciuta tra il reparto carni e quello del pesce ed era stato... qualcosa. Non amore. Quello no. L'amore fa male.
Serviva solo fingere di non sentirsi osservati dal caporeparto e dai colleghi ed il rapporto poteva navigare tranquilla. Le incomprensioni venivano risolte tra le mura di casa e sotto le lenzuola. Così era e sarebbe sempre stato.

Prima di quel mattino.

Vetri. Sangue. I pochi clienti rimasti, in posizione fetale e lui, il Gufo, a dirigere un'orchestra di lamenti alternati a silenzi.

Lo chiamavano 'il Gufo' per un ovvio difetto fisico che lo portava a camminare ricurvo sul lato destro. Quando ti osservava, dal basso e con gli occhi rivolti al cielo, sembrava proprio uno di quei gufi impagliati che tanto spaventano da piccoli, quando sei ancora fresco di infanzia e la paura ha ancora un senso. A parte quello, non era nè cordiale nè maleducato. Era un semplice cliente. A dire il vero, molti lo trattavano come un cliente 'speciale' per via delle voci che correvano sul suo conto. Chi mormorava che da piccolo fosse stato rapito e seviziato dagli alieni e chi, molto più comunemente, sostituiva gli alieni con il patrigno alcolista e faceva due più due.
G. a malapena gli rivolgeva la parola quando lo vedeva. La sua presenza, come un numero da circo, lo inquietava...

Quella mattina, il Gufo portò a termine il suo piano. O, almeno, 'piano' secondo le folli regole di un malato mentale.
Una volta uccisi il caporeparto, due clienti ed un collega di G., il Gufo si apprestava a compiere il gesto estremo... ma non senza portarsi qualcun'altro dietro.

Aveva il volto di M... forse era M... decisamente M...

Fu lì che G. si ricordò, per qualche strano motivo, delle lezioni di karate prese da ragazzo. Forse era stata la visione initerrotta di 'Karate Kid' per più di due giorni quand'era bambino ma ci passò quasi un anno intero a tirar calci al vento, improvvisandosi combattente esperto.

Il Gufo porgeva le spalle a G., quasi un invito.

Piccoli passi. G. avrebbe salvato la situazione e, come nei migliori film d'amore, pure la sua bella.

La mano protesa in alto. La presa l'aveva memorizzata. Era chiara in mente.

Poi il silenzio. Seguito da un sibilo, quasi ritardatario. La testa di G. si aprì lasciando colare pensieri, speranze, sogni e sangue.

Erano mesi che il Gufo veniva accompagnato da quello che presentava come un volontario che la mutua gli aveva passato per via del suo handicap.

Anche lui ricurvo, ma sul lato sinistro. Lo chiamavano 'La Donnola'.





 








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