«Voglio
un gelato!»
Quante volte questa frase è uscita dalla bocca irriverente
di Roxas? Troppe,
pensa Sora.
Mio fratello è fatto così, continua a rimuginare
il moretto, e devo tenermelo
nonostante la voce fastidiosa, il carattere impossibile e le manie
compulsive
omicide verso i miei confronti.
«Voglio un gelato!» continua ancora il
più piccolo, assottigliando gli occhi e
puntando i piedi a terra come se fosse un bambino ancora più
piccolo di quello
che è, mentre le braccia si incrociano al piccolo petto e i
denti emettono uno
strano suono stridulo quando strisciano l’uno contro
l’altro.
Mio fratello è un idiota, pensa allora Sora sorridendo e
scuotendo il capo,
mentre allunga un braccio e porge delle monete all’altro.
«Te ne farò dare un morso.» finisce di
parlare Roxas con gli occhi intrisi di
una nuova luce; intanto la smorfia di poco prima si trasforma in un
piccolo sorriso
sulle labbra a bocciolo e gli occhi si illuminano quasi.
Mio fratello è bello quando sorride, considera infine Sora
mentre osserva il
biondo correre via.
«Mio
fratello è bello quando sorride.»
Sora non
aveva mai e poi mai immaginato
di arrivare a questo punto, con un’erezione nei pantaloni e
una mano fin troppo
vicina ai boxer azzurri- con
tanto di
disegnini sopra.
Oh meglio sì, aveva immaginato di potersi eccitare almeno
una volta nella sua
vita, ma mai al pensiero del suo fratellino chinato a novanta gradi
intento a
gemere senza pudore.
Non aveva mai, mai e poi mai immaginato di doversi svegliare nel cuore
della
notte, con il fiato corto e l’orribile sensazione di essere
un’emerita testa di
cazzo infoiata per un ragazzo, maschio e per giunta sangue del suo
sangue.
E invece succedeva tante volte, fin troppe.
Sora si addormentava nel letto affianco a quello di Roxas, sospirava
profondamente
e si lasciava cullare dalla morbidezza del suo guanciale
finché quello veniva
trasformato dai suoi sogni in qualcosa di più allettante e
dalle sembianze
tremendamente familiari.
Allora sognava. Sognava di baciare il biondo, di accarezzarlo, di farlo
voltare
e di prenderlo.
Lo sognava in tutte le posizioni, in tutti i posti e in tutti i modi,
finché
non si svegliava di punto in bianco nel letto, gli occhi sgranati
rivolti al
soffitto e le coperte attorcigliate intorno alla vita;
l’unico suono a fargli
compagnia il suo respiro strozzato e quello più tranquillo
di Roxas al suo
fianco.
E solo Dio sapeva quale grande forza di volontà
gli impediva di alzarsi
dal suo scomodo letto e di gettarsi sopra al biondo, rendendo
realtà uno dei
tanti sogni che lo avevano come protagonista.
Però Sora desisteva, mentre una mano si schiantava sopra la
sua fronte e si
tirava i capelli in indietro quasi con disperazione.
«Dannazione.»
mormorò con un grugnito il moro,
deglutendo e sollevando quasi con riluttanza il lenzuolo che gli
avvolgeva
completamente, nemmeno fosse un baco da seta, l’intera parte
inferiore.« Questa
sera è ancora peggio del solito.» finì
la frase con un singulto,lasciandosi
cadere all’indietro sopra al materasso e allargando le
braccia.
Inspirò profondamente un paio di volte, ritrovandosi con il
fiato mozzato e un
principio di un embolo alla porte.
Allora tossì, strizzando gli occhi e inspirando dal naso in
modo un po’ più
irregolare, mentre la mano destra si aggrappava al pigiama sottile che
indossava per stringere qualcosa.
Roxas, nel letto affianco, sospirò appena e
mugolò qualcosa che non arrivò alle
orecchie del gemello, mentre il suo intero corpo si voltava dalla parte
opposta
e ritornava a sonnecchiare.
Sora si passò ancora una volta la mano tra i capelli
spettinati e si mise a
sedere sul bordo del letto, non dopo mille combattimenti contro il
lenzuolo
malefico.
Appoggiò i piedi contro il pavimento di legno e
sollevò le dita dei piedi come
per gustarsi la sensazione del legno sotto la pianta.
Poi sollevò lo sguardo azzurro, che nel buio della notte si
trasformava quasi
in blu, e osservò il volto pacifico del fratello.
Era così vicino a lui che gli sarebbe bastato allungarsi
lievemente in avanti e
tendere il braccio per toccarlo, per stringerlo a sé in un
abbraccio e, magari,
già che c’era anche scop- ah, cattivi pensieri,
cattivi.
Ma non era assolutamente colpa sua, la sua grande disgrazia era suo
fratello:
perché quando dormiva sembrava tanto un angelo, con le sue
labbra appena
inarcate verso l’alto e le guance paffute,
mentre appena apriva gli occhi si trasformava in un demone?
Sì, un vero e proprio demone, ma senza corna e coda.
Aveva voglia di toccarlo adesso, di passargli le labbra sopra al collo
e
morderlo, per sapere se aveva davvero lo stesso buon odore che gli
solleticava
il naso nei suoi sogni e se il suo sapore era afrodisiaco come sognava
che
fosse tutte le notti.
«Ah, no!» scosse la testa violentemente, come a
scacciarsi via quei pensieri
dalla testolina mora che si ritrovava.
Si sbatté le mani sopra le guance un paio di volte, mentre
un piccolo “ ciak”
risuonava per la stanza ogni volta che le mani si scontravano contro la
pelle.
«Avanti Sora, respira. Respira e respira ancora.»
« No Sora, non respirare, muori e stai zitto. » una
voce strascicata e
appesantita dal sonno risuonò lieve per la stanza, facendo
scattare sul letto
il moretto.
Si portò una mano al cuore, Sora, che per un attimo gli
parve quasi scoppiare
per davvero, mentre con gli occhi azzurri cercavano la faccia del
fratello in
mezzo al buio.
E Roxas era li, con gli occhi ancora chiusi e la bocca incrinata verso
il basso
che se ne stava tranquillo nel letto; per un attimo Sora
pensò di essere
impazzito, di aver sentito la voce del fratello per colpa dei costanti
sogni
che lo vedevano come protagonista indiscusso, ma quando
sentì il biondo
sospirare e vide la sua bocca socchiudersi allora si
rassicurò quasi, mentre
l’idea di essere trasportato in un ospedale psichiatrico
spariva sempre di più
in lontananza.
« Non sei molto gentile, fratellino. Se morissi poi ti
mancherei.» disse Sora
con un nota falsamente accusatoria nella voce, mentre con una mano
tastava il
materasso in cerca del lenzuolo.
Tempo di sentire due o tre mugolii assonnati da parte di Roxas e il
frusciare
delle coperte nel letto opposto al suo e il moro riuscì ad
acciuffare il
lenzuolo giusto in tempo.
Se lo portò sopra la vita per coprire il suo
“piccolo disagio” qualche secondo
prima che gli occhi azzurri del fratello si aprissero e si puntassero
su di
lui.
Erano acquosi e socchiusi, faticavano perfino a rimanere aperti, ma
erano tanto
belli.
Per lo meno così la pensava Sora mentre rimaneva a fissarli
quasi in
contemplazione, mentre stringeva appena i suoi per riuscire ad aguzzare
la
vista nonostante il buio presente.
Roxas sbadigliò apertamente, senza nemmeno curarsi di
portarsi una mano davanti
alla bocca, e lasciò che le lacrime gli annebbiassero per
qualche secondo la
vista.
Si passò una mano sopra gli occhi e li strofinò
lentamente, un po’ come quando
lo faceva da bambino con i pugni stretti tra le lenzuola calde,
finché non
puntò nuovamente lo sguardo sopra al fratello maggiore.
«Beh?» domandò con un cipiglio stanco il
biondo, come sempre di poche parole ma
di molti sguardi accigliati.
Sora sorrise apertamente mostrando i denti in un riso divertito, mentre
una
mano si appoggiava dietro la nuca e grattava appena i capelli castani
scompigliandoli ancora più del dovuto.
«Mi annoiavo, tutto qui.»
«Ah davvero?» domandò Roxas
assottigliando appena lo sguardo e osservando il
fratello quasi con sospetto, mentre il sonno pian piano scemava e
lasciava
spazio alla lucidità.
Insomma, ancora sentiva le mani formicolare e gli occhi bruciare dalla
stanchezza, ma l’idea che il suo adorato
fratellone stesse nascondendo qualcosa lo incuriosiva
tremendamente.
E infatti si issò completamente sul letto quasi
freneticamente, mettendosi
dopo qualche secondo quasi
immobile sopra al materasso e con gli occhi azzurri puntati in quelli
di Sora,
mentre lo scrutava attentamente.
«Avanti fratellone, dimmi che hai.»
Cazzo, pensò Sora mentre sentì una spiacevole
– o per lo meno cercava in tutti
i modi di catalogarla in quel modo, anche se era tutt’altro-
fitta al ventre
alle parole dell’altro.
Diamine, diavolo ancora più dannazione: possibile che si
eccitasse
tremendamente ogni volta che sentiva il biondo chiamarlo con quel vezzeggiativo?
Sì, perché altrimenti non aveva senso quel nodo
alla bocca dello stomaco e il
pulsare delle sue parti basse.
E dire che aveva tanta voglia di piangere, Sora, e magari di prendere
un
martello e tirarselo sopra al pene urlandogli contro qualcosa come: « E’
tuo fratello piantala, piantala,
piantala!»
Invece non poteva far altro che continuare a sorridere in quel suo modo
che
tutti chiamavano “stupido” e scuotere appena la
testa, sghignazzando un po’ e
muovendo i piedi vicino al bordo del letto.
«Te l’ho detto Roxs, mi stavo solo
annoiando.» disse con semplicità e
aggiungendo anche una scrollata di spalle.
Peccato che il biondo era tutt’altro che convinto,
specialmente perché vedeva
che di tanto in tanto il moretto si gettava occhiate allarmate verso il
basso e
poi ritornava a sorridere in una maniera un po’
più tirata, quasi falsa.
E certe cose agli occhi di un fratello che parla poco ma osserva molto
non
sfuggono di certo.
«E quindi quando ti annoi ti rotoli nel letto e poi gemi
ripetutamente? »
domandò con un lieve ghigno il biondo, mentre osservava
l’altro con
noncuranza, come se
non avesse detto
niente di importante o di minimamente imbarazzante.
E invece di imbarazzo ce n’era molto adesso; Sora aveva preso
a colorarsi
completamente di rosso, mentre le orecchi bruciavano quasi quanto le
sue gote.
Il respiro faticava perfino ad uscire e il cuore batteva tanto forte
come
quella volta in cui la madre lo aveva beccato con le mani sporche di
marmellata
e la tenda del salotto completamente appiccicosa.
Sì, la sensazione di essere stato beccato con le mani nel
sacco – pacco, in quella
situazione era ancora
più adeguato- era decisamente quella che calzava a pennello.
Si schiarì la voce un paio di volte e tentò di
guardare ovunque, anche fuori
dalla finestra dove l’unico spettacolo che poteva sperare era
un grande
magazzino in disuso, fuorché
il viso del
fratello.
Eppure c’era quel qualcosa che gli faceva guizzare gli occhi
verso il viso
paffuto di Roxas, che faceva scivolare lentamente lo sguardo di Sora
verso gli
zigomi poco accentati e poi verso le labbra appena imbronciate.
Per non parlare della voglia immane che aveva di lanciare il lenzuolo
all’aria
e saltare addosso a Roxas, afferrandogli la testa fra le mani e
iniziare a
baciarlo completamente, tutto, fino a spogliarlo e toccarlo, ma era
meglio
smettere di pensare a quello che davvero voleva fare, perché
altrimenti non
sarebbe riuscito a scappare da quella situazione.
Sospirò
piano, trovando nemmeno lui
sapeva dove il coraggio di alzare lo sguardo e di osservare per lo meno
il
volto del fratello, anche se evitava accuratamente gli occhi fin troppo
simili
ai suoi.
Allora scosse appena la testa e una risata flebile e tesa gli
uscì dalle
labbra, mentre i piedi continuavano a dondolare a terra.
«Stavo combattendo contro uno gnu.» disse la prima
cosa che gli passò per la
testa, mentre l’espressione sembrava
seria quasi stesse dicendo una cosa sensata.
E in un certo senso non era così strano pensare di lottare
contro uno Gnu; il
loro cagnolino Simba si era rotolato a terra migliaia di volte con il
pupazzetto a forma di gnu che avevano vinto una sera alle giostre in
uno di
quei giochi in cui vinceva chi riusciva a lanciare più
cerchi di plastica
dentro un canestro.
Quindi la scusa era plausibile secondo la mente di Sora, ma non
altrettanto per
quella di Roxas, che invece guardava il fratello con
un’espressione tutt’altro
che convinta.
Incrociò le braccia al petto, il biondo, e scosse appena la
testa mentre gli
occhi guardavano il fratello e gli comunicavano – meglio
delle parole, in quel
momento- quanto fosse stupida la cosa che aveva appena detto.
«Ti rendi conto, vero, che non ci credo nemmeno un
po’, eh?» domandò con voce
ironica dopo qualche secondo, alzandosi con un sospiro dal letto e
sollevando
entrambe le braccia al soffitto.
Roxas si stiracchiò per bene la schiena, storcendo appena il
naso al rumore
delle sue ossa che scrocchiavano in maniera preoccupante.
Sora fissò interdetto il fratello più piccolo,
mentre si sistemava ancora
meglio il leggero lenzuolo e un lembo di coperta sopra le gambe;
sperava non
fosse troppo evidente che cercava di coprire qualcosa, anche se il
fatto di
continuare a metterci le mani sopra e gettare occhiate preoccupate non
aiutava
più di tanto.
Infatti il biondo, dopo essersi stiracchiato per bene, sorrise quasi
sadicamente e fece scorrere lo sguardo sul corpo del fratello,
soffermandosi
sopra il ventre.
«Che cosa nascondi li?»
«Un enorme pacco per te.»gli
venne
una gran voglia di rispondere, ma prontamente si morse la lingua tra i
denti e
fece scivolare via l’immagine di un Roxas inginocchiato di
fronte a lui che
toglieva un fiocco dalla punta del suo pene.
«Ho solo freddo, hai presente?» rispose invece con
voce normale, facendo
spallucce e guardando l’altro negli occhi con espressione
innocua.
E se c’era una cosa in cui Sora era bravo erano proprio le
espressioni del
genere, quelle che ti colpivano per la loro semplicità e
naturalezza, come se a
parlare fosse un bambino con gli occhi grandi e il sorriso sulle labbra
morbide.
Però c’era anche da dire che Roxas lo conosceva da
quasi diciotto anni con
annesse le varie bugie che dicevano a mamma quando erano più
piccoli, quindi
con il tempo aveva capito quando il fratello fingeva o meno.
“Bugia” gli urlava la sua testa appena posava lo
sguardo sugli occhi falsamente
innocenti di Sora e sul suo sorriso tirato, quindi visto che stupido il
biondo
non era scosse appena la testa, mentre un sorriso abbastanza ironico
gli
ravvivava la bocca.
«Se hai tanto freddo perché hai lasciato la
finestra aperta e ti sei messo il
pigiama leggero?» insinuò per l’ennesima
volta Roxas, camminando in avanti per
quei pochi passi che separavano il suo letto da quello del fratello.
Solo una
volta essere arrivato tanto vicino a Sora che quasi le loro fronti si
toccavano
– perché ovviamente il biondo si era chinato,
così da osservare il maggiore
dritto negli occhi- si fermò, agrottando le sopracciglia.
«Potevi mettere anche
una coperta pesante, non trovi?»
E Sora sudava freddo, stretto tra le lenzuola e con le mani artigliate
alla
stoffa come se fosse la sua unica ancora di salvezza.
Sudava freddo e si mordeva l’interno guancia
perché cazzo, possibile che suo
fratello avesse davvero quell’ascendente su di lui?
Possibile che adesso che lo vedeva così vicino il suo
cervello si era
scollegato, era andato in panne e lo aveva abbandonato? Sì,
decisamente
possibile, tanto quanto era probabile che le sue mani avevano preso a
formicolare dalla voglia di afferrare la testa di Roxas e la sua pancia
aveva
iniziato ad aggrovigliarsi.
E il cuore pulsava forte, l’adrenalina gli scorreva nelle
vene e gli arrivava
dritta alla testa, che girava quasi vorticosamente.
Un colpo di tamburi, un tuono in lontananza, il rombo di una moto; il
cuore
sembrava bloccargli ogni via d’uscita.
Inspirò profondamente e deglutì, Sora, mentre gli
occhi guardavano la propria
immagine riflessa nelle iridi del fratello minore.
Aprì la bocca per parlare, per dire qualcosa tipo «Non dire sciocchezze, Roxas, gli
elefanti rosa non esistono.», ma
non riuscì a far altro che sospirare piano.
Senza nemmeno rendersene conto, con quello che era puro istinto e
nient’altro,
Sora sollevò entrambe le mani e le appoggiò
dietro al collo di Roxas,
chiudendole in una stretta.
Strattonò velocemente il biondo in avanti e se lo fece
cadere addosso, tra le
sue gambe, mentre anche lui scivolava sopra al letto e rimbalzavano
appena sul
materasso morbido.
Tra le coperte disfatte e un “ugh” sorpreso del
più piccolo rimasero fermi in
quella posizione, con Roxas stordito sopra Sora e il moro imbarazzato
con
ancora le mani appoggiate vicino al collo del fratello.
«Che fai, che succede?»stava
per
chiedere con una nota pungente nella voce Roxas, ma rimase zitto zitto,
mentre
sentiva il naso del fratello strusciare sopra la giugulare, andando a
nascondere il volto caldo nell’incavo della sua spalla.
Sora continuò a darsi dello stupido, a maledire il cervello
che aveva deciso di
abbandonarlo nel momento del bisogno, e a muoversi piano sotto al
fratello.
Fece scivolare una mano sopra al schiena del biondo, accarezzandola
piano come
se avesse paura di rompere quel momento di imbarazzo e sospiri mal
trattenuti.
Sollevò di qualche centimetro il capo, riprendendo a muovere
piano il naso
sopra al collo teso di Roxas, inspirando il leggero profumo di fresco
che
sentiva.
Era caldo e profumato, suo fratello, e sapeva ancora di sonno.
Non sapeva esattamente che genere di “ profumo”
potesse essere quello, ma lo
faceva sentire quasi addormentato, alla prese con un bel sogno
avvolgente e
caldo quasi quanto una trapunta di lana.
Però come ogni momento bello andava rovinato da qualcosa,
perché non poteva
rimanere così per sempre.
Roxas deglutì appena e poi appoggiò le braccia
sopra al materasso, issandosi
quel che bastava per guardare negli occhi Sora e sollevare un
sopracciglio.
«Sora, che stai … ?» lasciò
la frase in sospeso, troppo pensieroso al momento
per poter aggiungere altro.
E poi non voleva nemmeno sapere davvero la risposta, il biondo,
perché sentiva
quel lieve filo di tensione che avvolgeva e si intrecciava al momento;
per
quanto fosse curioso e amasse rompere le scatole al fratello non voleva
spezzare quel filo, non voleva rovinare qualunque cosa potesse tenere
unita.
Il moretto era della stessa opinione, infatti si morse il labbro
inferiore e
sollevò nuovamente la mano destra, appoggiandola sopra la
nuca del più piccolo.
Gli passò le dita tra i fini capelli scompigliati,
inspirando un po’ d’aria e
cercando di calmare il respiro che pian piano sembrava volerlo
strozzare.
«Non faccio niente.» rispose piano, a bassa voce,
in quello che sembrava tanto
un soffio di parola, mentre la mano da sopra la testa scendeva piano e
seguiva
il contorno della faccia del fratello fino a fermarsi sopra al mento.
Era strano, pensava Roxas, solitamente due fratelli non si abbracciano
in quel
modo, ma finché era piacevole perché non lasciar
fare?
Infatti scosse piano la testa e allentò la presa delle sue
braccia, ritornando
a scivolare sopra al corpo dell’altro con delicatezza.
Lasciò che i loro petti aderissero e nel movimento il
lenzuolo scivolò a terra,
attorcigliandosi tra i loro piedi fuori dal materasso.
«Continua a non fare nulla, allora.» fece Roxas
altrettanto a bassa voce,
appoggiando la guancia sinistra contro al collo del moro e chiudendo
gli occhi.
«A me sta bene così.»
Sora fremette appena sotto al corpo del fratello, strizzando appena gli
occhi e
cercando di respirare meno affannosamente, di trovare un modo per far
ritornare
il suo cuore a battere normalmente.
Eppure no, appena riusciva a tranquillizzarsi c’era la sua
mente che lo faceva
guizzare verso il fratello, che gli faceva sentire amplificato il suo
corpo e
il suo respiro vicino a lui; e allora riprendeva a battere forte, il
cuore, e
il respiro cavalcava veloce e si infrangeva contro il volto del biondo.
Il moretto annuì un po’, lievemente, e le braccia
sopra la schiena di Roxas
ripresero a muoversi piano in altre carezze gentili.
Rimase fermi così per un bel po’, cullati dai
battiti impazziti del cuore di
Sora e quelli più calmi di quello del biondo, che man mano
che i minuti
passavano iniziava a sentire anche lui una specie di aspettativa alla
bocca
dello stomaco.
Andava davvero bene così? Poteva rimanere sopra sua fratello
in quella strana
situazione imbarazzante senza dire nulla?
Dopotutto Roxas non era un tipo di molte parole, questo si sapeva, ma
non
riusciva ugualmente a non avere delle risposte.
Quindi si schiarì piano la voce, rimanendo comunque con la
guancia appoggiata
al collo del fratello.
«Hey Sora … » borbottò
sospirando poco dopo, mentre gli occhi si schiudevano un
po’. «Anche se mi piace questo
“niente” voglio lo stesso sapere che
succede.»
Il moro se lo aspettava, oh se se lo aspettava!
Se c’era una sicurezza che continuamente frullava nella testa
di Sora, beh,
quella era che suo fratello prima o poi avrebbe sempre e comunque detto
la sua
per sapere di continuo più cose.
Quindi si era preparato, ovvio, ad una domanda del genere in quei
minuti pochi
minuti di silenzio, ma ancora non sapeva se dare o meno una risposta.
Con che coraggio poteva dire a suo fratello che lo eccitava da morire?
Come
minimo si sarebbe ritrovato un pugno in faccia e il giorno dopo una
visita
dallo psichiatra.
E allora poteva dirgli dell’altro; poteva parlare
sinceramente e dirgli che lo
trovava bello, bello come non mai, e che non sapeva perché
ma lo voleva sempre
vicino.
Sì, anche se erano fratelli ed era così
dannatamente sbagliato e stupido.
Sora prese un profondo respiro e fece scivolare le mani dalla schiena
del
biondo al suo petto, facendo una lieve pressione per farlo alzare.
Roxas afferrò al volo la situazione e si sollevò
appena, rimanendo comunque
seduto sopra le gambe del fratello.
Il moro sorrise appena, faticando a deglutire, e cercò di
dare un filo logico
ai suoi pensieri sconnessi.
Perché non riusciva a parlare chiaramente? Di solito era
così facile per lui,
invece adesso sentiva la lingua quasi intorpidita e la mente che vagava
da una
parte all’altra.
Ok, respirò lentamente e si buttò a capofitto,
senza rimpianti.
«Mi piaci e voglio stare con te anche se sei mio fratello e
so che è strano e
sbagliate e che probabilmente mi odierai ma io lo voglio lo voglio lo
voglio
davvero.» disse tutto d’un fiato mentre le guance
incominciarono ad ardere e i
suoi occhi si posarono altrove, dappertutto tranne che sul volto del
fratello
davanti a lui.
E Roxas?
Beh, il biondo si era preparato a sentire di tutto e di più
uscire dalla bocca
del fratello, magari un’altra delle sue stupidate sui
dugonghi, e invece rimase
paralizzato dalle parole di Sora.
Nel giro di pochi secondi, attimi in realtà, tutto prese una
forma diversa.
In un istante tutto girò vorticosamente, ogni singola cosa
parve vibrare sotto
il suo sguardo, tutto, tranne il volto imbarazzato di Sora sotto di
sé.
Il cuore prese a battere all’impazzata, come mai in tutta la
sua vita, e il
fiato si condensò in gola.
E più vedeva la faccia rossa del maggiore sotto di lui e le
sue mani sentivano
la pelle del petto dell’altro scottare sotto i polpastrelli,
più una strana
sensazione alla pancia si condensava.
Senza nemmeno rendersene conto tutte le sue emozioni
si condensarono nel suo corpo, facendogli
addirittura girare la testa.
Sora era suo fratello, suo fratello che era attratto da lui.
Suo fratello che adesso non riusciva a guardarlo negli occhi e che
aveva le
guance rosse e calde come due mele bollite.
«Io ti piaccio in quel
senso?» domandò flebile, quasi
sconvolto, mentre sollevava una
mano e andava a punzecchiare la guancia gonfia del fratello.
Sora sbuffò appena come esasperato, mentre muoveva la testa
a destra e a
sinistra per mandare via il bollore che gli solleticava
l’intero corpo.
Annuì però alla domanda del fratello, mormorando
un altro: «Mi piaci.»
«E adesso … Andrai a nasconderti da qualche
parte?» chiese ancora Roxas,
mordendosi il labbro inferiore per non sorridere alla faccia
imbarazzata del
fratello.
Sora sotto di lui mugugnò appena e annuì.
«Dentro un armadio o sotto il letto sono posti troppo
stupidi, non è vero?»
«Sì, lo sono, ma ti si addicono.»
Sora sbuffò forte, mentre ritrovò il
coraggio di sollevare lo sguardo e
di fissare negli occhi il fratello.
Arrossì ancora un po’, arricciando le labbra e
scuotendo appena la testa.
Strusciò la testa sopra al materasso e si morse il labbro
inferiore,
torturandolo con i denti pur di non fare quello che voleva da anni.
Però ci pensò Roxas a chinarsi in avanti quasi
automaticamente, sorridendo
appena e continuando a strofinare un poco la guancia sopra quella
dell’altro,
deglutendo e sentendosi tanto impacciato e imbarazzato.
Però trovava davvero stupido, proprio tanto, nascondersi
dentro un armadio o
sotto al letto; erano posti così ovvi che anche un bambino
gli avrebbe usati, ma
alla fine nella sua mente Sora era davvero come un bimbo esagitato
messo dentro
il corpo di un adolescente.
«Io non mi nasconderei.»
continuò a
parlare poco dopo con voce piatta, quasi estraniata da quello che stava
dicendo.
Anche perché non stava molto a ragionare sulle parole che
gli uscivano dalle
labbra ora come ora anzi, non ascoltava nemmeno quello che diceva
perché le sue
labbra erano concentrate a sfiorare lentamente la guancia di Sora,
schioccandogli
sopra un piccolo bacio.
Perché lo stava facendo, dannazione? A lui suo fratello non
piaceva, davvero,
non lo aveva mai pensato come nulla di più di un fratello
maggiore fin troppo
ossessivo.
Però adesso che sapeva di piacergli, adesso che riusciva a
capire come ci si
sentiva a venire voluti da qualcuno, beh, non riusciva a trattenersi
dallo
sfiorare con le labbra l’altro ragazzo.
Era una specie di “grazie” per avergli detto quelle
parole, ecco; per Roxas
adesso era così, erano dai baci di gratitudine.
Sospirò appena e si morse il labbro inferiore, osservando
per quanto riusciva
in quella posizione il volto del fratello sotto di lui.
Smise di mordersi il labbro e riposò la bocca sopra la
guancia dell’altro,
facendola scivolare appena verso il basso e strusciando il naso contro
il
collo.
Il labbro inferiore di Sora aveva preso a tremare intanto, mentre
sentiva le
labbra del fratello strisciare piano sopra il suo corpo e lo facevano
pian
piano scigliore.
Ed era strano davvero, perché sentiva gli organi dentro di
lui fremere e
bollire per davvero, ma probabilmente stava esagerando.
«Bruci Roxas, stai
bruciando.» mormorò a bassa
voce poco dopo, continuando a borbottare qualche parola senza senso.
Continuò così per un po’, Sora, a
borbottare di tanto in tanto finché non
decise di tacere, di godersi quei leggeri baci che ancora Roxas
continuava a
lasciargli sul collo.
Ed ecco che finalmente Sora aveva smesso di parlare,
sì.
Adesso il biondo non aveva voglia di sentire la sua voce,
perché altrimenti si
sarebbe imbarazzato ancora di più.
Anche perché poi avrebbe dovuto ribattere in qualche modo e
adesso era sicuro,
più che certo, che la sua voce sarebbe risultata
tremendamente tremolante e
stupida.
Stupida, stupida, stupida come i suoi pensieri e i suoi occhi che non
riuscivano a staccarsi dalla faccia di Sora sotto di lui; tanto lo
avrebbe
picchiato forte la mattina dopo, ancora e ancora per tutto il tempo che
gli
sarebbe rimasto da vivere per quello che gli stava per far fare.
Perché pian piano la sua bocca scivolava quasi spinta da una
forza superiore
verso l’altro ragazzo, strofinandosi con lentezza sopra la
guancia morbida, e
pian piano sentiva l’impellente bisogno di appoggiare le sue
labbra sopra
quelle dell’altro, come se fossero la cosa più
bella e gustosa del mondo.
Non aveva mai voluto baciare suo fratello in vita sua,
l’aveva sempre ritenuto
una cosa orribile, eppure adesso sentiva quasi un richiamo verso quei
due pezzi
di pelle morbida e dal colore leggermente più scuro rispetto
al resto del
corpo, un invito vero e proprio perché le budella
ritornarono a contorcersi e
il respiro gli si bloccò in gola mentre, lentamente, le sue
labbra dalla
guancia svoltarono a sinistra fino a sfiorare il lato della bocca di
Sora.
Si fermò per qualche secondo, inspirando profondamente e
cercando di ignorare
la sensazione simile all’ansia che gli solleticava la bocca
dello stomaco.
Aprì piano le labbra e le richiuse subito dopo, vicino alla
bocca dell’altro e
scostandosi subito dopo.
Era morbida, diamine.
Morbida, calda, bella.
Strizzò appena gli occhi e ritornò ad appoggiare
le labbra sopra quel piccolo
lato di bocca, questa volta issandosi un po’ sopra al corpo
di Sora per
riuscire a muoversi meglio e ad accostare per la terza volta la sua
bocca su
quella dell’altro.
Sfiorò il labbro inferiore, poi quello superiore e poi quasi
tutta la bocca,
senza mai appoggiarsi sopra definitivamente.
Sora dal canto suo stava impazzendo, letteralmente.
Prese un respiro profondo lasciando uscire il suo respiro caldo e
ancora
abbastanza tremolante contro le labbra del ragazzo, lasciando che si
infrangesse su di esse.
Roxas aprì piano la bocca al gesto del fratello e
sembrò voler quasi respirare
il sospiro di Sora, mentre pian piano si chinava ancora un
po’.
Sora mugolò un qualcosa di sconnesso, mentre la sua mano si
alzò piano e prese
tra le dita una ciocca di capelli di Roxas,
stringendola piano, mentre i suoi occhi si chiudevano.
«Baciami oppure, Rox, giuro che lo faccio io.»
disse il moro con il fiato corto
e la bocca che sfiorava quasi quella del fratello.
Roxas era sadico e bastardo, questo Sora lo sapeva bene, e adesso ne
aveva
l’ennesima prova: lui stava morendo, scommetteva di tutto che
si vedeva
benissimo, e l’altro ancora indugiava lento, quasi disinvolto.
Sì, sadico era la parola giusta.
Per Roxas quei minuti passati a sfiorargli la bocca lo avevano fatto
quasi
impazzire, mentre sentiva la voglia di posare definitivamente la bocca
sopra
quella dell’altro ma, al tempo stesso, voleva rimanere a
sentire quella
sensazione di attesa e di aspettativa solleticargli l’intero
petto.
Però appena sentì le parole di Sora
sorrise, lasciandosi scivolare fuori dalle labbra una
risata sopita,
quasi soffusa, mentre riapriva gli occhi a li puntava sopra al volto in
penombra dell’altro ragazzo.
Era imbarazzante baciarlo, davvero, però alla fine che
c’era di male?
Erano solamente due labbra che si sfioravano, no?
Allungò una mano da terra e l’appoggiò
lenta, delicata, sopra la guancia destra
dell’altro, sfiorando con il pollice la pelle e
solleticandola appena.
Si sistemò meglio sopra al corpo di Sora, sedendosi bene al
centro del petto e
facendo scivolare per bene l’altro sopra al materasso, e si
chinò nuovamente,
questa volta facendo coincidere le due fronti per qualche secondo,
mentre
sentiva i capelli scivolare sopra la faccia di Sora.
Prese fiato e poi deglutì, mettendo a tacere per un secondo
il pulsare del
cuore e dell’intero corpo, che pareva ascoltare i battiti del
suo organo e
imitarli alla perfezione.
Appena il fiato gli ritornò in gola e l’aria
riuscì a fluirgli nei polmoni
Roxas si abbassò come poco prima, sfiorando con le labbra
prima il naso, poi il
labbro superiore – che prese tra le labbra per qualche
secondo, tirandolo- e
infine fece coincidere le sue labbra, strusciandole appena le une sulle
altre
in un bacio casto.
A Sora venne quasi voglia di
ridere.
Probabilmente era pazzo, forse tutta quella vita stramba lo aveva
mandato fuori
di capoccia, ma ora sentiva il suo cuore che gli parlava e gli diceva
qualcosa
tipo:” Hey, ma quello che ti sta baciando è
Roxas!”
Spostò lentamente le labbra dalle quelle del fratello e rise, una risata agitata
e tremolante.
«Q-Questo è davvero
strano, non pensi?» domandò
Sora poco dopo, scuotendo la testa e osservando stranito il fratello.
Roxas dal canto suo annuì a sua volta, quasi sorpreso del
suo stesso gesto.
Poi scosse le spalle, ruotando gli occhi al cielo e lasciando un altro
bacio
sopra la bocca di Sora; un po’ ci aveva preso
gusto, doveva ammetterlo.
«Molto strano, tanto strano. Ma non è
così male, davvero.»
«Vallo a dire al mio pene che sta per esplodere.»
pensò un secondo Sora,
deglutendo e annuendo al fratello, tirando una ciocca bionda di capelli
dell’altra tra le sue dita.
«Posso fare un’altra cosa strana?»
domandò a brucia pelo poco dopo, guardando
il fratello minore con enorme aspettativa, con gli occhi quasi
luccicanti.
Sì, stava usando gli occhi che usava quando era piccolo per
convincere la madre
a comprargli le caramelle e Roxas non riuscì a non ridere di
sfuggita, mentre
tirava tra l’indice e il
pollice la
guancia destra di Sora.
Annuì alle sue parole, curioso di vedere un’altra
cosa “ strana”.
«Ok, allora io … Mh, vado, eh.» Disse
contro le labbra del fratello con un
mormorio teso.
Con il pollice che era sceso sul suo collo qualche minuto prima
risalì fino
alla bocca e dopo aver accarezzato il labbro
inferiore le schiuse un po', tirandogli in basso il pezzo
di pelle che
aveva accarezzato.
«Non preoccuparti, ok? » disse e
avvicinò la bocca alla sua.
Prima di tutto gli baciò il labbro superiore e poco dopo si
staccò, tirando
fuori la punta della lingua.
Inizialmente si divertì a far passare la punta della lingua
contro l'interno
del labbro superiore, e subito dopo Sora sentì un fremito
lungo la schiena al
pensiero di poter esplorare la bocca del fratello e la cosa non era mai
stata
così allettante in vita sua.
Scese e con la lingua tracciò il contorno del suo labbro
inferiore, che teneva
abbassato con il pollice proprio appena sotto al labbro, per poi
poggiare la
bocca alla sua.
Infilò lentamente la lingua nella sua bocca prendendo a
sfiorare la punta
dell'altro, passando poi la propria attorno alla lingua di
Roxas.
Roxas sospirò piano a tutte le emozioni che si facevano vive
nel suo corpo, e
doveva dire che di
sensazione ce n’era
tante, forse troppe
per essere contenute
in un solo corpo.
Perché si sentiva vibrare dall’interno, come se
tutte le sue ossa avessero
iniziato a fremere come non mai e avessero contagiato tutti gli organi.
Piacevoli fitte, quasi simili a scariche elettriche, percorrevano
l’intero
corpo dei due ragazzi, partendo dal ventre e raggrumandosi nello
stomaco,
lanciando di tanto in tanto raffiche improvvise di
eccitazione.
Roxas dischiuse ancora un po’ le labbra, seguendo un istinto
che nemmeno sapeva
di avere, e incurvò la testa di lato per permettere alla
bocca di Sora di
plasmarsi perfettamente con la sua.
Appoggiò le labbra contro quelle dell’altro
ragazzo e timorosamente, non
sapendo nemmeno da dove cominciare, mosse la lingua contro quella
dell’altro.
La sfiorò appena la prima volta, sentendo a quel contatto
umido un lungo
brivido lungo la schiena, e sospirò nel bacio.
Poi ritornò ancora a sfiorarla, lentamente e con estrema
calma, muovendo il suo
piccolo organo un po’ impacciato e chiudendo gli occhi,
mentre le mani si
appoggiavano una sopra al collo di Sora e l’altra sopra la
sua testa,
spingendola appena in avanti.
Il moro si muoveva lento sotto al fratello, aprendo la bocca e muovendo
a sua
volta la lingua in quel bacio che da tanto aveva aspettato.
E Roxas era … Era wow, non c’erano altre parole o
termini che in quel momento
gli potevano sfiorare la mente.
Roxas per lui era davvero “ wow” e quel bacio era
“ super-wow”, perché gli
faceva battere il cuore talmente tanto forte da farlo quasi esplodere.
Le mani di Roxas che lo sfioravano, i suoi respiri sulle labbra, ogni
cosa era
dannatamente strana e piacevole che sarebbe rimasto volentieri tra le
sue
labbra per sempre.
Era una dannato romanticone, non c’era che dire.
Passarono diversi minuti persi
in quel bacio,
mentre le bocche si staccavano le une dalle altre di tanto in tanto per
poter
respirare finché entrambi non abbandonarono la bocca
dell’altro per potersi
guardare negli occhi.
Rimasero fermi a riprendere fiato finché Sora decise di
spezzare quel silenzio,
perché non voleva renderlo imbarazzante come spesso accadeva
dopo un bacio.
Quindi il moretto si schiarì la voce e afferrò il
volto di Roxas tra le mani,
accarezzandogli le guance con i pollici.
«Mi piace non fare “nulla”,
fratellino.»
«Ah …» sbuffò Roxas appena
sentì quella frase, scuotendo la testa e lasciandosi
andare in una risata soffusa, mentre sentiva pian piano
l’ansia scivolare via.
Ok, come sempre Sora sapeva come smorzare la tensione, era ovvio.
«Ma certo Sora, specialmente se quello che avevi era
“ niente” come dicevi te,
eh?» disse ironico poco dopo, scivolando giù dal
corpo di Sora fino a sdraiarsi
di fianco al fratello.
Sora si passò una mano sul petto, sentendo già la
mancanza del fratello sopra
di lui; ma c’era qualcosa di più importante
adesso, come il prendersi cura di
una parte di sé.
Quindi con un sospiro si mise a sedere sul letto, osservando
attentamente il
fratello biondo sdraiato di fianco a lui.
«Io vado un attimo in … Mh, bagno. Devo lavarmi la
faccia, sì.» esclamò con un
lieve rossore sulle guance, scrutando il biondo per qualche secondo
prima di
alzarsi definitivamente dal letto.
Oh, la testa girava dopo tutto quello che era successo, ma non avrebbe
dato la
soddisfazione al suo piccolo e tenero
fratellino di vederlo barcollare fino al bagno con
un’erezione con i fiocchi
tra i pantaloni.
Quindi sollevò la testa con aria onorevole e si
incamminò verso la porta, le
gambe lievemente divaricate e il fiato corto.
Sul letto Roxas aveva preso a ridere forte, ignorando il fatto che
fosse notte
inoltrata, e si rotolava appena sul materasso, osservando Sora che
apriva la
porta e se la chiudeva veloce alle spalle, non senza avergli mostrato
prima il
dito medio.
«Ah, un’ultima cosa!» mormorò
il moro riaprendo la porta della camera e
ficcandoci la testa dentro. «Te lo volevo dire da tanto
tempo: sei davvero
bello quando sorridi.»
E con queste ultime parole sparì dietro la porta, lasciando
che la risata di
Roxas si spegnesse e si tramutasse in un sorriso leggero, mentre si
copriva con
le coperte del fratello e lo aspettava li nel letto.
«Mio fratello maggiore è ancora più
bello quando sorride, invece.»
Mel.
Oh, wow. Davvero, un grande “wow” e un applauso a
questa ragazza che è riuscita
a postare qualcosa sul fandom dopo mesi di inattività.
Sì, mesi passati nella bambagia ad ascoltare musica e
scribacchiare altre
cavolate.
Beh, non c’è molto da dire, eh. Dedico questa mia
storiella a Ella, visto
che le avevo promesso un mio ritorno in
grande stile -!?- e perché così, voglio dedicarle
una So/Roku stupida e
romantica.
Grazie per aver letto, ovviamente; spero di ricevere le vostre
opinioni,
commenti, eccetera eccetera.
Bai bai, Mel.
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